Utente:Jared Martino/Blue Whale Challenge

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Blue Whale (in russo Синий кит?, Siniy kit), noto anche come Blue Whale Challenge, è un fenomeno di internet risalente al 2016. Esso consisteva in una challenge[1] della durata di 50 giorni che prevedeva l'assegnamento ai partecipanti di una serie di prove da superare da parte dei cosiddetti "amministratori". Inizialmente innocua a modello delle numerose altre sfide circolanti nel web, finì per introdurre nelle proprie prove compiti estremi tra cui la commissione di autentici atti di autolesionismo fino ad arrivare, nell'ambito della sfida finale, a richiedere al partecipante di commettere il suicidio.[2]

Blue Whale iniziò a destare scalpore nel maggio 2016 quando un articolo pubblicato sul quotidiano russo Novaya Gazeta collegava numerosi episodi di suicidio di bambini e adolescenti apparentemente non correlati all'appartenenza al gruppo "F57" sul social network russo VKontakte. L'articolo, che generò in Russia un'ondata di panico morale, fu successivamente criticato e accusato di aver tentato di creare un nesso causale in realtà inesistente; seguirono numerose segnalazioni di suicidi collegati a Blue Whale ma nessuno di questi risultò essere frutto dell'attività del gruppo "F57".[3]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel novembre 2015 una sedicenne russa di nome Rina Palenkova[4] postò sul web un selfie accompagnato dalla didascalia "nya bye" prima di commettere il suicidio; la sua morte divenne subito oggetto di discussione in vari forum e gruppi di social network, dove si mescolò ad altri simili racconti dell'orrore e leggende metropolitane. Tuttavia, anche ulteriori e successivi casi di suicidio finirono presto per essere ricollegati ad una rete di gruppi web chiusi (che accomunavano persone malate di depressione e/o aspiranti suicidi)[5] simili a quelli della vicenda di Rina e ciò portò la giornalista russa Galina Mursaliyeva a scrivere un articolo, successivamente pubblicato nell'aprile 2016 sul periodico Novaya Gazeta, con cui per la prima volta veniva resa nota la diffusione di tali cosiddetti "gruppi della morte" in cui le vittime sarebbero stati spinte a togliersi la vita. L'articolo identificava i gruppi tramite il tag comune "F57", diffusi sul sito di social media russo VKontakte, e sosteneva avessero incitato al suicidio almeno 130 adolescenti.[6]

Al momento della pubblicazione l'articolo fu criticato per mancanza di dati attendibili. Ad esempio, il numero di adolescenti il cui suicidio era ritenuto riconducibile ai suddetti gruppi era stato suggerito dal padre di una delle vittime il quale, sulla base di proprie ricerche tra diversi media russi trattanti casi di adolescenti suicidi, giunse alla conclusione che 130 di questi fossero accomunati. Inoltre, la credibilità dell'articolo della Mursaliyeva era minato dal fatto che alcuni dei casi di cronaca richiamati presentavano circostanze tanto complesse da non renderne possibile un chiara conoscibilità della causa e, di conseguenza, un eventuale collegamento con altri casi di suicidio.[7]

Origini del termine[modifica | modifica wikitesto]

L'origine del termine, tradotto in italiano "balenottera azzurra", si riferirebbe ai comportamenti apparentemente immotivati di spiaggiamento e morte di questi cetacei; il rimando al fenomeno di Internet risiede nel compimento degli atti di autolesionismo e azioni pericolose per la propria incolumità da parte dei partecipanti alla sfida.[8] Il riferimento alla balena si estrinseca poi espressamente nel contenuto di alcune prove (ad es. disegnare una balena o incidersi una balena sul braccio con un rasoio).

Svolgimento[modifica | modifica wikitesto]

La sfida nasceva dalla semplice richiesta del futuro partecipante ad un altro soggetto (cosiddetto amministratore) in cui esprimeva la volontà di partecipare alla prova. Tale richiesta, che poteva essere rivolta per mezzo di diversi siti web o social network (in particolare VKontakte), dava vita ad un rapporto tra i suddetti nel quale l'amministratore, per un periodo di 50 giorni, comunicava quotidianamente al partecipante la prova che avrebbe dovuto sostenere nel corso di quel determinato giorno.

Inizialmente, le prove consistevano in azioni semplici e innocue (ad es. svegliarsi alle 4.20 di mattina o guardare un film horror); con il passare del tempo, tuttavia, le richieste degli amministratori cominciarono ad assumere i tratti di un vero e proprio incitamento all'autolesionismo (con correlato obbligo, talvolta, di documentare il tutto in rete) e, infine, al suicidio ("saltare da un edificio alto") nell'ambito dell'ultima sfida prevista per il cinquantesimo giorno.

