Carlo Pastorino

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Carlo Pastorino

Carlo Pastorino (Masone, 17 luglio 1887Masone, 29 ottobre 1961) è stato uno scrittore e poeta italiano. Scrittore, novellista, poeta ed ecologista ante litteram. Svolge l'attività di letterato mantenendosi però libero da condizionamenti di case editrici e circoli letterari attraverso la professione di insegnante, e trascorrendo per questo con la famiglia molti anni soprattutto ad Acqui e a Genova.

Contraendo forti debiti avvia nel 1914 l'acquisto della natia Vallechiara, in cui la presenza degli avi è documentata dal 1500, e la valorizza dallo stato dovuto alla plurisecolare dipendenza marchionale, alla natura montana, alla vicinanza con il mar Ligure e alle perturbazioni provenzali. Operatori atmosferici che concorrono, insieme alla orografia, a un microclima che conferisce a Masone erbe, boschi, aria pura e ricchezza d'acque sorgive che "rendono gradevole", "fanno variato e salutare il soggiorno" e sono fonte continua d'ispirazione per i suoi scritti. Il "Poeta" - così vi è ancora noto oggi Carlo Pastorino -, dopo la Liberazione ne diventa primo cittadino. Ex combattente e prigioniero della prima guerra mondiale viene poi coinvolto - anche per l'incarcerazione del figlio partigiano Agostino - in vicende collaterali alla seconda guerra mondiale. Al termine del conflitto si adopera per onorare la memoria dei 59 martiri della Strage del Turchino - vittime di uno degli eccidi nazifascisti della zona - attraverso l'esumazione, la ricostruzione della cripta di un'abbazia dell'XI secolo - poi restaurata - che ne accoglie una parte. Per essi compone un'elegia poi data alle stampe, oggi inserita nella inedita Leggenda di Bosco Appennino.

Infanzia e studi[modifica | modifica wikitesto]

Nasce in una cascina della Valle Stura posta in località Vallechiara di Masone (Genova) il 17 luglio 1887 da Agostino e Maria Maddalena Ottonello. È il terzultimo di sei figli. Gli altri, in ordine di età, sono: Giuseppe, Filippo, Giovanni Battista, Pietro e Caterina.

Dopo la scuola elementare per aiutare i genitori fittavoli dei marchesi Pallavicini, Carlo Pastorino interrompe gli studi e lavora come pastore, fabbro, sarto.

Li riprende nel 1904, a diciassette anni, presso un sacerdote del suo paese e successivamente diviene alunno del ginnasio nel seminario vescovile di Acqui. Nel 1906 passa al ginnasio-liceo "Doria" di Genova. Convittore presso la Congregazione dei figli di Maria di Antonio Piccardo, è assistente degli studenti più giovani. Continua a frequentare il Doria ma nel 1910 si trasferisce alla Casa Manzoni del barnabita Giovanni Semeria, fondata per ospitare gli studenti lontani dalle famiglie. Nel 1911 consegue la maturità classica senza sostenere l'esame di stato grazie all'alta media dei voti di ammissione.

Alla Facoltà di Lettere dell'Università di Genova è allievo di Alfredo Galletti. Con la chiamata alla prima guerra mondiale interrompe la frequenza. Si laurea alla vigilia del congedo, nel 1919, discutendo una tesi su Manzoni.

L'inizio dell'attività artistica e il commento di un critico sull'autodefinizione pastoriniana della propria poetica[modifica | modifica wikitesto]

Idilli in villa, il suo primo libro, è una raccolta di versi poi ripudiata che esce nel 1911. Pubblica nel 1914 un ulteriore libro di poesie acerbe, Valle Chiara, che rielabora in parte negli ultimi anni di vita.

Nel 1915 presenta la raccolta di novelle I tesori della mamma, pure ripudiata.

