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Erezione dell'Obelisco Vaticano in Piazza San Pietro. Affresco (1685-1688) nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Nell'angolo inferiore destro, due Guardie Svizzere fermano un uomo con le "calzette verdi".
L'Obelisco Vaticano in piazza San Pietro

Acqua alle funi (Aiga ae corde!) è una frase che la leggenda vuole sia stata gridata a Roma, in piazza San Pietro, durante le fasi per l'innalzamento dell'obelisco situato al centro della piazza a seguito della sua traslazione dall’originale posizione nei pressi della basilica costantiniana.

Eletto papa nell'aprile 1585, Sisto V, subito pose mano alla città di Roma per abbellirla e per renderne più moderna la viabilità [1]. Tra le prime imprese, nello stesso mese della sua elezione[2], la traslazione di un obelisco, che si trovava nei pressi dell’Antica basilica di San Pietro in Vaticano[N 1], che egli volle fosse innalzato al centro di Piazza della Cortina (attuale Piazza San Pietro). L'obelisco era giunto a Roma nel 40 d.C., proveniente da Alessandria d'Egitto, ove si ergeva nel locale Forum Iulii, per volere dell'Imperatore Caligola. Era stato da questi innalzato sulla spina di un circo che, da lui iniziato, prese tuttavia il nome di Circo di Nerone. Dalla data di innalzamento l'obelisco, sulla cui sommità, in una sfera di bronzo, si credeva fossero riposte le ceneri di Giulio Cesare, non era mai stato spostato, né era crollato nonostante i terremoti che avevano nei secoli colpito la città[N 2] [N 3]. Nell'agosto 1586 Papa Sisto V istituiva una congregatione [3] [N 4] per stabilire chi dovesse sovrintendere alle operazioni di traslazione. La gara, che vide partecipare circa cinquecento concorrenti[4], fu vinta da Domenico Fontana [5] che dopo tredici mesi, il 10 settembre 1586, fu pronto a procedere alle operazioni di re-innalzamento dell'obelisco dopo un percorso di circa 250 m dalla posizione iniziale. In questa occasione Papa Sisto V impose che "[...] nissuno parlasse, sputasse o facesse strepito di sorte alcuna sotto gravi pene, acciò non fussero impediti li comandamenti ordinati da me a' ministri […]"[6] [N 5].

Per le operazioni erano impegnati [7] quaranta argani, ottocento uomini e centoquaranta cavalli. Durante le operazioni di innalzamento[N 6], tuttavia, pare che alcuni canapi fossero in procinto di “mollare”, ovvero di allungarsi, e rischiassero di prendere fuoco per l’attrito. Nonostante l’ordine perentorio di tacere e non fare strepiti, uno dei presenti avrebbe urlato Deghe l'aegua ae le corde! (ovvero “Date acqua alle corde”) così da farle raffreddare e conseguentemente raccorciare. Consiglio che sarebbe stato immediatamente compreso e accettato dal Fontana salvando, così, il lavoro in corso. Colui che aveva urlato la frase sarebbe subito stato arrestato, ma immediatamente graziato da Papa Sisto V per la prontezza riscontrata che aveva, nonostante il rischio di pene severe per i trasgressori, garantito la perfetta riuscita della difficile operazione.

Dell’episodio, tuttavia, non si ha traccia in documentazioni dell’epoca:

  • Diario dei lavori dell’architetto Domenico Fontana [8];
  • Testo di Michele Mercati del 1589[9];
  • Carteggio di Camillo Capilupi, Ambasciatore del Ducato di Mantova a Roma, indirizzato al Duca Guglielmo Gonzaga [10];
  • Nella "Descrizione di Roma Moderna" del 1647 [11];
  • In una "familiaris quedam epistula" [12], scritta ai familiari da un anonimo che avrebbe presenziato alle operazioni;
  • Negli "Avvisi di Roma" del periodo [N 7];
  • Nel "Mercurio errante", di Pietro Rossini, del 1704 [13].

