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Buon lavoro.

I viaggi sono l’opera principale dello scrittore e orientalista romano Pietro Della Valle. Il testo è la raccolta delle lettere che l'autore scrisse ed inviò nel corso del suo viaggio in Oriente, compiuto tra il 1614 e il 1626.

Il viaggio[modifica | modifica wikitesto]

Prima della partenza, Della Valle riceve la benedizione nella chiesa dei Santi Marcellino e Festo a Napoli, presentando il suo viaggio come pellegrinaggio in Terra Santa e facendosi chiamare Il Pellegrino, epiteto con il quale è ancora ricordato.[1]
Salpa da Venezia l'8 giugno 1614 e, dopo aver visitato i luoghi in cui sorgeva Troia, arriva a Costantinopoli. Qui si trattiene per un anno, avendo modo di visitare e descrivere molto bene la città, nonché di iniziare lo studio della lingua turca.
Si sposta poi ad Alessandria, per poi risalire il Nilo fino a Il Cairo e visitare le piramidi (fu tra i primi a visitarne l'interno), acquistando mummie e oggetti, spediti in Italia insieme alle lettere. [1]
Si reca poi nel Sinai e, passando per Suez, arriva a Gerusalemme, dove visita il Santo Sepolcro. Passando per Damasco e Aleppo raggiunge Bagdad, dove conosce Sitti Maani Gioerida, una cristiana di rito caldeo, che sposa nel 1616. Si trattiene a lungo in Persia, a Isfahan, dal 1617 al 1621, con una parentesi sul Caspio per incontrare lo scià 'Abbas I il Grande, personaggio di cui Della Valle traccia una minuziosa descrizione. Durante gli anni trascorsi nell'impero safavide impara a conoscere le città, gli usi e i costumi persiani.
In viaggio per Sciraz, visita le rovine di Persepoli, fornendoci riflessioni archeologiche sul sito archeologico della città. Dirigendosi verso Hormuz, la moglie muore in seguito all'aborto del loro primo figlio.
Si imbarca da Bandar Abbas verso l’India, di cui visita la costa occidentale e la città di Goa, dove rimane dal 1622 al 1624. Della permanenza in India della Valle restituisce un'ampia ed interessante descrizione.
A questo punto Della Valle decide di rientrare in Italia. Nel viaggio verso casa si ferma a Mascate e, risalendo la penisola arabica, attraversa il Golfo persico fino ad Antiochia ed Alessandretta, da cui riparte per Napoli nel febbraio 1626. Arriva a Roma nel marzo dello stesso anno.
Una cartina del viaggio è stata pubblicata nel «Bollettino della Società geografica italiana» da Giovanni Pennesi. [2]

Natura dell'opera[modifica | modifica wikitesto]

I Viaggi si presentano come una raccolta di lettere, spedite da Della Valle all’amico e medico napoletano Mario Schipano. L’idea dell’autore era che Schipano correggesse le lettere e si occupasse della loro pubblicazione. Questo però non accade e, rientrato in Italia, Della Valle si impegna personalmente nella revisione e pubblicazione del suo epistolario[3], rielaborando gli scritti come spiega anche all'inizio dei Viaggi, nell'introduzione al lettore:

«mi è stato forza di andar pensando come provvedere ad un mio giusto desiderio, che le tante mie fatiche di così lungo viaggiare non restassero defraudate del premio di farsi almeno note al Mondo. [4]»

L'autore si adopera così per la pubblicazione delle lettere, dopo averle corrette grammaticalmente, ed eliminato o aggiunto ciò che riteneva necessario, anche grazie al suo diario di viaggio (il cui autografo, inedito, è conservato nella Biblioteca apostolica Vaticana, cod. Ottob. lat. 3382 ).

