Utente:Yoggysot/bozzapoker

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Dopo la caduta del fascismo, come diversi altri esponenti di primo piano del reggime, venne posto sotto processo, nello specifico per il suo operato a Genova (durante il periodo della sua carica di prefetto avvennero diverse deportazioni di operai in Germania, in risposta ai continui scioperi, alcuni eccidi e lo stesso Basile presiedette diversi tribunali speciali che condannarono per appresaglia alla fucilazione dei partigiani).

Basile il 25 aprile 1945 si trovava tra Sesto e Milano e qui venne arrestato mentre cercava di unirsi ai reparti tedeschi in ritirata[1], trasporando con sè grandi quantità di denaro e preziosi provenienti dalla segreteria particolare di Mussolini[2].

Il processo fu molto tortuoso e il suo percorso venne interrotto prima di un esito certo dalla promulgazione dell'amnistia Togliatti.[1][3]


QUANTO SOPRA DA METTERE NELLA SEZIONE RPINCIPALE, QUANTO SOTTO DA METTERE NELLA SOTTOSEZIONE

I processi per collaborazionismo e concorso in omicidio[modifica | modifica wikitesto]

Poco meno di due mesi dopo la cattura, il 17 giugno 1945, Basile venne condannato dalla corta d'assise straordinaria Milano a 20 anni di carcere (il pubblico ministero aveva chiesto la pena di morte[4]), pena calcolata considerando applicabili nel suo caso delle attenuanti, dovute ai suoi meriti per i trascorsi da miliare. La sentenza, ritenuta troppo lieve da diversi esponenti delle forze politiche antifasciste, causò numerose proteste, sopratutto a Milano e Genova[5]. Contro la condanna ritenuta troppo lieve, vi fu anche un deciso comunicato del CLNAI, che chiese espressamente al governo un intervento legislativo per individuare più facilmente le responsabilità per chi aveva compiuto reati fascisti [...] anche in rapporto alla particolare si tuazione creatasi nell'Italia Settentrionale per il prolungarsi dell'oppressione nazifascista[6]. Il PM di Milano fece ricorso in cassazione ed il 27 luglio dello stesso anno questo venne accolto, annullando la sentenza e rinviando il processo alla corte d'assise straordinaria di Pavia[7]. La scelta di Pavia vide l'opposizione del comando Alleato, che avava espresso la preferenza per un processo davanti all'Alta Corte di Giustizia[8].

Il 25 gennaio 1946 la corte di Pavia, coerentemente con le richieste del pubblico ministero, decide di confermare la condanna, senza però applicare attenuanti generiche (che erano state nuovamente richieste dalla difesa), condannado quindi a morte l'ex prefetto[9].

La corte si era riufiutata di accettare la richiesta della difesa, che avrebbe voluto rimandare l'udienza per sentire come testimone l'allora vice prefetto di Genova (e poi prefetto di Roma) Trinchero, che fu ex capo di Gabinetto di Basile durante l'RSI, e la cui testimonianza era stata inizialmente richiesta sia dai PM che dalla difesa senza che si fosse presentato in aula: propio l'assenza di motivazione esplicita di questo rifiuto causò un nuovo annullamento della sentenza ad opera della Cassazione (8 giugno 1946), che rinviò il processo alla corte straordinaria di Venezia[10]. Pochi giorni dopo, il 22 giugno 1946, venne promulgata l'amnistia Togliatti, inizialmente valida per reati compiuti entro il 18 giugno 1946 (verrà poi estesa da norme successive).

Alcuni mesi dopo, il 2 maggio 1947, su richiesta della difesa la Cassazione spostò il processo da Venezia a Napoli per legittima suspicione[11]. A Napoli il PG, nella requisitoria, affermò che le responsabilità di Basile in alcuni dei fatti contestati non erano tuttavia state provate direttamente ("la responsabilità del Basile in merito alle deportazioni di 1400 operai dagli stabilimenti Ansaldo di Genova non è provato, perchè ad esso presiedette materialmente il questore Bisogni. Nemmeno i manifesti firmati dall'imputato sono elementi sufficienti perché venga accertata la responsabilità dell'imputato"), chiedendo quindi che venissero applicate le attenuanti generiche e l'amnistia, mentre l'avvocato delle parti civili evidenziava come la Corte non potesse andare oltre quanto specificato nella sentenza di rinvio, limitandosi quindi a valutare l'opportunità o meno delle attenuanti generiche e che le responsabilità erano già state determinate dalla sentenza di Milano, contro cui Basile non aveva fatto ricorso[12]. Il 29 agosto la corte "dichiara di non potersi procedere a carico di Carlo Emanuele Basile per il delitto di collaborazionismo a lui ascritto, perchè estinto per amnistia; ordina la scarcerazione dell'imputato se non detenuto per altra causa", assoluzione che comporterò nuove proteste[13][1], a cui parteciparono esponenti di numerosi partiti, dal PCI alla DC[2].

