Joppeicus paradoxus

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Joppeicus paradoxus
Immagine di Joppeicus paradoxus mancante
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
RamoBilateria
PhylumArthropoda
SubphylumHexapoda
ClasseInsecta
SottoclassePterygota
CoorteExopterygota
SubcoorteNeoptera
SuperordineParaneoptera
SezioneRhynchotoidea
OrdineRhynchota
SottordineHeteroptera
InfraordineCimicomorpha
SuperfamigliaJoppeicoidea
Reuter, 1910
FamigliaJoppeicidae
Reuter, 1910
GenereJoppeicus
Puton, 1881
SpecieJ. paradoxus
Nomenclatura binomiale
Joppeicus paradoxus
Puton, 1881

Organismo ausiliario in lotta biologica
Predatore
Prede principali Tribolium confusum
Plodia interpunctella
Oryzaephilus surinamensis
Ephestia kuehniella
Stadi attivi neanide
adulto
Regime polifago
Allevato no

Joppeicus paradoxus Puton, 1881 (Rhynchota: Joppeicidae), è un insetto predatore, unica specie dell'albero tassonomico che fa capo alla superfamiglia Joppeicoidea Reuter, 1910 (Heteroptera Cimicomorpha).

L'insetto è lungo circa 3 mm, di forma allungata e depressa, con antenne ben sviluppate, rostro trimero, e tarsi biarticolati. È un predatore attivo su specie dannose alle derrate alimentari, in particolare su uova e larve di Coleotteri (Tribolium sp. e Oryzaephilus surinamensis) e su giovani larve di Lepidotteri (Ephestia sp. e Plodia interpunctella, ecc.).

L'utilità di questo insetto si prospetta nell'impiego in lotta biologica in alternativa all'uso del bromuro di metile, per il quale è in corso il bando in ambito mondiale a causa del grave impatto ambientale. Alla luce di recenti prove sperimentali, J. paradoxus si sarebbe rivelato più efficace, nel controllo degli insetti dannosi alle derrate, di altri predatori già presenti in commercio [1], quale il Rincote Antocoride Xylocoris flavipes, mentre altre esperienze, condotte dagli stessi ricercatori, denotano un'efficacia minore [2].

La presenza del predatore è stata riscontrata in diverse regioni dell'Africa e del Medio Oriente e in magazzini di derrate alimentari in Thailandia [1].

  1. ^ a b Miyanoshita et al. (2003), Op. cit.
  2. ^ Ishijima et al. (2005), Op. cit.

Collegamenti esterni

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