Alfredo Muzi

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Alfredo Muzi (Collemoresco, 5 giugno 1902Collemoresco, 12 agosto 1989) è stato un partigiano e carabiniere italiano. Insieme ad altre 26 persone, ha sminato la diga del Lago di Scandarello nel 1944 e per questo è stato insignito della Medaglia d'argento al valor militare.

Vita[modifica | modifica wikitesto]

Alfredo, di Giovanni e di Concetta Santoro, secondo di otto figli (Nazzareno, Assunta, Cesare, Antonio, Rosina, Elena, Santina). Nasce il 5 giugno 1902 nella frazione di Collemoresco, nel comune di Amatrice (oggi provincia di Rieti, all'epoca dell'Aquila), località definita da lui stesso “frazione eternamente abbandonata”. Figlio di genitori “vittime di una società ingiusta ed avara”, cresce in “una casa dove mancava tutto” esclusa la gioia dei figli.

La sua vita scolastica si ferma alla terza elementare per l'obbligo di dedicarsi al pascolo delle bestie. Da fanciullo, svolge molti lavori, anche i più disparati (lavapiatti, dispensiere ristoratore, tagliatore di legna). Così come tanti suoi coetanei, è costretto a vivere “nella puzza del fascismo”, della quale era impregnata l'Italia. A causa delle sue simpatie socialiste e poi comuniste non è ben visto dalle autorità: per rimediare, decide di fare domanda di arruolamento nell'arma dei Carabinieri. Con la promozione a carabiniere scelto, riceve un premio di 1500 lire che devolve interamente alla famiglia per compensare i sacrifici dei suoi genitori. Con il congedo dall'Arma spera, per il suo futuro, nella sua figura di ex carabiniere ma: “Questa non valeva niente, era indispensabile la tessera del partito (fascista)”. Alfredo Muzi, pur nelle sue ristrettezze economiche, non abdicò mai ai dettami della propria coscienza.

Nel 1931 sposa Giovanna Blasi dalla quale ebbe quattro figli: Luciana, Pietro, Maria Teresa, Concetta.

In seconde nozze il 20 maggio 1942 si sposa con Annunziata Cardarelli, della frazione di Domo, dalla quale ebbe tre figlie: Valeria, Giovanna, Elena.

Il 17 giugno 1944 partecipa all'eroica azione di disinnesco degli esplosivi piazzati dai nazisti sulla diga del Lago di Scandarello.

Presentatosi alle elezioni politiche negli anni sessanta ad Amatrice, pur stimato dalla stragrande maggioranza dei concittadini, non viene eletto, soprattutto a motivo del suo essere comunista.

Il partigiano Alfredo muore a Collemoresco il 12 agosto 1989.

Uomo di intelligenza non comune. Leggeva di tutto raggiungendo un livello culturale non indifferente. Sempre in prima fila per l'uguaglianza fra gli uomini. Il suo motto era: "Pace, lavoro, giustizia e libertà".

1944: lo sminamento della diga di Scandarello[modifica | modifica wikitesto]

Nel periodo più buio della seconda guerra mondiale, dopo l'occupazione tedesca dell'Italia a causa dello sfacelo dell'8 settembre, aderisce al movimento partigiano. È in questa veste che si fa promotore del salvataggio della diga del lago di Scandarello. L'episodio del salvataggio della diga di Scandarello dalle mine tedesche è un episodio che non gode di eccessiva risonanza nella stampa nazionale anche se determinò a salvare migliaia di abitanti della valle del Tronto.

Il racconto di Alfredo[modifica | modifica wikitesto]

Targa in marmo posta sulla diga

«Una sera il tenente sbandato Ciccioli Guglielmo mi comunicava una triste notizia: i tedeschi stanno minando la diga dello Scandarello. La notte la passai insonne, pensavo come salvarla: mia moglie singhiozzava. La mattina del 15 (giugno 1944) informai mio fratello (carabiniere Antonio) e Checco (Francesco Gabrielli, amico)…..è necessario raggiungere L’Aquila già liberata dai partigiani. Il comandante della piazza Leopardi ci mise a disposizione un Capitano che doveva coordinarci per trovare un artificiere. Ci presentò un tenentino che tremava solamente a sentire quello che c’era da fare. Mio fratello Antonio disse: “lasciamolo stare, questo ci muore per strada”. Antonio rintraccio’ un maresciallo artificiere che non era propenso a venirci…… ma riuscimmo a convincerlo. Arrivammo all’una dopo mezzanotte del 17 ad Amatrice dopo aver percorso chilometri a piedi sotto una pioggia battente. Giungemmo alla diga con altri volenterosi. Primo compito occorreva rimuovere tutte le mine a strappo poste all’esterno della galleria. Collegate con fili di ferro, se ci inciampavi era finita. Occorreva fare un passamano per portare all’esterno tutto il materiale esplosivo (in totale risultò in ben 56 quintali)! Occorrevano altri uomini. Uscì mio fratello per cercarli. Restai io, il maresciallo di Sabato e il sergente Pellicciari. Dopo accatastate molte mine apparvero quelle ad orologeria. Il maresciallo esclamò: Via Muzi…sarà bene guardare meglio…. Passo quel mostro (la mina ad orologeria) al Pellicciari. Mi avvicinai con l'acetilene. Si notò una seconda mina ad orologeria…. Quel tic tac delle mine ci terrorizzava. Riuscimmo a depositare quelle mine nella boscaglia e ci allontanammo. La diga era salva e insieme a noi tante migliaia di cittadini e miliardi di danni»

La memoria dell'impresa[modifica | modifica wikitesto]

La città di Amatrice lo ricorda con la via a lui dedicata.

Dal 19 giugno 1994, una lapide di marmo posta sul lato est della diga celebra l'impresa di Alfredo e dei suoi compagni.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Venuto a conoscenza che alcuni guastatori tedeschi dopo aver catturato i guardiani avevano minato un'importante diga esistente nel territorio in cui egli viveva alla macchia, con felice iniziativa provocava il tempestivo intervento di personale tecnico che provvedendo alla rimozione dei dispositivi di scoppio scongiurava un grave disastro. Nell'occasione concorreva alla rimozione e al recupero dell’ingente materiale esplosivo dando prova di disprezzo del pericolo e di attaccamento al dovere»
— Lago Scandarello, 17 giugno 1944.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]