Utente:MM/Curtis

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The Power of Nightmares, sottotitolato The Rise of the Politics of Fear, è un documentario per la televisione in tre puntate, scritto e prodotto per la BBC dal documentarista inglese Adam Curtis.

Le sue tre parti, della durata approssimativa di un'ora ciascuna, sono strutturate prevalentemente come immagini di repertorio commentate dalla voce fuori campo di Curtis, alternate ad interviste originali realizzate dallo stesso Curtis.

La serie è andata in onda per la prima volta nel Regno Unito sul canale BBC2 tra l'ottobre ed il novembre 2004, e successivamente è stata trasmessa anche in altre nazioni e presentata in diversi festival internazionali - tra cui l'edizione 2005 del Festival di Cannes.

Il documentario traccia, a partire dagli anni '50 la parallela nascita ed evoluzione dei neoconservatori statunitensi e del movimento jihādista. Secondo Curtis entrambi i gruppi sarebbero sorti in opposizione al liberalismo, considerato causa di degrado sociale e del prevalere delle pulsioni egoistiche sui valori tradizionali. Entrambi i gruppi avrebbero tentato di trasformare il mondo ciascuno secondo i propri ideali e, avrebbero anch'essi fallito, venendo marginalizzati.

In seguito agli attentati dell'11 settembre 2001 secondo Curtis sarebbe stata diffusa l'idea dell'esistenza di una rete terroristica internazionale chiamata Al-Qaida, che egli ritiene non essere mai esistita come organizzazione capillarmente diffusa in tutto il mondo con le sue "cellule dormienti" e centralizzata sotto la guida di Osama bin Laden. La minaccia terroristica sarebbe stata distorta ed esagerata, secondo Curtis, per consentire ai politici di mantenere il proprio potere attraverso lo spettro di un nemico immaginario e attraverso la paura[1].

The Power of Nightmares ha suscitato ampie discussioni[2] e ha ricevuto diversi premi[3].

Puntate[modifica | modifica wikitesto]

Baby, It's Cold Outside[modifica | modifica wikitesto]

Nella prima puntata[4] Curtis traccia parallelamente la storia delle origini e dei primi sviluppi del fondamentalismo islamico]] e del neoconservatorismo statunitense.

Curtis descrive le idee dell'egiziano Sayyed Qutb, il quale, in seguito ad una visita negli Stati Uniti nel 1949 riteneva la società statunitense intimamente corrotta e preda dell'egoismo. Egli individuava la soluzione per il proprio paese nell'accoglimento di tecnologia e scienza occidentali, ma in una società basata sulla religione islamica. Aderì al movimento dei Fratelli musulmani e fu arrestato nel 1954 e torturato in carcere, cosa che lo condusse ad una radicalizzazione della propria visone politica: finì con il ritenere necessario il rovesciamento dei poteri costituiti ormai corrotti. In seguito a queste idee venne giustiziato nel 1966.

Parallelamente nel documentario viene esposto il pensiero di Leo Strauss, nello stesso periodo professore di filosofia politica all'università di Chicago. Questi riteneva che l'idea di libertà individuale conducesse a mettere in discussione tutti i valori e le verità morali e a lasciarsi guidare solo dai propri desideri egoistici, mettendo in pericolo le basi della società. Per arrestare tale processo disgregativo Strauss riteneva necessaria l'introduzione di miti a cui tutti potessero credere e non necessariamente veri, come quello di un destino unico degli Stati Uniti nel combattere ovunque nel mondo le forze del "male".

Il documentario riferisce quindi l'influenza esercitata dalle idee di Qutb su Ayman al-Zawahiri. Questi creò in Egitto l'organizzazione della Jihad islamica raccogliendo i seguaci di Qutb. Ufficiali dell'esercito egiziano che facevano parte del movimento assassinarono nel 1981 il presidente Sadat, ritenuto un traditore per aver avviato il processo di pace con Israele nel 1977. Secondo Curtis, al-Zawahiri si aspettava che l'uccisione avrebbe innescato una rivoluzione popolare, la quale avrebbe dovuto portare alla creazione di uno stato islamico. Venne invece arrestato.

Negli Stati Uniti alcuni intellettuali (tra questi Paul Wolfowitz, Francis Fukuyama e William Kristol, figlio del giornalista Irving Kristol, considerato il fondatore del movimento) formarono un gruppo definito dei neoconservatori. Questo gruppo si rifaceva al pensiero di Strauss e individuò nell'Unione Sovietica il nemico che avrebbe potuto unire le masse. Dopo la fine dell'amministrazione Nixon, la politica estera pragmatica suggerita da Henry Kissinger venne messa in discussione. Secondo Curtis, i neoconservatori si unirono ad alcuni personaggi dello staff del presidente Ford (Donald Rumsfeld e Dick Cheney) e contribuirono con la CIA e la commissione del "Team B" a manipolare i fatti per offrire una visione negativa dell'Unione Sovietica. Successivamente i neoconservatori si integrarono nell'ala religiosa del partito repubblicano e si allearono con gruppi fondamentalisti cristiani, che risultarono determinanti nella prima elezione del presidente Reagan. Questi secondo Curtis sarebbe quindi stato convinto a considerare l'Unione Sovietica un pericoloso nemico da combattere.