Vicende editoriali[modifica | modifica wikitesto]

Della prima edizione dell'opera di Della Valle, conserviamo sette volumi manoscritti (di mano di un copista, con alcune annotazioni e correzioni dell'autore) preparati per la stampa. Sono custoditi nella Biblioteca della Società geografica italiana, orfani delle prime diciotto lettere, ossia di quelle spedite dalla Turchia. Di questi manoscritti è stata pubblicata la riproduzione fotografica, a cura di Carla Masetti (De' Viaggi di Pietro Della Valle Il Pellegrino. Riproduzione in facsimile dei sette volumi manoscritti conservati presso la Società Geografica Italiana, Roma, Società Geografica Italiana, 2011).
La prima apparizione dell'opera, edita da Biagio Deversin presso lo stampatore Mascardi, risale al 1650. Il titolo completo di questa prima edizione è: Viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino, con un minuto ragguaglio di tutte le cose notabili osservate in essi, descritti da lui medesimo in 54 lettere familiari, da diversi luoghi della intrapresa peregrinazione mandate in Napoli all'erudito e fra' più cari, di molti anni suo amico Mario Schipano, divisi in tre parti, cioè la Turchia, la Persia e l'India, le quali avran per aggiunta, se Dio gli darà vita, la quarta parte, che conterrà le figure di molte cose memorabili sparse per tutta l'opera e la loro esplicatione. Dopo la dedica a Papa Innocenzo X, lo stesso della Valle si rivolge al lettore in un'introduzione dove racconta la genesi dell'opera. Come spiegato nel titolo completo, l’opera è divisa in tre parti, ma l’autore riesce a revisionare solo le lettere scritte dalla Turchia ed alcune lettere scritte dalla Persia, prima di morire nel 1652.
Il lavoro venne terminato dalla seconda moglie, la georgiana Mariam Tinatin, e dai figli, che editarono la seconda e terza parte dell'opera.
La parte contenente le lettere dalla Persia esce nel 1658, sempre presso lo stampatore romano Mascardi, in due volumi. Il titolo viene abbreviato in I viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino, descritti da lui medesimo in lettere familiari all'erudito suo amico Mario Schipano, la Persia, parte seconda e contiene la dedica a Papa Alessandro VII. L'editore Deversin nella premesse spiega:

«La pubblicazione di queste fatighe riconoscer si deve alla Signora Maria della Valle, consorte di esso Signor Pietro, e da' Signori lor figliuoli; i quali non han permesso che notizie si belle restino sepolte nell'oblivione. Così, per opera loro, si pubblicarono i Viaggi della Turchia, cominciati a stamparsi in vita dell'autore, e tralasciati di poi per la sua morte: così hoggi si pubblicano questi altri: e tra pochi mesi si pubblicheranno ancora i Viaggi dell'India Orientale.[5]»

Infatti la terza parte dal titolo I viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino, descritti da lui medesimo in lettere familiari all'erudito suo amico Mario Schipano, parte terza, cioè l'India col ritorno alla patria uscirà sempre presso lo stampatore Mascardi nel 1663, con dedica al cardinale Flavio Chigi. Di nuovo Deversin nella premessa presenta l'opera e spiega come la quarta parte di essa, promessa nel titolo dell'edizione del 1650, non verrà mai realizzata, in quanto mai portata "a perfettione"[6] da Della Valle. Essa doveva contenere la documentazione grafica del viaggio, probabilmente sulla base degli schizzi e e dei disegni realizzati da Della Valle nel suo diario (alcuni disegni sono presenti soprattutto nella parte relativa all'India e rappresentano per lo più planimetrie di palazzi e templi).
Il Deversin, dopo aver ricevuto l'incarico di pubblicare le parti relative alla Persia e all'India, procedette anche ad una reimpressione o ad un'utilizzazione delle copie non vendute del volume riguardante la Turchia, poiché esistono esemplari della prima parte dell'opera che recano nel frontespizio la data del 1657.[7]
I Viaggi ottennero subito un notevole successo editoriale tanto che furono ristampati più volte nel corso del Seicento.

