Chaike Belchatowska Spiegel

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Chaike Belchatowska Spiegel, nota anche con lo pseudonimo di Helen Spiegel (Varsavia, 11 novembre 1920Montreal, 26 marzo 2002), è stata una partigiana polacca di origine ebrea.[1]

Si è distinta come combattente nella resistenza ebraica e per essere una delle partecipanti alla rivolta del ghetto di Varsavia del 1943 contro i nazisti che è vissuta più a lungo.[2]

Primi anni[modifica | modifica wikitesto]

Spiegel nacque a Varsavia, in Polonia,[1] da una madre già impegnata politicamente.[3] Era un membro del partito socialista-marxista ebraico Jewish Labour Bund.[2] A causa dell'invasione della Polonia nel 1939 da parte dell'esercito della Germania nazista, ebbe inizio la deportazione sistematica degli ebrei polacchi, a cui ella si oppose.[1]

Rivolta del ghetto di Varsavia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Rivolta del ghetto di Varsavia.
Varsavia in fiamme durante la rivolta del ghetto del 1943

Si unì alla Jewish Fighting Organization (conosciuta con l'acronimo polacco ZOB) nel gennaio 1943[2] dopo essere scappata dal treno che la stava portando al campo di sterminio di Treblinka nel novembre 1942.[1] Nella prima notte della festa ebraica di Pasqua, il 19 aprile 1943, al comando del colonnello Ferdinand von Sammern-Frankenegg, una forza nazista entrò nel ghetto per proseguire la deportazione ma furono respinti dallo ZOB e da altri gruppi di resistenza, subendo pesanti perdite[1][2] I tedeschi furono colti di sorpresa poiché i combattenti erano scarsamente armati con solo una manciata di armi obsolete di contrabbando, bottiglie molotov improvvisate e poche munizioni.[1]

I nazisti attaccarono sotto il comando del generale Jürgen Stroop, dopo che il colonnello Sammern-Frankenegg era stato sollevato dal suo comando, ma furono nuovamente bloccati dagli ebrei dopo diversi giorni di effettivi combattimenti.[2] I tedeschi decisero quindi di cambiare approccio e portarono i lanciafiamme per bruciare sistematicamente il ghetto.[1] L'8 maggio usarono infine gas velenosi,[1] così il quartier generale della ZOB cadde.[1]

Si stima che circa 7.000 ebrei furono uccisi durante i combattimenti e 30.000 furono deportati nei campi di sterminio, mentre da cinquanta a cento combattenti della resistenza ebrea fuggirono nei boschi fuori Varsavia.[1]

Spiegel si trasferì in Svezia dopo che i tedeschi furono cacciati dalla Polonia dalle truppe sovietiche.[2] Era sposata con Boruch Yakir Spiegel[4] che era uno dei combattenti della resistenza ebrei che riuscì a fuggire dal ghetto nelle foreste fuori Varsavia.[2] Furono rifiutati i visti americani e risiedettero in Svezia e Canada dopo la guerra.[1][3]

Morte[modifica | modifica wikitesto]

Morì a Montreal, in Canada, il 26 marzo 2002.[1] Lascia un figlio, Julius Spiegel,[5] e una figlia, Mindy Spiegel.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l Reina Pennington, Amazons to Fighter Pilots - A Biographical Dictionary of Military Women (Volume Two), Westport, Connecticut, Greenwood Press, 2003, pp. 414–415, ISBN 0-313-32708-4.
  2. ^ a b c d e f g h (EN) Paul Lewis, Chaike B. Spiegel, Who Battled Nazis in the Warsaw Ghetto, Dies at 81, in The New York Times, 7 aprile 2002, ISSN 0362-4331 (WC · ACNP). URL consultato il 24 luglio 2017.
  3. ^ a b (EN) November 11: Chaike Belchatowska Spiegel, Ghetto Fighter, in Jewish Currents, 11 novembre 2012. URL consultato il 24 luglio 2017.
  4. ^ Chaike “Helen” Belchatowska Spiegel, su findagrave.com. URL consultato il 24 luglio 2017.
  5. ^ (EN) Boruch Spiegel dies at 93; survivor of Warsaw ghetto uprising, in Los Angeles Times, 21 maggio 2013, ISSN 0458-3035 (WC · ACNP). URL consultato il 24 luglio 2017.