Utente:Lettera2.0/Motivazioni e Quadro degli studi

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Motivazioni del progetto: la comprensibilità su Wikipedia

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Quasi per definizione, la funzione di un’enciclopedia è di porsi al servizio di persone che non conoscono bene o per nulla gli argomenti di cui si parla. La spinta principale di un'opera enciclopedica è quindi divulgativa e Wikipedia, in particolare, esplica quest’obiettivo fin dagli esordi. A questo scopo, il Manuale di stile, guida principale sul modo in cui devono essere scritte le voci di Wikipedia in italiano, lo dichiara esplicitamente nella prima sezione intitolata Concetti generali: «Scrivere bene è un'arte e Wikipedia ha scopi divulgativi [corsivo nostro]: uno stile enciclopedico ne esalta l'autorevolezza e l'usabilità».

I destinatari e lo stile di scrittura delle voci

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In aggiunta a quanto detto prima, il Manuale di stile sottolinea l’importanza dell’enciclopedia come strumento per informare e invita tutti i partecipanti a tener presente i destinatari di riferimento nel momento in cui si cimentano nella scrittura di una voce.

Il consiglio orientato alla definizione di un pubblico di riferimento è senz’altro opportuno, ma mostra, nel caso di Wikipedia, contorni più o meno indefiniti nella sua stessa documentazione. Ad esempio, ancora il Manuale di stile parla di un’enciclopedia «destinata a essere letta da tutti [corsivo nostro]: adulti, ragazzi, bambini, docenti e persone con tutti i livelli di educazione culturale nei vari campi» e sostiene il diritto, da parte di tutti, di riuscire a capire senza troppe difficoltà ciò che è scritto in una voce di Wikipedia, eliminando gli eccessi e la complessità inutile.

Ad ogni modo, per queste giuste motivazioni, l’attenzione dell’enciclopedia è focalizzata alla massima comprensibilità e infatti, come ribadito nel Manuale di stile, «l’importante è farsi capire». L’interesse, in merito alla scrittura da adottare per le voci di Wikipedia, è rivolto ad uno stile enciclopedico, ovvero «una scrittura per quanto possibile piana e semplice, senza inutili paroloni o gergo tecnico non necessario» nella quale i termini tecnici più ostici, laddove presenti, possono essere chiariti attraverso il ricorso alla parafrasi. Nello specifico, lo stile enciclopedico è anche definito stile spicciolo, una definizione vaga ed evidentemente inventata per identificare uno stile di scrittura non burocratico, caratterizzato da frasi brevi ma chiare, inteso come «il miglior modo di rendere chiaro un tema e nitida la sua esposizione». Tuttavia, anche in questo caso, l’impostazione è chiara e lodevole ma non sempre pratica: le voci di argomento specialistico sono l’esempio concreto delle difficoltà che si possono incontrare nel raggiungimento dell’obiettivo. A tal proposito, una sezione del presente lavoro è dedicata alla distinzione tra tecnicismi specifici e tecnicismi collaterali: la sostituzione con termini del linguaggio comune è infatti possibile per i secondi ma non accolta per i primi poiché, per questi, non esiste un equivalente nella lingua comune.

Spunti di riflessione dalla Wikipedia in lingua inglese

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Anche Wikipedia in lingua inglese affronta il problema relativo alla comprensibilità. Le indicazioni sono fornite attraverso una pagina richiamata dal Manual of Style e intitolata Make technical articles understandable,[1] esplicitamente riferita agli articoli con contenuto tecnico o, per meglio dire, voci relative a materie scientifiche specialistiche. Vale la pena analizzare questo contributo per i suoi spunti, articolati e approfonditi, utili per sviluppare un discorso più ampio sulla comprensibilità del testo. Ad esempio, qui il suggerimento non è rivolto ad un pubblico nella sua totalità, bensì il testo dichiara che: «The content in articles in Wikipedia should be written as far as possible for the widest possible general audience». L’affermazione trova conferma nella sezione successiva, dove si presenta una distinzione del pubblico sulla base di tre parametri:

  • Familiarità con l’argomento trattato, per il quale è possibile una successiva suddivisione in:
    • Lettore generico
    • Lettore informato
    • Lettore esperto
  • Capacità di lettura;
  • Motivazione nel conoscere l’argomento della voce.[2]