Già nel 1662, quando non era ancora stata editata la terza parte, il Deversin aveva finanziato la seconda edizione dei Viaggi, preso lo stampatore romano Dragondelli. Quest'edizione è impreziosita dal ritratto dell'autore e dalla sua vita, scritta da Giovanni Pietro Bellori. Quest'ultimo però, non intende fornire una biografia completa di Pietro Della Valle: “Tuttavia, non propongo altrimenti di scrivere tutta la vita, e i fatti di essa, signor Peter; perché i viaggi stessi sono il suo diario e la sua stessa storia.[8]" Nelle sue quindici pagine di biografia, aggiungerà solo pochi dettagli, raccontando quindi la formazione culturale dell'auotre, la sua partenza e il suo viaggio e la fama di uomo di grande cultura che lo seguirà fino alla morte:

«Seguitò egli poi a viver sempre nella famigliarità e dimestichezza delle muse, visitato da tutti gli huomini dotti e di merito che sogliono venire à Roma, e da quelli che nella Republica delle lettere, in essa dimorano; communicando con essi li dotti et eleganti suoi discorsi e curiosità peregrine del suo museo, finche, pervenuto all’anno dell’età sua sessagesimosesto, da questa humana peregrinatione trasmigrò all’altra vita, il giorno 21 Aprile 1652.[8]»

Aggiunge poi un breve elenco delle sue opere edite.

A Venezia, come era accaduto con la ristampa del 1662, esce un'edizione dei Viaggi nel 1660, quando ancora il volume con le lettere dall'India era inedito. Sempre a Venezia, presso lo stampatore Baglioni, esce nel 1667 un'edizione in 4 volumi con una vita dell'autore scritta dall'abate Filippo Maria Bonini. Nelle 18 pagine di Biografia, Bonini, dopo una digressione sulle origini della stirpe dei Della Valle, racconta la nascita dell'idea del viaggio, senza entrare nei dettagli di quest'ultimo ("Degli avvenimenti accaduti a Pietro della Valle nella lunga carriera d'undici anni e nove mesi di pericolosa peregrinazione non più può dirsi e affermare di quello, ch'ei scrisse di se stessi ne' suoi tre amplissimi e curiosi Volumi [9]), per poi raccontare della morte di Sitti Maani e della vita dell'autore dopo il rientro in patria. Ci sono inoltre alcune edizioni edite a Venezia presso il Baglioni che riportano la data del 1664.[10]
Nel 1672 e 1677, escono poi a Bologna, presso l'editore Longhi due edizioni.
Dopo due secoli esce a Torino (con falsa indicazione Brighton) una nuova edizione nel 1843, presso l'editore Gancia. Edita in due volumi, ha una stampa moderna e regolare ed è realizzata sulla base dell'edizione romana del 1662 (include infatti il ritratto di Della Valle e la sua vita scritta da Bellori).

Edizioni parziali[modifica | modifica wikitesto]

  • Pietro Della Valle, Viaggio in Levante, a cura di Luigi Bianconi, Firenze, Sansoni, 1942. Riporta le prime sette lettere della Turchia.
  • Pietro Della Valle, I viaggi di Pietro Della Valle: Lettere dalla Persia, vol. I, a cura di Franco Gaeta e Laurence Lockhart, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1972. Contiene le prime cinque lettere dalla Persia.
  • Chiara Cardini, La porta d’Oriente: Lettere di Pietro Della Valle, Istanbul 1614, prefazione di Sergio Bertelli, Roma, Città nuova, 2001. Contiene le dieci lettere spedite da Instanbul.

Traduzioni[modifica | modifica wikitesto]

In francese[modifica | modifica wikitesto]

Les fameux Voyages de Pietro della Valle, traduits de l'italien par les PP. Etienne Carneau et François Le Comte, Paris, Gervais Clouzier, 1662. Secondo la testimonianza di Jean Baptiste Benoît Eyriès invece: Voyages de P. d. V., gentil homme romain, dans la Torquie, l'Egypte, la Palestine, la Perse, les Indes Prientales et autres lieux, Paris, 1661-63.
Ci furono poi successive edizioni nel 1670 e nel 1745, sempre a Parigi, la più recente contenente anche il ritratto dell'autore.

In inglese[modifica | modifica wikitesto]

  • The travels of P. d. V., a noble Roman, into East-India and Arabia-Deserta, in wich the several countries, together with the Customs, manners, Traffique, and Rites both Religious and Civil of those Oriental Princes and Nations, are faithfully described: In Familiar Letter to his friend Signior Mario Schipano, traduzione di G. Havers, London, 1664. L'enciclopedia britannica data quest'edizione in un unico volume al 1665.
  • The Travels of P. D. V. in India. From the old English translation of 1664 by G. Havers. Edited, with a life of the author, an introduction and notes by Edward Grey, London, The Hakluyt Society, 1892. Nella prefazione si fa riferimento ad una traduzione moderna in inglese delle lettere dell'India, realizzata da E. Rehatsek. Quest'ultima però non venne mai pubblicata.

