Antonio Mordini

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Antonio Mordini

Ministro dei lavori pubblici
Durata mandato13 maggio 1869 –
14 dicembre 1869
PresidenteLuigi Federico Menabrea
PredecessoreGirolamo Cantelli
SuccessoreGiuseppe Gadda

Senatore del Regno d'Italia
Legislaturadalla XIX (nomina 25/10/1896)
Tipo nominaCategoria: 3
Sito istituzionale

Deputato del Regno d'Italia
LegislaturaVIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV, XV, XVI, XVII, XVIII
Sito istituzionale

Deputato del Regno di Sardegna
LegislaturaVII
Sito istituzionale

Dati generali
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
ProfessioneAvvocato

Antonio Mordini (Barga, 31 maggio 1819Montecatini, 14 luglio 1902) è stato un patriota e politico italiano, membro del Parlamento del Regno d'Italia.

Monumento a Antonio Mordini a Barga

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Fu Ministro dei lavori pubblici del Regno d'Italia nel Governo Menabrea III.

I rapporti con il governo nazionale[modifica | modifica wikitesto]

Discendente della nobile Famiglia Mordini, la sua carriera iniziò nel 1848, quando andò alla ribalta per essersi schierato tra gli oppositori di sinistra alla politica governativa di Daniele Manin. Espulso dalla città natale, si trasferì a Firenze, dove diede espressione, in quegli anni, ai repubblicani che sollecitavano l'unione della Toscana con la Repubblica Romana e criticavano le cautele di unione tra amministrazioni separate del governo di allora, Guerrazzi-Montanelli. In seguito alla fuga del granduca di Toscana (nel 1849), Mordini fu nominato ministro degli esteri dal governo in carica già citato, a cui si era associato Mazzoni. Al ritorno di Leopoldo II dovette esulare a Londra. Nel 1852 entro a far parte del gruppo genovese dissidente da Mazzini.

La lotta pro Piemonte e prodittatore della Sicilia[modifica | modifica wikitesto]

Dal 1853 iniziò a sviluppare idee di annessione del granducato al Piemonte. Partecipò alla seconda guerra d'indipendenza nel corpo dei Cacciatori delle Alpi e, dopo l'Armistizio di Villafranca, si recò a Torino per perorare l'annessione immediata della Toscana al Piemonte. Eletto, nell'agosto del 1859, deputato nell'assemblea del granducato, continuò ad operare affinché fosse la stessa assemblea a decidere per l'annessione al Piemonte.

Venne eletto deputato nell'aprile 1860 al Parlamento subalpino e in giugno, durante la spedizione dei Mille, incontrò Giuseppe Garibaldi a Monreale, che lo nominò nello stato maggiore dell'Esercito meridionale. Quindi divenne prodittatore della Sicilia (settembre-dicembre 1860) e convocò il plebiscito d'annessione[1].

Mantenne atteggiamenti di equilibrio tra gli annessionisti dell'Italia meridionale e i moderati autonomisti fino all'esito del plebiscito per l'annessione al regno d'Italia. Fu lui che a Palermo cedette formalmente l'isola il 1º dicembre a re Vittorio Emanuele II, riprendendo la carica di auditore generale dell'Esercito meridionale. Nel febbraio 1861 fu eletto al neo Parlamento italiano, nel collegio di Palermo.

L'arresto e la nomina a ministro[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1862 venne reinviato presso Garibaldi a Catania per sconsigliarlo dalla spedizione in Calabria, insieme con i deputati Nicolò Fabrizi e Salvatore Calvino, ma a Napoli il 27 agosto fu arrestato poiché ritenuto corresponsabile della giornata dell'Aspromonte, correlazione che si dimostrò infondata, e uscì con l'amnistia del 5 ottobre. Intanto in quel 1862 fu iniziato in Massoneria nella Loggia "Dante Alighieri" di Torino e nel 1864 fu eletto membro del Consiglio dell'Ordine del Grande Oriente d'Italia dall'Assemblea costituente massonica di Firenze[2], raggiunse il 33º ed ultimo grado del Rito scozzese antico ed accettato e fu membro del Gran Concistoro per la Valle del Po[3].

Fu ininterrottamente eletto deputato del Regno d'Italia dal 1861 al 1896, e fu Vicepresidente della Camera dal 15 dicembre 1866 al 13 febbraio 1867. Fu nominato commissario regio nella città di Vicenza, abbandonata dagli austriaci, nel 1866. Il 13 maggio 1869, nel gabinetto Menabrea, fu nominato ministro dei lavori pubblici, e rimase in carica fino al 14 dicembre 1869. Fu ancora Vicepresidente della Camera dal 5 dicembre 1870 al 11 agosto 1872.

Fu prefetto di Napoli dal 1872 al 1876. Nel 1890 rifiutò il dicastero degli Esteri che gli fu proposto da Crispi, e quindi attraversò lo Scandalo della Banca Romana (nel 1893) da presidente della Commissione dei Sette incaricata dell'inchiesta parlamentare, evento che portò alle dimissioni di Giolitti. Nel 1896, infine, Mordini fu nominato senatore del Regno d'Italia.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze italiane[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Bianca (Impero di Russia) - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giancarlo Poidomani, Antonio Mordini (Barga, 1 giugno 1819 - Montecatini Valdinievole, 15 luglio 1902), su Regione Siciliana. I 150 anni dalla spedizione dei mille. Biografie, 2010. URL consultato l'8 aprile 2014.
  2. ^ Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori. Brevi biografie di Massoni famosi, Mimesis-Erasmo, Milano-Roma, 2005, p. 191.
  3. ^ Luigi Polo Friz, Una voce. Ludovico Frapolli. I fondamenti della prima massoneria italiana, Ed. Arktos, Carmagnola, 1998, p. 13.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN28953060 · ISNI (EN0000 0000 6136 0617 · SBN MODV173427 · BAV 495/224891 · LCCN (ENn2006003118 · GND (DE1240508182 · WorldCat Identities (ENlccn-n2006003118