Utente:Norge 94/Prove

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La Badia[modifica | modifica wikitesto]

L'iscrizione su un lato di Villa Badia in ricordo dell'antica abbazia

L'abbazia nacque su progetto di re Desiderio e della moglie Ansa che già a Brescia, nel 753, avevano fondato il monastero femminile di Santa Giulia retto dalla figlia Anselperga (prima badessa). I lavori per la costruzione del monastero di Leno vennero ultimati nel 758. Furono, quindi, fatti venire una decina di monaci da Montecassino guidati da frate Ermoaldo (primo abate leonense) con le reliquie dei santi Vitale e Marziale; sempre nello stesso anno, con un'enorme manifestazione alla quale parteciparono molti personaggi importanti quali vescovi e gli stessi regnanti, la badia venne inaugurata.[1] I decenni immediatamnete successivi alla fondazione furono i più intensi e florido. Infatti in quel periodo la zona della Bassa Bresciana e in particolare i paesi attorno a Leno conobbero un significativo aumento della fede allora in stretto rapporto con la cultura e soprattutto dell'economia agricola.[2] Gli abati infatti sulle terre di loro proprietà esercitavano importanti opere di bonifica rendendo salubri le zone paludose dell'area e dando soprattutto l'opportunità a più persone di lavorare aumentando così la pruduttività delle curtes monastiche. Gli abati ebbero da subito un enorme potere sia in materia religiosa che in materia giurdizionale, garantito da un numerosa serie di concessioni fondiarie e anche dai privilegi quali bolle e diplomi concessi nel corso degli anni da papi ed imperatori agli abati della badia.[3]. Per meglio amministrare i territori i monaci erano soliti suddividerli in curtes amministrati da persone delegate dallo stesso abate, questi dovevano quindi riscuotere le tasse e le decime per versarle poi al monastero.[4]. Sebbene il sistema economico altomedieovale fosse essenzialmente chiuso, poichè i monaci possedevano terre anche al di fuori della Lombardia: in Lunigiana e in svariate loclaità dell'Emilia-Romagna, come delle saline presso Comacchio, la badia sviluppò un vivace traffico commerciale utilizzando, come mezzo principale di trasporto, soprattutto il corso del Po.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ L.Cirimbelli, vol. I p. 36
  2. ^ a b Storia della badia (sito comune di Leno)URL consultato il 29-09-09
  3. ^ L.Cirimbelli, vol. I p.40
  4. ^ A.Bonaglia, p. 126

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Angelo Bonaglia, Gottolengo dalle origini neolitiche all'età dei Comuni, Brescia, 1985. ISBN non esistente
  • Luigi Cirimbelli, Leno: Dodici secoli nel cuore dells Bassa. Il territorio, gli eventi, i personaggi (vol 1), Borgo Poncarale, 1993. ISBN non esistente

S.Girolamo[modifica | modifica wikitesto]

"S. GEROLAMO" Tutti i gottolenghesi sanno dove sono situati i resti dell'antico convento di S. Gerolamo del borgo redone ed avranno certamente ammirato i bei dipinti che ancora oggi si trovano nella chiesa, ma non tutti sanno la sua lunga storia. Si può affermare che sono tre i fattori principali che concorsero, essenzialmente, alla sua fondazione: a) un gran benefattore b) un dotto ed autorevole padre carmelitano gottolenghese c) il comune di Gottolengo Nel 1478 un certo Lodovico Fontanella, di professione orefice, uomo molto pio lasciò per testamento una splendida casa in Gottolengo perché fosse destinata come convento ai carmelitani. La donazione doveva essere assai consistente e piena di novità, perché l'atto trovò molta risonanza nella popolazione. Con tutta probabilità non era estraneo alla faccenda il padre Carmelitano Andrea Targhetta da Gottolengo grandemente conosciuto e stimato in quel tempo per la sua cultura, l'eloquenza e la pietà religiosa. L'intervento e l'opera di questo frate accrebbero l'entusiasmo e favorirono la costruzione del convento, nel popolo