Villino Broggi-Caraceni

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Villino Broggi-Caraceni
Villino Broggi-Caraceni
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneToscana
LocalitàFirenze
Indirizzovia Scipione Ammirato
Coordinate43°46′18.3″N 11°16′23.78″E / 43.77175°N 11.273272°E43.77175; 11.273272
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Costruzione1910-11
Stileliberty
Realizzazione
ArchitettoGiovanni Michelazzi
CommittenteEnrico Broggi

Il villino Broggi-Caraceni è un edificio in stile liberty situato a Firenze in via Scipione Ammirato, realizzato da Giovanni Michelazzi nel 1910-11 per Enrico Broggi e passato in proprietà a Domenico Caraceni.

Questa zona, retrostante piazza Beccaria, è un quartiere ottocentesco, contraddistinto dalla presenza di numerosi villini - tipologia edilizia propria della residenza piccolo e medio borghese del primo Novecento - e delle residenze di diversi artisti fiorentini (Chini, Tofanari, Vannetti) che nei primi venti anni del Novecento scelsero questo quartiere per fissarvi la loro dimora o il loro studio. Attiguo al villino Broggi-Caraceni si trova anche il villino Ravazzini, dello stesso architetto Michelazzi.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il permesso di costruzione per il villino del sarto romano Enrico Broggi, da realizzarsi su progetto dell'architetto Giovanni Michelazzi, fu rilasciato dall'amministrazione comunale di Firenze in data 14 maggio 1910. Tra le imprese che parteciparono alla costruzione vi fu quella di Galileo Chini per le decorazioni pittoriche. Terminato nel 1911, come attesta la data incisa insieme alla firma dell'architetto sul pannello ceramico soprastante il balcone d'angolo, il villino passò nel 1929 a Domenico Caraceni; negli anni '60 divenne proprietà Ciruzzi-Pensabene.

Nel 1962 il soprintendente Ugo Procacci poté notificare il villino, salvandolo dalla distruzione[1].

Architettura[modifica | modifica wikitesto]

Circondato da un piccolo resede e separato dalla sede stradale da un muro di recinzione con una cancellata all'estremità, il villino Broggi-Caraceni si eleva su due piani fuori terra e presenta un impianto trapezoidale, articolato all'interno intorno al fulcro di una scala elicoidale.

Esterno[modifica | modifica wikitesto]

Dettaglio del lato ovest
Dettaglio del lato est

Sull'angolo sinistro della costruzione si trova un corpo ottagonale, con tre aperture al piano terreno, sviluppato in altezza come una torretta e concluso da una terrazza; sull'angolo opposto si trova un balcone al primo piano, raccordato alla parete e alla finestra sottostanti da una serie di ondulazioni digradanti della muratura, e chiuso superiormente a mo' di loggia sostenuta da due colonnine.

La loggetta è impreziosita dalla ringhiera e dai tralci in ferro battuto, dai capitelli in ceramica delle colonnine, dal festone, ancora in ceramica, posto sull'intradosso dell'arco, dal cartiglio ceramico posto superiormente, con la scritta ERECTUM MCMXI ARCHITETTO MICHELAZZI.

Tra i due angoli dell'edificio si distende il settore centrale di facciata, cosicché il villino si presenta "secondo l'impatto di superfici oblique laterali innestate agli spigoli di una parete mediana per di più movimentata dall'aggetto curvilineo di un balcone"[2], raccordati in orizzontale dalle linee sinusoidali di cornice alle aperture.

Il settore rettilineo di facciata è segnato da un'ampia apertura con centina a sesto ribassato al pian terreno e da una porta-finestra tripartita al primo piano, conclusa ad arco e aperta su un balcone convesso dall'elegante ringhiera in ferro battuto.

La fascia marcapiano, più larga alle estremità e stretta nel punto centrale, si distende con andamento fluente, aggettando per formare la base del balcone e nello stesso tempo fare da loggia al finestrone sottostante.

Mentre i due settori d'angolo sono interamente in muratura intonacata grigia, a simulare un liscio rivestimento in pietra, nel settore centrale di facciata si trovano ampie specchiature in laterizio a vista, su cui risalta il grigio delle cornici, dei raccordi, della fascia marcapiano.

Altri inserti in laterizio sono presenti al di sopra delle tre aperture archiacute al primo piano della torretta angolare, che si conclude con una terrazza delimitata da una balaustra in muratura, i cui tre segmenti sono separati da elementi verticali, prolungamento degli spigoli della torretta, conclusi a riccio, con inserti decorativi in ceramica. I raccordi delle aperture sono sottolineati da festoni in ceramica verde.

Come tutte le architetture del Michelazzi, non manca l'elemento caratterizzante dell'ampia gronda, raccordata alla facciata da due draghi in ferro battuto.

Le facciate laterali, contornate da fasce grigie, affidano la loro caratterizzazione, più che agli episodi decorativi, all'originale disegno delle aperture:

  • sul lato ovest un portoncino concluso a semicerchio, con tre finestrine circolari; nella parte superiore è presente una grande vela divisa a metà in senso orizzontale, con una finestra tripartita e sottolineata dalla specchiatura in laterizio;
  • sul lato est, oltre a due strette aperture disposte verticalmente, un arco acuto raccorda le porte-finestre del pian terreno e del primo piano.

Il fronte posteriore presenta una triplice scansione di semplici aperture rettangolari. L'interno, perfettamente restaurato negli anni Settanta, conserva integri l'apparato decorativo, le vetrate, le porte e i pavimenti.

Interno[modifica | modifica wikitesto]

Gli ambienti si dispongono intorno al vano scala circolare, coperto a cupola e illuminato da una lanterna colorata con struttura in ferro a forma di grande ragno.

