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Utente:Marta pao/sandbox

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Marta pao/sandbox
Vista interna del Museo del Vetro
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
IndirizzoFondamenta Giustinian 8, 30121, Murano
Caratteristiche
TipoMuseo, arte, storia
Istituzione1861
FondatoriAbate Vincenzo Zanetti
[Museo del Vetro – sito ufficiale Sito web]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il Museo del vetro fu fondato nel 1861 a Murano dall'abate Zanetti.

Egli ebbe l'idea di realizzare un Archivio per raccogliere documenti e testimonianze storiche sull'arte del vetro, insieme a un museo per custodire vetri antichi. Così nacque il Museo Vetrario di Murano, nonché l'Archivio comunale. L'anno dopo nacque anche una Scuola, dove gli artigiani andavano a studiare ed esercitarsi nei giorni festivi.

L'abate fu il primo direttore del Museo e della Scuola, scrisse inoltre una vasta monografia sull'arte vetraria muranese.

La sede scelta per il Museo fu il Palazzo allora usato dal Comune, un tempo sede vescovile.

Il Museo divenne un centro propulsore di attività: nel 1864 si tenne una grande Esposizione Vetraria, dove veniva documentata l'attività dei maestri più importanti

In seguito il Museo vide crescere il proprio patrimonio, vi trovò posto anche materiale non vetrario, ma relativo a vari monumenti dell'isola, ad esempio frammenti architettonici e sculture di varia epoca, lapidi, dipinti, ed altro ancora. Le sue collezioni furono soggette ad un riordinamento secondo criteri più moderni nel 1932, con l'aggiunta dei vetri delle collezioni Correr, Cicogna e Molin. In seguito, i depositi della Soprintendenza archeologica permisero di istituire la sezione archeologica, della quale gli elementi di maggior prestigio sono i vetri provenienti da Zara. Oggi le collezioni del museo, oltre che per mezzo di acquisti, vengono incrementate da donazioni da parte delle fornaci dell’isola, che vanno ad arricchire soprattutto la raccolta contemporanea. Il museo fa parte della Fondazione Musei Civici di Venezia.

Collezioni[modifica | modifica wikitesto]

Le collezioni esposte si trovano all'ammezzato e al primo piano e comprendono: la raccolta archeologica, nonché la più vasta rassegna storica del vetro muranese, con importanti pezzi prodotti tra il Quattrocento e il Novecento, secondo un percorso organizzato cronologicamente.

La raccolta archeologica è costituita dal nucleo primitivo del Museo (reperti pervenuti all’Abate Zanetti attraverso doni e lasciti, a cui si aggiunsero, più tardi, le collezioni del Museo Correr); dai depositi della Soprintendenza Archeologica risalenti al 1936 (lascito Levi) e al 1963 (vetri del Museo di San Donato di Zara). Questi ultimi, affidati dalla Soprintendenza al Museo del Vetro in seguito a un accordo postbellico relativo ad uno scambio di opere d’arte tra Italia e Jugoslavia, costituiscono il nucleo più consistente della sala archeologica, e comprendono una grande varietà di esempi di arte vetraria romana tra il I e il III secolo d. C.

Vetri del XV secolo: nel Quattrocento, venuta meno la produzione islamica, Venezia assume il vetro soffiato anche come mezzo di produzione artistica. Appaiono, quindi, nella seconda metà del XV secolo i primi vetri “cristallini” sui quali i pittori su vetro tracciano, valendosi di smalti colorati fusibili, scene di trionfi allegorici, fiori, frutta, figure mitiche in cui confluiscono motivi tratti dalle pitture e dalle incisini. Anche le forme dei vetri evidenziano l’ispirazione ai vasi, alle coppe, ai piatti d’oro e d’argento dell’epoca. La paternità di questo vetro, detto “cristallino” perché estremamente puro, viene assegnata al famoso vetraio Angelo Barovier (1405-1460), discendente da una dinastia di vetrai che continuerà anche nei secoli successivi.