gottolenghese. Ancora non si sa bene e perché, anche i rettori della comunità gottolenghese si presero a cuore la questione e così, con atto del 14 maggio 1479, il comune di Gottolengo donava sedicimila mattoni per costruire il nuovo convento nel borgo redone, dedicato nel frattempo a S. Gerolamo. Gli stessi rettori del comune avevano intanto preso accordi col padre provinciale dei Carmelitani "Cristoforo Marinoni", per agevolare la fabbricazione ed il sollecito invio dei frati. In poco tempo il monastero fu costruito ed intanto aumentavano i lasciti a suo favore, anche di gente non del paese, come fanno fede alcuni documenti ritrovati nell'archivio del monastero. I frati che per primi s’istallarono nel convento erano dell'ordine religioso dei Gerolamini dell'Osservanza, o di Lombardia, fondati da "Lope de Olmedo" generale dei gerolamini in Spagna, la cui regola era stata approvata dal Papa Martino quinto nell'anno 1424. Non sappiano perché, e quando, ma certamente verso il 1650, il monastero passò nelle mani dei frati dell'ordine dei Carmelitani scalzi. Così appunto ci attesta il Faino, il quale scriveva che la chiesa ed il convento di Gottolengo appartenevano ai Carmelitani. Due sono le prove che confermano questo cambiamento: 1° il cappello nero era portato solo dai Carmelitani scalzi. 2° questi hanno solo detronizzato S. Gerolamo nella parte dell'altare maggiore della chiesa del convento per sostituirvi i loro riformatori: Santa Teresa di Gesù e San Giovanni della croce, ora questa tela è conservata in una cappella adiacente la chiesa stessa. Dunque verso il 1650 i Carmelitani Scalzi si stanziarono nel nuovo convento dotato di una ricca adiacenza campestre e fiancheggiata da un’antica chiesa di stile gotico, col modesto campaniletto sebbene ora deturpata da incrostazioni ma di recente restaurazione, possiamo scorgere all'interno degli affreschi di valore discutibile, che possiamo datare verso il 1500. Delle otto cappelle laterali ha il primato quella centrale sulla destra dove è posto il simulacro della Santissima Vergine del Carmine seduta col Santo Bambino sulle ginocchia che da secoli è soggetto di venerazione esteso anche al di fuori della plaga di Gottolengo. Ogni anno, infatti, il prezioso simulacro viene trasportato dalla chiesa di S. Gerolamo alla Parrocchiale con processione solenne. Nel 1782 il monastero fu soppresso, o meglio perse la sua autonomia per motivi non ancora ben definiti, ma molto probabilmente per debiti. Cessò definitivamente di esistere nell'anno 1797 per volontà della Repubblica bresciana che lo trasformò in ospedale per civili. Dopo questa trasformazione ebbe inizio il periodo di maggior decadenza artistica del convento. Le celle dei frati furono abbattute per far posto alla grande cucina e il ricovero venne trasformato in stanze. Parte del colonnato che circondava il pozzo centrale fu demolita, altre colonne furono coperte dalla parete in mattoni; altre ancora, quelle fiancheggianti la chiesa vennero spostate e non si seppe più la loro destinazione. Quindi del convento oggi noi possiamo ammirare ben poco di ciò che era il suo aspetto esteriore. Mentre se lo osserviamo all'interno possiamo arrivare a percepire, almeno in parte quale fosse la sua antica costruzione. Nel corridoio del convento oggi adibito in appartamenti per anziani si apre una vetrata rotta da colonne ioniche che formano un arco con le precedenti, esse sono unite inoltre alla parete interna alla vetrata da un altro arco e formano in seguito una crociera. Il colonnato doveva, un tempo, unire il fabbricato dell’ospedale con la chiesa che ancor oggi sussiste. Altro spunto per affermare dell’esistenza di questo colonnato ci è data dalla scarsità di luce del refettorio, ora adibito a cantina; è appunto in quest’ultima che, secondo notizie pervenuteci dai restauratori incontriamo il primo affresco, (ora protetto nel salone