Esce nel 1921 La Madonna di Fanaletto, iniziata durante la prigionia, rielaborata poi per un'edizione del 1942. Il libro inizia con le parole: «Nella mia casa povera non entrò mai la miseria». E lo scrittore e storico della letteratura Fausto Montanari, al Convegno del centenario sull'Opera letteraria di Carlo Pastorino, afferma:

«È già questo il primo punto della sua poetica: il presente è troppo caotico: solo il passare del tempo e la prospettiva che ne viene a maturazione, può isolare significativamente le cose degne di memoria.»

Per La prova della fame, in cui Pastorino riporta ancora le parole «Nella mia casa povera...» e prosegue per esse con: «... avevo trovato il mio stampo. Tutta la mia vita di scrittore sarebbe partita da lì; cioè da una prosa amicale, ragionata e calma, la quale fosse comunione di spirito con spirito, fatta nelle ore di silenzio, per il raccoglimento e la pace», Montanari rileva:

«veramente questa autodefinizione è quanto mai penetrante: «amicale» «calma» «per il raccoglimento e la pace».»

e sottolinea che Pastorino

«per perfezionare la propria meditazione cercava di leggere autori di tutte le età:...»

poi commentandone - sempre dalla Prova della fame - il brano: «Vedevo come la natura nel suo creare fosse pacata, lenta, guardinga; e come essa - gli antichi lo avevano già rilevato - non procedesse a sbalzi e a salti; ma come in lei tutto fosse concatenato, fuso, armonico, leggiadro e necessario. Una tale concatenazione e fusione e armonia e leggiadria e necessità io trovavo nelle pagine dei prosatori e poeti che leggevo.», scrive:

«Basta notare la ripetizione dei cinque concetti, prima cinque aggettivi, poi cinque sostantivi, e questi separati con robusta leggiadria da quattro e, per vedere che il semplicissimo Pastorino aveva bene imparata la sua lezione e dalla natura e dagli scrittori. Leggiadro e necessario: emblema da grande scrittore.»

La chiamata alle armi[modifica | modifica wikitesto]

Come soldato semplice segue, nel 1916, prima il corso alpini a Ceva e poi quello di allievo ufficiale di fanteria a Parma.

In luglio è al fronte in Vallarsa nel 69º reggimento; nei giorni 11-13 settembre guida il suo reparto alla riconquista della selletta Battisti e nel corso dell'azione viene anche ferito. Il comportamento gli vale in vita una medaglia d'argento al valor militare.

Trasferito dal fronte trentino a quello del Carso il 25 maggio 1917, il 4 giugno viene fatto prigioniero sul Monte Ermada. Deportato e rinchiuso nella camerata 101 della fortezza di Theresienstadt, in Boemia, ha come compagni di prigionia il commediografo Cesare Vico Lodovici, l'insegnante Paolo Ferrini, Piero Dottore e il musicista Mario Labroca.

Finita la guerra rientra a Masone nel 1918 ma, non ancora congedato, viene assegnato a un deposito di Firenze.

Sposa nel 1919 Carmelina Cesàri, di famiglia cremonese, maestra, conosciuta prima della partenza per il fronte. Nel 1920 nasce Agostino, il primo figlio.

La professione di insegnante, il corpo della sua attività artistica e ulteriori valutazioni critiche[modifica | modifica wikitesto]

Inizia a insegnare nel 1920 in scuole di Genova, Novi Ligure e Casalmaggiore.

Professore al ginnasio di Acqui nel 1924, pubblica il romanzo autobiografico Il ruscello solitario. Nella cittadina piemontese rimane fino al 1932. Dopo otto anni dalla fine del primo conflitto mondiale, nel 1926, dà alle stampe il libro di memorie di guerra La prova del fuoco

«... vibrante e sofferta testimonianza dal fronte 1915-1918" - commenta Carlo Bo, negli Atti del convegno nazionale su Pastorino citato in bibliografia - che gli procura - come si specifica di seguito - una recensione molto positiva di Giovanni Titta Rosa... e l'apprezzamento, fra gli altri, di Corrado Alvaro, Ugo Betti e del saggista e poeta Diego Valeri

Giovanni Titta Rosa, giornalista, scrittore e poeta, critico sicuro e attento ai valori letterari, segnala La prova del fuoco su La Fiera Letteraria del 5 settembre 1926:

«Noi che sappiamo cos'è stata la guerra, questo libro lo mettiamo senz'altro fra quelli, tre o quattro, che ci hanno dato emozioni e ravvivato ricordi incancellabili... Diciamo di preferirlo com'è, schietto e semplice, al tutto nudo di frasi, puro di lebbra retorica: un bellissimo libro... Da questo lato (dell'umanità dello scrittore) il libro del Pastorino è il più bello di quanti finora ne abbiamo letti, sulla guerra»

La prova del fuoco ottiene così un notevole successo e viene raccomandata in lettura agli studenti del corso d'italiano del giornalista, scrittore ed editore Giuseppe Prezzolini alla Columbia University di New York. Lo stesso Prezzolini ne scrive da New York a Pastorino in una lettera il 18 aprile 1931.

Il consenso della critica non è neppure pari a quello dei lettori. Ristampato più volte, il libro viene pubblicato in seconda riveduta edizione nel 1931.

Dopo la nascita del secondo e ultimo figlio Piero (1926), nel 1927 esce il romanzo Il fratello mendìco, ma non si ripete l'affermazione di La prova del fuoco. Di seguito lo scrittore svolge attività pubblicistica sui quotidiani Il Cittadino (Genova) e L'Avvenire d'Italia (Bologna) e sul settimanale La Festa (Bologna). Gli Artigianelli di Pavia gli editano nel 1930 Bacche d'agrifoglio e Orme sull'erba e Pastorino vi dirige le collane di narrativa Scrittori contemporanei e Piccola vela.

Finalista nel 1931 al premio Bagutta con Bacche d'agrifoglio, riceve dall'Accademia d'Italia un premio d'incoraggiamento. Nominato docente al ginnasio Colombo di Genova, si trasferisce con la famiglia nel capoluogo ligure nel 1932.

La critica sulle edizioni postume di La prova del fuoco, La prova della fame e Il ruscello solitario[modifica | modifica wikitesto]

La prova del fuoco, insieme a La prova della fame, in La mia guerra, esce in versione definitiva nel 1989 a cura di Francesco De Nicola. Di questo libro e della edizione del 2000 del Ruscello solitario, scrive Alessandro Armato sull'Avvenire del 9 agosto 2000, in La terra alla «prova del fuoco»:

«Considerando la letteratura di Pastorino - profondamente legata all'ambiente naturale e alle tradizioni della sua regione di provenienza, così come all'esperienza della guerra - benché manchino gli estremi cronologici viene naturale vedere in lui una sorta di anticipazione ligure di Mario Rigoni Stern. Come l'autore de Il sergente nella neve, Pastorino risulta infatti sia un grande testimone di una tragedia del 1900 sia il custode di una civiltà rurale che - oggi è sempre più chiaro - sta scomparendo per effetto del progredire di un mondo moderno che rende tutti - soprattutto i giovani - sempre più estranei alla terra di provenienza»

Il 12 luglio 2008, il critico Fiorenza Aste sul blog Soglie e flussi: Historica - Il Foglio letterario n. 2 afferma poi per la Prova del fuoco:

«Il suo posto buono è nelle scuole, e fra le mani dei lettori. A ricordare, assieme alle opere di Erich Maria Remarque, di Ernst Jünger, di Emilio Lussu, che cosa sia stata veramente la Grande Guerra»

perché quello di Pastorino è

«un racconto limpido e asciutto. Commosso, spesso. Ma anche estremamente lucido, e capace, nel resoconto nudo dei fatti di guerra, di raggiungere una cruda e essenziale concretezza che ci mette l’orrore ben chiaro davanti agli occhi... Così è Pastorino. Senza veli. Senza artifici retorici. Rivelatore, in questo, della sua matrice contadina, non guastata nella sua concretezza dagli studi letterari terminati poco prima che la storia lo precipitasse qui, sugli orli scoscesi di queste rocce. Verso la retorica continuerà a nutrire, del resto, una desolata avversione. Troppo atroce l’evidenza di quel che gli sta sotto gli occhi, per poter sopportare le parole di chi la vela e la imbelletta»

Ottantadue anni dopo Giovanni Titta Rosa, Fiorenza Aste conferma così in altri termini il giudizio del critico abruzzese.

