Benedetto Emanuele di San Giuseppe

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Benedetto Emanuele di San Giuseppe

Senatore del Regno d'Italia
Durata mandato29 novembre 1892 –
15 ottobre 1906
Legislaturadalla XVIII (nomina 10 ottobre 1892)
Tipo nominaCategoria: 3
Incarichi parlamentari
  • Segretario (22 febbraio 1894 - 15 ottobre 1906)
Sito istituzionale

Deputato del Regno d'Italia
Durata mandato26 maggio 1880 –
27 settembre 1892
LegislaturaXIV, XV, XVI, XVII
Gruppo
parlamentare
Sinistra
Incarichi parlamentari
XV
  • Segretario (30 novembre 1883 - 27 aprile 1886)

XVI

  • Segretario (10 giugno 1886 - 22 ottobre 1890)

XVII

  • Segretario (10 dicembre 1890 - 27 settembre 1892)
Sito istituzionale

Dati generali
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
UniversitàUniversità di Napoli
ProfessionePossidente
Benedetto Emanuele di San Giuseppe
Barone
In carica? –
15 ottobre 1906
PredecessoreFerdinando di San Giuseppe
TrattamentoSua Signoria
NascitaAlcamo, 4 gennaio 1847
MorteTorino, 15 ottobre 1906
Dinastiadi San Giuseppe
PadreFerdinando di San Giuseppe
ConsorteMaria De Rosa
Religionecattolicesimo

Benedetto di San Giuseppe (Alcamo, 4 gennaio 1847Torino, 15 ottobre 1906) è stato un politico italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Emanuele Benedetto, barone di San Giuseppe e figlio di Ferdinando, era originario di Alcamo; conseguì la laurea in Giurisprudenza presso l'Università di Napoli e si sposò con Maria De Rosa.[1]

Amico di Crispi, fu deputato per ben quattro legislature (dal 1880 al 1892): prima per il collegio di Partinico, poi per quello di Trapani. Fu quindi nominato senatore del Regno d'Italia il 10 ottobre 1892, ed eletto segretario nell'Ufficio di Presidenza: incarico che per diversi anni aveva tenuto anche alla Camera,[1], svolto in modo diligente e con delicatezza. Ebbe anche cariche importanti nelle amministrazioni locali e fu consigliere provinciale di Trapani.

Durante la permanenza nella capitale per suoi impegni politici, diventò un personaggio famoso, soprattutto nel mondo della scherma poiché era un abile spadaccino. Spesso, comunque si ritrova nelle cronache mondane[2], anche in quelle curate da Gabriele D'Annunzio (in La Tribuna). Fu giudice in questioni d'onore[3] e molto capace nel dirimerne molte, riuscendo più volte ad evitare dei duelli, arrivando alla conciliazione delle parti.[1]

Alessandro Guiccioli scrive che nel 1895 si sfidò a duello per antichi rancori, e rimase leggermente ferito sul volto.[4]

Morì, appena sessantenne, a Torino, dove si era trasferito, sentendosi poco bene, per non essere di peso al senatore Medici, di cui era ospite a Roma.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Commendatore dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Gran cordone dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Gran cordone dell'Ordine della Corona d'Italia
— 8 giugno 1905

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Scheda sul sito del Senato
  2. ^ Il costume è di rigore: 8 febbraio 1875 : un ballo a Palazzo Caetani, su books.google.it.
  3. ^ Gabriele D'Annunzio, La vita a Roma. Ballo di bambini.Accadimenti di scherma del maestro Raffaele Mussacini in "La Tribuna" del 26 gennaio 1885 in Scritti Giornalistici, vol.I p.246;, Verona, 1996.
  4. ^ Alessandro Guiccioli, Diario di un conservatore, Roma, 1973, p. 202.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Scheda sul sito del Senato, su notes9.senato.it.
  • Fondazione Camillo Caetani, Il costume è di rigore, p. 152.
  • Francesco San Martino De Spucches, Mario Gregorio, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia dalle loro origini ai nostri giorni (1925) Volume X ristampa;, Palermo, tip. Boccone del Povero, 1941.
  • Gabriele D'Annunzio, La vita a Roma. Ballo di bambini. Accadimenti di scherma del maestro Raffaele Mussacini in "La Tribuna" del 26 gennaio 1885 in Scritti Giornalistici, vol. I p.246;, Verona, 1996.
  • Alessandro Guiccioli, Diario di un conservatore, Roma, 1973, p. 202.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]