Grazie a queste precisazioni sui destinatari, la pagina Make technical articles understandable offre un quadro chiaro dello stile di scrittura da adottare, per un’utenza meglio definita, e degli obiettivi da perseguire, per poter collaborare in modo corretto alla crescita di Wikipedia. In pratica, non è ragionevole pensare che una qualsiasi voce, anche di argomento tecnico o dedicata a materie specialistiche, possa essere letta e compresa da tutti o che qualsiasi tipo informazione possa essere “tradotto” in parole povere. Lo sforzo principale è teso invece alla massima comprensibilità dei testi per il maggior numero possibile di persone, considerando che: «Most Wikipedia articles can be written to be fully understandable by the general reader with average reading ability and motivation». Segue poi una puntualizzazione relativa al pericolo di impoverimento dei contenuti tecnici: «Increasing the understandability of technical content is intended to be an improvement to the article for the benefit of the less knowledgeable readers, but this should be done without reducing the value to readers with more technical background».[3]

La soluzione, secondo Wikipedia in lingua inglese, non è pertanto l’eliminazione del contenuto tecnico, quanto il riassunto dei dettagli altamente tecnici come miglioramento della leggibilità del testo sia per i lettori generici che per gli esperti. Inoltre, a queste idee fanno seguito regole empiriche utili per la scrittura di voci dedicate ad argomenti più o meno tecnici.[4] Ad esempio, tra queste è interessante evidenziare una regola pensata per migliorare la comprensibilità generale del testo: quando si scrive è utile considerare i destinatari che si trovano al livello immediatamente inferiore rispetto a quello tipico in cui viene studiato l’argomento. Il sistema è difficile da applicare in dettaglio: almeno in prima approssimazione, ci sono argomenti importanti e complessi che vengono affrontati anche a livello di scuola primaria. Anche nel caso italiano, per esempio, non c’è una tradizione di collegamento tra apprendimento linguistico e livelli scolastici.

In generale, è possibile affermare che nella Wikipedia in lingua italiana queste regole sono state più spesso applicate nella pratica, dove infatti si è riscontrato un livello generalmente alto di comprensibilità (o per lo meno basso di complessità inutile), e forse meno esplicitate o trasformate in indicazioni operative precise nel Manuale di stile.

L'importanza della sezione iniziale e incipit delle voci

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Il discorso generale sulla comprensibilità converge, per Wikipedia in lingua italiana e quella in lingua inglese, sulla rilevanza assunta dalla sezione iniziale delle voci, con particolare attenzione alla prima frase o incipit della voce. In effetti, il Manuale di stile affronta la questione con questi termini: «È l'incipit di una voce che, definendo con precisione e asciuttezza il proprio tema, permette a chi legge di valutare se le proprie competenze sono sufficienti per affrontare un certo argomento». La questione è anche discussa nella pagina di servizio dedicata alla Sezione iniziale, nella quale essa è descritta come il riassunto breve dei punti più importanti trattati nella voce, nonché «una versione concisa ma completa della voce stessa, in grado di esistere in modo autonomo» e presentata con «semplicità e scorrevolezza di scrittura», affinché susciti la curiosità del lettore nel continuare a leggere l’intera voce. Un aiuto ulteriore è quello presentato nella sezione dedicata alle Convenzioni sull’incipit nel Manuale di stile, con esempi concreti a completamento della spiegazione. Anche la già citata pagina Make technical articles understandable, nella Wikipedia in lingua inglese, è dello stesso avviso. Per quanto concerne l’autonomia della sezione iniziale la documentazione riporta che: «Those who are only looking for a summary or general definition may stop reading at the end of the lead» e aggiunge, inoltre, «The lead of the article should tell a general reader the field of study of the topic, the place the topic holds in its field of study, what (if anything) the topic is good for, and what needs to be learned first in order to understand the article».[5]

