Battaglia dell'Authion (1793)

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Battaglia dell'Authion
parte della guerra della Prima coalizione
La battaglia nel quadro di P. Righini, conservato nel Museo nazionale del Risorgimento italiano
Data12 giugno 1793
LuogoMassiccio dell'Authion, Regno di Sardegna
CausaIstituzione unilaterale francese del dipartimento delle Alpi Marittime
EsitoVittoria piemontese
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
12.500 uomini18.000 uomini
Perdite
Stimate fra 1200 - 2400 fra morti e feritiStimate fra 3200 fra morti e feriti
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La battaglia dell'Authion si combatté dall'8 al 12 giugno 1793, tra l'esercito piemontese e l'esercito rivoluzionario francese, nell'ambito delle guerre della Prima coalizione e si concluse con il respingimento delle truppe francesi. I giacobini avevano proclamato unilateralmente, in contemporanea con la repubblica, l’annessione della contea di Nizza, ma la val Roja protetta naturalmente dall’Authion rimase al legittimo governo piemontese.

Contesto storico

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Lo stesso argomento in dettaglio: Rivoluzione francese e Prima coalizione.

Il 1792 era un anno di profonda tensione politica in Francia. Dopo la tentata fuga della famiglia reale dell'anno precedente, la popolarità e il potere esercitato dal re Luigi XVI vennero messi sempre più alla prova, fino a che, il 13 agosto, venne ufficialmente arrestato ed il 22 settembre la Repubblica venne proclamata.

La situazione degenerò rapidamente in guerra aperta tra Austria, Prussia e Francia. I repubblicani tentarono, inviando degli agenti segreti alla corte di Torino, di trovare un accordo con il re Vittorio Amedeo III: speravano di convincerlo ad entrare in guerra al loro fianco, di ottenere il libero passaggio sul Piemonte, così da poter attaccare la Lombardia, o quantomeno di assicurarsi la sua neutralità. Il re, però, si era convinto a non voler nemmeno udire le proposte dei francesi: non si fidava di loro e temeva le ripercussioni dell'Austria, che aveva già mobilitato le proprie truppe nel Tirolo e le stava spostando in direzione del Piemonte.[1]

Quando uno dei ministri francesi, Sémonville, si apprestava ad entrare in Piemonte per parlare personalmente con il re, venne fermato il 19 aprile ad Alessandria dal governatore, il conte Solaro, su diretto ordine di Vittorio Amedeo. Da circa un anno ai cittadini stranieri era richiesto uno speciale passaporto per poter transitare in Piemonte e Sémonville non ne era ovviamente in possesso. Solaro, pur agendo con estremo garbo e cortesia, lo intimò a non proseguire oltre, anzi, fece capire che sarebbe stato opportuno allontanarsi dal Piemonte. Sémonville fece immediatamente ritorno a Genova.[2] Nonostante l'estrema cortesia dimostrata dal conte Solaro, la vicenda non passò inosservata in Francia. Lo sdegno per l'accoglienza riservata a Sémonville, in quel momento ambasciatore di Francia, fu tale che Dumoriez, all'epoca ancora un ministro, fece leva affinché si dichiarasse guerra al Regno di Sardegna.[1] Il ministro francese premeva affinché un esercito entrasse nel territorio della Savoia prima del 15 maggio, ma venne dissuaso dagli ufficiali del luogo, che lo informavano che non vi erano ancora uomini e mezzi sufficienti per compiere tale operazione e di attendere almeno un paio di mesi.[3] Nel settembre 1792, i due stati entrarono ufficialmente in guerra.[1]

L'invasione di Nizza e della Savoia

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Il 10 settembre il consiglio provvisorio aveva dato ordine al generale Montesquiou di prepararsi per attaccare i piemontesi: l'ordine era di radunare la sue forze nel Delfinato, attaccare la Savoia e cacciare le truppe sabaude oltre le Alpi.[1] La Savoia, difficilmente difendibile, venne presto conquistata dalle forze francesi, mentre le truppe piemontesi facevano ritorno oltralpe passando per la Val d'Aosta. Montesquiou fece annunciare l'arrivo del suo esercito come se fossero dei liberatori, venuti a togliere dal dominio piemontese le terre della Savoia. La popolazione locale si schierò rapidamente e numerosa in favore della causa repubblicana.[4]

Fotografia di Villafranca nell'Ottocento

La conquista del Nizzardo iniziò con altrettanta celerità: le prime truppe repubblicane, sotto il comandante Anselme, avevano attraversato il Var il 23 settembre.[5] Anselme, che aveva con sé solo 10.000 uomini, fece circolare la notizia che la sua avanguardia ne avesse il quadruplo. La voce si diffuse, causando il panico tra le forze sabaude, che il 28 settembre scapparono verso le posizioni più sicure di Saorgio. Senza sparare alcun colpo, il 29 settembre si presentarono a Nizza e la occuparono.[6] Minacciarono la conquista della fortezza di Villafranca,[5] dove il colonnello Cacciardi si arrese senza troppa resistenza. Prese Nizza, Villafranca e Montalbano, le forze francesi si spinsero nella val di Roja, dove furono costrette a fermarsi a Saorgio.[5] Il castello rappresentava un punto focale per l'avanzata francese e la difesa piemontese, dato che bloccava l'accesso al Colle di Tenda, e fu ambito di ripetuti scontri. Non era pensabile prenderlo con un assalto frontale ed era quasi impossibile da aggirare.[7] Inizialmente occupato dai francesi, venne preso da austriaci e piemontesi, che giunti in forze lo assaltarono e presero assieme Sospello. Solo l'arrivo di ulteriori rinforzi permise ai francesi di riprenderlo.[5] In seguito ad una piena torrenziale, un distaccamento del corpo di Anselme rimase isolato nei pressi di Levenzo: i cittadini, fortemente ostili alla presenza dei francesi, che nel frattempo si erano dati alle razzie e ai saccheggi, unitamente alle regolari forze piemontesi, ne fecero strage.[8]