della casa di riposo) datato verso la prima metà del secolo diciassettesimo rappresentante l’ultima cena: gli apostoli vengono stranamente raffigurati in piedi dietro alla tavola imbandita mentre il Cristo occupa la parte centrale dell’affresco e alla sua sinistra si scorge soltanto un apostolo, gli apostoli sono serviti da un frate Carmelitano che però, stranamente, non porta il suo cappello nero. Tutte le figure sono vestite con costumi dell’epoca in cui visse Fra Jacobus autore dell’opera. Oltre a questo il refettorio non presenta ulteriori decorazioni: due lunghi muretti fiancheggiano internamente le pareti, sul fondo vi è una piccola nicchia nella quale poteva essere sistemata una statua del santo patrono oppure era il posto del rettore del convento stesso. Passando per il cortile entriamo nella chiesa dalla sagrestia. Questa chiesa è di stile gotico, ma con svariate ristrutturazioni nel corso dei secoli. Appena entrati, la nostra attenzione viene attratta da un bellissimo altare, in legno dorato di stile bizantino, un opera molto singolare e forse unica per la sua ricchezza ornamentale. La parte inferiore non presenta molto di nuovo. L’altare è sostenuto da due statuette raffiguranti dei frati, dopo il piano dell’altare stesso inizia la parte più singolare, la costruzione piramidale presenta un corpo centrale con una torre a due piani, questa torre, ricca d’archi sostenuti da colonnine raffiguranti delle persone viene conclusa da una cupola sulla quale si erge S. Gerolamo in veste di cardinale, nelle ali laterali della piramide vengono racchiuse in nicchie statuette raffiguranti alcuni frati Molto probabilmente l’abside della chiesa era affrescata in tutta la sua estensione, purtroppo anche questi dipinti sono stati distrutti da sistemazioni e rimodernizzazioni che però hanno dato alla luce una splendida bifora tipica dello stile romano gotico. La chiesa presenta otto altari disposti lateralmente: PRIMO ALTARE Entrando dal portale principale della chiesa, sulla sinistra, possiamo ammirare l’altare dedicato a San Giovanni Battista. Autore della tela situata in quest’altare è il Marone, (da notare che il pittore ha disegnato nell’angolo destro della tela lo stemma della famiglia da cui ha ricevuto il denaro per eseguire l’opera) la cornice che circonda il quadro è assai bella, le colonne di gesso sono finemente intarsiate come anche la parte superiore ad essa. SECONDO ALTARE Dedicato a Santa Maria Maddalena portata in cielo dagli angeli, questo altare è composto da più affreschi. L’originale ed insolita per il mondo bresciano struttura architettonica che introduce all’immagine della Santa si rifà apertamente alle prospettiche strutture della Pala di Pesaro dipinta dal Giambellino nel 1474. Il vigoroso e policromo altare marmoreo veneto dischiude però la vista sulla foresta e sul cielo azzurro segnati profondamente dalla pittura lombarda del Foppa e del Borgognone. Alla stessa area culturale appartengono le immagini, specie quelle dei quattro angeli in basso (il più completo brano del dipinto originale è nel primo angioletto sulla sinistra). I due angeli ai lati dell’Eterno sembrano invece un'aggiunta posteriore, poiché sono più sciolti e moderni e si devono forse al pittore che intorno al 1520 completò la parete con le due immagini delle Sante nelle nicchie Nell’altare compare la figura di Santa Lucia che fa da cornice alla pala dell’altare di S. Maria Maddalena, questa venne eseguita intorno al 1520 da un artista che, nell’eleganza della forma e nella compattezza della struttura del corpo, richiama le opere del Ferramola. Anche la limpida architettura sullo sfondo manifesta gli stessi caratteri stilistici. Purtroppo, le numerose lacune anche se ricomposte con sapienza, ci impediscono di gustare l’opera in tutta la sua bellezza. Molto probabilmente alla sinistra di Maria Maddalena doveva esserci l’immagine di