Zineb El Rhazoui

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A Londra nel 2017

Zineb El Rhazoui (in arabo زينب الغزوي?, Zainab al-Ghazwi; Casablanca, 19 gennaio 1982) è una giornalista e scrittrice francese di origine marocchina, opinionista per il giornale satirico parigino Charlie Hebdo dal 2011 al 2017[1].

Era l'esperta di religione della rivista e un'appassionata critica dell'Islam. Dopo l'attentato a Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015, avvenuto mentre lei si trovava in vacanza in Marocco, è diventata un'importante attivista laica e per i diritti umani, parlando pubblicamente in tutto il mondo dell'Islam e della libertà di parola. Ha lasciato Charlie Hebdo il 3 gennaio 2017, adducendo tra i motivi della sua decisione l'adozione da parte della rivista di una "linea editoriale richiesta dagli islamisti".

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nata nel 1982 a Casablanca[2] da padre marocchino[3] dirigente presso la Royal Air Maroc e madre casalinga[2][4] nata da una francese e da un algerino di Orano che rappresentava il FLN con la diaspora operaia algerina in Francia.[2]

Cresciuta in Marocco, poneva regolarmente domande critiche sulla condizione subordinata delle donne sotto l'Islam. Al liceo si impegnava a indossare smalto nero e camicette scollate a scuola, dove il suo insegnante era un uomo conservatore con una lunga barba. "Come donna in un paese dominato dagli uomini, prima o poi devi affrontare una scelta. Puoi obbedire, lasciarti intimidire e stare zitta, o devi combattere".

Dopo il diploma di maturità ottenuto in un liceo francese a Casablanca,[5], Zineb El Rhazoui andò a Parigi a studiare inglese e francese all'Università della Sorbona.[2].

Dopo la laurea, Rhazoui ha lavorato per un semestre come assistente all'insegnamento presso l’Université française d'Égypte (UFE), dove insegnava metodologia della scrittura e ricerca[2] così come arabo classico agli studenti della École spéciale militaire de Saint-Cyr in uno stage di formazione al Cairo[6]. In biblioteca ha letto i primi scritti islamici, che ha trovato più riflessivi e aperti all'analisi critica rispetto all'Islam moderno. Ha poi conseguito a Parigi un master in lingue straniere applicate presso l'Università Sorbonne Nouvelle (Parigi - III) nel 2004, poi in sociologia delle religioni presso l'École des Hautes Etudes en Sciences Sociales (EHESS).[4] Nel 2007 ha scritto sui musulmani in Marocco che si convertono al cristianesimo ("L'evangelizzazione in Marocco").[6] In seguito ha affermato che "voleva capire come potevano prima produrre l'enorme sforzo intellettuale necessario per sfuggire a una forma di lavaggio del cervello, solo per entrare volontariamente in un'altra religione".[7][8]

Rhazoui ha iniziato la sua carriera come giornalista in Marocco pubblicando numerosi articoli sulle minoranze religiose sulla rivista Le Journal Hebdomadaire,[2][9] poi bandita dal governo marocchino nel 2010. Nel 2008 ha seguito la guerra di Gaza.[10] È la fondatrice di diverse organizzazioni, tra cui il movimento pro-democrazia e pro-secolarismo MALI, che ha co-fondato con Ibtissam Lachgar nell'agosto 2009. È stata arrestata tre volte dal governo marocchino per le critiche. Una volta è stata arrestata durante un picnic di protesta nel 2009, pranzando in un parco pubblico a dispetto del mese sacro islamico del Ramadan. Si è rifugiata quindi in Slovenia dove ha vissuto due anni prima di rientrare a Parigi.

Charlie Hebdo[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2011, durante la Primavera Araba, Charlie Hebdo chiese di intervistarla sulla sua partecipazione alle lotte in Marocco. A pranzo, i redattori Stéphane "Charb" Charbonnier e Laurent "Riss" Sourisseau l'hanno invitata a partecipare a una riunione editoriale il successivo mercoledì. Le è stato quindi offerto di collaborare con la rivista, e Rhazoui ha accettato. Affinché il giornale potesse permettersi di assumerla, il fumettista Rénald "Luz" Luzier si è offerto di ridursi lo stipendio.[1][11]

Ha scritto il testo per il numero speciale del 2013 di Charlie Hebdo, una rivisitazione a fumetti della vita di Maometto, che ha portato nuove molestie e minacce di morte dirette alla rivista. Le illustrazioni sono state create dal responsabile di Charlie Hebdo, Stéphane Charbonnier. Ha poi contribuito al numero 1178 di Charlie Hebdo.[1] È stata descritta dall'International Business Times come "una laica e attivista per i diritti umani". Nel febbraio 2015 ha ricevuto minacce di morte dall'ISIS.[11]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (EN) Anne Penketh e Matthew Weaver, Charlie Hebdo: first cover since terror attack depicts prophet Muhammad, in The Guardian, 13 gennaio 2015.
  2. ^ a b c d e f (FR) Guillaume Gendron, Zineb El Rhazoui, Charlie à dos, in Libération, 31 maggio 2015. URL consultato il 26 giugno 2016.
  3. ^ (FR) Henri Seckel, Zineb El Rhazoui, une journaliste dans la ligne de mire depuis Charlie Hebdo, in Le Monde, 12 febbraio 2019. URL consultato il 17 febbraio.
  4. ^ a b (FR) Chloé Aeberhardt, Zineb El Rhazoui, la femme la plus protégée de France, in Marie Claire, 7 gennaio 2016. URL consultato il 26 luglio 2016.
  5. ^ (EN) Zineb El Rhazoui, en lutte contre cette « bien-pensance » qui voudrait excuser les terroristes, su marianne.net, 13 maggio 2016. URL consultato il 21 luglio 2022 (archiviato dall'url originale il 22 febbraio 2017).
  6. ^ a b (FR) Ghalia Slaoui, Zineb El Rhazoui, frondeuse du ramadan, in Le Temps, 29 settembre 2009. URL consultato il 28 luglio 2016.
  7. ^ (FR) Liliane Charrier, Au Maghreb, les dé-jeûneurs ont fin de démocratie, in TV5 Monde, 13 agosto 2013. URL consultato il 26 luglio 2016.
  8. ^ (FR) Anaïs Lefébure, D'où vient l'article 222 du code pénal qui punit les “déjeûneurs” pendant le ramadan ?, su huffpostmaghreb.com, 19 giugno 2016.
  9. ^ (FR) Mohamed Leftah, Nouvelles du Maroc, Parigi, Magellan-Courrier international, 2011, ISBN 978-2-35074-214-4.
  10. ^ (FR) Aurélie Moreau, Cinq ans avec la journaliste de Charlie Hebdo Zineb El Rhazoui, su lalibre.be, 11 gennaio 2017. URL consultato il 5 settembre 2017.
  11. ^ a b (FR) Charlie Hebdo: Zineb El-Rhazoui attend «de pied ferme» ceux qui la menacent de mort, in Le Parisien, 24 febbraio 2015. URL consultato il 21 luglio 2022 (archiviato dall'url originale il 27 febbraio 2015).

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