Alberto Ginocchio

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Alberto Ginocchio
NascitaLa Spezia, 29 novembre 1901
MorteVenezia, 6 dicembre 1947
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegia Marina
Anni di servizio1915-1947
GradoCapitano di vascello
ComandantiCarlo Cattaneo
GuerrePrima guerra mondiale
Guerra di Spagna
Seconda guerra mondiale
BattaglieBattaglia di Capo Matapan
Comandante disommergibile Domenico Millelire
sommergibile Pietro Micca
cacciatorpediniere Giosuè Carducci
incrociatore leggero Emanuele Filiberto Duca d'Aosta
incrociatore leggero Giuseppe Garibaldi
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Navale di Livorno
dati tratti da Uomini della Marina, 1861-1946[1]
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Alberto Ginocchio (La Spezia, 29 novembre 1901Venezia, 6 dicembre 1947) è stato un militare, marinaio e partigiano italiano, che durante il corso della seconda guerra mondiale fu comandante del sommergibile posamine Pietro Micca e poi del cacciatorpediniere Giosuè Carducci al comando del quale partecipò alla sfortunata battaglia di Capo Matapan. Decorato di Medaglia d'oro al valor di marina, tre medaglie d'argento e due croci di guerra al valor militare, e quattro croci al merito di guerra. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 entrò nel Fronte clandestino di resistenza della marina operante nell'area della Capitale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Il cacciatorpediniere Giosuè Carducci.
L'incrociatore leggero Giuseppe Garibaldi.

Alberto Manlio Ginocchio nacque a La Spezia il 29 novembre 1901, figlio di Goffredo e Malita Zwick.[1] Nel 1915 fu ammesso a frequentare la Regia Accademia Navale di Livorno conseguendo la promozione a guardiamarina nel 1920.[1] In qualità di allievo partecipò alla grande guerra imbarcato sulle navi scuola Amerigo Vespucci e Flavio Gioia.[1] Fu poi imbarcato su numerose navi di superficie tra cui il cacciatorpediniere Palestro (nel 1930), l'incrociatore pesante Zara (quale ufficiale E nel 1932) e la nave da battaglia Caio Duilio, e promosso tenente di vascello ebbe il comando di alcune cannoniere.[1] Imbarcato sui sommergibili per lunghi periodi, nel 1934 comandò il Pier Capponi; prese poi parte alla guerra di Spagna a bordo del sommergibile Pietro Micca (dal 1º ottobre 1935), e poi come comandante del Domenico Millelire dal 17 dicembre 1936 a tutto il 1937.[1] Poi ancora in comando dell'Enrico Tazzoli nel 1938.

Promosso capitano di fregata, divenne dal 20 settembre 1938 comandante in 2^ della nave da battaglia Conte di Cavour partecipando come comandante del battaglione da sbarco della 5ª Divisione navale alle operazioni per l'occupazione del porto di Valona, Albania nell'aprile 1939, distinguendosi nei combattimenti tanto da meritare la prima medaglia d'argento al valor militare.[1]

Quindi dal 7 febbraio 1940 comandante del 2º Gruppo sommergibili di Napoli. Poco dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 10 giugno 1940, assunse il comando del sommergibile posamine Pietro Micca (dal 4 agosto e sino al 13 settembre 1940) con il quale esegui la posa di uno sbarramento di mine in acque egiziane.[1] Durante questa missione andò all'attacco di due navi nemiche lanciando dei siluri che, tuttavia, non colpirono alcune bersaglio.[1]

Assunse poi il comando dei nuovi sommergibili Luigi Torelli (dal 29 luglio al 22 agosto 1940, contemporaneamente al Micca) e Lazzaro Mocenigo (dal 16 settembre al 25 ottobre) tutti battelli dipendenti del 2° Grupsom al suo comando.

Decorato con la seconda medaglia d'argento al valor militare venne sbarcato e il 29 ottobre 1940 assunse il comando del cacciatorpediniere Giosuè Carducci che mantenne sino all'affondamento dell'unità avvenuta il 28 marzo 1941, nel corso della battaglia di Capo Matapan.[1] Distintosi durante le operazioni di salvataggio dei naufraghi per arditezza, coraggio e abnegazione fu decorato con la terza medaglia d'argento al valor militare.[1] Naufrago a bordo di una zattera incitò i suoi uomini per cinque giorni e cinque notti finché non vennero tratti in salvo.[1]

Dopo una lunga degenza ospedaliera a Messina, molto provato nel fisico per la lunga permanenza in mare, dopo la convalescenza, l'11 dicembre 1941, assunse il comando della scuola sommergibili di Pola (12° Grupsom).

