Discussione:Patto di sangue (film 1993)

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Il capolavoro indiscusso di Taylor Hackford, onesto regista con un paio di blockbuster di successo (Ufficiale e Gentiluomo, L'Avvocato del Diavolo) ed un biopic molto apprezzato dalla critica (Ray sulla vita di Ray Charles). Qui si respira tutt'altra aria: John Woo, Coppola, ma anche il cinema più politicamente scorretto degli anni settanta, dai b-movies a Friedkin. Epopea di due fratelli unilaterali ispanici (stessa madre) ed un cugino mezzo sangue (l'altra metà bianca), legati da un "patto di sangue" che segnerà per sempre le loro vite. Paco è una ex promessa del pugilato con un carattere ribelle ed irascibile; il fratello Cruz un pittore di talento, brillante ed estroverso; Miklo è il personaggio più controverso: intelligente, "puro" e pieno di vita, ma con un odio irrefrenabile per il padre bianco ed una volontà ferrea di appartenenza alla razza ispanica, la sola in cui si identifica (vedetela come un inno al razzismo, ma sotto una lente deformata). Nulla è scontato in questo film e le vite dei protagonisti scorrono imprevedibili: Paco diventa un pezzo grosso della polizia; Cruz sembra avviato ad una carriera fulgida da pittore di successo, ma la morte accidentale del fratellino minore (overdose da emulazione) lo fa precipitare in un vortice di depressione e dipendenza dalla droga, dal quale uscirà solo dopo il perdono di Paco e dei suoi genitori; Miklo entra ed esce dal carcere, uccide, perde una gamba (per una pallottola sparatagli da Paco), tradisce il suo "padre" putativo (Montana) e ne prende il posto come capo della "Onda", organizzazione criminale di detenuti ispanici che massacra bianchi e neri per controllare il giro della cocaina in tutti i carceri del Sud della America. Ma quell'indissolubile legame di sangue resterà per sempre, nei loro cuori, nella memoria, nei dipinti di Cruz, anche quando le vite di Paco e Miklo non potranno più incrociarsi. Tre ore che passano come un treno in corsa, abbattendo tutti i luoghi comuni di certo cinema americano buonista e moralista. L'unico messaggio, qui, è un inno all'appartenenza etnica; il resto è solo la tragica ed incontrollabile fatalità del destino che governa le vite degli uomini. Uno dei dieci migliori film degli anni novanta. Uno dei cento film da vedere prima di morire.