Lo scrittore di montagna, Mario Martinelli, nel suo libro Dalla vita di un jobrero cita Pastorino sia per i percorsi indicati nella Prova del fuoco sia per le meditazioni pastoriniane, sue compagne durante le solitarie ascese alle cime della Vallarsa - luogo dove vive e dal quale traggono ispirazione i suoi libri. Lo scrittore vallarsese, da dove Pastorino aveva partecipato alla Grande Guerra - fonte delle Cose vere della Prova del fuoco -, scrive nel 2009:

«... mi sento alquanto soddisfatto di avere rimesso in giro, tramite i miei libri, il nome del Nostro, poiché sono sempre più convinto che, oltre ad essere sempre e per sempre attuale, la sua Opera è destinata a una larghissima diffusione. Questo perché, a parer mio, nell'orizzonte contemporaneo manca la figura di uno Scrittore (ma anche di un Uomo, Montanaro, Poeta, Soldato) che sia così genuino, sincero, semplice, e riesca a trasporre nei suoi scritti la purezza d'animo di cui vanta virtù»

e prosegue:

«Forse, uno dei meriti di Carlo Pastorino è quello di riuscire a esprimere in parole i sussurri dell'animo che da sempre si portano dentro i montanari, i contadini, tutta la gente semplice, la gente vera... ho camminato a lungo su quella tragica montagna che è il Corno, non dimentico mai, nemmeno per un istante, la Grande Prova che è stata per Carlo su quegl'aspri rilievi. E sempre mi prende un senso di inadeguatezza, d'inferiorità, nel confrontarmi io, piccino uomo rammollito dal benessere e dal progresso, con quelli che hanno dovuto sputare sangue e accettare di vivere e morire in condizioni inaudite, oltre ogni limite di sopportazione umana, impossibile perfino da concepire per la mia pavida mente. Che cos'è il nostro arrabattarci nella vita, a paragone di tanto eroismo?»

Citazioni di e su Carlo Pastorino vengono da Il Montanaro, conversazioni con Mario Martinelli di Fiorenza Aste; e, il 18 gennaio 2009, ne appaiono sul citato blog del critico-scrittrice-poetessa trentina, attraverso il suo Sulle tracce di Carlo Pastorino: una giornata sul Monte Trappola.

Il docente Giulio Sardi, nel giugno 2005 sul periodico culturale nazionale Corale città di Acqui Terme, afferma in Acqui contadina nei ricordi di Carlo Pastorino che la ristampa del Ruscello solitario

«dà modo di riscoprire uno dei più letti prosatori italiani tra le due guerre.»

mentre sul settimanale della diocesi di Acqui Terme L'Ancora del 15 aprile 2007, segnala con Un autore da riscoprire i principali scritti di e su Carlo Pastorino. E nello stesso numero, in Una pagina di Carlo Pastorino per Monterosso, si può leggere Gente di collina: ville e ritrovi, riduzione del Sardi di uno scritto acquese pastoriniano.

Nel novembre 2010 esce l'ultima edizione di La prova del fuoco con postfazione di Francesco De Nicola, presentata in anteprima al II festival vallarsese degli scrittori di montagna Tra le rocce e il cielo.

