Concezio Chiaretti

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Chiaretti Concezio, don
NascitaStati Uniti, 7 luglio 1917
MorteMonte Tilia (Leonessa), 7 aprile 1944
Cause della morterappresaglia nazista (Strage di Leonessa)
ReligioneCattolica
Dati militari
Paese servitoRegno d'Italia
ArmaRegio Esercito
CorpoOrdinariato Militare
Specialitàtruppe alpine
Unità39º Battaglione "Monte Berico" del 167º Reggimento Alpini
Anni di servizio1940 - 1943
GradoTenente Cappellano
GuerreSeconda Guerra Mondiale
CampagneFronte alpino occidentale
voci di militari presenti su Wikipedia

Don Concezio Chiaretti (Stati Uniti d'America, 7 luglio 1917Leonessa, 7 aprile 1944) è stato un religioso e militare italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nasce negli Stati Uniti nel 1917[1] da famiglia originaria di Leonessa. Rientrato in Italia fu ordinato presbitero e, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, è cappellano del 39º Battaglione "Monte Berico" del 167º Reggimento Alpini[2] distaccato in Francia e alle dipendenze della Divisione di Fanteria “Legnano”, parte della IV Armata.

L'Armistizio dell'8 settembre 1943 lo coglie a Leonessa, paese natìo della famiglia, nel quale fu parroco. Da sacerdote accoglie e sostiene chiunque abbia necessità, senza tenere conto dell'orientamento di ciascuno. Contribuisce a fondare nel borgo laziale una delegazione del Comitato Liberazione Nazionale. Nel frattempo, agli inizi del 1944, comincia ad operare nell'area umbra e alto-laziale la brigata "Antonio Gramsci", formazione partigiana comunista costituitasi agli inizi del mese precedente[3]. Negli stessi periodo e zona combatte anche una formazione militare, la banda di Mario Lupo[4][5], con base a Cepparo, frazione di Rivodutri, responsabile dell'attacco alle forze di polizia e della Guardia Nazionale Repubblicana a Poggio Bustone, nel corso del quale perdono la vita 14 militi della RSI e il Questore di Terni Bruno Pennaria[6] (10 marzo 1944). L'intensificarsi dell'attività partigiana, la morte del funzionario e la necessità di rendere sicuri i collegamenti fra la Capitale e le aree appenniniche, spingono dunque il Comando tedesco di Rieti ad organizzare un articolato attacco (Operazione "Osterei")[7], guidato dal colonnello Ludwig Schanze che, fra il 29 marzo e il 7 aprile 1944, coinvolge Leonessa (occupata dai partigiani il 16 marzo) e le sue frazioni di Albaneto, Cumulata, Ponte Riovalle, Vallunga, Villa Carmine, Villa Pulcini, Accumoli mettendo in rotta i resistenti. Conquistato il paese, i militari germanici (appartenenti a Heer, Luftwaffe, Waffen SS)[8] procedono a caccia, arresto e condanna a morte di fiancheggiatori della Resistenza (Strage di Leonessa) alcuni dei quali denunciati dietro delazione di una donna del luogo, fra loro don Concezio additato quale sostenitore dei partigiani. Il parroco fu giustiziato il 7 aprile, giorno di Pasqua, sul Monte Tilia assieme a 22 concittadini.

In totale i morti della Strage di Leonessa saranno 51.

Memoria[modifica | modifica wikitesto]

Sebbene il suo nome sia inciso sulla lapide dei caduti della Brigata "Gramsci" di Terni e del Gruppo combattimento "Cremona", un familiare del sacerdote leonessano ha recentemente sollevato dubbi sull'effettiva adesione del parroco alla formazione partigiana comunista. Dubbi che Giuseppe Chiaretti ha espresso in un articolo pubblicato dal quotidiano Avvenire il 9 dicembre 2014:

"[...] Eppure don Concezio non aveva aiutato solo i partigiani (aveva fondato il CLN locale), ma anche i fascisti. Una dichiarazione del 26 febbraio 1944, firmata da tre militi leonessani della Guardia Nazionale Repubblicana che indico solo con le iniziali (A.R., S.G., Z.V.), dal loro comandante (R.P.), da un elettricista testimone (A.L) e controfirmata da don Concezio Chiaretti, testimonia che i tre fascisti nei pressi di Villa Pulcini furono salvati dalla fucilazione da parte di un grosso manipolo (una quindicina) di partigiani che li avevano già svestiti, proprio per la mediazione di don Concezio, che quel giorno si trovava lì a cercare qualcosa da mangiare per suo fratello malato. Dopo l’8 settembre, infatti, il sacerdote si era dedicato alle opere d’assistenza: si ricordano suoi interessamenti per aiutare una famiglia ebrea che viveva a Leonessa e le visite nel carcere comunale ai giovani militari fuggiti in montagna per non essere trasferiti ai lavori forzati in Germania [...]"[9].

Antifascista, dunque, ma non al punto tale da abbracciare la causa della Brigata né da esserne ricordato quale caduto[10].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ministero della Difesa, ONORCADUTI, Banca dati dei Caduti e Dispersi della 2ª Guerra Mondiale
  2. ^ Truppe Alpine,
  3. ^ C. Ghini, La Resistenza in Umbria in S. Bovini (a cura di), L'Umbria nella Resistenza, vol. I, Roma, Editori Riuniti, 1972
  4. ^ M. Marcellini, I giustizieri, Mursia, 2009
  5. ^ G. Gubitosi , Alfredo Filipponi, diario di un comandante partigiano, Editrice Umbra, 1991
  6. ^ M. Marcellini , in op. cit.
  7. ^ E. Climinti, Il gruppo di combattimento «Schanze» nella grande impresa contro le bande, Settimo Sigillo, coll. Historiae, 2006
  8. ^ C. Gentile, Itinerari di guerra: la presenza delle truppe tedesche nel Lazio occupato 1943-1944, pubblicazione a cura di Deutsches Historisches Institut in Rom/Istituto Storico Germanico di Roma
  9. ^ Leonessa, la strage del venerdì santo di Giuseppe Chiaretti, Avvenire 9 dicembre 2014
  10. ^ idem

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • E. Climinti, Il gruppo di combattimento «Schanze» nella grande impresa contro le bande, Settimo Sigillo, coll. Historiae 2006
  • C. Ghini, La Resistenza in Umbria in S. Bovini (a cura di), L'Umbria nella Resistenza, vol. I, Editori Riuniti, Roma 1972
  • C. Gentile, 'Itinerari di guerra: la presenza delle truppe tedesche nel Lazio occupato 1943-1944, pubblicazione a cura di Deutsches Historisches Institut in Rom/Istituto Storico Germanico di Roma

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]