Via Antonio Canova

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Coordinate: 45°40′03.54″N 12°14′30.13″E / 45.667649°N 12.241704°E45.667649; 12.241704

Via Antonio Canova si trova nel centro di Treviso, collega piazza del Duomo a borgo Cavour (già borgo SS. Quaranta).

Note urbanistiche[modifica | modifica wikitesto]

La via mantiene all'imboccatura da piazza Duomo la direzione nord ovest-sud est del Calmaggiore, identificato come cardo massimo della Tarvisium romana[1].

A poche decine di metri dalla piazza, all'inizio di via Roggia, l'omonimo corso d'acqua (anche noto come Cagnan della Roggia o Siletto) scompare sotto la strada passando per l'arco ribassato di ponte San Chiliano. Alla fine dell'Ottocento l'abate Luigi Bailo scrisse che gli scavi effettuali nelle vicinanze del ponte avevano portato alla luce dei resti da lui identificati come fortificazioni di età romana[2][3]. Questa testimonianza sembra dunque confermare l'identificazione della direttrice quale cardo maximus e sembra anzi suggerire che proprio in corrispondenza del ponte si trovasse un accesso al centro abitato[4].

Antonio Canova, di George Hayter. Olio su tela, 1817.

Il ritrovamento di epigrafi funerarie e di alcuni frammenti pertinenti ad un monumento funerario ad edicola[5] può far supporre che nei pressi sorgesse una necropoli[6].

All'altro lato, a partire dall'incrocio con via Fra Giocondo, la strada cambia improvvisamente direzione, riceve da destra via Orsoline, da sinistra via Riccati e si innesta in borgo Cavour.

Nella pianta del XVII secolo era ancora presente un tronco viario che univa via Canova all'attuale viale Monfenera, probabile ulteriore continuazione del cardo al di là delle mura: la spiegazione della nuova conformazione è da attribuirsi all'assegnazione nel Cinquecento di questa zona ai Gesuati per il loro nuovo convento (ora sede del Museo Bailo e della Biblioteca) che sorse in linea con Porta Santi Quaranta. I lavori di sistemazione degli orti conventuali determinarono successivamente la scomparsa dell'antico tracciato[7].

Toponomastica[modifica | modifica wikitesto]

La strada era detta nel Medioevo contrada della Panciera, denominazione mutuata per alcuni dalla nota famiglia trevigiana. Altri sostengono invece che la derivazione sia stata inversa e che il nome derivi dalla parte inferiore della corazza, forse ad indicare che qui anticamente si svolgevano esercitazioni militari[8]. Nel 1883 fu dedicata ad Antonio Canova, scultore nato a Possagno, in provincia di Treviso.

L'intitolazione originaria rimane nella via più a nord, parallela a via Orsoline.

Edifici storici[modifica | modifica wikitesto]

Lato nord[modifica | modifica wikitesto]

Casa da Noal[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Complesso di Ca' da Noal.

Il complesso noto come Casa da Noal (in realtà costituito da tre diversi immobili: Ca' da Noal, Ca' da Robegan e Casa Karwath), di proprietà del Comune, è oggi sede di mostre ed eventi.

Tempietto del Beato Enrico[modifica | modifica wikitesto]

Costruito nel 1830 nel sito dov'era la casetta nella quale i da Castagnole ospitarono Arrigo da Bolzano, è un'imitazione, in scala ridotta, del Pantheon.

Casa Karwath[modifica | modifica wikitesto]

La facciata neoclassica del civico 44, forse opera di Andrea Bon, è caratterizzata da un frontone marcapiano decorato con metope e triglifi con rappresentazioni di attrezzature militari[9].

Lato sud[modifica | modifica wikitesto]

Ex monastero delle Benedettine[modifica | modifica wikitesto]

Il vasto complesso cinquecentesco, sgombrato e requisito nel 1806, è stato per diversi anni sede del Catasto. Nel 2007 è stato venduto dall'Agenzia del territorio di Treviso a privati[10].

Ex chiesa di Santa Maria Nova[modifica | modifica wikitesto]

Sede fino al 1943 del Museo del reggimento di Treviso, dopo il restauro postbellico fu sede dell'Intendenza di finanza, della Direzione del tesoro, della Ragioneria provinciale e dello Stato, quindi magazzino provinciale degli stampati, per tutta la burocrazia statale della Provincia.

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Adriano Augusto Michieli, Storia di Treviso, p. 35.
  2. ^ Luigi Bailo, Guida della città di Treviso, Treviso 1872.
  3. ^ Giovanni Roman, Il Ducato Longobardo di Treviso in Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi IL FLAMINIO Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane, n° 12, 1999 Il Flaminio Archiviato il 26 agosto 2006 in Internet Archive..
  4. ^ Filippo Boscolo e Franco Luciani (a cura di) Venetia et Histria. Tarvisium in Supplementa Italica. Nuova serie, Unione Accademica Nazionale, Roma, 2009; estratto 24, p. 122 academia.edu.
  5. ^ M. Tirelli, A proposito della presenza di edifici monumentali nelle necropoli di Tarvisium, Opitergium e Iulia Concordia: un appunto, in Antichità Altoadriatiche, 43, 1997; p. 169.
  6. ^ P. Furlanetto, Fluvius Silis ex montibus Tarvisanis, in Il Sile, a cura di A. Bondesan, G. Caniato, F. Vallerani, M. Zanetti, Verona, 1998, p. 84.
  7. ^ Giovanni Netto, Guida di Treviso, p. 281.
  8. ^ Giovanni Netto, Guida di Treviso, p. 288.
  9. ^ Luigi Coletti, Catalogo delle cose d'arte e di antichità di Treviso, p. 62.
  10. ^ estcapital.it (PDF). URL consultato il 17 giugno 2012 (archiviato dall'url originale il 7 gennaio 2014).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luigi Coletti, Catalogo delle cose d'arte e di antichità di Treviso, Libreria dello Stato, Roma, 1935; pp. 61-62.
  • Giovanni Netto, Guida di Treviso, Edizioni LINT, Trieste, 1988; pp. 281-8.

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