Le osservazioni di uno storiografo sulla trilogia pastoriniana di guerra[modifica | modifica wikitesto]

«Nell'ordine diaristico, epistolare, memorialistico e letterario - scrive Mario Isnenghi in Le guerre degli italiani: Parole, immagini, ricordi 1848-1945, Mondadori 1989 e Il Mulino 2005 - [l'] [...] area dell'eroico tradotto in una vita ispirata a leggi e doveri interiori che scaturiscono dalla coscienza e da sentimenti di appartenenza e di responsabilità, ha numerosi rappresentanti [...] Giuseppe e Eugenio Garrone [...] Lussu, [...] Jahier: ai quali vorrei aggiungere [...] uno scrittore cattolico appartato come Carlo Pastorino, [in] La prova del fuoco (1926), La prova della fame (1939). [...] qui, l'eroico non si declina in grado sublime, ma in grado medio, e non precipuamente in forme individuali [...]. Leggendo le sue pagine, ci si ricorda di quello spirito plotone [...] di cui Jahier è il devoto cantore e Con me e con gli alpini il vangelo laico; con la differenza, non da poco, che lo spirito di plotone del tenente Pastorino si forma e regge alla prova del fuoco, in trincea e all'assalto, e non solo in fase di istruzione [...]. Il senso proprio delle sue opere è di essere dei libri del ritorno: del ritorno dalla guerra alla pace La prova della fame - che è una delle rare rappresentazioni della prigionia non afflitte dal complesso di colpa dei vinti di Caporetto; e del ritorno - rievocante e reimmedesimante - di nuovo dalla pace alla guerra, con andamento ciclico di andata e ritorno, A fuoco spento. È diffuso negli osservatori d'epoca di parte laica [...] lo stereotipo del contadino-soldato passivo e rassegnato, frutto d'una arretratezza e d'una educazione cattolica a questo punto benefiche, che se ne sta fatalisticamente a scrutare l'orizzonte, in attesa che cessi la tempesta della guerra - cataclisma naturale, fenomeno di stagione - e torni sempre il sereno. Pastorino - lui stesso, per famiglia e formazione, scrittore contadino dai difficili esordi culturali - vive dall'interno questa visione stagionale e ciclica dell'esistenza, riconoscendola sia nei singoli che nelle collettività. Al susseguirsi ineludibile delle stagioni dell'uomo - stagioni di guerra, di prigionia, di pace - che vanno via via vissute con adesione, si aggiungono riecheggiamenti da poema omerico o da romanzo cavalleresco, che rendono energica e combattiva, e non solo fatalista e passiva, l'accettazione immedesimata di Pastorino anche in questa eternamente ritornante stagione della vita che è la prova del fuoco. Che poi questo scrittore, e gli editori, la circolazione, gli estimatori dei suoi libri rimandino strettamente al mondo cattolico - un mondo cattolico che, almeno per ciò che direttamente concerne lo scrittore, mostra di aver superato i vecchi complessi integralisti e di sentirsi patriota e italiano non meno degli altri - è un motivo di interesse in più.»

Le opere di guerra pastoriniane e la Commedia dantesca[modifica | modifica wikitesto]

«Per uno scrittore come il ligure Carlo Pastorino - scrive Fabio Todero, ricercatore in italianistica e studioso della prima guerra mondiale, nel suo libro Le metamorfosi della memoria: La Grande Guerra tra modernità e tradizione, Del Bianco Editore, Udine 2002 -, l'archetipo dantesco e suggestioni provenienti dall'opera maggiore di Dante non si limitano a un'influenza superficiale ma esercitano un peso veramente significativo, diventando un fatto di sostanza. I suoi [...] libri di guerra, La prova del fuoco (1926), dedicato alle sue vicissitudini sul fronte del Pasubio prima, carsico poi, e La prova della fame (1940) che narra le sue vicende di prigioniero, sono ricchi di suggestioni dantesche che si concretizzano anche in numerosi espliciti rimandi all'autore della Commedia, a dei suoi passi o a dei suoi personaggi. È tuttavia il disegno che presiede alle due opere che ne fanno, complessivamente, due dei testi più penetrati dall'influenza di Dante, un'influenza cui non è certo estranea la fede cattolica professata dallo scrittore. Pastorino avrebbe desiderato pubblicare unitamente i due volumi con il titolo La mia guerra, rappresentando il secondo l'ideale continuazione dell'altro; a ben vedere, essi presentano una palese analogia con la Commedia, soffermandosi rispettivamente sul personale inferno vissuto da Pastorino al fronte, e sulla dolorosa via verso la sua liberazione, il purgatorio della prigionia. Come Giosuè Borsi, anche il cristiano Carlo Pastorino affrontò la guerra con l'animo di chi si accingeva al sacrificio supremo.»