In olandese[modifica | modifica wikitesto]

De Volkome Beschryving der voortreffelyke Reizen van de Deurluchtige Reiziger P. d. V., Edelman van Romen. In veel voorname Gewesten des Werrelts sedert het jaar 1615, gedaan etc. uit zijn Schriften, aan Mario Schipiano geschreven, door J.H.Glazemark vertaalt., Amsterdam, Abraham Wolfang, 1664-65.
Di questa edizione sono conservati presso la biblioteca della Reale Società Geografica Italiana il quarto e quinto volume. Essi possiedono delle illustrazioni ma hanno un testo riassunto rispetto all'originale italiano.

In tedesco[modifica | modifica wikitesto]

Petri della Valle, Eines vornehmen Römischen Patritii, Reiss-Beschreibung in unterschiedliche Theile del Welt, nemlich in Turkey, Egypten, Palestina, Persien, Ost Indien. Samt einer ausführlichen Erzehlung aller Denckund Merckwürdigster Sachen, so darinnen zu findem und anzutreffen; nebenst den Sitten und Gebräuchen dieser Nationen und anderen Dingen, dergleichen zuvor niemals von anderen angemercket und beschrieben worden. Erstlich von dem Authore selbst, der diese Reisen gethan, in Italiänischer Sprach beschrieben. Nachgehends auss dieser in die Französische und Holländische; anjetzo aber auss dem Original in die Hoch-Teutsche Sprach übersetzet, mit schönen Kupfferen geziert, und vieren wohlanständigen Registern versehen Ginevra, T.H.Widerhold, 1674.
L'edizione contiene il ritratto di Pietro Della Valle e di Sitti Maani e, come spiegato nel titolo, delle incisioni in rame.

In persiano[modifica | modifica wikitesto]

Safar-nāma-ye Petro Delā Vāla, traduzione di Shojaeddin Shafa, Tehran, 1969.[11]

Importanza dell'opera[modifica | modifica wikitesto]

Stile[modifica | modifica wikitesto]

Fin dall'inizio, le lettere riscuotono grande successo, soprattutto per lo stile utilizzato, definito dall'autore stesso "più nuovo e meno usato" con una "schiettezza naturale, che con sè [le lettere] porteranno, come dal primo calderon della penna senz'alcuno artificio"[4]. La lettura è agevole e scorrevole, grazie alla scrittura espressiva e al linguaggio familiare.
Nella prefazione, Della Valle si rivolge direttamente al lettore, scusandosi per la forma e la lingua dai lui utilizzata:

«Non devo lasciar di dirti che queste Lettere, io non hebbi mai presuntione di scriverle in un linguaggio Toscano puro, scelto, e elegante, che potesse servire altrui di esempio, e fare autorità nella lingua, di quella fatta, che ad un Oratore, o a buoni Historici senza dubbio sarebbe stato dicevole; ma che solo mi bastò di dettarle, secondo 'l materno mio dialetto Romano [4]»

Più volte, infatti, utilizza l'aggettivo "toscano" in riferimento alla lingua, ad esempio confrontando un termine toscano con uno in romano, suo dialetto materno. Descrivendo una mummia, riferisce che teneva tra le mani "un di quei frutti che, in buon toscano, si chiamano petronciani, ma dai Lombardi son detti melanzane, ed in Roma dal volgo marignani; e se mal non mi ricordo, in lingua grossa napoletana, molegnane."[4]». Non solo, quindi, un confronto tra il suo "materno dialetto romano" e l'italiano letterario, la testimonianza di Della Valle include anche riferimenti al napoletano e al lombardo. In realtà, con le parole della sua introduzione, più che la contrapposizione tra due dialetti, Della Valle intendeva dimostrarci la contrapposizione tra due stili, quello toscano basato sul fiorentino trecentesco e su una sintassi latineggiante, e quello romano, "un parlar tuttavia ordinario, senza nè anche affettazione alcuna d'isquisitezza" che determinerà proprio il successo e la diffusione della sua opera.[12]

