Zagreo

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Zagreo
Lingua orig.Ζαγρεύς
Caratteristiche immaginarie
Sessomaschio

Zagreo (in greco antico: Ζαγρεύς?, Zagrèus) fu in origine una divinità agreste e ctonia, probabilmente di derivazione cretese. Il nome significa "cacciatore di selvaggina" e, più precisamente, alluderebbe a un cacciatore che non uccide le sue prede, ma le tiene in vita, per poi dilaniarle nei culti dionisiaci[1]. Il suo mito fu al centro della religione orfica. Utilizzato anche per soprannominare i cittadini di Nicosia.

Mito[modifica | modifica wikitesto]

Secondo il racconto narrato da Nonno di Panopoli nel libro VI delle Dionisiache, Zagreo era figlio di Persefone e Zeus Katakthonios (lett. "Zeus del sottosuolo", che alcuni autori interpretano come epiteto di Ade, sebbene altri no in quanto nel mito sua moglie rimane Era), che si era unito a lei in forma di serpente. Per lui Zeus aveva una particolare predilezione e l'aveva destinato a regnare su tutto l'universo. I Titani vennero a sapere delle intenzioni di Zeus ed informarono Era, che, gelosa, ordinò loro di far sparire il bambino. I Titani lo attirarono con doni (una trottola, un rombo, una palla, uno specchio ed un astragalo), ma Zagreo cercò di fuggire trasformandosi in vari animali, fino a quando, diventato un toro, i Titani lo catturarono, lo fecero a pezzi e lo divorarono.

Atena riuscì a strappare alla loro furia il cuore del ragazzo, lo portò a Zeus, che lo inghiottì e lo rese immortale, facendolo rivivere in Dioniso. Le sue ossa furono raccolte e sepolte a Delfi. I Titani, sconfitti, furono fulminati e dalle loro ceneri - o, più precisamente, dal fumo di esse - nacquero gli uomini.

«il ventre di Persefone si gonfia di un frutto fecondo
e genera Zagreo, bambino munito di corna, che sale, lui solo,
sul trono celeste di Zeus; con la sua piccola mano
vibra il fulmine, è nelle sue mani puerili
di un neonato che si librano le saette.
Ma non occupa per molto il trono di Zeus, perché i Titani,
astuti, cosparso il volto con del gesso ingannatore,
spinti dalla rabbia profonda e spietata di Era,
lo uccidono con un pugnale venuto dal Tartaro,
mentre guardava la sua falsa immagine riflessa nello specchio.»

Interpretazione[modifica | modifica wikitesto]

Il mito di Zagreo, che possiede evidenti similitudini con quello di Osiride, può essere interpretato come il simbolo della morte della vegetazione in inverno e della sua rinascita in primavera. Nei misteri Dioniso è, infatti, associato alle dee della fertilità, Demetra e Persefone, di cui sarebbe figlio Zagreo.

Il mito orfico si basa sulla concezione arcaica della colpa ereditaria. Secondo l'orfismo, infatti, l'umanità parteciperebbe della natura malvagia dei Titani e di quella divina di Zagreo. L'elaborazione orfica in chiave escatologica e soteriologica trova nella purificazione e nelle pratiche rituali il mezzo attraverso cui l'anima può ricongiungersi con il divino.

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

  • Zagreus è il protagonista di un videogioco, Hades, dove è il principe dell'Oltretomba che deve cercare di fuggire dal reame del padre Ade, grazie all'aiuto dei poteri degli dei dell'Olimpo.[2]
  • Zagreus è il titolo di uno dei singoli pubblicati dal gruppo progressive metal Periphery in previsione dell'uscita del loro album Periphery V: Djent Is Not A Genre. Il titolo del brano è stato ispirato dal protagonista del videogioco sopracitato, a cui i membri del gruppo giocavano durante la scrittura dell'album.[3][4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Karl Kerényi, p. 96.
  2. ^ Hades Recensione: quando il roguelike si fa divino, su Everyeye.it. URL consultato il 7 febbraio 2021.
  3. ^ Periphery - Zagreus (Official Audio). URL consultato il 12 gennaio 2023.
  4. ^ (EN) Periphery | Official Site, su periphery.net. URL consultato il 12 gennaio 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Ivan M. Linforth, The Arts of Orpheus, Cambridge University Press, Londres, 1941
  • (EN) M. P. Nilsson, “Early Orphism”, Harvard Theological Review, 28 (1935), p. 181-230
  • (FR) Marcel Détienne, Dionysos mis à mort, Paris, Gallimard, collection « Tel », 1998
  • (FR) Eric Robertson Dodds, Les Grecs et l'irrationnel, Flammarion, coll. « Champs », 1999
  • (FR) Henri Jeanmaire, Dionysos, histoire du culte, Payot, 1991
  • Robert Graves, I miti greci, Longanesi, Milano, 1996
  • Karl Kerényi, Dioniso, Milano, Adelphi, 1992.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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