Fabio Todero, in questo suo libro della collana Civiltà del Risorgimento a cura di Giulio Cervani, entra poi nel merito dei due libri pastoriniani con sottolineature, citazioni e commenti che approndiscono quanto qui riportato e a sua dimostrazione, in modo ricco e non scontato.

Il progetto di una trilogia di pace[modifica | modifica wikitesto]

Esce nel 1932 il primo volume, La casa del villaggio, trilogia della prima stesura di La leggenda di Bosco Appennino.

Vengono poi editi nel 1934 Il miracolo dei funghi e il citato A fuoco spento, libro del viaggio di ritorno ai luoghi del conflitto.

Alcune delle altre opere[modifica | modifica wikitesto]

Tempo di raccolta esce nel 1935. Nel 1937 viene dato alle stampe Una cosa da nulla

«... in cui - commenta Carlo Bo, ancora per il Convegno nazionale del centenario - l'anima contadina emerge carica dei suoi umori più segreti...»

Vengono poi pubblicati il romanzo autobiografico Il bacio della primavera e Antologia latina, per i ginnasi inferiori e gli istituti tecnici e magistrali.

Due anni dopo (1939) entra in libreria La casa della montagna, secondo volume dell'annunciata trilogia, che la casa editrice ritira subito dalla circolazione per il contenuto considerato audace di alcuni passi. L'opera non viene però corretta ma riscritta e ampliata, sempre con il titolo di La leggenda di Bosco Appennino.

Dopo aver fino ad allora pubblicato i suoi libri presso case editrici cattoliche, Pastorino approda nel 1940 a un importante editore laico, Garzanti, con Il canto dell'uccello migratore. Nel 1941, sul primo numero del mensile Il Romanzo, appare il romanzo "popolare" a metafora La fantastica notte di Torrebianca risalente - a detta dello scrittore in una intervista del 1929 - a molti anni prima. Esce poi, in collaborazione con Cino Stoppino, l'antologia italiana per la scuola media Novissima.

Un lungo viaggio nell'Europa nord occidentale[modifica | modifica wikitesto]

Nell'estate del 1935, visita Francia, Lussemburgo, Belgio, Paesi Bassi e Svizzera. Dall'osservazione delle campagne, dell'ultima nazione in particolare, gli nascono spunti (parte di un inedito incompiuto) per proseguire la coltivazione del suo podere di Vallechiara con altre varietà di alberi da frutta e di fiori.

Le vicende legate alla seconda guerra mondiale[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il bombardamento su Genova del novembre 1942 che rende inagibile il «Colombo», viene istituita una succursale per la scuola media a Campo Ligure e Pastorino ne diviene insegnante, ritornando così a stabilirsi a Masone nel 1943.

Membro dal 1944 del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) di Masone, convive con la Resistenza perché il figlio Agostino, capo di stato maggiore della partigiana Divisione Mingo, viene catturato dalle brigate nere e detenuto nel carcere genovese di Marassi fino alla Liberazione. Dalla Liberazione fino al dicembre del 1945 è sindaco della Liberazione di Masone. Si impegna - come in parte detto - per la riesumazione e la tumulazione di diversi dei 59 martiri della Strage del Turchino nella cripta dell'abbazia di S. Maria in Vezzulla, detta il Romitorio.

Rifacendosi all'esperienza vissuta dal figlio maggiore Agostino, scrive - sempre nel 1945 - I nostri figli a Marassi, quale prefazione al libro di Giorgio Chiavola SS-IV Sezione (drammi nelle carceri naziste).

Nello stesso anno (1945) rientra a Genova e riprende l'insegnamento al «Colombo». Nel 1949 passa dall'insegnamento pubblico a quello privato presso l'istituto S. Nicola.