Le lettere come fonte di informazioni sull'Oriente[modifica | modifica wikitesto]

Il racconto di Pietro Della Valle, presentato con la forma epistolare, offre la possibilità di spaziare tra i temi più diversi: politica e religione ci vengono presentati accanto agli aspetti della vita quotidiana, della geografia, della lingua... Il suo lavoro si presenta come un'inesauribile fonte di notizie per quanto riguarda gli usi e i costumi delle popolazioni di Turchia, Persia ed India, diventando anche una preziosa guida per i viaggiatori: diplomatici, mercanti, esploratori, archeologi e antiquari. La trattazione, tra storia, geografia, popoli, usi, costumi, lingue, monumenti, la semplicità e la precisione della sua presentazione e l'immediatezza dei suoi racconti, hanno assicurato il successo editoriale dei suoi Viaggi. Uomo di formazione classica e di grande cultura, l'autore mira a superare il mito dell'Oriente esotico e circondato da mistero, descrivendo dettagliatamente i luoghi e le persone che li abitano, dando concretezza ad uomini reali, anche grazie ai potenti ritratti delle persone da lui incontrate, come quelli del sultano Ahmed II e del suo perfido Visir Nasuh Pascià.

«Fu mandato Bascià primieramente in Aleppo, dove fece molti mali; e essendone accusato, il Gran Signore lo rimosse dal carico, e gli mando un successore: ma egli non volle accettarlo, e si difese con le armi, mentre potè. Quando non potè più, si rese; e per purgare i sospetti della ribellione, venne secretamente in Costantinopoli, e senza che nè anche il Primo Vezir lo sapesse, si presentò al Gran Signore; scusandosi, con dir, che non aveva voluto lasciare il carico, se prima non aveva veduto l'ordine di sua mano, perchè sapeva le furberie, che volevano fare i Veziri nella Corte.[13]»

Ampio spazio viene dedicato alla figura di Abbas I, Scià di Persia, che Della Valle frequentò e ammirò. Di Abbas parlano la maggior parte delle lettere spedite dalla Persia, che diventano così anche un'importante fonte di notizie sulla vita dello Scià (vengono raccontate le sue vicende familiari, il suo rapporto con il popolo, i suoi progetti politici...). Della Valle nutre molto rispetto nei confronti del sovrano, al punto da elogiarlo nel suo "Delle conditioni di Abbas re di Persia" [14], scritto nel 1628, dopo il rientro in Italia.

A muovere Della Valle sono il desiderio di vedere e conoscere terre e costumi diversi e lontani che avevano nutrito il suo immaginario, concretizzandoli davanti a sè e sulla carta, con la voglia di raccontare agli altri, per far conoscere, ma anche per dar fama al suo nome legandolo ai suoi viaggi, alle sue scoperte, ai reperti raccolti. L'approccio di Della Valle è quello dello studioso, ansioso di soddisfare la sua sete di conoscenza, come spiega più volte egli stesso:

«io era uscito dalla mia patria ma solo per desiderio di veder terre e costumi diversi, e per apprender molte cose che peregrinando il mondo si apprendono, onde nei nostri paesi si stimavan gli uomini che avevano veduto e trattato con molte e varie genti [15]»

La sua curiosità abbraccia tantissimi settori: piante, vestiti, usi, cerimonie, cibo, etichette di corte, tutto descritto nei minimi particolari. Della Valle è un viaggiatore attento e curioso; sono sue infatti le descrizioni dell'uso del tabacco e del caffè, allora poco noti in Italia, così come i numerosi racconti sui prodotti e le conoscenze orientali:

«Non è più che due anni, che questo Sonbol Chataii (una radice simile al rabarbaro) si è cominciato a vedere in Baghdad; e è arrivato adesso in Aleppo, e in altri luoghi di Turchia, ma non è ancora passato in Italia, che io sappia. In queste parti se ne servono per abbruciarlo insieme col tabacco, e berlo in fumo, perchè odora e dà gusto.[13]»