Una prima menzione dell’episodio si avrà, nel 1744, a cura di Francesco Ficoroni, antiquario, collezionista ed erudito, che in una sua opera[14] indirettamente fa riferimento ad un "marinaio", o meglio ad un personaggio esistente in un affresco vaticano, che come tale viene indicato a seguito di una diatriba tra due comandanti di nave, un olandese e un inglese[N 8].

Una seconda menzione si avrà, successivamente, solo nel 1788, a cura di Francesco Cancellieri, storico, bibliotecario e a sua volta erudito, che nella sua "Descrizione delle Cappelle Pontificie" [15] riporta, in luogo del "marinaio", che il personaggio sarebbe stato un operaio e che il suo nome sarebbe stato Bresca. A proposito di tale cognome, tuttavia, il Cancellieri riferisce di averlo appreso perché "urlato da una donna di nome Bresca"[N 9]. La notizia viene riportata dal Cancellieri senza alcun riferimento alla fonte il che, per la eccessiva pignoleria ai limiti della pedanteria per cui il Cancellieri era conosciuto[N 10], appare un unicum nella sua produzione letteraria.

Nel 1811 Gaetano Moroni, bibliografo e dignitario pontificio, amico della famiglia Bresca, insediatasi in Roma nel ‘700, precisa [16] che ogni anno vengono fornite al Palazzo Apostolico un certo quantitativo di palme in occasione della omonima celebrazione, e che queste vengono conferite da un rappresentante della famiglia Bresca in ossequio a una concessione di Papa Sisto V poiché un antenato dell’attuale famiglia avrebbe evitato, con il suo intervento, l'incendio degli argani delle macchine impiegate nell'innalzamento dell’obelisco[N 11]. Nel 1851, in una successiva edizione della sua opera, il Moroni precisa invece che la concessione sarebbe derivata dall’aver il Bresca evitato che le funi “mollassero” e, in tale occasione, ribadisce che la fornitura delle palme a cura della famiglia sanremese deriva da un “diploma” concesso da Sisto V[N 12].

Ricerche eseguite da Cesare D’Onofrio[17] non hanno consentito il reperimento di un tale diploma, ma hanno consentito di appurare che "banderaro", ovvero fornitore delle palme per la celebrazione, sotto Sisto V era tale Lorenzo Manfredi al quale successe con lo stesso incarico, sotto Urbano VII, tale Gironimo Andreini[N 13]. E' tuttavia emerso, nel corso delle ricerche, che effettivamente venne concesso un "diploma" a un membro della famiglia Bresca, ma nel 1835, e si trattava del capitano Giacomo Bresca, morto nel 1843, per la concessione della nomina a cavaliere dell' Ordine dello Speron d'oro, a firma di Gregorio XVI. Una ulteriore richiesta di tale Giuseppe Bresca, confortata dal Moroni, per ottenere la conferma della "privativa" citava come precedente solo il testo del Cancellieri del 1788.

La frase (anche nella variante "Acqua alle corde!") è oggi in disuso, ma viene talvolta usata per esaltare l'importanza del coraggio, della risolutezza e della presenza di spirito di qualcuno davanti ad un problema difficile, anche se c'è il rischio di pesanti conseguenze personali.

In altri casi si tratterebbe di una specie di grido d'allarme dato da chi si accorge di un'emergenza improvvisa e invita a porvi immediatamente riparo. La frase implica la necessità di agire.