The Phantom Victory[modifica | modifica wikitesto]

Nella seconda puntata, The Phantom Victory ("La vittoria fantasma")[5], Curtis prosegue la sua ricostruzione, riferendo come i neoconservatori dell'amministrazione Reagan avessero appoggiato con grandi mezzi i mujaheddin della resistenza armata contro l'invasione sovietica dell'Afghanistan, considerati "combattenti per la libertà". Contemporaneamente Abdullah Azzam, un leader religioso, membro dei Fratelli musulmani, organizzò un centro per i combattenti arabi a Peshawar, in Pakistan e dal 1985 gli si affiancò il saudita Osama bin Laden, che disponeva di abbondanti quantità di denaro. Anche Ayman al-Zawahiri, leader della Jihad islamica egiziana, si stabilì a Peshawar e cominciò a propagandare le sue idee fondamentaliste.

Il ritiro delle truppe sovietiche, deciso da Mikhail Gorbachev nel 1987, e il successivo collasso dell'Unione Sovietica, furono considerati un trionfo sia dai neoconservatori americani, sia dai fondamentalisti islamici. Osama bin-Laden passò in seguito dalla parte del radicale al-Zawahiri e alla fine del 1989 il moderato Azzam fu assassinato. Il colpo di stato algerino nel 1991 e la messa fuori legge del partito dei Fratelli musulmani in Egitto, che misero fine alla possibilità di creare in questi paesi un regime islamico attraverso regolari elezioni, avrebbero determinato l'ascesa delle frange più violente del movimento. Curtis riferisce come al-Zawahiri e i suoi seguaci ritenessero che tutti coloro che erano coinvolti nella vita politica avessero rinnegato il Corano e potessero dunque essere legittimamente uccisi. Al-Zawahiri e bin Laden si spostarono in Sudan. Nei primi anni '90, l'Algeria subì un'ondata di uccisioni di personaggi coinvolti a vario titolo nella politica, che si estese anche all'Egitto. Queste non avrebbe raggiunto tuttavia lo scopo di sollevare le masse. Curtis riferisce che di conseguenza anche la gente comune che non si ribellava sarebbe stata considerata corrotta e passibile di uccisioni. Tuttavia, questo espandersi della violenza, culminato nel sanguinoso attacco ai turisti stranieri a Luxor nel 1997, avrebbe isolato sempre di più i gruppi estremistici che, secondo Curtis sarebbero di conseguenza quasi del tutto scomparsi dalla scena e i cui membri avrebbero cominciato ad uccidersi reciprocamente in seguito ai disaccordi interni.

Parallelamente Curtis descrive come negli Stati Uniti i neoconservatori continuassero a pensare ad un destino unico dell'America in perpetua lotta contro il male, e i regimi considerati non democratici di tutto il mondo. La fine della prima guerra del Golfo decisa dal presidente Bush senza giungere al rovesciamento del leader iracheno Saddam Hussein deluse i neoconservatori, che vi avevano visto una possibilità di avviare la trasformazione del Medio Oriente. I neoconservatori reagirono cercando di utilizzare ai fini politici la religione e alla convenzione del Partito repubblicano del 1992 imposero il proprio programma, ultraconservatore e moralista. In tal modo tuttavia molti elettori moderati li abbandonarono e l'esito fu l'elezione alla presidenza del democratico Bill Clinton. Secondo Curtis i neoconservatori trasformarono allora il presidente nel "nemico diabolico" che doveva prendere il posto dell'Unione Sovietica, attaccandolo con ogni sorta di accuse e di presunti scandali. In questo clima si giunse alla richiesta di impeachment in seguito all'affare di Monica Lewinsky, impeachment che tuttavia non venne approvato.

Il documentario riferisce quindi come nel 1997 al-Zawahiri e bin Laden fossero ritornati in Afghanistan: secondo Curtis il fallimento del movimento rivoluzionario sarebbe stato ascritto alle masse, che non si erano ribellate perché corrotte dalle idee liberali dell'Occidente. Nel 1998 fu annunciata dunque una nuova jihād contro la sorgente stessa della corruzione, ovvero l'America.