Non disdegnò di affiancare alla raccolta di notizie anche la raccolta di fonti materiali, collezionando e inviando in Italia testimonianze soprattutto nei tre ambiti della letteratura, dell'archeologia e delle scienze naturali. Di queste ultime è appassionato il suo amico Schipano e a lui invia notizie e campioni di spezie, droghe, minerali...
Oggetto di ricerca sono poi i libri, sia su commissione di Schipano che per suo personale interesse acquista e legge diversi tomi, con la voglia costante che lo contraddistingue di ampliare le sue conoscenze, nonostante la difficoltà di reperimento, come ci spiega egli stesso: "i libri di scienze in questi paesi son pochissimi, perché pochissimi se ne servono e l’intendono; e quei pochi stanno in mano di alcuni più dotti, che il tengono come tesoro e non li vendono già mai". [16]
Studiando le lingue, compra dizionari e manoscritti in lingua, menzionando e descrivendo di volta in volta le opere acquistate. Alcuni manoscritti acquistati in Oriente (circa una settantina), sono oggi conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana, mentre altri documenti originali, dopo la morte dell'autore, confluirono nel Museo Kircheriano, e furono dispersi dopo lo scioglimento di questo. [17]
Sono sicuramente degne di interesse le sue relazioni archeologiche; la sua cultura e il suo interesse lo portano a visitare siti in Egitto e a compiere una delle prime visite archeologiche a Persepoli, studiando tombe ed iscrizioni di cui racconta:

«E queste iscrittioni, in che lingua esse siano, non si sa, perchè è carattere, oggi ignoto. Io, solo potrei notare che è carattere molto grande, che occupa gran luogo: e che i caratteri, non son congiunti, un con l'altro, nelle parole; ma divisi, e distinti, ciascun da se solo, come i caratteri ebrei se pur quello, che io giudicava un solo carattere, non fosse stato a sorte una intera parola; il che, nè anche si può comprendere. O parole, o soli caratteri che siano, al meglio che io potrei, ne copiai, tra gli altri, cinque, che vidi, e riconobbi in più luoghi della scrittura; e son le figure, che porrò qui sotto. [16]»

Anche di queste sua visite ai siti archeologici abbiamo reperti materiali, tra tutti spiccano le due mummie studiate a Saqqara, inviate a Messina e da lì a Roma. Non solo abbiamo la descrizione di esse ma anche dell'approccio di Della Valle al loro studio, ancora lontano da quello moderno (" Lo feci spezzare in mia presenza; prima, per veder come stavano dentro le fasce e gli ossi col bitume; poi per aver di quella materia, che è medicinale e stimata;" [13]). Non abbiamo notizie precise della sorte di tutti i reperti raccolti ma rimangono la parole di Della Valle, rappresentanti di un progresso rispetto alle osservazioni dei viaggiatori che l’avevano preceduto e antesignane dell'archeologia moderna.

Interesse linguistico[modifica | modifica wikitesto]

Non meno importanti le numerose notizie riguardo ai personaggi incontrati nel viaggio, informazioni che permettono di farsi un'idea sui movimenti in Oriente di numerosi soggetti del Vecchio Continente. Tra le pagine delle sue lettere si trovano decine di nomi, non solo di orientali, ma di diplomatici, ambasciatori, mercanti, religiosi, con molte informazioni sui ruoli da loro svolti.
Una particolare attenzione riceve l'aspetto linguistico, con osservazioni sul modo di comunicare di questi personaggi. Sull'importanza di conoscere le lingue Della Valle tornerà più volte, come nel racconto dell'accordo tra l'Inghilterra e l'impero persiano per la difesa dell'isola di Hormuz dai portoghesi:

«Ma quando poi fu preso Hormuz, che importava, i Persiani non vollero altrimenti dare né tutta, né la metà di quella fortezza agl’Inglesi; dicendo che essi non avevano capitolato di quella maniera, ed in effetto quando gl’Inglesi, dopo la guerra, tornarono in Ispahan e fecero leggere ed interpretare le capitolazioni, trovarono che in quelle era scritto, come i Persiani dicevano, cioè che della fortezza di Hormuz non si obbligavano a darne neppur la metà, non che tutta: ma sì bene a dare la metà della città di fuori; e che la fortezza fosse tutta del re di Persia. [16]»