Pochi giorni dopo, il 1 settembre 1947, il procuratore generale annunciò che non aveva intenzione di presentare ricorso contro la sentenza di assoluzione per amnistia emessa dalla della corte d'assise speciale di Napoli e, nello stesso giorno, veniva annunciato che la commissione provinciale per il confino si sarebbe riunita per valutare eventuali provvedimenti da prendere nei confronti di Basile [14]. La decisione venne emessa due settimane dopo, il 15 settembre, fu di tre anni di confino per l'ex prefetto[15], con la motivazione di "aver collaborato, col tedesco invasore, favorendo i disegni criminosi di questo"[16]. Il confino non venne tuttavia eseguito, perchè il giorno seguente la procura di Genova emise un nuovo mandato d'arresto nei confroni di Basile, per una nuova indagine relativa al suo operato come prefetto della città[17] L'accusa questa volta non riguardava genericamente la collaborazione con l'occupante tedesco e la responsabilità nelle deportazioni degli operai scioperanti, ma il fatto che Basile avesse convocato e poi presieduto tre tribunali speciali dove erano stati condannati a morte 11 partigiani, in un caso comunicando la notizia dell'eseguzione ai giornali e tramite l'affissione dei manifesti prima ancora che questa fosse avvenuta. Tesi dell'accusa e delle parti civili (tra cui il comune di Genova) era che, essendo questo concorso in omicidio un reato comune ed anche ben identificato, non dovesse rientrare nei reati per cui era stato amnistiato.[18]

Nel frattempo, a partire dal primo gennaio 1948, in Italia venne abolita la pena capitale.

Nella primavera del 1949 la Corte di Cassazione decise di spostare il processo da Genova a Perugia, sempre per legittima suspicione[2]. Qui il processo iniziò il 9 giugno 1950.[19] Il processo si caratterizzò per l'elevato numero testimone che non si presentarono (30 su 50 convocati), fatto che alcuni media del tempo evidenzavano come tipico nei processi contro gli ex fascisti[18].

Il 15 giugno il PM chiese "Per l'imputazione di concorso in omicidio aggravato da premeditazione in persona di undici partigiani nel volgere di tre diversi episodi e per l'imputazione di attivo collaborazionismo militare col tedesco invasore, chiede che l'imputato, concesse le attenuanti generiche, sia condannato alla pena di trent'anni di reclusione, alla confisca dei beni e all'interdizione perpetua dal pubblici uffici", affermando che gli stessi tribunali speciali fossero stati convocati da Basile avendo già in mente la condanna a morte. Il PM, nella requisitoria, affermò anche che questi reati non sarebbero rientrati tra quelli rientranti nella senzanza di assoluzione di Napoli e che Basile, avendo accettanto volontariamente il ruolo di prefetto repubblichino di Genova, non poteva invocare ll caso di necessità. Al contrario la difesa sostenne che i reati (concorso in omicidio) rientrassero nella "cosa giudicata", ovvero in quelli per cui Basile era già stato assolto per intervenuta amnistia a Napoli e che, comunque, l'ex prefetto si era trovato ad agire in uno "stato di necessità", chiedendo quindi l'assoluzione.[20] Il giorno seguente la Corte d'Assise di Perugia sentenziò il "non doversi procedere nei confronti dell'imputato, in quanto l'azione penale non può essere perseguita per effetto della cosa giudicata", dando ragione alla difesa relativamente al fatto che i reati in oggetto sarebbero rientrati in quelli per cui era già stato giudicato a Napoli e ordinando nel contempo la scarcerazione.[21] Il PM annunciò ricorso in Cassazione(presentandolo il successivo 25 agosto[22]), mentre le parti civili annunciarono l'intenzione di protare comunque avanti una causa civile per il risarcimento dei danni.[23]