Pubblicazioni dopo la seconda guerra mondiale[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1950 esce II Sempiterno, primo volume della ripresa Leggenda di Bosco Appennino, in cinque volumi o parti, di complessive 2000-2500 pagine. Pur con il secondo volume in bozze e pronti gli altri, la pubblicazione viene sospesa. Va invece in libreria l'edizione definitiva di Il ruscello solitario, romanzo autobiografico con il quale l'autore, in occasione dell'edizione del 2000, viene considerato da Alessandro Armato - sempre su Avvenire del 9 agosto 2000 -

«soprattutto il cantore della montagna ligure»

la quale

«è anche la metafora di un'idea di vita in armonia con i tempi della natura e della storia.»

Graziella Merlatti, a proposito di Il ruscello solitario, nell'articolo Il sereno cantore dell'Appennino ligure su L'Osservatore Romano del 16 maggio 2002, fa eco e approfondisce Armato così:

«La sua scrittura non documenta solo la vita faticosa e insieme serena degli abitanti dell'Appennino ligure degli inizi del Novecento, ma più ancora narra «il paesaggio dell'anima» come dice Bruno Rombi nella bella prefazione. (...) Si ha l'impressione che Carlo Pastorino, quasi per un senso di chiaroveggenza, abbia voluto fissare un mondo in via di estinzione per salvarlo dall'oblio.»

pare che

«registrando i ritmi, i toni, i colori, le sfumature del paesaggio, fissando i punti fermi, materiali e morali della vita della comunità, voglia fissarla in una proiezione futura, quasi preveda che se ne possa domani perdere il senso, la nozione, la verità intrinseca come acutamente ancora nota Rombi in prefazione.»

Nel 1951 pubblica Rospetto, rielaborazione del romanzo II fratello mendìco.

I racconti, le novelle e le fiabe[modifica | modifica wikitesto]

Sono numerosissimi, centinaia, e tutti regolarmente pubblicati su quotidiani e riviste. Un nutrito gruppo di novelle ha per argomento il Natale. Due fiabe per la scuola, La più bella fata del mondo (per bambini di sette anni) e La cascina della montagna (per bambini di otto e nove anni), sono edite nella collana illustrata Le primaverine della Editrice Libraria di Milano nel 1922.

Gli ultimi dieci anni[modifica | modifica wikitesto]

Colpito da grave malattia nel 1951, nel 1952 assume comunque la presidenza dell'istituto tecnico genovese Antonio Piccardo.

Per idea e interessamento di Marie Ighina, moglie del dottor Eraldo Ighina primario dell'ospedale di Ovada (AL), assieme a Carlo Pestarino, padre di Isidoro, comandante dei 59 martiri della Strage del Turchino, diviene possibile il restauro della citata abbazia del sec. XI - oggetto nel 1915 di un voto di Pastorino in partenza per il fronte, espresso nella poesia Il voto - grazie all'arrivo di un contributo statale concesso dal ministro Sereni - a cui non è estraneo l'allora deputato Sandro Pertini, che aveva soggiornato nella casa dei parenti Ighina in Valle Chiara. La chiesa oggi è vigilata e curata dall'Associazione degli alpini di Masone e in essa sono custoditi oltre a caduti della lotta di Liberazione anche personaggi ad essa legati.

Nel 1959 Pastorino lascia la presidenza del Piccardo e si ritira definitivamente a Masone.

Per dieci anni si occupa della sua Vallechiara e lavora al riordino dei propri scritti, al rifacimento di alcuni, alla conclusione di altri e alla raccolta e al commento in due volumi di poesie.

Il "Poeta" muore in Vallechiara di Masone il 29 ottobre 1961 dopo aver completato pochi mesi prima l'ultima sua poesia, La cetra. Viene tumulato nella cripta dell'abbazia di S. Maria in Vezzulla (il Romitorio), dove lo seguiranno le spoglie della moglie Carmelina Cesàri.