Non potendo comunicare se non attraverso un interprete, gli inglesi non possono verificare la veridicità della traduzione e dell'accordo e vengono raggirati dal re persiano.
Per evitare ogni sorta di equivoci è importante per il viaggiatore conoscere le lingue, proprio come le conosce Della Valle. Durante il suo soggiorno in Oriente si dedica allo studio di persiano e turco, che utilizza anche per comunicare con la moglie, non imparando però l'arabo. Sa così destreggiarsi tra italiano, latino, francese, spagnolo, oltre a greco, turco, arabo e persiano, parlate soprattutto tra i suoi servitori (insieme a georgiano ed armeno), arrivando persino a scrivere composizioni letterarie in queste lingue e una grammatica turca.[18]
Questo suo interesse per le lingue lo porta ad utilizzare nelle lettere termini turchi, greci, arabi, annotando i nomi di persona e di luogo nella forma d’origine, non solo traducendo le parole, ma annotando spiegazioni etimologiche e grammaticali, grazie alla sua esperienza in prima persona e non attraverso un interprete. Numerosi sono gli esotismi, come caffè, baniani (casta di mercanti indiani), caril per curry...
In questo contesto plurilingue, degni di interesse sono gli esempi di utilizzo dell'italiano in diverse situazioni, tra italiani e non. Ad esempio, riferendosi all'ambasciatore francese a Costantinopoli racconta:

«In quanto alle lingue poi, oltre le nostre volgari, italiana, spagnuola e tedesca, che parla come la francese sua naturale, ed anche qualche poco la fiamminga, sa di più la greca letterale così bene quanto la latina, ed ora ha imparato l’ebraica, nella quale attende tuttavia, studiando mole ore del giorno con un ebreo che tiene in casa apposta, dopo che non viene più ad insegnargli quello che insegnava anche a me: ed ha fatto a quest’ora tal profitto, che già, non solo intende tutti i libri senza punti, anche de’ rabbini e de’ più difficili che abbiano, ma ormai la comincia a parlare, ed io l’ho inteso molte volte col suo ebreo, che certo mi fa stupire. [13]»