Lo scalone elicoidale, conserva la ringhiera in ferro battuto modellata a forma di drago stilizzato all'inizio della rampa e terminante in uno stelo a torcera.

La cupola è decorata con pitture di figure femminili in atto di danza, opera di Galileo Chini. Affreschi del Chini sono presenti anche sulle pareti e sul soffitto della stanza ottagonale d'ingresso e nelle altre stanze di soggiorno.

La pavimentazione del vano scala è a mosaico con figurazioni, al pari di quella del vano d'ingresso; negli altri vani a pian terreno si trova il parquet originale, con motivi geometrici a tarsia.

Diverse stanze al pian terreno e al primo piano conservano le vetrate dipinte. Il collegamento tra i due piani è assicurato anche da una scala di servizio posta sul retro, che comunica anche con il seminterrato. Quest'ultimo si compone di un vasto ambiente ottagonale di arrivo, che disimpegna altri due vani e una piccola lavanderia. La grande cucina conserva il tavolo con piedistallo in muratura, il piano del lavandino e la piastrellatura originali dell'epoca.

Fortuna critica[modifica | modifica wikitesto]

Veduta da via Scipione ammirato

Per l'attenta ricerca planimetrica e compositiva e per la perfetta integrazione tra architettura e decorazione, nonché per il rigore costruttivo e la cura minuziosa dei dettagli, il villino è considerato, insieme alla casa-galleria Vichi in via Borgognissanti, l'opera più compiuta di Michelazzi.

L'edificio rappresentò il salto di qualità, quasi imprevedibile, che l'architetto Michelazzi riuscì a compiere, creando un edificio che a differenza dei precedenti non è solo ben decorato, non è più una scatola muraria impreziosita da applicazioni decorative, ma è un involucro morbido e teso, un guscio aderente allo spazio interno e qualificante quello esterno, un'unione indissolubile tra elementi decorativi e struttura.

Il villino risulta in un lotto delimitato da altri edifici, questo portò l'architetto a impegnarsi soprattutto sulla facciata principale, che s'impone per eleganza, armonia ed equilibrio nel perfetto comporsi di verticali e orizzontali, un disegno sottolineato dal contrasto cromatico tra le profilature in cemento e tamponature in mattoni con morbide increspature in ceramica verde.

Secondo Cresti, l'edificio rappresenta "l'unico villino fiorentino di connotazione liberty in cui la ricerca compositiva non si risolve soltanto nelle decorazioni esterne, ma si spinge nella modellazione spaziale dell'interno"[3], i cui ambienti, a loro volta, trovano all'esterno "una diversificata dipendenza e proiezione nelle forme dei balconi e delle torrette d'angolo"[3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Paladini, 1962.
  2. ^ Crest 1995, p. 187.
  3. ^ a b Cresti 1992, p. 208.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Sampaolesi P., 1961, Il Liberty a Firenze, "Ingegneri - Architetti", n. 4
  • Orsoni G., Raimondi G., Salomoni C., 1961, Un architetto liberty a Firenze, "Ingegneri - Architetti" n. 4
  • Giovanni Klaus Koenig, 1961, Note su Giovanni Michelazzi, "Ingegneri - Architetti" n. 6/7
  • Paladini G., 1962, Le Soprintendenze ai monumenti e lo stile Liberty, "Ingegneri - Architetti", n. 10/12
  • Giovanni Klaus Koenig, 1968, Architettura in Toscana 1931-1968, Torino
  • Bossaglia R., 1968, Liberty in Italia
  • Cresti C., 1970, Liberty a Firenze, "Antichità Viva" n. 5
  • Cresti C., 1972, Un edificio liberty a Firenze, ipotesi per una attribuzione, "Bollettino degli Ingegneri" n. 11
  • Bucci M., Bencini R., 1973, Palazzi di Firenze, Firenze
  • Fanelli G., 1973, Firenze architettura e città, Roma - Bari
  • Cresti C., 1974, Il quartiere fiorentino di Santa Croce fra Ottocento e Novecento: eclettismo stilistico e realtà sociale, "Bollettino degli Ingegneri" n. 4
  • Gobbi G., 1976, Itinerario di Firenze moderna, Firenze
  • Vinca Masini L., 1976, Art Nouveau
  • Cresti C., 1978, Firenze 1896-1915: la stagione del Liberty, Firenze
  • Firenze 1979, Liberty nel Quartiere 12, Catalogo della mostra a cura di C. Cresti, Firenze
  • Tempesti F., 1979, Abitare a Pitti, "Week-end", a. VII, n. 42, ottobre 1979
  • Vergottini B., 1981, I segreti di un antico villino, "Casa Vogue" dicembre, n. 124
  • Dezzi Bardeschi M. (a cura di), 1981, Le Officine Michelucci e l'industria artistica del ferro in Toscana (1834-1918)
  • Cozzi M., Bozzaglia R., 1982, I Coppedè, Genova
  • Quattrocchi L., 1984, L'architettura intima di Giovanni Michelazzi, "Eupalino", n. 4
  • Cresti C., 1985, Trasparenze Liberty e Decò a Firenze, "Antichità Viva" n. 1/3
  • Cresti C., 1987, Toscana, in R. Bossaglia (a cura di), Archivi del Liberty italiano, Milano
  • Cresti C., 1992, Villino Broggi Caraceni, in AA. VV., Firenze. Guida di architettura, Torino, p. 208
  • Cozzi M., Carapelli G., 1993, Edilizia in Toscana nel primo Novecento, Firenze
  • Cresti C., 1995, Firenze capitale mancata. Architettura e città dal piano Poggi a oggi, Milano

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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