S. Apollonia ma l’affresco non è giunto sino ai giorni nostri. TERZO ALTARE La parte inferiore di quest’altare è realizzata in marmo, mentre quella superiore (la cornice), nella quale è inserita una tela aggiunta posteriormente e realizzata dal gottolenghese Girolamo Bertoni nel 1680 circa, è eseguita in gesso finemente lavorato ed intarsiato. Anche la parte superiore alla cornice è particolarmente lavorata in gesso. La tela rappresenta la SS Madonna de Pazzi che porta in grembo il Bambino, questa è affiancata a S. Giuseppe. Molto probabilmente la volta e le pareti laterali di questa nicchia, erano completamente affrescate ma per nostra sfortuna questi dipinti sono stati coperti e cancellati dallo svolgersi degli anni. QUARTO ALTARE L’altare è realizzato completamente in legno lavorato e decorato con pittura d’orata. A differenza dell’altare maggiore in cui vi sono due frati in legno che sostengono simbolicamente l’altare, qui possiamo notare la presenza di due suore che esplicano le stesse funzioni dei frati. Possiamo notare inoltre che nella cornice, poggiati su colonne, vi sono quattro figure umane che reggono la cornice stessa attutendo il dolore con cuscini sfarzosi. Della tela sappiamo ben poco, molto probabilmente si tratta di un’interpretazione dell’epoca raffigurante S. Antonio Abate con abiti carmelitani . QUINTO ALTARE Questo è l’altare del Sacro Cuore; in esso, racchiusa in una nicchia, vi è una statua in legno. La cornice esterna della nicchia stessa è eseguita in gesso mentre l’altare, in legno, non è degno di alcuna importanza. SESTO ALTARE Dedicato a S. Antonio Abate e ad altri Santi carmelitani, è il brano pittorico più completo e più importante di tutta la decorazione della chiesa. L’impostazione monumentale e solenne, la plasticità pronunciata, collocano il dipinto nell’immediata scia del Foppa, mentre la grande abilità disegnativa unita all’eleganza dei tratti fa pensare al Ferramola che per tali caratteristiche si segnala tra gli allievi di Paolo da Cailina il Vecchio e quindi, tra gli eredi del Foppa. Come nella decorazione della volta di questa cappella avevamo individuato collegamenti con gli affreschi dell’abside di S. Maria degli Angeli di Gardone Valtrompia, così nei fitti ghirigori delle lesene ai lati del trono e dell’architrave rintracciamo analogie con le cornici di due affreschi nella navata della stessa chiesa gardonese (S. Bernardino e Pietà). Il dipinto di Gottolengo dovrebbe essere datato tra il 1505 e il 1510 e non manifesta ancora gli spunti perugineschi e raffaelleschi che rintracciamo più tardi nella pittura del Ferramola. Per una collocazione cronologica in quegli anni depone anche l’analogia iconografica con lo ieratico S. Antonio scolpito dal Lamberti per Condino nel 1510. Sulla parete sinistra della nicchia possiamo trovare altri affreschi raffiguranti: La Madonna immacolata col Bambino sulle ginocchia (La Concezione). Il soggetto è tipicamente francescano ed è assai diffuso nel bresciano tra il quattrocento ed il cinquecento. Nel secolo della celebrazione della vitalità e della grandezza dell’uomo, spesso accompagnata da manifestazioni paganeggianti, la Concezione proclama nel senso cristiano la grandezza della vita che nasce. La composizione del dipinto è compatta e serrata, con quel manto azzurro che fascia ed avvolge le due figure e l’alone di luce rinchiude ancora più intimamente la madre ed il figlio nel loro abbraccio d’amore. E’ assai arduo individuare le mano del pittore ma si può però fissare la datazione dell’opera intorno al 1520; S. Antonio Abate. Anche questa immagine fa parte dell’affresco votivo della Concezione e proprio con S. Antonio Abate si completa il carattere di invocazione che il dipinto possiede. Nell’affresco sono invocati, infatti, i santi taumaturghi cari alla cultura contadina e la stessa Concezione può essere parte di una preghiera di una sposa