Annotazioni[modifica wikitesto]

  1. ^ Il luogo in cui l’obelisco si trovava doveva essere davvero angusto e buio se ancora nel 1589 Mons. Michele Mercati, nel suo De gli obelischi di Roma, p. 340 scrive "(l’obelisco) si vedeva conservato intiero, ma in luogo scurissimo et quasi deserto…".
  2. ^ Un "turista" del XII secolo, noto solo come Magister Gregorius, scrisse di tale leggenda in una sua guida De mirabilibus urbis Romae, la cui unica copia manoscritta è oggi conservata a Cambridge. Di Magister Gregorius, Maestro Gregorio, non si hanno notizie anagrafiche se non che era un prelato di Oxford e che venne in Italia per visitare le bellezze storiche e artistiche, di Roma in particolare. Di certo non era un pellegrino giacché nel suo scritto, anzi, li disprezza.
  3. ^ Che si trattasse di una leggenda, fu lo stesso architetto Domenico Fontana a darne testimonianza poiché scrive, nel suo diario delle operazioni ("Trasportatione…" p. 13): "...vidi lei essere gittata tutta d'un pezzo senza commissura alcuna..."
  4. ^ Commissione costituita da: Capo Congregatione: Cardinale Pier Donato Cesi (1522-1586); Cardinale Filippo Guastavillani (1541-1587), Camerlengo dal 1584; Cardinale Ferdinando de’ Medici (1549-1609); Cardinale Francesco Sforza (1562-1624), divenuto Cardinale nel 1583 (21 anni). Ne facevano parte, inoltre, e Fontana ne annota diligentemente i nomi e cognomi, altri quattro Monsignori, tre Conservatori, il Priore dei Caporioni; due Maestri di Strada; un Deputato del Popolo Romano; il Commissario della Fontana di Trevi e un non meglio indicato Petruccio, fiscale del Popolo Romano.
  5. ^ Vuole la leggenda che per sottolineare il drastico divieto, sulla piazza fosse addirittura stata eretta una forca presidiata dal boia.
  6. ^ Dei cinquecento progetti citati dal Fontana, e di cui non resta traccia, e degli otto finalisti (la cui unica traccia è in una stampa del diario dell’Architetto, p. 8, in cui sono tutti accomunati), solo il progetto del Fontana prevedeva il completo abbattimento dell’obelisco e il successivo innalzamento.
  7. ^ Si trattava di una sorta di giornali periodici molto in voga nella Roma cinquecentesca; generalmente di qualità scadente, sia editorialmente che come testi, di quattro o otto pagine che trasmettevano le notizie più recenti soffermandosi, come ovvio, su quelle scandalistiche o che potevano avere maggior presa sull'opinione pubblica.
  8. ^ "...vi era tra la moltitudine un marinaio colle calzette verdi che non ostante la pena di morte a chi avesse parlato, gridò: bagnate le funi; e invece di castigo fu da Sisto V graziosamente premiato. Gli olandesi pellegrinanti, nel vederne la figura rassomigliante a' suoi marinari, pretendono essere stato olandese; al contrario gl'Inglesi dicendo che i loro marinari son ricchi, ben vestiti, e con calzette di seta verde, vogliono che sia stato un inglese. Onde, ritrovandosi insieme due capitani di vascelli, uno olandese e uno inglese altercavano talmente che non si curarono di vedere altre rarità…"
  9. ^ "…si narra …che fu in questa occasione premiato un Operaio, di cognome Bresca, nativo di S. Remo… giudicato degno di ricompensa…".
  10. ^ Tale era la sua pignoleria nel voler sempre citare le fonti, che spesso inseriva note alle note.
  11. ^ "Il vescovo di Albenga (presso S. Remo) e il capitolo mandano ogni anno al Papa centoventi palme in due mazzi… Porta quelle palme a Roma un individuo della famiglia Bresca di S. Remo che ha la privativa di provvedere al palazzo apostolico fino al numero di cinquecento. Questa concessione ebbe origine da Sisto V, nel 1586, nell’erezione dell’obelisco Vaticano. Vedendo uno della famiglia Bresca di S. Remo che gli argani delle macchine avevano preso fuoco…"
  12. ^ "Sisto V concesse la privativa con diploma, in un al titolo di capitano del 1° reggimento di linea pontificia, col privilegio di portarne la divisa e d’innalzarne bandiera sul bastimento: ed oltre il pagamento delle palme, una pensione mensile dai palazzi Apostolici, il tutto ancora in vigore."
  13. ^ Particolare importanza assume la nomina dell'Andreini quale “banderaro” sotto Urbano VII, là ove si consideri che il pontificato di quest’ultimo durò solo dodici giorni (dal 15 al 27 settembre 1590). Ciò a dimostrazione dell’importanza di tale carica ricompresa tra le prime incombenze di un nuovo Papa.

