Dagoberto Azzari

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Dagoberto Azzari
NascitaOstra Vetere, 22 ottobre 1911
Morte30 gennaio 2006
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Bandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
Esercito Italiano
ArmaFanteria
Carabinieri
GradoGenerale di corpo d'armata
GuerreSeconda guerra mondiale
BattaglieBattaglia di Culqualber
Decorazionivedi qui
dati tratti da Il nostro eroico 5º Presidente[1]
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Dagoberto Azzari (Ostra Vetere, 22 ottobre 191130 gennaio 2006) è stato un generale italiano, decorato con due Medaglie d'argento e una di bronzo al valor militare durante la seconda guerra mondiale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Ostra Vetere (provincia di Ancona) il 22 ottobre 1911, figlio di Vincenzo a Anna Spinaci. Arruolatosi nel Regio Esercito, assegnato alla fanteria, fu nominato sottotenente in servizio permanente effettivo nel 1931. Promosso tenente nel 1933, transitò nell'Arma dei Carabinieri con lo stesso grado nel 1936.

Trasferito in Africa Orientale Italiana, dopo l’entrata in guerra dell’Italia, avvenuta il 10 giugno 1940, il 2 marzo dell’anno successivo gli fu assegnato il comando della 2ª Compagnia mista,[N 1] formata da carabinieri e zaptié,[1] del 1º Gruppo mobilitato dei carabinieri,[N 2] che con l’invasione dell’Impero avvenuta nel corso del 1941, fu impegnato in combattimento. Nel mese di novembre la sua unità fu assegnata alla difesa della sella di Culqualber, uno dei quattro capisaldi posti a difesa di Gondar, ultima roccaforte italiana in A.O.I.[1] Si distinse particolarmente nel corso della battaglia di Culquaber, e poco più di dieci giorni fu decorato di due Medaglia d'argento e una di bronzo al valor militare. Il giorno 21 novembre le forze nemiche, una intera brigata sudafricana supportata da ribelli etiopici, lanciò l'attacco finale alle posizioni italiane difese dai carabinieri e dal 67º Battaglione coloniale.[1]

Tra settembre e novembre i britannici, pur enormemente superiori in numero e mezzi, tentarono inutilmente di vincere la resistenza degli italiani. L'eroismo dimostrato dai carabinieri meritò alla bandiera dell'Arma una Medaglia d'oro al valore militare, e la massima onorificenza fu concessa anche al colonnello Augusto Ugolini, al maggiore Alfredo Serranti e al carabiniere Poliuto Penzo.[1]

Ritornato in Italia dopo la fine della guerra, continuò a servire l'Arma, ricoprendo l’incarico di comandante delle legioni carabinieri di Ancona[2] e di Genova. Nel febbraio 1967 fu interrogato da una apposita commissione parlamentare[N 3] in seguito allo scandalo che aveva colpito il Servizio informazioni forze armate (SIFAR) e il suo comandante, generale Giovanni de Lorenzo. Fu nuovamente interrogato il 4[3] e poi il 15 giugno 1967[N 4] in merito allo scandalo del SIFAR che era stato denunciato dal periodico L'Espresso.

