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Questa è la pagina in cui abbozzerò i contenuti della voce dedicata al Commentariolus di Copernico.

Il trattato "De hypothesibus motuum coelestium a se constitutis commentariolus" , noto anche come Commentariolus , è un'opera dell'astronomo polacco Niccolò Copernico scritta in latino e di incerta datazione in cui l'autore presenta le sue innovative teorie sulla struttura del Sistema Solare (del cosmo) e sul moto dei pianeti della Luna e del Sole anticipando (presentando una bozza della sua teoria che sarà sviluppata poi nel De rivolutionibus orbium celestium)... e riferendo i sette postulati su cui si fonda la sua teoria eliocentrica.

Storia del Commentariolus

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Inizialmente l’opera ebbe scarsa diffusione e risonanza. A partire dal 1533, con la diffusione delle idee copernicane, iniziarono a circolare copie del Commentariolus, come dimostrano le negazioni, spesso sbrigative, dell’eliocentrismo da parte di Lutero (1539) e da papa Clemente VII. Una copia di esso finì in possesso dell’astronomo Tyco Brahe, che descrisse come una rarità il ritrovamento del manoscritto. Da allora per più di tre secoli il manoscritto fu ignorato. Solo nel 1577 Maximilian Curtze ne trovò una copia nella Biblioteca Imperiale di Vienna e lo pubblicò in una sua opera dal titolo: “Mittheilungen des Coppernicus – Vereins fur Wissenschaft und Kunst zu Thorn” del 1878. Un’altra copia fu ritrovata nella biblioteca dell’osservatorio astronomico di Stoccolma e pubblicato nel 1881 da Arvid Lindhagen. La prima traduzione completa fu realizzata nel 1899 in tedesco da Adolf Muller. La traduzione più accreditata è tuttavia quella realizzata da Edward Rosen nel 1937.  

Titolo e datazione

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Nella prefazione del De Rivolutionibus, Copernico spiega a Papa Paolo III della sua riluttanza nel pubblicare la teoria dei moti della Terra per paura di essere deriso da un pubblico ignorante. Solo alla fine venne convinto da alcuni suoi compagni a pubblicare i risultati della sua investigazione. Ma comunque Copernico era deciso a non riconoscere la paternità del trattato e questo probabilmente sarebbe scomparso se Tycho Brahe non ne avesse ricevuto una copia nel 1575. Successivamente, nel '600, il trattato scomparve e ne venne ritrovata una copia incompleta a Vienna nel 1877. Una copia completa, invece, venne trovata a Stoccolma, e dieci anni fa un terzo manoscritto ad Aberdeen. Tutti e tre probabilmente sono copie di Tycho Brahe. L'origine del titolo del trattato è sconosciuta, infatti circolavano diverse versioni: Brahe sosteneva che fosse " De hypothesibus motum coelestium ", ma i manoscritti riportavano il seguente " Nicolai Copernici de Hypothesibus motuum coelestium a se constitutis commentariolus ". Oggi il trattato è conosciuto come il " Commentariolus " ed è semplice e diretto nella forma. Inoltre si suppone che Copernico, nel primo trattato, abbia approfondito di più perché negli altri trattati non sono presenti informazioni su come egli arrivò alle sue nuove teorie. Spiega inoltre che inventò la teoria planetaria sulla base di un unico principio iniziale che venne seguito da sette postulati. In una pagina di note di un manoscritto,trovato successivamente, ci sono valide testimonianze per la giusta comprensione delle analisi di Copernico da cui deriva la sua teoria eliocentrica. Questo manoscritto è custodito nella libreria dell'Università di Uppsala.[1]


Il De Rivolutionibus è cronologicamente collocabile tra il 1530 e il 1531 grazie ad alcune osservazioni datate contenute in esso. Basandosi su questo dato alcuni studiosi hanno attribuito al Commentariolus la posteriorità rispetto al De Revolutionibus: Curtze lo colloca tra il 1533 e  il 1539, Dreyer prima del 1533, e Berry nel periodo conclusivo del De Rivolutionibus. I sostenitori dell’anteriorità, come Ludwik Antoni Birkenmajer, affermano che la posteriorità sia insostenibile a causa della diversità dei sistemi astronomici delineati nelle due opere. Risulta assurdo che Copernico, in un riassunto della sua opera principale, si discostasse da essa in un campo fondamentale come quello del moto dei pianeti. Secondo Birkenmajer l’opera sarebbe stata pensata da Copernico nei primi anni del XVI secolo e composta non dopo il 1512; questa tesi fu poi confermata dallo stesso dopo il ritrovamento di una frase in uno scritto di Mattia da Miechow (1457-1523), che permette di supporre fondatamente la datazione al I decennio del XVI secolo.

Primo paragrafo (Praefatio)

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I nostri antenati studiando le sfere celesti compresero il moto apparente degli astri, i quali non si muovevano sempre uniformemente. Calippo ed Eudosso non furono in grado di stabilire con certezza il motivo per il quale i pianeti sembrassero muoversi talora verso l'alto talora verso il basso, movimenti che andavano in contrasto con la teoria della concentricità. La maggior parte dei sapienti spiegò ciò tramite la definizione di epicicli ed eccentrici. Tuttavia le idee sostenute da Tolomeo risultavano troppo complesse dal punto di vista del calcolo matematico e presentavano delle inadeguatezze.

