Utente:Presbite/Sandbox7

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Con l'espressione rivolta di Maresego (in sloveno Marežganski upor) sono ricordati in Slovenia i disordini accaduti nella piccola località istriana di Maresego (in sloveno Marezige) nel circondario di Capodistria che ebbero luogo il 15 maggio 1921 in occasione delle elezioni politiche, e che culminarono con l'omicidio di tre giovani fascisti da parte della popolazione locale, formata esclusivamente da sloveni. All'omicidio fecero seguito nelle ore successive altre due uccisioni: un sospettato venne colpito da un carabiniere nel corso d'una perquisizione, mentre un gruppo di fascisti uccise un contadino in una località limitrofa, durante una spedizione punitiva. Qualche tempo dopo i carabinieri uccisero nel corso d'un'altra perquisizione il ricercato Ivan Babič, ritenuto l'organizzatorie della rivolta. Il processo che si tenne a Trieste e vide alla sbarra tanto i rivoltosi sloveni che i fascisti, si concluse con delle assoluzioni complete per i secondi o delle pene molto blande per gli sloveni, a causa dell'intervento di un decreto di amnistia per tutti i reati politici con fine nazionale concesso il 22 dicembre 1922 da Vittorio Emanuele III su proposta del governo di Mussolini, da poco insediato.

Negli anni successivi all'incorporazione del Capodistriano nella Repubblica Popolare di Slovenia all'interno della Jugoslavia di Tito l'evento assunse un notevolissimo valore simbolico politico e nazionale, tanto che a partire dal 1959 il 15 maggio divenne festa del comune di Capodistria, soppiantando la tradizionale festività del patrono della città, San Nazario.

Inquadramento storico[modifica | modifica wikitesto]

Le diverse dominazioni[modifica | modifica wikitesto]

La località di Maresego seguì costantemente le sorti di Capodistria, la località principale della zona dalla quale dista una decina di chilometri in linea d'aria: l'epoca di maggior stabilità dopo la fine della dominazione romana fu il lungo dominio veneziano, che durò dal 1279 al 1797. Dopo alcuni mesi di occupazione francese, iniziò il periodo austriaco (1797-1918), intervallato da un decennio di dominazione francese (1803-1813). Al termine della prima guerra mondiale, la zona venne occupata dalle truppe italiane in vista dell'annessione, sancita col Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920.

Le popolazioni slave e la dicotomia città/campagna[modifica | modifica wikitesto]

Il Placito del Risano (804 d.C.) è il primo documento nel quale si parla espressamente della presenza delle popolazioni slave nell'Istria, ma nella zona di Maresego essi dovevano essersi installati già da qualche secolo: la loro attività principale fu tradizionalmente legata all'agricoltura, nella grande maggioranza si trattò di lavoranti delle terre dei nobili proprietari terrieri capodistriani, fra i quali a partire dal XVIII secolo vengono ricordate principalmente le famiglie Del Bello, Tacco, Gavardo e Brutti. Nel periodo austriaco Capodistria conobbe un discreto sviluppo, e alla classe nobiliare si aggiunsero i proprietari terrieri borghesi italiani della costa (le famiglie de Totto, Madonizza, Gravisi, Cadamuro, Decarli e Milloch), che in pochi decenni si appropriarono delle terre dei contadini liberi sloveni di Maresego. L'influenza dei latifondisti italiani si estese quindi anche all'amministrazione della giustizia, alla politica e alla cultura.

I contrasti nazionali[modifica | modifica wikitesto]

I primi contrasti nazionali fra italiani e sloveni si manifestarono in corrispondenza coll'espandersi delle idee risorgimentali italiane: questa aumentarono via via, soprattutto nella seconda metà del secolo XIX.

Fino al 1898, i territori di Maresego facevano parte del comune di Paugnano (Pomjan): in seguito la cittadina venne elevata a capoluogo di un nuovo comune, che nel 1910 contava 3128 abitanti, tutti di madrelingua slovena. Nel 1921, gli abitanti erano saliti a 3170.

Gli eventi elettorali nella zona avevano provocato spesso dei disordini fra gli abitanti sloveni e i nazionalisti italiani. Alle elezioni del 1891 per il parlamento viennese il podestà di Paugnano aveva trasferito il seggio elettorale per evitare i disordini che regolarmente avevano luogo durante le elezioni comunali, ciononostante vi furono degli scontri: le elezioni vennero annullate a con decreto venne sciolta la rappresentanza comunale e nominato commissario il capodistriano Stefano Petris. Il partito sloveno - incolpato dei disordini - protestò vivacemente: nel 1892 vennero indette nuove elezioni e venne eletto podestà Belić. Nel 1896 la società politica slovena Edinost organizzò un comizio a Monte di Capodistria (Šmarje)