Altri accenni all'uso dell'italiano vengono riportati nella sua esposizione, dandoci dimostrazione effettiva della diffusione della nostra lingua in Oriente e della frequenza con la quale veniva utilizzata. A parlare italiano erano mercanti ("il presidente de’ mercanti inglesi... parlava benissimo italiano"[16]), religiosi ("nella chiesa degli Scalzi, la domenica vi furono due messe cantate e due prediche; cioè una messa grande in latino con la predica in italiano"[13]) e uomini di cultura ("un dottor greco, chiamato il signor Alvise Cucci, che viveva colà in un suo giardino, ed avea fama di sapere assai, e parlava bene in italiano"[16]).
In generale sono presenti molte informazioni sulle lingue utilizzate per comunicare in Turchia, Persia ed India, tra le più utilizzate sicuramente lo spagnolo e il portoghese, dominante soprattutto in India.
Interessanti anche alcune attestazioni dell'uso della lingua franca mediterranea. A Damasco Della Valle incontra un sacerdote maronita, il quale parlava "un poco italiano, cioè quella lingua bastarda, sempre per infinito senz’altri tempi di verbi, che in queste parti d’oriente la chiamano franco piccolo"[13]. Sempre a Damasco un sacerdote si trova a confessare uno dei servitori di Della Valle: "Insomma, si condusse a tale, che bisognò confessarsi al meglio che si poteva in Franco piccolo col padre Michele..."[13].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Luigi Bianconi, Viaggio in Levante, Firenze, Sansoni Editore, 1942.
  2. ^ Pietro Della Valle e i suoi viaggi in Turchia, Persia e India, in Bollettino della Società Geografica Italiana, novembre-dicembre 1890.
  3. ^ Pietro Della Valle, Viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino, con un minuto ragguaglio di tutte le cose notabili osservate in essi, descritti da lui medesimo in 54 lettere familiari..., Roma, Mascardi,1650, pp.5-6
  4. ^ a b c d Pietro Della Valle, I viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino, descritti da lui medesimo in lettere familiari all'erudito suo amico Mario Schipano, parte prima cioè la Turchia, Roma, Mascardi, 1650
  5. ^ Pietro Della Valle, I viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino, descritti da lui medesimo in lettere familiari all'erudito suo amico Mario Schipano, parte prima cioè la Turchia, Roma, Mascardi, 1658
  6. ^ Pietro Della Valle, I viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino, descritti da lui medesimo in lettere familiari all'erudito suo amico Mario Schipano, parte terza, cioè l'India col ritorno alla patria, Roma, Mascardi, 1663
  7. ^ Luigi Bianconi, Viaggio in Levante, Firenze, Sansoni Editore, 1942.
  8. ^ a b Giovanni Pietro Bellori, Vita di Pietro Della Valle il Pellegrino, in Viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino,Roma, Dragondelli, 1662
  9. ^ Filippo Maria Bonini, Vita di Pietro Della Valle il Pellegrino, in Viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino, Venezia, Baglioni, 1967
  10. ^ https://books.google.it/books?id=3hP5n2P4XPkC
  11. ^ https://www.iranicaonline.org/articles/della-valle
  12. ^ Luigi Matt, Appunti su lingua e stile dei "Viaggi" di Pietro Della Valle, in "Per amicizia, Scritti di filologia e letteratura in memoria di Giovanna Rabitti", Padova, Il Poligrafo, 2011.
  13. ^ a b c d e f g Pietro Della Valle, I viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino, descritti da lui medesimo in lettere familiari all'erudito suo amico Mario Schipano, parte prima cioè la Turchia, Roma, Mascardi, 1650
  14. ^ Pietro Della Valle, "Delle conditioni di Abbas re di Persia", Venezia, 1628
  15. ^ Pietro Della Valle, I viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino, descritti da lui medesimo in lettere familiari all'erudito suo amico Mario Schipano, parte terza, cioè l'India col ritorno alla patria, Roma, Mascardi, 1663
  16. ^ a b c d e Pietro Della Valle, I viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino, descritti da lui medesimo in lettere familiari all'erudito suo amico Mario Schipano, la Persia, parte seconda, Roma, Mascardi, 1658.
  17. ^ Antonio Invernizzi, Pietro della Valle collezionista in Oriente, in "Il fascino dell'Oriente nelle collezioni e nei musei d'Italia", a cura di B. Palma Venetucci, Roma, Ed. Artemide, 2010
  18. ^ Luigi Bianconi, Viaggio in Levante, Firenze, Sansoni Editore, 1942.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luigi Bianconi, Viaggio in Levante, Firenze, Sansoni Editore, 1942.
  • Giovanni Pietro Bellori, Vita di Pietro Della Valle il Pellegrino, in "Viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino", Roma, Dragondelli, 1662
  • Filippo Maria Bonini, Vita di Pietro Della Valle il Pellegrino, in "Viaggi di Pietro Della Valle il Pellegrino", Venezia, Baglioni, 1967
  • Margaret Daly Davis, Pietro della Valle's research and documentation in the Levant, Part I: Della Valle's exploration of the ruins of Persepolis in 1621, Heidelberg arthistoricum.net, 2012, http://archiv.ub.uni-heidelberg.de/artdok/volltexte/2012/1868
  • Valeria Della Valle , Pietro Della Valle pellegrino tra due esilii, Bollettino di Italianistica, Carocci Editore, 2011, Vol.2, p.168
  • Edward Gray, Travels of Pietro della Valle in India: From the Old English Translation Of 1664, New York, Cambridge University Press, 2010.
  • Marziano Guglielminetti, Viaggiatori del Seicento, Torino, UTET, 1967.
  • Antonio Invernizzi, Pietro della Valle collezionista in Oriente, in "Il fascino dell'Oriente nelle collezioni e nei musei d'Italia", a cura di B. Palma Venetucci, Roma, Ed. Artemide, 2010
  • Luigi Matt, Appunti su lingua e stile dei "Viaggi" di Pietro Della Valle, in "Per amicizia, Scritti di filologia e letteratura in memoria di Giovanna Rabitti", Padova, Il Poligrafo, 2011.


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