in attesa del figlio o lo scioglimento di un voto in occasione di una desiderata e sofferta nascita. L’opera nonostante le numerose lacune, colpisce per la sua ieratica compostezza ed è una bella immagine della fede genuina ed inflessibile del popolo bresciano agli inizi del cinquecento. Martirio di S. Erasmo. Questa vivace ed ingenua raffigurazione costituisce la parte inferiore dell’Immacolata Concezione e deve essere opera dello stesso artista. Il culto per S. Erasmo non era legato ai carmelitani, ma è assai diffuso nel bresciano (troviamo un’immagine simile a Nave) dove il Santo veniva invocato per curare le malattie intestinali e le coliche renali. SETTIMO ALTARE Dedicato alla Madonna del Carmine il suo simulacro è racchiuso in una nicchia in legno, questa statua, è oggetto di venerazione da parte dei gottolenghesi. La Madonna è raffigurata con il bambino tra le braccia, il viso della statua non è molto significativo così come la figura del Bambino. La cornice esterna della nicchia è in legno e ricorda l’altare maggiore, forse opera dello stesso artista o della stessa scuola. OTTAVO ALTARE Purtroppo, di quest'altare, non si sa nulla. Si possono solamente datare gli affreschi intorno alla prima metà del cinquecento. Altre opere di rilievo presenti nella chiesa di San Gerolamo sono: L'ALBERO DI JESSE L'affresco svolge un tema particolarmente impegnativo e raffigura la vergine (Virga Jesse) in abiti carmelitani e piangente (Madonna dello Spasimo) che costituisce la radice della genealogia dei Re di Giuda (le figure nei tondi tra le diramazioni delle fronde). Lo stesso albero diviene la croce sulla quale s'immola il Cristo, simile al pellicano che nutre i figli con il suo sangue. Oltre alla perfetta conservazione, possiamo apprezzare l'immediatezza e l'ingenuità del racconto capace di colpire la fantasia popolare. LA PIETA’ E’ questo il più completo e conservato frammento della decorazione ad affresco. Il soggetto è ancora in sostanza quello della Madonna dello Spasimo e costituisce quindi l'ennesima interpretazione del tema fondamentale della chiesa che (si deve ben rimarcare) costituì per molto tempo uno dei cimiteri più cari alla popolazione di Gottolengo. Tenendo ben presente questa chiave di lettura della struttura architettonica, si capisce bene l'esistenza delle immagini dipinte sulla sofferenza della morte. Quest'affresco si è conservato grazie alla vivissima e continua devozione, testimoniata dalla presenza di una cassettina per le elemosine che era murata forse nella fessura che si vede sotto il sepolcro. Fu ricoperto nel Seicento dalla muratura di una nuova lesena aggettante, quando l'architettura della chiesa fu profondamente modificata. Al di sotto si scorgono ben tre strati d'altre pitture, compresi tra il 1490 ed il 1510. MADONNA CON IL BAMBINO Anche questo bel frammento appartiene alla prima fase della decorazione della chiesa e si trova nella zona del presbiterio che fu quella interessata per prima dall’opera dei pittori. Anche per quest'affresco si può fissare con una certa attendibilità la data del 1505, vista la vicinanza con la ricordata iscrizione e la similitudine del tratto. La struttura della vergine è compatta, solennemente definita nella sua volumetria dell’ampio mantello che avvolge ed ingigantisce la figura. A contrappuntare questa saldezza costruttiva, sottolineata anche dalla profonda conchiglia sopra il trono vengono delle sottigliezze disegnative ancora gotiche, accompagnate da virtuosismi tesi a sottolineare l’eleganza dell’immagine, come la rondine tra le mani del Bambino, i coralli della collana e dei braccialetti, il velo trasparente che la Madonna tiene con la sinistra. Le carni rosee e porcellanate aggiungono un tocco di grazia cavalleresca a questa raffigurazione più fiabesca che religiosa. Autore di quest'affresco sarebbe un maestro dell’ambito dei Baschenis De Averaria