Oltre agli atti di autolesionismo, tra le prove che i "giocatori" si ritrovavano a dover superare prima della sfida finale si può menzionare quella di guardare video psichedelici e dell'orrore tutto il giorno, ascoltare la musica inoltrata dall'amministratore, andare a correre di notte, recarsi sul cornicione di un palazzo (oppure di un ponte) e "stare lì per un po'", avere una conversazione con un'altra "balena" (un altro partecipante) su Skype, non parlare con nessuno per tutto il giorno, svegliarsi alle 4.20 di mattina e recarsi a visitare i binari di una stazione ferroviaria, tagliarsi il labbro, usare l'hashtag #i_am_whale sul proprio profilo VKontakte, passarsi un ago sulla mano per più volte, dirigersi sul tetto di un palazzo e rimanere con le gambe a penzoloni, incidersi con un rasoio il disegno di una balena sulla mano, procurarsi tagli generici sul braccio, sulle gambe o sulle mani e salire su una gru; la maggior parte delle prove doveva poi essere documentata tramite delle foto da destinare al proprio amministratore.[9][10]

Controversie[modifica | modifica wikitesto]

Numerose testate giornalistiche italiane e straniere hanno avanzato in più occasioni seri dubbi sulla veridicità del fenomeno Blue Whale.

La rivista Wired, fonte di più articoli a sfavore della sua attendibilità, asserisce che risulta infruttuoso e poco importante studiare il fenomeno in sé (le cui origini sono poi di difficile verificabilità) preferendo, invece, porre l'attenzione sulle singole vittime di suicidio e sulla componente di follia che le avrebbe spinte a compiere il gesto.[11]

Ancora, Vanity Fair, riprendendo a sua volta la rivista Huffington Post, spiega come le prove dell'esistenza del "gioco" non si riescano ad individuare e, anzi, si tratterebbe, come sostenuto dal Safer Internet Center, di « un falso sensazionalista lanciato nel maggio 2016 dai media russi » con l'intento del governo russo di limitare l'utilizzo dei social network.[12]

Infine, i sospetti dell'opinione pubblica italiana sulla vera natura di Blue Whale sono aumentati in seguito a un servizio condotto dal programma televisivo Le Iene andato in onda il 14 maggio 2017. Quest'ultimo era incentrato sul caso di suicidio di un sedicenne di Livorno che, secondo quanto riferito da un compagno di classe, aveva intrapreso una sfida online e ne sarebbero seguiti strani comportamenti fino alla commissione dell'estremo gesto.[13] Tuttavia, venne presto scoperto che parte dei filmati inclusi nel servizio, che ritraevano scene di suicidi in diretta e interviste a donne di nazionalità russa che sostenevano di aver perso i propri figli a causa di Blue Whale, erano in realtà dei falsi la cui attendibilità non era stata verificata.[14]

Altri poi, come la rivista Vita, sostengono che Blue Whale, più che rappresentare un fenomeno a sé, costituirebbe una motivazione consolatoria al ben più inspiegabile e agghiacciante fenomeno dei tanti giovani che scelgono di togliersi la vita.[15]

Nonostante Blue Whale venga considerata da più esperti una « bufala sensazionalistica », alcuni ritengono che abbia comunque avuto un ruolo rilevante nella diffusione di veri casi di autolesionismo e suicidio di allora.[16] Come riporta l'enciclopedia Treccani, «l’aspetto sociologicamente più rilevante del fenomeno, che assume la caratteristiche di una sorta di cyberbullismo estremo che insisterebbe su bassa autostima e fragilità, risiede nel fatto che – sia essa una pratica autentica o invece un’ossessione collettiva che incarna le ansie prodotte da un’esposizione incontrollata ai social network – esso fa perno sulla vulnerabilità dei soggetti coinvolti, appartenenti a una fascia d’età caratterizzata da insicurezza e instabilità emotiva [...]»[17]

Ad ogni modo, a prescindere dalla sua autenticità e dalla decrescita della sua notorietà sul finire del 2017, in risposta alla risonanza globale che il fenomeno, vero o fake news che fosse, aveva raggiunto, varie organizzazioni di tutto il mondo che lavorano per la sicurezza di Internet si attivarono con l'obiettivo di fornire ad adolescenti e adulti consigli utili ai fini della prevenzione del suicidio, della sicurezza online e del cyberbullismo.