Vetri del XVI secolo: nel Seicento i vetrai muranesi prediligono il vetro puro e trasparente sul quale intervengono con differenti tecniche decorative. Un’alternativa al vetro bianco trasparente è data dal vetro bianco opaco o “lattimo”, che talvolta è decorato da smalti a caldo ma più soesso viene impiegato in forma di lunghe e sottili canne incorporate in vario modo nel vetro incolore, dando luogo ai vetri filigranati, uno dei più originali tessuti vitrei dei vetrai muranesi rinascimentali. Nella seconda metà del Cinquecento la forma dei prodotti muranesi tende ad abbandonare la precedente semplicità e funzionalità, ricercando una più complessa articolazione con l’aggiunta di elementi plastici ottenuti in vario modo con la lavorazione a pinza, il cui uso si accentuerà nel secolo successivo. Nel XVI secolo la fama del vetro di Murano si diffonde in tutta Europa e cominciano le prime emigrazioni di maestri chiamati a lavorare in vetrerie straniere, soprattutto nei Paesi Bassi, in Germania, in Inghilterra e in Spagna.

Vetri del XVII secolo: il Seicento non segna innovazioni tecniche particolari nell’arte del vetro, ma, dal punto di vista della forma, è il secolo tipico dei vetri detti à la façon de Venise prodotti all’estero, a imitazione dei vetri veneziani, da maestranze locali o, assai più spesso, da lavoranti muranesi espatriati. Il Seicento fu il secolo della grande diaspora dei maestri muranesi, la cui presenza è documentata ad Anversa, a Liegi, a Bruxelles, ad Amsterdam, a Stoccolma, a Copenhagen, a Berlino, a Monaco, a Colonia, a Londra e a Parigi. Nell’ultimo quarto di questo secolo si avvertono i primi segni di decadenza dell’arte del vetro, benché non manchino artisti valentissimi. Infatti sui mercati si andava progressivamente affermando il vetro boemo, alla cui fabbricazione erano pervenuti i vetrai della Boemia negli anni ’70–’80.

Vetri del XVIII secolo: le sorti dell’arte del vetro sembrano seriamente compromesse all’inizio del Settecento. Il merito di aver compiuto il primo passo per tentare di uscire dalla crisi va attibuito al muranese Giuseppe Briati il quale riuscì a dare avvio ad una produzione di vetri che avessero una composizione chimica analoga a quella dei vetri boemi, al fine di stroncarne la concorrenza, senza tuttavia ridurre le proprie opere a mera imitazione. Lo stesso dicorso non vale, invece, per quei vetri incisi non più a diamante, ma a rotella che, grazie a questa nuova tecnica, mutuata anch’essa dalla Boemia e resa possibile dalla nuova qualità del cristallo muranese, echeggiavano assai spesso, pur con spiritose varianti, motivi decorativi di quel Paese, tanto da essere chiamati “cristalli all’uso di Boemia”.

Vetri del XIX secolo: nel 1797 cade la Repubblica di San Marco e comincia per Venezia un susseguirsi di vicende politiche che acuiscono i problemi delle industrie lagunari del vetro, per le quali si riducono le possibiità occupazionali. Nel 1806, in seguito ai decreti napoleonici, vengono abolite le corporazioni artigianali e quindi anche quella dei vetrai non è più vincolata alle disposizioni delle magistrature tutorie contenute nella Mariegola dell’Arte. Le fornaci di vetro comune non hanno vita facile per la concorrenza delle vetrerie di Boemia, Stiria e Carinzia, i cui prodotti, dopo il 1815, inondano il mercato italiano. A questo si debbono aggiungere l’emigrazione dei vetrai, con conseguente diffusione dei segreti di lavorazione, e gli alti dazi che devono essere pagati sulle materie prime importate e sui prodotti da esportare. I primi segni di rinascita dell’artigianato muranese si avvertono, dopo la metà del secolo, quando viene fondata la fabbrica Fratelli Toso e, nel 1859, il laboratorio di Antonio Salviati. Verso gli anni novanta finisce in Europa l’epoca dei revival e nascono movimenti innovatori che propugnavano l’abbandono dei modelli storici, mentre Murano continuava a produrre tipi ottocenteschi. Solo gli Artisti Barovier realizzano nel 1895, in concomitanza con la Prima Biennale di Venezia, calici leggerissimi con gambo a spirale di evidente spirito Art Nouveau.

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Esposizione di reperti romani presso il Museo del Vetro

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