Saorgio nel 1726

Nel tentativo di far credere che un folto gruppo di rinforzi austriaci fosse giunto a rafforzare le posizioni piemontesi nei pressi di Saorgio e dell'Authion, il re Vittorio Amedeo III inviò alcuni battaglioni imperiali verso Nizza, al comando del conte Carlo Thaon di Sant'Andrea, ufficiale nizzardo che aveva servito nella guerra di successione austriaca. Avanzando verso Saorgio da Sospello, costringendo il generale Brunet ad abbandonare sia la cittadina sia il Colle di Brauss. Anselme si fece nuovamente avanti e li riprese ma, resosi conto di non avere di fronte più il precedente avversario, l'anziano generale svizzero De Courten, decise che era meglio mantenere i suoi uomini compatti, rinunciando a Sospello, immediatamente ripresa da Sant'Andrea, e mantenendo solo il possesso del colle di Brauss. L'arrivo delle nevi invernali pose fine ad ulteriori iniziative da ambe le parti fino all'anno successivo.[9]

Operazioni del 1793

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Durante l'assenza del generale d'Anselme, Brunet approfittò del ruolo temporaneamente affidatogli per riordinare la massa di reggimenti e volontari sotto il suo comando: nasceva così l'Armata d'Italia. Già da quei primi mesi del 1792 si intravedevano i problemi che l'avrebbero afflitta per lunghi anni: i volontari non avevano la benché minima disciplina ed gli ufficiali non erano da meno. Episodi di aperta ostilità tra gruppi di ufficiali erano all'ordine del giorno.[10]

Le operazioni ripresero con l'arrivo del nuovo comandante Biron. Egli decise di passare immediatamente all' offensiva per poter estendere le conquiste francesi dell'anno precedente. Nel frattempo, le Contea di Nizza era stata annessa alla Francia da un atto della Convenzione. Biron decise di attaccare Sospello il 13 febbraio e di salire la valle del Vesubia il 28, per scacciare gli austro-sardi dalla valle di San Martino. In entrambi i casi, le operazioni terminarono con un successo. Inizialmente, si sperava che non ci dovessero essere altre operazioni in inverno, ma così non fu: il 12 marzo, Brunet decise di lanciare un'operazione contro Molinetto, dove si erano arroccate le truppe piemontesi. I soldati francesi, tra cui Sérurier, marciarono su scarpate innevate, dove la neve giungeva sino al bacino, e presero il villaggio dipo un accanito combattimento. Nel rapporto di Brunet, viene citata l'esemplare condotta di Sérurier.[11]

La parte destra dello schieramento austro-piemontese, che presidiava l'altopiano dell'Authion, era al comando del generale Luigi Leonardo Colli e contava su circa 4.000 uomini tra militari d'ordinanza e di milizia. Piuttosto scarsa era la dotazione di artiglieria. La sinistra, forte di 8.500 uomini, era imperniata sul campo trincerato di Brouis e comandata da Carlo Thaon di Sant'Andrea, al quale era anche affidato il comando supremo dell'esercito delle Alpi Marittime.[12] I Francesi contavano su circa 18.000 soldati ed erano comandati da vari ufficiali - tra i quali Andrea Massena - che in seguito avrebbero occupato posti di primo piano nell'esercito. L'assalto avvenne su più fronti, e la battaglia si frazionò in combattimenti separati. L'attacco principale fu sferrato contro l'altopiano dell'Authion sotto il comando diretto del generale Brunet ma venne respinto dai piemontesi, che contrattaccarono costringendo il nemico alla ritirata. La stima dei caduti nello schieramento austro-piemontesa varia tra le 1.200 e le 2.400 vittime, mentre le perdite francesi furono presumibilmente più di 3.000. Lo stesso Carlo Thaon di Sant'Andrea venne ferito durante i combattimenti.[13]

  1. ^ a b c d Botta, p. 25.
  2. ^ Carutti, pp. 178-179.
  3. ^ Carutti, p. 188.
  4. ^ Carutti, pp. 198-199.
  5. ^ a b c d Botta, p. 27.
  6. ^ Tuetey, pp. 50-51.
  7. ^ Carutti, p. 200.
  8. ^ Carutti, pp. 201-202.
  9. ^ Carutti, pp. 205-206.
  10. ^ Tuetey, pp. 55-56.
  11. ^ Tuetey, pp. 57-58.
  12. ^ Ignazio di Thaon di Revel di Saint-André e di Pralungo, Memorie sulla guerra delle Alpi e gli avvenimenti in Piemonte durante la Rivoluzione francese, tratti dalle carte del conte Ignazio Thaon di Revel di Saint-André e di Pralungo,..., (Notizie biografiche del marchese Carlo Thaon di Revel e di Saint-André, e dei suoi figli Giuseppe ed Ignazio), Roma, 1871
  13. ^ Pompilio Schiarini, AUTHION, Battaglia dell', in Enciclopedia Italiana, Istituto Treccani, 1930. URL consultato il 31 maggio 2024.

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