Quanto si è detto fornisce una panoramica generale sulle posizioni assunte da Wikipedia in merito alla corretta scrittura delle voci dell’enciclopedia. La comprensibilità è un valore importante per Wikipedia, più volte infatti richiamata tra le sue indicazioni esplicite, ed è possibile raggiungerla attraverso l’applicazione di regole linguistiche proposte negli anni. In quest’ottica, le operazioni di semplificazione, intese come riduzione o eliminazione della complessità superflua, sono fortemente raccomandate dal nostro progetto. In generale, c’è un’ampia base condivisa su questo argomento e molti studiosi (tra i quali Tullio De Mauro, Maria Emanuela Piemontese, Lucia Lumbelli ecc.) approfondiscono la questione nei loro manuali e guide per la scrittura. Per queste ragioni, nel presente lavoro ci serviamo dei loro studi per avvalorare le motivazioni del progetto che ci spingono a insistere sul concetto di comprensibilità e chiarezza espositiva, affinché i loro contributi possano fare luce sulle criticità dell’argomento trattato. In particolare, per l’aspetto relativo ai destinatari, come già anticipato in questa sede, il riferimento minimo e tendenziale è alle persone che come titolo di studio più alto hanno conseguito la licenza media, che fino a tempi recenti è stata anche il confine dell’obbligo e l’ultima scuola unificata. Ci siamo dedicati a questo argomento nel paragrafo intitolato La composizione del lessico italiano mediante le ricerche condotte da Tullio De Mauro sul Vocabolario di base della lingua italiana. Per quanto riguarda, invece, il discorso sulla comprensibilità dei testi divulgativi e sui tentativi di semplificazione della lingua si veda la sezione successiva.

Quadro degli studi sul linguaggio della divulgazione

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Fin dalla metà degli anni settanta, in Italia, Tullio De Mauro e collaboratori hanno condotto ricerche e studi sulla comprensibilità e leggibilità degli scritti, nei quali affondano le loro radici la definizione di criteri di redazione di testi di difficoltà controllata e sperimentazione di produzione di testi, di vario genere, leggibili e comprensibili per certi destinatari in funzione di precisi obiettivi.[6] Tra questi, è esemplare il lavoro proposto da Maria Emanuela Piemontese per il dipartimento di scienze del linguaggio della Sapienza di Roma: un mensile di facile lettura, destinato ad utenze specifiche o con problemi particolari, intitolato Due Parole. Si tratta di un caso di semplificazione linguistica estrema pensata per ridurre al minimo, nella comunicazione divulgativa, la distanza tra produttore e fruitore, altrimenti definita asimmetria della comunicazione. Tuttavia, è opportuno fare una precisazione: i testi di Due Parole rispondono all’obiettivo di voler azzerare il dislivello di conoscenze tra chi scrive e chi legge, collocandosi per questo ad un livello molto alto di semplificazione, invece i testi scritti per un destinatario indefinito, come le voci di Wikipedia, si collocano ad un livello più basso di semplificazione linguistica perché chi scrive può fare affidamento, almeno in parte, su conoscenze presupposte nel lettore e sulle sue capacità inferenziali.[7]

La semplificazione del linguaggio divulgativo: ottimisti VS pessimisti

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I percorsi che portano a definire i criteri per la redazione di testi commisurati al livello di conoscenze dei destinatari, sono esposti necessariamente al dibattito e critiche altrui. Esempi in questa direzione sono: la discussione che ha avuto luogo nel 1977 sul Corriere della Sera circa lo scrivere chiaro, il dibattito sviluppato su Repubblica nel 1987 con l’articolo di Beniamino Placido sul “facilese”[8] e, infine, i due convegni organizzati da Selezione del Reader’s Digest sul Linguaggio della divulgazione, rispettivamente nel 1982 a Milano e nel 1983 a Roma. In generale, la polemica sulla legittimità o meno della semplificazione della comunicazione, che va sotto la voce di divulgazione, vede coinvolti due principali filoni di pensiero: i pessimisti, che tendono soprattutto a mettere in guardia contro i rischi della semplificazione, e coloro i quali sono invece ottimisti sulla sua funzione e realizzabilità. Le tesi sostenute dalle parti sono ampiamente articolate dalla pedagogista Lucia Lumbelli nel suo Fenomenologia dello scrivere chiaro, ma in questa sede è utile sottolinearne i punti fondamentali.[9]

La Lumbelli distingue, nel pensiero dei pessimisti, due argomentazioni a sostegno di un tipo di difficoltà del linguaggio considerato inevitabile e dall’alto valore politico-culturale: una richiama il «valore motivante del non capire», l’altra la «non traducibilità delle conoscenze scientifiche in linguaggio accessibile ai non specialisti, con il rischio che queste possano perdere il loro valore peculiare e innovatore».[10] Queste tesi chiariscono i motivi per cui, per i pessimisti, non è praticabile o legittima la semplificazione di qualsiasi testo divulgativo, per questo vanno analizzate in dettaglio:

  • Il primo assunto, quindi, fa riferimento al «non capire come stimolo ad un tentativo di capire», ovvero: tanto più il modo di esprimersi è difficile, incomprensibile, poco chiaro, quanto più il lettore è motivato dal desiderio di approfondire ciò che non capisce; un tentativo che richiede uno sforzo maggiore soprattutto per coloro che hanno meno conoscenze sull’argomento. A tal proposito, anche nel presente lavoro ci siamo interrogati sulla verificabilità di questa ipotesi e riflettuto sulla concreta possibilità di uno sviluppo del lessico attraverso l’inserimento di parole sconosciute nelle voci di Wikipedia. In seguito, abbiamo cercato di fornire una risposta adeguata tenendo presente un diverso punto di vista, quello del contesto entro cui le parole sono inserite. Infatti, Tullio De Mauro suggerisce, per scritti di questo tipo, la soluzione di affidarsi al contesto, perché «Grazie ad esso, usando parole largamente note, possiamo dare le informazioni necessarie a intendere un termine meno noto» (per approfondimenti si veda la sezione su Parole sconosciute e web usability).[11]
  • Il secondo assunto, invece, è così descritto da Lucia Lumbelli: «Cambiando la formulazione linguistica si cambia anche il contenuto conoscitivo della comunicazione, e precisamente semplificando quella formulazione, in modo da garantirne l’accessibilità ai non specialisti, si sottopone quel contenuto ad un processo di deformazione che gli sottrae il senso originario». In linea di principio si nega la fattibilità stessa della comunicazione divulgativa e si rende evidente l’impossibilità di attuare quella pratica di semplificazione della comunicazione in quanto essa «snatura il contenuto scientifico, lo annacqua o imbanalisce riducendolo a senso comune».[12] Per questo, Tullio De Mauro, assumendo una posizione contraria in merito al rischio di banalizzazione del contenuto, descrive la sua tesi con questi termini: «Parlare e scrivere con limpidezza, nel modo più ordinato e largamente accessibile che sia a ciascuno possibile, non significa cancellare dalla vista ciò che è raro, strano, difficile, complesso, faticoso, oscuro, misterioso. Anzi, se qualcosa di ciò esiste, parlarne limpidamente, appropriatamente significa proprio rappresentare e presentare ciò in parole. Significa sforzarsi di cercare le parole più comunemente note tra quelle più appropriate e le frasi più lineari per dare espressione alle difficoltà, oscurità, incertezze del nostro esistere».[13]

Inoltre, su questa stessa linea pessimistica, Lucia Lumbelli spiega che l’unico possibile punto di contatto tra specialisti e lettore è rappresentato da «assaggi che dovrebbero suscitare una dose di curiosità sufficiente ad affrontare ben più approfondite letture, dovrebbero in sostanza sfidare il lettore comune a farsi egli stesso specialista». La pedagogista arriva così ad una ovvia ma infelice conclusione: «La intraducibilità della scienza in termini di linguaggio e senso comune viene a sostituirsi alla intraducibilità del pensiero creativo in termini semplici e chiari, viene a sostituirsi alla non comunicabilità della complessità in altro modo che con testi che siano difficili da capire».[14]

Chiaramente di senso opposto, in difesa della praticabilità della divulgazione, si collocano le riflessioni di Piero Angela, in risposta a quelle di Beniamino Placido sul “facilese”. Angela ammette in primo luogo l’esistenza di lettori che in autonomia decidono di procedere per approfondimenti autonomi rispetto al testo principale, ma invita anche a riflettere sulle difficoltà che potrebbero incontrare altre categorie di lettori. Egli afferma che la motivazione ad imparare di un individuo dipende da una soglia, al di sotto e al di sopra della quale il meccanismo non funziona. In particolare esso funziona se l’individuo «incontra un problema che è alla sua portata e che crea in lui una sfida mentale accettabile», riuscendo a coinvolgerlo nella lettura invece che annoiarlo. L'ostacolo riscontrato da Piero Angela è relativo alla diversità che ci contraddistingue, come persone in primis ma anche in quanto lettori: «Il vero problema è che, nella vita, ogni individuo ha soglie diverse; proprio perché ognuno di noi è diverso per cultura, interessi, gusti, conoscenze specifiche e così via».[15]