Il 15 maggio del 1921 si tennero in Italia le elezioni politiche. La campagna elettorale e le operazioni di voto in Istria si svolsero in un clima di intimidazioni da parte delle squadre d'azione rivolte principalmente verso gli elementi slavi, ma anche contro comunisti, socialisti e popolari italiani[1][2]. Le elezioni in Italia furono contraddistinte da scontri tra militanti dei diversi schieramenti, nei quali persero la vita svariate decine di persone. Il 15 maggio furono uccise 22 persone: 6 fascisti, 5 fra socialisti e comunisti, 10 estranei a conflitti politici e un agente.[3] Nella Venezia Giulia gli schieramenti erano contrapposti anche su base etnica. In Istria alla competizione elettorale parteciparono il Blocco Nazionale Istriano (ossia la coalizione che comprendeva fascisti e gli ex liberali-nazionali del Partito democratico, versione locale della coalizione promossa da Giolitti a livello nazionale), la Concentrazione slava (in sloveno e in croato chiamata Jugoslovanska (o Jugoslavenska) narodna stranka - Partito nazionale jugoslavo, precedentemente Hrvaško-slovenska (o Hrvatsko-slovenska) narodna stranka - Partito nazionale croato-sloveno[4]), il Partito Comunista d'Italia, il Partito Socialista Ufficiale, il Partito Popolare Italiano e il Partito Repubblicano Italiano.[5]

Il fatto[modifica | modifica wikitesto]

La mattina del 15, un gruppo di undici giovani fascisti provenienti presumibilmente da Capodistria raggiunse in camion le vicinanze del paese di Maresego. Da lì gli squadristi proseguirono a piedi fino alla piazza principale. Dopo aver gridato slogan e minacciato gli abitanti del paese, in massima parte sloveni, spararono ripetutamente per intimidire gli elettori. I paesani risposero lanciando pietre contro i fascisti, che, presi dal panico, si dispersero cercando di tornare al camion. Alcuni tuttavia furono raggiunti nella campagna, e vennero aggrediti violentemente a colpi di zappa. Giuseppe Basadonna di 15 anni, Giuliano Rizzato di 23 anni e Francesco Giachin di 20 anni morirono a causa dei colpi, mentre Filiberto Tassini si salvò, rimanendo tuttavia invalido.[6]

Giunta notizia dell'episodio, i fascisti di Capodistria organizzarono una spedizione punitiva che raggiunse il paese nel pomeriggio della stessa giornata. La squadra uccise un contadino lungo la strada, e poi rientrò a Capodistria. Il giorno successivo, nel corso di una seconda spedizione punitiva, i fascisti bruciarono diverse case di un villaggio vicino, i cui abitanti erano completamente estranei ai fatti di Maresego, e uccisero senza motivo un altro contadino, di nome Josip Bonin.[7]

I responsabili della rivolta di Maresego sparirono dalla circolazione per qualche tempo. Uno di essi, sorpreso dai carabinieri, venne ucciso qualche mese più tardi. Altri scapparono all'estero ed entrarono tra le fila dei comunisti.[8] A dicembre cominciò presso il tribunale penale di Trieste un processo per i fatti accaduti, che terminò in febbraio con 8 condanne a pene detentive varianti da 6 mesi a 8 anni e con 7 assoluzioni.

Nel 1936 agli squadristi uccisi dai contadini di Maresego vennero intitolate tre vie di Capodistria: a Basadonna la Calle dei Consoli, a Rizzatto quella dell'Ospedale, e a Giachin l'Erta Daponte. Nel 1956, invece, dopo l'assegnazione alla Jugoslavia della Zona B del TLT, la data del 15 maggio venne eletta a Giornata del Comune di Koper/Capodistria, quale simbolo della rivolta contro il fascismo. Tuttora, in ricordo della rivolta di Maresego, il Comune di Capodistria celebra il 15 maggio come festa municipale.[9]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Marina Cattaruzza, L'Italia e il confine orientale, Il Mulino, 2007, Bologna, p. 146.
  2. ^ Per un racconto dettagliato del modo in cui si svolsero le elezioni nella Venezia Giulia, si veda per es. Apollonio, op. cit., p. 392 e seguenti.
  3. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi, op. cit., p. 332.
  4. ^ Per il nome in sloveno e in croato si vedano rispettivamente la voce Josip Vilfan in Primorski slovenski biografski leksikon, XVII, Goriška Mohorjeva Družba, Gorica (Gorizia) 1991, p. 215 e la voce Hrvatsko-slovenska narodna stranka nell'Istarska enciklopedija on-line.
  5. ^ C. Rinaldi, I deputati del Friuli-Venezia Giulia a Montecitorio dal 1919 alla Costituzione, op. cit.
  6. ^ Apollonio, op. cit., pag. 400-402
  7. ^ Apollonio, op. cit., pag. 400-402
  8. ^ Apollonio, op. cit., pag. 400-402
  9. ^ Foglio della Comunità italiana di Capodistria, anno 13, n.26., pag. 22.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • A. Apollonio, Dagli Asburgo a Mussolini. Venezia Giulia 1918-1922, Libreria Editrice Goriziana/Istituto Regionale per la Cultura Istriana, Gorizia, 2001.
  • M. Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922, Mondadori, Milano, 2004.
  • C. Rinaldi, I deputati del Friuli-Venezia Giulia a Montecitorio dal 1919 alla Costituzione, Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, Trieste, 1983.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]


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