Collocato in ausiliaria il 28 dicembre 1974 con il grado di generale di divisione, fu poi promosso generale di corpo d'armata a titolo onorifico, ricoprendo anche l'incarico di Presidente dell’Opera Nazionale Assistenza Orfani Militari Arma Carabinieri (ONAOMAC). Si spense il 30 gennaio 2006.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di plotone e successivamente di compagnia CC.RR. mobilitata in A.O.I., impiegato per oltre otto mesi in rischiose e delicate operazioni di guerra, dava costante prova di valore personale, guidando il proprio reparto da lui magnificamente addestrato, con perizia, con sagacia, con senso di incondizionata dedizione al dovere. Nel corso di un duro e cruento combattimento sul fronte di un importante capo saldo della difesa Amhara, manteneva saldamente le posizioni, ributtando la preponderanza avversaria in travolgenti assalti che infliggevano all'attaccante perdite gravi. Instancabile nell'accorrere sui punti più minacciati, infondeva nei propri uomini ardore combattivo ed incrollabile tenacia, contribuendo in modo preminente al felice esito del combattimento,conclusosi con la piena disfatta dei reparti avversari. Culqualber, Africa Orientale, 13 novembre 1941
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di compagnia e zaptié destinato alla difesa di un importante caposaldo, dava prova di ardimento, di sagacia, di slancio e di piena dedizione al dovere. In una lotta durissima e sanguinosa protrattasi per oltre 13 ore opponeva strenua, valorosa resistenza alle preponderanti forze nemiche. Più volte soverchiato, si lanciava in testa ai propri uomini alla riconquista di posizioni temporaneamente perdute, travolgendo l'avversario in una serrata mischia all'arma bianca. Caduto il proprio comandante di gruppo, col reparto fortemente decimato,accorreva a rinforzo di altro settore seriamente minacciato, resistendovi coi propri uomini, finché le preponderanti ondate nemiche non ebbero travolto e sommerso gli eroici difensori del caposaldo,in massima parte caduti nell'adempimento del dovere. Esempio di elevate virtù di comandante e di soldato. Culqualber, Africa Orientale, 21 novembre 1941
— Decreto Presidenziale 27 novembre 1950.[4]
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di plotone misto di carabinieri e zaptié in postazioni avanzate, da lui sistemate a difesa, in una giornata di serrata lotta contro preponderanti forze nemiche, sosteneva strenuamente il persistente urto dell’avversario, sviluppando continue azioni di contrattacco che costringevano il nemico a ripiegare, per le notevoli perdite inflittegli. Esempio mirabile di calma e noncuranza del pericolo, nonché di intelligente azione di comando. Blagir (A.O.), maggio 1941
— Decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1952.[5]
Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Tale reparto era formato da personale per la maggior parte proveniente dalla tenenza di Metemma, una piccola città situata sul confine con il Sudan. Compito principale di questo presidio era di impedite le incursioni e gli sconfinamenti dei sempre attivi guerriglieri etiopi.
  2. ^ Tale reparto era al comando del maggiore Alfredo Serranti.
  3. ^ Composta dal generale di corpo d'armata Aldo Beolchini (Presidente), dal generale c.a. Umberto Turrini (membro), dal dottor Andrea Lugo (membro), e dal colonnello pilota Antonio Podda (segretario).
  4. ^ In quella data il generale Giorgio Manes, su incarico del generale Carlo Ciglieri, interrogò i generali di brigata Oreste Lepore, Franco Picchiotti, Dagoberto Azzari, Cosimo Zinca, e i colonnelli Romolo Dalla Chiesa, Roberto Sottiletti e Luigi Bittoni.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Vitale 2012, p. 22.
  2. ^ Martineli, De Lorenzo 1968, p. 523.
  3. ^ Martineli, De Lorenzo 1968, p. 240.
  4. ^ Registrato alla Corte dei conti il 13 dicembre 1950. Esercito registro 47, foglio 95.
  5. ^ Bollettino ufficiale 1952, dispensa 44ª, pagina 4393.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale - 4. Nostalgia delle colonie, Milano, A. Mondadori Editore, 2014, ISBN 88-520-5497-9.
  • Roberto Martinelli e Giovanni De Lorenzo, SIFAR: gli atti del processo De Lorenzo-"L'Espresso", Milano, U. Mursia Editore, 1968.

Periodici[modifica | modifica wikitesto]

  • Cesare Vitale, Il nostro eroico 5º Presidente, in Le Fiamme d’Argento, n. 1, Roma, Associazione Nazionale Carabinieri, gennaio-febbraio 2012, p. 22.
  • Vittorio Cuomo, La battaglia del passo di Culqualber, in Storia Militare, n. 11, Parma, Ermanno Albertelli Editore, agosto 1994, p. 14-18.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]