Alla data dell'armistizio dell'8 settembre 1943 era capitano di vascello, capo di stato maggiore della squadra sommergibili, e rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale Italiana.[1] Datosi alla macchia in territorio controllato dalla forze tedesche, entrò subito a far parte del Fronte clandestino di resistenza della marina, prendendo parte ad operazioni militari per cui, successivamente, ottenne la qualifica di partigiano combattente.[1] Subito dopo la liberazione di Roma (4 giugno 1944) fu nominato comandante superiore dei sommergibili nel settembre dello stesso anno, mantenendolo sino all'aprile 1946.[1] Fu poi comandante degli incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d'Aosta e Giuseppe Garibaldi, e nel novembre 1947 fu nominato capo di stato maggiore del Comando militare marittimo dell'Alto Adriatico con sede a Venezia. Qui si spense improvvisamente il 6 dicembre dello stesso anno, a soli 46 anni.[1] Nel 1950 gli fu conferita postuma la Medaglia d'oro al valor di marina.[1] Ebbe a scrivere articoli sul settimanale OGGI e sulla Rivista Marittima in luce apertamente critica sull'operato dell'ammiraglio Iachino nel corso della battaglia di Capo Matapan, cosa che non piacque negli ambienti romani del Lungotevere della Navi.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor di marina - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di battaglione da sbarco della 5ª Divisione, con azione ardita ed energica, con sommo sprezzo del pericolo, magnifico esempio agli inferiori, portava a compimento, in breve tempo, nonostante la reazione avversaria, lo sbarco, il rastrellamento e l'occupazione di Valona. Valona, 7 aprile 1939
— Regio Decreto 22 maggio 1939.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di sommergibile posamine, eseguiva con ardimento e perizia la missione affidatagli nelle immediate vicinanze di munitissima base del nemico. Successivamente, avvistata una formazione di cacciatorpediniere nemici, risolutamente li attaccava silurando una delle unità. Si sottraeva poi abilmente alla precisa e violenta reazione avversaria, dimostrando in tutta l'azione sereno coraggio e perizia nella condotta dell'unità al suo comando. Mediterraneo Orientale, 4-21 agosto 1940
— Regio Decreto 31 ottobre 1941.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di cacciatorpediniere, attaccato nella notte da superiori forze nemiche, abilmente manovrava per proteggere con cortine di nebbia le altre unità del proprio gruppo, prodigando con ardimento la sua opera sotto il violento e ininterrotto fuoco avversario che provocava incendi e ferito a bordo. Resosi inutile ogni ulteriore resistenza e presi gli opportuni provvedimenti per la salvezza dell'equipaggio, ordinava l'affondamento della nave, che abbandonava per ultimo. Nella lunga e fortunosa navigazione sulla zattera infondeva in tutti, con elevato senso di abnegazione, serenità e coraggio. Mediterraneo Orientale, 28 marzo 1941
— Regio Decreto 15 gennaio 1942.
Croce di guerra al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Ufficiale superiore di elevate qualità professionali e militari effettuava al comando di sommergibile prima e di C.T. poi, numerosi missioni di guerra in prossimità di munite coste nemiche e partecipava a scontri con unità avversarie, dando prova di sereno coraggio e spirito aggressivo
— Determinazione del 14 gennaio 1943.
Croce di guerra al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
Croce al merito di guerra (4 concessioni) - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]


Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q Alberini, Prosperini 2016, p. 261.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Paolo Alberini e Franco Prosperini, Uomini della Marina, 1861-1946, Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Marina Militare, 2016, ISBN 978-8-89848-595-6.
  • Giuliano Capriotti, Morte per acqua a Matapan, Torino, Ed. Tascabili Bompiani, 1977.
  • Giuseppe Chirico, Matapan le voci di dentro della Prima Divisione, Napoli, Armano Edizioni, 2015.
  • Giuseppe Chirico, Il sacrificio della Prima Divisione a Capo Matapan, Napoli, Laurenziana Edizioni, 1995.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]