Il nostro progetto infatti parte da queste riflessioni generali sulla divulgazione: esistono livelli diversi di divulgazione scientifica, ad esempio quella rivolta agli scienziati, quella rivolta ad un pubblico competente, o ancora quella rivolta ad un pubblico giovane, oppure quella rivolta ad un pubblico generale (come nel caso di Wikipedia) ecc. Per questo, sono giustificabili le difficoltà riscontrate nell’adattare i testi delle voci dell’enciclopedia a persone che hanno i più svariati livelli e tipi di formazione scolastica e professionale. Ciò non toglie che la funzione divulgativa è alla base di questi testi e la comprensibilità un suo presupposto imprescindibile, pertanto non ci resta che procedere per tentativi anche per quei testi più complessi di argomento specialistico.

Il linguaggio specialistico e il linguaggio comune

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Molti rappresentanti dei vari settori disciplinari che sono oggetto della divulgazione hanno partecipato al tentativo di esaminare i più svariati aspetti della questione.

Tra questi, Emanuele Djalma Vitali sostiene che i criteri per la valutazione di un’azione divulgativa derivano dalle differenze presenti all’interno dei termini tecnici, invece che dalla scelta di ammetterli o escluderli a priori. Infatti, riferendosi al linguaggio della medicina, al pari di ogni linguaggio settoriale, egli ammette la presenza di un bagaglio lessicale altamente denso e specifico a livello informazionale, del quale la materia non potrebbe fare a meno.[16] Lucia Lumbelli, partendo da questo assunto, afferma che esistono categorie precise cui vengono ricondotte le scorrettezze di scelta lessicale più frequenti nel linguaggio specialistico della medicina (ad esempio: magniloquenza vuota, ambiguità semantiche, arcaismi ecc.). Dal momento che «le scorrettezze del discorso tra specialisti non possono non ripercuotersi sul piano della comunicazione con i non-specialisti», la Lumbelli invita ad avere molte cautele sulle scelte lessicali da fare soprattutto sul piano della divulgazione. Essa infatti afferma che «la consapevolezza della loro presenza nel linguaggio specialistico costituisce una premessa fondamentale per il rigore della comunicazione divulgativa».[17]

Una chiara distinzione a proposito delle parole del linguaggio della divulgazione, a confronto con il linguaggio scientifico, viene formulata dal biologo e genetista Giuseppe Montalenti: esistono termini con contenuto tecnico propri anche del linguaggio comune (respirazione, ricambio, riflesso) e termini di per sé impenetrabili per l’inesperto, perché costruiti su base greca e latina. Nell’utilizzare questi termini e per arrivare ad un pubblico culturalmente indifferenziato, il divulgatore pertanto dovrebbe: per i primi, fornire semplicemente la loro definizione nel momento in cui essi vengono introdotti nel discorso e, per i secondi, cercare di spiegarsi in termini più semplici. Inoltre, la raccomandazione è di far raramente ricorso ai termini tecnici, rimuovendoli quando possibile, altrimenti «devono essere chiariti, cioè spiegati in parole più comuni del linguaggio corrente».[18]

Il linguaggio comune, pertanto, costituisce una risorsa indispensabile e non può essere considerato come una fonte di ambiguità e imprecisione: funge da sostituto del linguaggio specialistico, quando si decide che quest’ultimo non è possibile usarlo, oppure ne facilita la comprensione, quando si decide di dovere usarlo.[19]

Dagli studi di Tullio De Mauro alle linee guida del progetto

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Tullio De Mauro, il linguista che più di ogni altro si è dedicato agli studi sulla linguistica finalizzati alla comprensibilità e alla comunicazione divulgativa, dimostra quanto si è appena detto circa la semplificazione del lessico presentando dati precisi ricavati da uno studio condotto in prima persona. Nel suo intervento, al convegno tenuto nel 1983 sul Linguaggio della divulgazione, egli sostiene, innanzitutto, che il Vocabolario di Base della lingua italiana è costituito dalle parole più frequentemente utilizzate nel linguaggio comune. Di conseguenza, l’utilizzo, nei testi divulgativi, delle parole presenti in questo elenco e il ricorso più raro ai vocaboli aventi una minore frequenza d’uso, è già di per sé garanzia di comprensibilità e aumenterebbe la probabilità di una maggiore leggibilità del testo anche per la generalità degli adulti italiani che hanno almeno un’istruzione media. Il livello minimo, quindi, deve essere dato dal Vocabolario di base nel suo assieme: all’interno di questo non ha senso cercare di preferire una parola all’altra, ad esempio preferire il vocabolo del lessico fondamentale a quello di alta disponibilità, poiché tutte le parole del Vocabolario di base possono essere considerate note al pubblico di riferimento.