MADONNA CON IL BAMBINO Il piccolo frammento è tra le cose più belle della decorazione ad affresco della chiesa ed è per giunta precisamente datato dall’iscrizione superiore: "…malgeso 1505 adi nove …". Il tratto fitto e secco, ancora gotico, unito all’ancor gotica eleganza allungata dalla figura fanno pensare a Simone Baschenis De Averaria, un pittore bergamasco-bresciano, noto soprattutto per le sue opere trentine SAN GEROLAMO CON ABITO CARDINALIZIO E SAIO CARMELITANO Il dipinto fa parte della prima campagna decorativa della chiesa ed appartiene forse ad un polittico dipinto che era al posto della cappella contigua, la sua apertura portò la netta decurtazione del precedente affresco, e dell’immagine che ora si vede. La figura è delineata con una grande ingenuità, mentre la struttura architettonica è più sicura e volumetricamente impostata. Gli affreschi alla sinistra, con storie dell’ordine dei Carmelitani che venerano la Madonna sono invece di molto posteriori e risalgono probabilmente al 1520-1530. La precaria leggibilità non ci permette purtroppo di godere appieno la vivacità e l’immediatezza della narrazione, degna della migliore tradizione bresciana e certo destinate a fare grande presa sulla fantasia popolare. Sembrerebbe di ravvisare la mano dell’artista che ha dipinto gli affreschi con l’albero di Jesse e la Pietà. I CICLI PITTORICI A segnare e a datare con una certa precisione le fasi dello sviluppo edilizio dell'edificio viene una nutrita serie di affreschi, spesso sovrapposti gli uni agli altri nel giro di pochi anni (meno di un decennio). Nella disomogeneità dei dipinti che mantengono fondamentalmente il carattere di opere votive, si possono distinguere alcuni cicli, eseguiti con un preciso e compiuto progetto decorativo. PRIMA FASE 1480-1501 circa Gli affreschi più antichi si trovano in corrispondenza dell'arcone trionfale. Sulla parete di sinistra si vede un frammento di figura di S. Alberto carmelitano (1475-1480) riquadrato da un elaborata cornice a motivi cosmateschi, di sapore ancora trecentesco; sulla parete di sinistra della navata, in corrispondenza del pilastro della prima cappella e tagliato dall’apertura della cappella stessa, si scorge un " S. Girolamo ", databile pure all’ultimo Quattrocento, opera di un artista che ama contorni secchi e taglienti. La corniciatura architettonica fa pensare che l'immagine sia parte di un polittico dipinto che si trovava al posto della cappella attuale. Sulla parete opposta doveva esserci un altro altare a muro con un polittico dipinto: l'apertura della cappella intorno al 1510 ha comportato la distruzione di questa antica pala, è rimasta però una vivace figuretta di S. Francesco. Al di sotto si intravede un immagine frammentaria con un Santo frate inginocchiato davanti al Crocifisso. All'interno del pilastro destro dell'arcone trionfale possiamo invece notare due immagini della Madonna con il Bambino: quella più in alto si segnala per la ricchezza decorativa del trono che nella sua complessa struttura rimanda all'architettura della chiesa dei Miracoli ed alla cultura rinascimentale veneto lombarda. L'affresco sottostante reca una descrizione frammentaria che ricorda un ignoto committente "malghese" e la data 1501, preziosissima per fissare la cronologia di questo ciclo. Il dipinto è però un Po povero ed ingenuo. Sulla base destra dell'arcone trionfale troviamo una terza Madonna con il Bambino, dura e rigida, ma abbastanza interessante dal punto di vista iconografico perchè la Madonna è rappresentata con le braccia aperte verso il cielo e reca nel grembo il Bimbo addormentato. La cornice di questo affresco e il trono della Madonna precedentemente ricordata segnano probabilmente l'inizio della prima impresa di decorazione globale dell'edificio con una serie di motivi floreali stilizzati e con specchiature a finto marmo. Sulle lesene dell'aula è delineata una