Questa sentenza assolutoria, al contrario delle precedenti, verrà contestata duramente solo a Genova[2], ma verrà citata pochi giorni dopo, sul La Voce Repubblicana, organo di partito del Partito Repubblicano Italiano (al tempo parte della maggioranza che sosteneva il governo De Gasperi VI), nell'ambito di una serie di proteste del partito contro la magistratura in generale, in un passo che stigmatizzava le ripetute sentenze assolutorie della magistratura perugina nei confronti dei membri del reggime fascista.[24]

Il 17 gennaio 1951 la Corte di Cassazione confermerà la sentenza di Perugia, respingendo il ricorso del PM.[25]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Mimmo Franzinelli, Le stragi nascoste: l'armadio della vergogna: impunità e rimozione dei crimini di guerra nazifascisti, 1943-2001, Mondadori, 2002, ISBN 9788804503378, pag 112 e 113
  2. ^ a b c d Mimmo Franzinelli, L'amnistia Togliatti: 22 giugno 1946 : colpo di spugna sui crimini fascisti, Mondadori, 2006, ISBN 9788804553342, pag 184 e seg
  3. ^ Sandro Pertini, Per dire no come una volta la fascismo, in Gli uomini per essere liberi, ADD editore, 2012, ISBM 9788896873472
  4. ^ Sciopero generale a Milano?, articolo de l'Unità, del 17 giugno 1945
  5. ^ Franco Giannantoni, Ibio Paolucci, Giovanni Pesce "Visone", un comunista che ha fatto l'Italia, Mario Chiarotto Editore, 2005, ISBN 9788889666005, pag 233
  6. ^ Comunicato del CLNAI riportato in Lo Scandalo Basile, articolo de l'Unità, del 17 giugno 1945
  7. ^ Il processo a C. E. Basile sarà rifatto, articolo de La Stampa del 28 luglio 1945
  8. ^ Mimmo Franzinelli, L'amnistia Togliatti: 22 giugno 1946 : colpo di spugna sui crimini fascisti, pag 184 che cita in nota (pag 294) l'esistenza di un messaggio del 3 agosto 1945 da parte del Quartier Generale Alleato destinato all'Alto Commissariato per le sanzioni contro i reati fascisti
  9. ^ Basile condannato a morte, articolo de La Stampa del 26 gennaio 1946
  10. ^ L'ex-prefetto Basile la terza ietta alle Assise, articolo de La Stampa, del 9 giugno 1946
  11. ^ Il processo Basile trasferito da Venezia a Napoli, articolo de La Stampa, del 2 maggio 1947
  12. ^ Richiesta di amnistia per l'ex-prefetto Basile, articolo de La Stampa, del 29 agosto 1947
  13. ^ L'ex-prefetto Basile assolto, articolo de La Stampa, del 30 agosto 1947
  14. ^ Basile inviato al confino?, articolo de La Stampa, del 2 settembre 1947
  15. ^ Il confino a Basile, articolo de La Stampa, del 16 settembre 1947
  16. ^ Estratto della motivazione, pubblicato in Tre anni di confino al fucilatore Basile, articolo de l'Unità, del 16 settembre 1947
  17. ^ Carlo E. Basile colpito da nuovo mandato di cattura, articolo de La Stampa, del 17 settembre 1947
  18. ^ a b Il processo dellJ ex - prefetto Basile II procedimento sommario della fucilazione di 8 persone, articolo de La Stampa, del 15 giugno 1950
  19. ^ Carlo E. Basile a giudizio dell'Assise per la 4a volta, articolo de La Stampa, del 10 giugno 1950
  20. ^ Chiesti per il Basile 30 anni di reclusione, articolo de La Stampa, del 16 giugno 1950
  21. ^ Basile assolto e rimesso in libertà, articolo de La Stampa, del 17 giugno 1950
  22. ^ Ancora indecisa la sorte di Basile, articolo de La Stampa, del 26 agosto 1950
  23. ^ La sentenza Basile - Il ricorso del PM e la causa per danni, articolo de La Stampa, del 20 giugno 1950
  24. ^ La Stampa da notizia della querelle, riportando brevi stalci dell'articolo de La Voce Repubblicana, il 22 giugno 1950, in un articolo titolato I repubblicani chiedono l'epurazione della magistratura
  25. ^ Assoluzione per Scorza conferma per Basile, articolo de La Stampa, del 18 gennaio 1951