Arresti[modifica | modifica wikitesto]

Philipp Budeikin, un ex studente di psicologia russo di ventuno anni espulso dalla sua università, affermò di aver inventato il "gioco" nel 2013. Secondo Budeikin, lo scopo era quello di «ripulire la società dagli scarti biologici». In particolare, le sue parole furono: «Ci sono le persone e gli scarti biologici. Io selezionavo gli scarti biologici, quelli più facilmente manipolabili, che avrebbero fatto solo danni a loro stessi e alla società. Li ho spinti al suicidio per purificare la nostra società»; ancora: «Ho fatto morire quelle adolescenti, ma erano felici di farlo. Per la prima volta avevo dato loro tutto quello che non avevano avuto nelle loro vite: calore, comprensione, importanza».[18]

Sebbene inizialmente si dichiarasse innocente e affermasse di "starsi solo divertendo", Budeikin è stato arrestato e detenuto nella prigione di Kresty, a San Pietroburgo, mentre nel maggio 2017 si è dichiarato colpevole di "incitamento al suicidio di almeno 16 ragazze adolescenti". [19] Tuttavia, l'opinionista e scrittore statunitense Benjamin Radford intende evidenziare come le storie sul coinvolgimento di Budeikin siano tutte collegate a fonti russe mentre i vari tabloid replicherebbero le medesime informazioni senza elaborazioni.[20]

Nel giugno 2017, un postino ventiseienne di nome Ilya Sidorov è stato arrestato a Mosca con l'accusa, confermata dalla sua confessione, di essere un amministratore in uno dei tanti "gruppi della morte" e di aver incoraggiato 32 minorenni a compiere atti di autolesionismo e a suicidarsi nell'ambito della sfida Blue Whale.Errore nelle note: L'apertura dell'etichetta <ref> non è corretta o ha un nome errato.

Nel giugno 2018, l'analista finanziario russo Nikita Nearonov è stato arrestato con l'accusa di essere un amministratore di Blue Whale. Egli avrebbe adescato 10 ragazze minorenni per condurle infine al suicidio, 2 delle quali, di 14 e 17 anni, sono sopravvissute. Dalla stampa russa Nearonov è stato descritto come un esperto di computer "molto in gamba" che disprezzava gli adolescenti credendo che fossero "malvagi" e che meritassero di morire. I rapporti della polizia affermano poi che il suo coinvolgimento nel "gioco" era un suo "passatempo".[21]

Presunti casi[modifica | modifica wikitesto]

Armenia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo i media armeni, la morte del quindicenne Hrachya Nersisyan, rinvenuto appeso ad un albero dopo due giorni di ricerche, sarebbe riconducibile a Blue Whale. Secondo il capo del dipartimento per la protezione dei diritti dei minori e la lotta alla violenza domestica del dipartimento principale per le indagini penali della polizia armena, Nelly Duryan, il segmento armeno di Internet sarebbe stato inondato di messaggi inerenti al "gioco" nel periodo della morte del giovane, sebbene non vi siano conclusioni definitive in merito. [22]

Bangladesh[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante le numerose notizie riportate dai media del Bangladesh che tenterebbero di collegare diversi casi di suicidio a Blue Whale, [23] [24] nessuno di questi fu ufficialmente confermato.

Nell'ottobre 2017 il ministro degli interni del Bangladesh Asaduzzaman Khan dichiarò che la Commissione di regolamentazione delle telecomunicazioni del Bangladesh (BTRC) era stata incaricata di indagare sulla sfida dopo varie segnalazioni di suicidio in tutto il paese. [25] [26] La BTRC aveva inoltre pubblicato un avviso invitando le persone a chiamare un numero specifico se si fossero rinvenuti collegamenti web o informazioni relative a Blue Whale. [27] [28]

Brasile[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante le molteplici notizie dei media brasiliani, che collegavano più casi di autolesionismo e suicidio infantile a Blue Whale, nessuna fu ufficialmente confermata. [29] [30] [31]

In risposta alla dannosa natura della sfida un designer e un agente pubblicitario di San Paolo crearono un movimento chiamato Baleia Rosa (Balena Rosa), [32] divenuto molto popolare, grazie alla collaborazione di centinaia di volontari. Esso si basava su compiti positivi finalizzati a valorizzare la vita e combattere la depressione. [33] Un altro movimento, il Capivara Amarela (capibara giallo), creato da Sandro Sanfelice, si proponeva di "combattere il gioco della balenottera azzurra" e guidare le persone in cerca di aiuto. I partecipanti erano separati in sfidanti, cioè le persone bisognose di assistenza, e guaritori. [34] Ancora, una scuola avventista nel sud del Paraná aveva cercato di risolvere la situazione proponendo un gioco di beneficenza chiamato Jonas Challenge (con riferimento al personaggio biblico Giona, che fu inghiottito da una balena e vomitato da essa tre giorni dopo). [35] Altri giochi creati in Brasile in risposta a Blue Whale furono Baleia Verde (Balena Verde) e Preguiça Azul (Bradipo Azzurro).

