Coolia monotis

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Coolia monotis
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoProtista
PhylumDinoflagellata
ClasseDinophyceae
GenereCoolia
SpecieC. monotis
Nomenclatura binomiale
Coolia monotis

La Coolia monotis è una specie di alga marina unicellulare flagellata, appartenente alla divisione dei Dinoflagellata classe Dinophyceae. È un'alga, come Ostreopsis ovata e Prorocentrum lima, che ha la caratteristica di produrre sostanze potenzialmente tossiche per la salute umana.

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

È una specie epifitica e preferibilmente poco esposta ad habitat con acque in movimento. È una microalga largamente distribuita in acque da temperate a tropicali, dal Mare dei Caraibi all'Oceano Pacifico ma durante gli ultimi decenni è stata osservata anche nel Mare Mediterraneo; negli ultimi anni è presente anche sulle coste italiane (Toscana, Liguria), ritrovata sin dai primi anni del 2000. Nel Mare Adriatico è stata osservata nel Golfo di Trieste, al largo del Conero ed infine nelle coste abruzzesi per la prima volta nell'estate 2009 (Ingarao et al., 2010).

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il tallo cellulare è a forma di lente, e compresso antero posteriormente, formato da due teche e l'ipoteca è più grande epiteca. La superficie delle teche è liscia ma costellata da numerosi pori disposti a caso e formate da diversi pezzi. Pori marginali sono presenti su entrambi i lati del cingolo che è labriforme. I pori si presentano con due forme, o oblunghi, o sferici.

Dimensioni, lunghezza 30-50 µm e spessore 25-45 µm (Tolomio & Cavolo 1985; Faust 1992).[1]

La specie si va a localizzare sulle alghe e sul substrato che costituisce il bentos, e può essere brucata dagli erbivori, o inghiottita dai molluschi. È anche utilizzato il sinonimo, Ostreopsis monotis.

Tossicità[modifica | modifica wikitesto]

Coolia monotis è considerata tossica in quanto produce sostanze neurotossiche (NSP), le cooliatossine, analoghe alle yessotossine (Nakajima I et al 1981; Holmes M. J. et al 1995).[2]

Cosa si fa per contenere il fenomeno[modifica | modifica wikitesto]

Con l'entrata in vigore, il 25 maggio 2010, del decreto 30 marzo 2010, attuativo del D.Lgs 116/2008, in Italia è diventato obbligatorio (art.3) effettuare monitoraggi in aree a rischio di Ostreopsis ovata e altre alghe potenzialmente tossiche (Prorocentrum lima, Ostreopsis ovata,ecc.).[3]

Le Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente (ARPA) effettuano monitoraggi sulla presenza dell'alga nelle acque dei litorali nei periodi estivi, avvertendo i comuni e le ASL di competenza al superamento della soglia di 10000 unità cellulari per litro (come da "Linee guida del Ministero della Salute" della Repubblica Italiana).[4][5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ https://www.liv.ac.uk/hab/Data%20sheets/c_mono/c_mono.pdf[collegamento interrotto]
  2. ^ Acque Marine Archiviato il 21 settembre 2013 in Internet Archive.
  3. ^ Alghe tossiche: approfondiamo il problema | Struttura Ocean. Daphne | Arpa ER, su arpa.emr.it. URL consultato il 18 settembre 2012 (archiviato dall'url originale il 14 luglio 2014).
  4. ^ Ostreopsis ovata nel litorale apuano — ARPAT - Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, su arpat.toscana.it. URL consultato il 18 settembre 2012 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2015).
  5. ^ http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_641_allegato.pdf