Secondo paragrafo (Petitiones)

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Copernico enuncia sette postulati in cui vengono poste le basi del trattato che riguarda i moti apparenti dei pianeti. Postulati che vengono solamente enunciati,in quanto verranno successivamente illustrati matematicamente dallo stesso Copernico nell'opera De Revolutionibus orbium coelestium. Nei primi postulati Copernico afferma che i pianeti si muovono seguendo orbite circolari con il sole al centro dell'universo, e non ellittiche come si pensava precedentemente. Inoltre, Copernico spiega all'interno dei postulati che i moti apparenti dei pianeti sono riconducibili ai moti di rotazione e di rivoluzione della Terra.

Terzo paragrafo (De ordine orbium)

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Nel terzo capitolo del Commentariolus,"De ordine orbium", Copernico spiega l'ordine dei pianeti rispetto al sole e il loro periodo di rivoluzione. Il più lontano è Saturno e,a seguire, Giove, Marte, Venere e Mercurio. La velocità di ogni pianeta nel compiere una rivoluzione varia a seconda della distanza dal sole, maggiore è la distanza minore è la velocità.

Quarto paragrafo (De motibus, qui circa Solem apparent)

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Nel terzo paragrafo intitolato "I moti apparenti attorno al sole", Copernico presenta e spiega i tre moti della terra. Il primo moto della terra è quello di rivoluzione: la Terra gira intorno al sole, percorrendo distanze sempre uguali in periodi di tempo costanti. Questo movimento della Terra, comporta un apparente movimento del Sole e per questo motivo la Terra sembra corrispondere con il centro dell'Universo. Il secondo moto è quello di rotazione giornaliera: è rivolto verso oriente ed è più evidente ai poli. Il terzo ed ultimo moto della Terra, descritto da Copernico nel suo trattato, è il moto di declinazione, che completa la rotazione in un anno circa. Inoltre, Copernico afferma che l'asse di rotazione della Terra è inclinato di circa 23°.

Quinto paragrafo (Quod aequalitas motuum non ad aequinoctia, sed stellas fixas referatur)

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Nel quinto capitolo del Commentariolus, Copernico afferma che opera in modo giusto chiunque metta in relazione la durata dell'anno alle stelle fisse e non ai punti equinoziali e cardinali. Cosi gli astronomi posero come riferimento la Spiga della Vergine e si stabilì che l'anno fu sempre stato di 365 giorni, 6 ore e circa 20 minuti.


MERCURIO Commentariolus.

Mercurio, il pianeta più affascinante, risulta difficile da analizzare poiché la sua orbita è visibile solamente per pochi giorni. Mercurio, come Venere, presenta due epicicli, uno maggiore e uno minore. Quello maggiore compie un moto di rivoluzione attorno al deferente, fissando la sua sede a 14.5° ad est della Spiga della Vergine. Quello minore invece ruota con un moto contrario e con una velocità doppia e con un moto contrario. Quando si trova in opposizione all'abside il pianeta risulta lontanissimo dall'epiciclo maggiore, invece quando è nei quadranti risulta vicinissimo. L'astro impiega circa tre mesi, 88 giorni, per compiere un giro completo. In longitudine il moto di Mercurio è differente da quello di Venere. In latitudine , invece, non presenta variazioni sostanziali rispetto a Venere. In conclusione Mercurio si muove su sette circoli, Venere su cinque, la Terra su tre e la Luna intorno ad essa su quattro, infine, Marte, Giove e Saturno ognuno su cinque. Così bastano in tutto 34 circoli, perché l'intera struttura dell'universo e l'intera danza dei pianeti siano spiegati.


Storia della scienza diretta da Paolo Rossi

Copernico scrisse la sua opera più importante, il De revolutionibus orbium coelestium, leggendo in continuo parallelismo, libro per libro e sezione per sezione, l'Almagesto di Tolomeo. Mentre scrisse il testo del Commentariolus affidò il manoscritto del De revolutionibus al giovane George Joachim Rheticus, discepolo e ammiratore di Copernico. Rheticus insisteva, sulla maggiore semplicità e armonia del sistema copernicano rispetto a quello tolemaico. La tradizione vuole che il testo De revolutionibus, pubblicato nel maggio del 1543, giunge al letto di morte di Copernico. Anche Copernico come Rheticus riteneva più semplice e armonico il proprio sistema. il sistema presentato nel De revolutionibus era fondato su una raffinata matematica pitagorica che poteva essere apprezzata dagli astronomi professionali. Essi credevano che il sistema copernicano apparisse non solo semplice e armonioso del precedente ma anche più in accordo con il presupposto metafisico della perfetta circolarità dei moti celesti.[2]

  1. ^ Noel M. Swerdlow, The derivation and first draft of Copernicus's planetary theory a translation of the commentariolus with commentary, pp. 423-425.
  2. ^ Storia della scienza moderna e contemporanea diretta da Paolo Rossi, vol. 1, UTET, Torino, 1988, pp. 167-172.