Il Convegno del centenario[modifica | modifica wikitesto]

In occasione del centenario dalla nascita viene organizzato, in parte a Genova e in parte a Masone, il convegno nazionale di studi L'opera letteraria di Carlo Pastorino.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Carlo Pastorino, Valle chiara, canti, Edizioni Lorenzo Rinfreschi Piacenza, 1914.
  • Carlo Pastorino, La mia Liguria, a cura di Bruno Rombi, Genova, Edizioni Culturali Internazionali Genova (ECIG), 1987.
  • L'opera letteraria di Carlo Pastorino. Atti del convegno nazionale di Genova-Masone 15-16-17 maggio 1987, a cura di Francesco De Nicola, Edizioni Culturali Internazionali Genova (ECIG), 1988.
  • Carlo Pastorino, La mia guerra: La prova del fuoco La prova della fame, a cura di Francesco De Nicola, Genova, Marietti, 1989.
  • Piero Pastorino, Mio padre Carlo Pastorino, Genova, Liguria Edizioni Sabatelli, 1981.
  • Piero Ottonello, Santa Maria in Vezzulla a Masone. Da rudere a sacrario, Ovada (Al), Comune di Masone e Accademia Urbense, 2005.
  • Francesco De Nicola. Lettere dal carcere di Agostino Pastorino in Quaderno di storia contemporanea 15. Alessandria, Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea, 1994.
  • Fabio Todero, Le metamorfosi della memoria. La Grande Guerra tra modernità e tradizione, Udine, Del Bianco Editore, 2002.
  • Mario Isnenghi Le guerre degli italiani. Parole, immagini, ricordi 1848-1945, 2005, Bologna, Il Mulino.
  • Giovanni Ponte, Storia e scrittori in Liguria (secoli XV-XX), Genova, Brigati, 2000.
  • "Dall'Altipiano agli Appennini" la cultura contadina tra parole e musica. Atti del convegno nazionale di studi in onore di Mario Rigoni Stern, svoltosi in Masone e Tiglieto il 5 luglio 2003, a cura di Francesco De Nicola. Comunità Montana Valli Stura e Orba e Accademia Urbense, Spinetta Marengo, 2004.
  • 1915/18 La guerra sugli Altipiani. Testimonianze di soldati al fronte, antologia a cura di Mario Rigoni Stern. Neri Pozza Editore, 2000.
  • Piero Ottonello, Vent'anni color seppia. Storia e storie di Masone 1919-1943, Genova, Redazione srl, 2007.P.41 e p. 118
  • Carlo Pastorino. Luce di maggio, in Acqui Terme di Giulio Sardi, 2005, Abaco advertising, Acqui Terme.
  • Pasquale Pastorino. Guida bibliografica di Masone, dalle origini del paese sino ai nostri giorni, 2006, Tipografia Pesce, Ovada. pp 51–52, pp. 81–90 e pp. 154–156.
  • Pasquale Aurelio Pastorino. La villeggiatura a Masone nella Bella Epoque, in Ville e villeggianti nelle verdi vallate liguri: la Belle Epoque dell'entroterra, a cura di Piero Ottonello, 2006, Comune di Masone, Provincia di Genova e Associazione Amici del Museo di Masone. pp. 13–14 e pp. 19–21.
  • Tomaso Pirlo. L'opera edita di Carlo Pastorino, tesi di laurea, Facoltà di Magistero, Università di Genova, a.a. 1961-1962.
  • Walter Starkie. The Waveless Plain, an Italian Autobiography, 1938, John Murray, Albemarle Street, W., London, p. 348 e p. 410.
  • Mario Martinelli. Dalla vita di un jobrero, giugno 2008, Editrice La Grafica, p. 80.
  • Fiorenza Aste. Il Montanaro: Conversazioni con Mario Martinelli, gennaio 2009, Editrice La Grafica, pp. 19,22-24,129, 147, 157.
  • Pasquale Aurelio Pastorino. Si fece pace fra què di Campo e di Masone. Spunti di una storia della Valle Stura tra il XII e il XVI secolo, 2009, Editore Redazione, Genova.
  • Pasquale Aurelio Pastorino, Va là che vai bene: L'emigrazione dalla Valle Stura verso l'America tra Ottocento e Novecento, Genova, Redazione srl, 2010. P. 111.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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