The Shadows in the Cave[modifica | modifica wikitesto]

Nella terza puntata, intitolata "The Shadows in the Cave" ("Le ombre nella grotta")[6], Curtis intende mostrare come la sorte dei due gruppi, i neoconservatori americani e la Jihad islamica egiziana, entrambi marginalizzati alla fine degli anni '90, sarebbe radicalmente mutata dopo gli attentati dell'11 settembre 2001: gli jihādisti sarebbero quasi completamente scomparsi, mentre i neoconservatori americani, ritornati al potere, li avrebbero "ricostruiti", creando un nemico fantasma.

Gli attacchi dell'agosto del 1998 contro le ambasciate americane in Kenya e in Tanzania fecero conoscere all'opinione pubblica occidentale il nome di Osama bin Laden. Secondo Curtis, tuttavia, bin Laden e Ayman al-Zawahiri non avrebbero avuto a disposizione alcuna organizzazione armata e non avrebbero affatto controllato i campi di addestramento afghani in cui reclutarono i volontari per le azioni. Nel processo contro i quattro uomini ritenuti responsabili degli attacchi, tenutosi nel gennaio del 2001, per poter processare secondo la legge americana anche bin Laden, furono raccolte prove dell'esistenza di un organizzazione criminale di cui questi sarebbe stato a capo. Le prove dell'esistenza di questa organizzazione furono fornite da un ex-compagno di bin Laden in Sudan, Jamal al-Fadl, che tuttavia secondo Curtis sarebbe fuggito dopo avergli rubato del denaro e in cambio della sua testimonianza ottenne dagli Stati Uniti denaro e protezione. Secondo Curtis la sua testimonianza avrebbe contribuito a creare l'immagine di una vasta organizzazione ramificata, con "cellule dormienti", che invece non sarebbe mai esistita, secondo quanto sostiene anche Jason Burke, il giornalista autore del libro Al-Qaeda: Casting a Shadow of Terror, intervistato nel documentario. Al-Zawahiri e bin Laden sarebbero stati invece al centro di un gruppo di simpatizzanti, privo di qualsiasi organizzazione. I membri di questo gruppo avrebbero pianificato le proprie operazioni ciascuno per proprio conto, ottenendo da bin Laden solo fondi e assistenza. Secondo Curtis non ci sarebbe neppure alcuna prova che il nome stesso di Al-Qaida fosse mai stato usato da bin Laden prima dell'11 settembre.

L'attacco alle torri dell'11 settembre del 2001 seguiva i principi della nuova strategia di al-Zawahiri, ma non sarebbe stato organizzato secondo Curtis né da lui, nè da bin Laden, ma da Khalid Sheik Mohammed, un fondamentalista islamico che si rivolse a bin Laden solo per ottenere fondi e aiuto nel trovare i volontari. Nell'ondata di panico creata dall'attacco, tuttavia, secondo Curtis, i politici avrebbero utilizzato il modello che era stato creato nel processo di quello stesso anno, presentando l'attacco come opera di una vasta rete terroristica chiamata Al-Qaida. L'attacco riportò inoltre in auge le idee dei neoconservatori nell'ambito dell'amministrazione del presidente Bush: Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz, il vicepresidente Dick Cheney e Richard Perle, che avevano già fatto parte dell'amministrazione Reagan ai tempi dell'Afghanistan, secondo Curtis avrebbero riproposto la vicenda nei termini di un'epica lotta del bene contro il male. Per questo scopo avrebbero ricreato l'immagine del nemico, così come avevano fatto con l'Unione Sovietica, e al posto di un movimento sul punto di sparire, avrebbero presentato al pubblico una potente e diabolica rete strettamente controllata da bin Laden dal suo rifugio in Afghanistan. Gli Stati Uniti e la coalizione che essi avevano formato invasero l'Afghanistan, con lo scopo di trovare e distruggere il centro di questa organizzazione. La capillare ricerca nelle montagne di Tora Bora, dove si ritenne fossero state scavate fortezze sotterranee, non diede tuttavia alcun esito e nessun membro di Al-Qaida venne catturato o ucciso. Secondo Curtis il piccolo gruppo di bin Laden era invece già stato spazzato via o si era dissolto con l'invasione americana.

I governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna intrapresero la ricerca di terroristi di Al-Qaida anche all'interno dei propri paesi, e furono pubblicizzati arresti di persone che si ritennero far parte delle "cellule dormienti" dell'organizzazione. Secondo Curtis, tuttavia, le prove che gli arrestati avessero qualcosa a che fare con i piani terroristici erano inconsistenti e il documentario ne riporta alcuni esempi: in seguito alla mancanza di prove contro i presunti terroristi le accuse sarebbero state fatte silenziosamente cadere. Il documentario riporta come entrambi i governi avrebbero distorto ed esagerato la reale natura della minaccia terroristica, che consisterebbe secondo Curtis nella presenza in tutto il mondo di gruppi fanatici ispirati dalle teorie del fondamentalismo islamico e preparati ad azioni terroristiche contro civili, che tuttavia non costituirebbero né un fenomeno nuovo, né una rete organizzata. Secondo Curtis tale fantasia non sarebbe tuttavia stata posta in dubbio perché si sarebbe rivelata sempre più utile per gli interessi di molte persone. Tra questi Curtis enumera la stampa e la televisione con i loro esperti di terrorismo, e gli stessi gruppi islamici. Coloro che trassero i maggiori vantaggi dall'invenzione dell'esistenza di una rete terroristica nascosta, sarebbero tuttavia stati secondo Curtis i neoconservatori, che avrebbero utilizzato la minaccia artificiosamente creata per trovare un nuovo "nemico diabolico" destinato a compattare le masse e per realizzare la loro visione di un destino unico dell'America di combattere il male ovunque nel mondo.

Il documentario riporta quindi un discorso di Tony Blair nel quale il leader britannico sostiene che il compito dei politici è diventato immaginare le conseguenze della minaccia portata dal terrorismo internazionale e dai mezzi di distruzione di massa e di agire per farvi fronte. Secondo il principio di prepararsi comunque a fronteggiare una minaccia grave anche in mancanza di prove certe della sua esistenza, secondo Curtis sarebbero quindi state arrestate delle persone senza che avessero commesso crimini, ma perché i politici ritenevano o immaginavano che avrebbero potuto commettere in futuro delle atrocità. La perdita dei diritti civili sarebbe stata considerata un prezzo da pagare per fronteggiare la gravissima minaccia che sarebbe costituita da Al Qaida. Il documentario termina riproponendo la tesi di Curtis: dopo il crollo del sogno che i politici potessero creare un mondo migliore, entrambi i gruppi dei neoconservatori e dei jihādisti avrebbero fallito nel loro tentativo di trasformare il mondo ed avrebbero invece creato una fantasia che consentirebbe ai politici di mantenere il proprio potere attraverso lo spettro di un nemico immaginario e attraverso la paura.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Nel breve abstract che precede i titoli iniziali di ciascuna delle tre puntate (trascrizione in inglese del documentario sul sito Daanspeak.com.), Curtis afferma: "In passato, i politici promettevano di realizzare un mondo migliore. Avevano vie diverse per reaggiungere quel fine. Ma il loro potere e la loro autorità discendevano dalle visioni ottimistiche che offrivano al loro popolo. Quei sogni sono falliti. E oggi, la gente ha perso la fede nelle ideologie. Sempre di più i politici sono visti semplicemente come amministratori della vita pubblica. Ma ora, hanno trovato un nuovo ruolo che restauri il loro potere e la loro autorità. Invece di offrire sogni, i politici ora promettono di proteggerci dagli incubi. Dicono che ci salveranno da uno spaventoso pericolo che non possiamo vedere e che non capiamo".
    "Il più grande pericolo è il terrorismo internazionale, una potente e sinistra rete. con cellule dormienti nei paesi di tutto il mondo, una minaccia da combattere con una guerra al terrore. Ma gran parte di questa minaccia è una invenzione distorta ed esagerata dai politici, è un illusione oscura, diffusa acriticamente per mezzo dei governi, dei servizi di sicurezza e dei media internazionali di tutto il mondo."
  2. ^ in reazione alla trasmissione del documentario, la BBC ha sostenuto di aver ricevuto migliaia di commenti da tutto il mondo; una loro selezione, reflecting the balance and range of views we have received, è stata pubblicata all'interno del sito ufficiale. Questi sono i commenti relativi alla prima messa in onda del programma nel 2004, questi quelli relativi alla sua replica nel 2005.
  3. ^ Il documentario in particolare nel 2005 ha ricevuto (cfr. con la pagina dedicata ai premi ricevuti contenuta nella scheda dell'IMDB):
    • il BAFTA award come Best Factual Series or Strand "production team";
    • il RTS Television Award come Best Documentary Series - General;
    mentre Curtis ha ricevuto il DGGB award con la motivazione: Outstanding Directorial Achievement in Television Documentary, per il primo episodio della serie.
  4. ^ Transcript: The Power of Nightmares—Part 1, su daanspeak.com. URL consultato il 20 giugno 2007.
  5. ^ Transcript: The Power of Nightmares—Part 2, su daanspeak.com. URL consultato il 20 giugno 2007.
  6. ^ Transcript: The Power of Nightmares—Part 3, su daanspeak.com. URL consultato il 20 giugno 2007.