Fonti[modifica wikitesto]

  1. ^ Guidoni 1990.
  2. ^ Fontana 1590.
  3. ^ Fontana 1590, pp. 4/verso e sgg..
  4. ^ Fontana 1590, pp. 5/verso e sgg..
  5. ^ Fontana 1590, pp. 5/verso e sgg..
  6. ^ Fontana 1590, pp. 33 e sgg..
  7. ^ Fontana 1590, pp. 34 e sgg..
  8. ^ Fontana 1590.
  9. ^ Mercati 1589.
  10. ^ Baraldi 2017.
  11. ^ AAVV 1647.
  12. ^ D'Onofrio 1967.
  13. ^ Rossini 1704.
  14. ^ Ficoroni 1744.
  15. ^ Cancellieri 1788.
  16. ^ Moroni 1840, vol. I, p. 194.
  17. ^ D'Onofrio 1967, pp. 98 e sgg.

Bibliografia[modifica wikitesto]

  • Domenico Fontana, Della Trasportatione dell'Obelisco Vaticano et delle Fabriche di Nostro Signore Papa Sisto V fatte dal Cavallier Domenico Fontana Architetto di Sua Santità, Roma, Appresso Domenico Basa, 1590..
  • Michele Mercati, De gli Obelischi di Roma alla Santitò di Nostro Signore Sisto V Pontefice Massimo, Roma, Appresso Domenico Basa, 1589..
  • Autori Vari, Descrizione di Roma Moderna formata nuovamente con le Autorità del Cardinal Baronio etc. e d’altri Celebri Autori, Roma, nella Libreria di Michel’Angelo e Pier Vincenzo Rossi a Pasquino, all’insegna della Salamandra, 1647..
  • Pietro Rossini, Il Mercurio errante, delle Grandezze di Roma, tanto antiche che moderne, Roma, Antonio de’ Rossi, 1704..
  • Francesco de' Ficoroni, Vestigia, e rarità di Roma antica ricercate, e spiegate da Francesco de' Ficoroni aggregato alla Reale Accademia di Francia, Roma, nella stamperia di Girolamo Mainardi, 1744..
  • Francesco Cancellieri, Descrizione delle cappelle pontificie et cardinalizie di tutto l'anno, Roma, Presso Luigi Perego Salvioni Stampator Vaticano, 1788..
  • Orazio Marucchi, Gli obelischi Egiziani di Roma, Roma, Ermanno Loescher & C., 1898.
  • Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da San Pietro ai nostri giorni... (opera in 103 volumi), Venezia, Tipografia Emiliana, 1840.
  • Cesare D'Onofrio, Gli Obelischi di Roma, Roma, Bulzoni, 1967.
  • Enrico Guidoni, Il piano di Sisto V: significato e conseguenze di un progetto innovativo, in L'Urbanistica di Roma tra miti e progetti, Bari, Laterza, 1990.
  • Roberto Dragosei, Il Papa & l’Architetto, Roma, Gangemi Editore, 2015, ISBN 978-88-492-3160-1.
  • Cecilia Baraldi, La movimentazione degli obelischi di Roma nei documenti mantovani 1585-1587, in Architettura e urbanistica nei carteggi gonzagheschi, Mantova, Centro Internazionale d'Arte e di Cultura Palazzo Te, 2017.