Inoltre, su queste basi, De Mauro propone una possibile soluzione al problema della divulgazione tecnico-scientifica, su cui principalmente ci siamo interrogati in questa sede: espone l’ipotesi di far uso principalmente delle parole scientifiche presenti anche nel Vocabolario di Base. Egli argomenta dimostrando l’esistenza al suo interno di un numero di vocaboli riconducibili a termini tecnici nei settori dell’economia (10%), del diritto (15,8%), della biologia (23,1%) e della medicina (13,8%).[20] Nonostante ciò, la possibile inapplicabilità di questa prassi è considerata anche dallo stesso linguista, ad esempio nel caso di tecnicismi specifici; per questo egli giunge a conclusioni già in parte anticipate: «Un discorso costruito tenendo d’occhio le parole dell’elenco, le parole di base, può anche contenere parecchie parole fuori elenco purché spiegate con le parole di base».[21] Quindi, questo dato di fatto va inevitabilmente tenuto presente quando si analizza la situazione delicata relativa alla chiarezza dei testi divulgativi, almeno per quanto riguarda la loro componente lessicale.

Un passo successivo, in questa direzione, è la distinzione tra Vocabolario di base (VB) e:

  • Lessico «comune» (CO): più o meno, tutto ciò che esce dal Vocabolario e non è lessico tecnico-scientifico, letterario, regionale ecc.;
  • Lessico tecnico-scientifico (TS).

Questa ripartizione ci è utile per la definizione di linee guida da utilizzare come riferimento, ogni volta che sia possibile, per la scrittura delle voci di Wikipedia (con particolare attenzione all'incipit). Esse sono:

  • Sostituire parole CO con parole del VB;
  • Sostituire parole TS con parole del VB o CO;
  • Evitare tecnicismi collaterali;
  • Spiegare i tecnicismi specifici con parole del VB.

Una considerazione aggiuntiva ma interessante, rispetto al nucleo principale della questione, deriva dalla convinzione che scrivere in modo chiaro è sinonimo di pensare in modo chiaro. Secondo Maria Emanuela Piemontese, il pensare chiaro può essere ostacolato da diversi fattori. Due dei più rilevanti sono: non avere una conoscenza sufficiente dell’argomento, tanto da non riuscire a spiegare in modo semplice ciò che si vuole divulgare oppure, al polo opposto, avere troppa padronanza e sicurezza della materia, al punto tale da dimenticare i destinatari e le finalità della stessa comunicazione. In quest’ultimo caso il modo di scrivere è maggiormente influenzato dall’appartenenza ad un gruppo di specialisti, pertanto esso segue un discorso esclusivo e dedicato alla sola comunicazione tra esperti. Inoltre, se l’obiettivo della comunicazione, in particolare quella a scopi divulgativi, è quello di farsi capire, allora scrivere per il solo piacere di esibire il proprio sapere o per una qualche soddisfazione personale non sono azioni contemplate come accettabili.[22] Si tratta infatti di una modalità di produzione dei testi molto diversa dalle finalità del presente progetto, per il quale le voci di Wikipedia sono pensate per «trasmettere un preciso contenuto ad un certo destinatario al fine di raggiungere determinati scopi», considerando che «non esiste obiettivo più importante della chiarezza, brevità e precisione del testo».[23]

Le tecniche di scrittura, formulate da Maria Emanuela Piemontese nel suo libro Capire e farsi capire, sono pensate per supportare la produzione, a livello lessicale e sintattico, di scritti principalmente divulgativi e rappresentano il mezzo attraverso il quale realizzare testi di leggibilità e comprensibilità controllata. Nelle sezioni che seguono, infatti, compatibilmente con le indicazioni fornite da Wikipedia, ne presentiamo gli aspetti principali la cui applicabilità fa da riferimento per la scrittura di tutte le voci dell’enciclopedia, nell’ottica della semplificazione linguistica positivamente intesa dal presente progetto.[24]