fitta arabescatura vegetale, con all'interno gli stemmi delle famiglie patrone delle cappelle. Le ghiere degli archi sono invece coperte da modanature a treccia in finto marmo, mentre gli archi trasversi presentano all'intradosso dei cassettoni e nelle pareti laterali degli specchi, il tutto a finto marmo. A completamento di questa veste colorata e preziosa, le travature del soffitto e le tavelle erano pure decorate con motivi a finto marmo e con encarpi SECONDA FASE 1505-1535 circa Sull'idea di questa prima impaginazione decorativa, intorno al 1505, si impostò una nuova impresa pittorica, più unitaria ed omogenea, insieme all'apertura di una nuova cappella verso il presbiterio sul lato meridionale e di tutte le cappelle del lato a settentrione. I fondali delle cappelle furono riempiti con strutture architettoniche a candelabra e conchiglie, vicino ancora alle calligrafie della chiesa dei miracoli ma ancor di più a nuovi motivi della Loggia, le volte furono riempite con motivi a candelabra e con scaglie policrome, mentre lungo l'imposta del tetto compare un minuto e prezioso fregio a delfini e vasi. Tutte queste decorazioni sono molto più fini rispetto a quelle antiche anche se abbastanza affini come idea di base. La data 1516 che compare sotto il S. Giovanni dell'ultima cappella di destra, prima dell'altare, fissa abbastanza bene l'epoca centrale di questa fase. Le strutture architettoniche ritagliano sui fondali degli altari alcune soase a uno o più scomparti, mentre lungo le pareti in basso una fitta serie di strisce verticali rosse e bianche verdi e bianche, simula una preziosa tappezzeria di stoffa Sulla base delle pareti del presbiterio corre invece una zoccolatura in finto marmo e la stessa campitura si trova anche in qualche cappella. La parte figurativa di questa fase era opera di un gruppo di maestri di ambito foppesco-borgognonesco e tra le diverse mani spicca forse un'unica personalità più importante che è da considerarsi come il capo bottega. Sul secondo altare di destra, partendo dall'ingresso, campeggia un vigoroso S. Antonio Abate, all'interno di una decorata soasa che porta al centro in alto il Cristo patiens (1516 circa). Sulla parete laterale della cappella troviamo la Madonna con il Bambino. Tutti questi dipinti, come abbiamo ricordato, sono datati 1516. Sulla parete di sinistra, al secondo altare, troviamo Santa Maria Maddalena tra S. Lucia e un'altra Santa. La volta è coperta da elegantissimi cassettoni monocromi con fiaccole stilizzate ad "X". Questi dipinti sono stati eseguiti intorno al 1515-1520. Risale invece al 1534 circa l'ultimo intervento pittorico di un certo rilievo, quello ricordato dal Nassino nel suo diario e che vede Alessandro Romanino come artefice. Sua era la cappella dello spasimo - la prima a destra- purtroppo devastata con la formazione della nicchia dell'altare attuale: ora si può vedere solo sulla parete di sinistra la figura del profeta Isaia e sulla parete principale un piede del Cristo che cade sotto la Croce. Alla stessa epoca risale l'immagine dell'Albero di Jesse sulla lesena laterale al secondo altare di sinistra (quello della Maddalena). TERZA FASE 1650-1680 circa Sulla metà del seicento tutti i cicli pittorici furono scialbati e sull'imposta del tetto e lungo gli arconi trasversali fu stesa una ricca decorazione a motivi floreali e fogliami. Risale forse a questa epoca anche l'esecuzione di tutte le nuove pale ad olio su tela che sono opera quasi tutte dello stesso artista. Forse la trasformazione fu determinata dal passaggio del monastero ai Carmelitani scalzi. QUARTA FASE 1780-1850 circa Fu realizzata una finta volta al di sotto degli arconi e lungo le pareti furono appoggiate nuove lesene in muratura. La trasformazione è ricordata da uno sbrigativo progetto delineato sulla parete dall'architetto o forse meglio dal capo mastro prima di dare il via ai lavori.