  1. ^ Make technical articles understandable, su en.wikipedia.org.
  2. ^ Make technical articles understandable - Audience, su en.wikipedia.org.
  3. ^ Make technical articles understandable - Technical content assistance, su en.wikipedia.org.
  4. ^ Make technical articles understandable - Rules of thumb, su en.wikipedia.org.
  5. ^ Make technical articles understandable - Lead section, su en.wikipedia.org.
  6. ^ Maria Emanuela Piemontese, Capire e farsi capire. Teorie e tecniche della scrittura controllata, Napoli, Tecnodid, 1996, p. 6
  7. ^ Maria Emanuela Piemontese, Capire e farsi capire. Teorie e tecniche della scrittura controllata, Napoli, Tecnodid, 1996, pp. 9-10
  8. ^ Beniamino Placido, Abbasso il “facilese”, in La Repubblica, 3 gennaio 1987
  9. ^ Lucia Lumbelli, Fenomenologia dello scrivere chiaro, Roma, Editore Riuniti, 1989, pp. 3-30
  10. ^ Lucia Lumbelli, Fenomenologia dello scrivere chiaro, Roma, Editore Riuniti, 1989, p. 5
  11. ^ Tullio De Mauro, Guida all’uso delle parole, Roma, Editori Riuniti, 1980, p. 141
  12. ^ Lucia Lumbelli, Fenomenologia dello scrivere chiaro, Roma, Editore Riuniti, 1989, p. 6
  13. ^ Tullio De Mauro, Guida all’uso delle parole, Roma, Editori Riuniti, 1980, p. 138
  14. ^ Lucia Lumbelli, Fenomenologia dello scrivere chiaro, Roma, Editore Riuniti, 1989, p. 7
  15. ^ Piero Angela, A piedi nudi sul vetro, in La Repubblica, 7 gennaio 1987
  16. ^ Emanuele Djalma Vitali, Intervento in atti del secondo convegno su Il linguaggio della divulgazione, Roma, Selezione del Reader’s Digest, 1983, pp. 185-198
  17. ^ Lucia Lumbelli, Fenomenologia dello scrivere chiaro, Roma, Editore Riuniti, 1989, p. 13
  18. ^ Giuseppe Montalenti, Intervento in atti del secondo convegno su Il linguaggio della divulgazione, Roma, Selezione del Reader’s Digest, 1983, pp. 154-162
  19. ^ Lucia Lumbelli, Fenomenologia dello scrivere chiaro, Roma, Editore Riuniti, 1989, p. 14
  20. ^ Tullio De Mauro, Introduzione e conclusione in atti del secondo convegno su Il linguaggio della divulgazione, Roma, Selezione del Reader’s Digest, 1983, pp. 22-35 e 314-319
  21. ^ Tullio De Mauro, Guida all’uso delle parole, Roma, Editori Riuniti, 1980, p. 140
  22. ^ Maria Emanuela Piemontese, Capire e farsi capire. Teorie e tecniche della scrittura controllata, Napoli, Tecnodid, 1996, pp. 130-131
  23. ^ Maria Emanuela Piemontese, Capire e farsi capire. Teorie e tecniche della scrittura controllata, Napoli, Tecnodid, 1996, pp. 107 e 125
  24. ^ Per la trattazione completa delle tecniche di scrittura controllata si veda Maria Emanuela Piemontese, Capire e farsi capire. Teorie e tecniche della scrittura controllata, Napoli, Tecnodid, 1996, pp. 138-157
  • Beniamino Placido, Abbasso il "facilese", in La Repubblica, 3 gennaio 1987.
  • Emanuele Djalma Vitali (a cura di), Il linguaggio delle divulgazione, Atti del secondo convegno, Roma, Selezione del Reader’s Digest, 1983.
  • Giuseppe Montalenti (a cura di), Il linguaggio delle divulgazione, Atti del secondo convegno, Roma, Selezione del Reader’s Digest, 1983.
  • Lucia Lumbelli, Fenomenologia dello scrivere chiaro, Roma, Editori Riuniti, 1989.
  • Maria Emanuela Piemontese, Capire e farsi capire. Teorie e tecniche della scrittura controllata, Napoli, Tecnodid, 1996.
  • Piero Angela, A piedi nudi sul vetro, in La Repubblica, 7 gennaio 1987.
  • Tullio De Mauro, Guida all'uso delle parole, Roma, Editori Riuniti, 1980.
  • Tullio De Mauro (a cura di), Il linguaggio delle divulgazione, Atti del secondo convegno, Roma, Selezione del Reader’s Digest, 1983.