Nell'area metropolitana di Belo Horizonte e Recife molte scuole promossero conferenze per trattare il tema di Blue Whale. [36] Il 21 maggio 2017 venne annunciato che la polizia brasiliana specializzata in repressione del crimine ad alta tecnologia stava mettendo a punto una guida per mettere in guardia i giovani sui pericoli della sfida. [37]

Cina[modifica | modifica wikitesto]

Nel maggio 2017 Tencent, società che controlla il più grande portale di servizi Internet della Cina, chiuse 12 gruppi chat sospetti relativi a Blue Whale sulla sua piattaforma di messaggistica istantanea QQ preferendo anche che il numero di tale tipo di gruppi era in aumento. [38] I risultati di ricerca delle parole chiave correlate alla sfida furono anch'essi bloccati.

Egitto[modifica | modifica wikitesto]

Nell'aprile 2018 fonti egiziane affermarono che uno studente di 12 anni si era suicidato ingerendo compresse velenose per superare una delle sfide di Blue Whale. Secondo i media, egli sarebbe stato trovato con una cicatrice a forma di balenottera azzurra sul braccio destro. Come risposta alla crescente consapevolezza da parte dei media della pericolosità della sfida, il Gran Mufti d'Egitto Shawki Ibrahim Allam caricò un video sul proprio canale YouTube in cui affermava che essa era vietata dall'Islam. [39]

India[modifica | modifica wikitesto]

Per tutto il 2017 i media indiani riportarono diversi casi di suicidio adolescenziale, autolesionismo e tentato suicidio presumibilmente collegati a Blue Whale; [40] [41] [42] [43] in risposta, il ministero dell'elettronica e dell'informazione tecnologica chiesero che diverse società operanti in Internet (tra cui Google, Facebook e Yahoo! ) rimuovessero tutti i collegamenti che indirizzavano gli utenti alla sfida. [44] Di risposta alcuni accusarono il governo di fomentare un panico morale.

L'agenzia indiana di vigilanza di Internet, il Center for Internet and Society, accusò i media di diffondere e pubblicizzare un "gioco" sulla cui reale esistenza sussistevano poche prove [44] mentre la Corte Suprema chiese all'esecutivo di bandire il gioco; quest'ultimo rispose che non essendo Blue Whale un'applicazione non poteva essere vietata. [45] Per un certo periodo di tempo diversi provider di Internet bloccarono il social network russo VKontakte, dove si ritiene abbia avuto origine il fenomeno. [46]

Infine, nel gennaio 2018, al termine di un'indagine completa, il governo riferì che non vi erano prove che i casi di suicidio e autolesionismo in questione fossero riconducibili a Blue Whale, affermando: «il comitato ha analizzato le attività su Internet, le attività dei dispositivi, i registri delle chiamate e altre attività sui social media, altre prove forensi e ha anche interagito con le vittime soccorse associate a questi incidenti. Non è stato possibile stabilire il coinvolgimento del gioco Blue Whale in nessuno di questi casi". [47]

Iran[modifica | modifica wikitesto]

Nel settembre 2017 il ministero delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione iraniano pubblicò un messaggio tramite il suo account Instagram ufficiale per mettere in guardia genitori e insegnanti sulla diffusione della sfida della balenottera azzurra tra gli adolescenti iraniani. [48]

Italia[modifica | modifica wikitesto]

In Italia, il termine "Blue Whale" fece la sua prima apparizione in un articolo del quotidiano La Stampa il 3 giugno 2016 venendo descritto come "un brutto scherzo". [49] Il 14 maggio 2017 un servizio del programma televisivo Le Iene sul canale Italia 1 [50] trattava il caso del suicidio di un adolescente a Livorno. Il reportage mostrava diverse scene amatoriali di suicidio indicate erroneamente come prove di giovani che giocavano al "gioco". A seguito del servizio le voci in merito a Blue Whale aumentarono sensibilmente e così anche il numero delle ricerche sui motori di ricerca.

Tra il 15 e il 16 maggio 2017 i giornali annunciarono l'avvenuto arresto di Philipp Budeikin, omettendo di dire che esso era avvenuto mesi prima. Le sue dichiarazioni, pur non confermate, sulle sue presunte vittime come "spazzatura genetica" furono riportate come reali mentre Paolo Attivissimo, giornalista e smascheratore di bufale, descrisse Blue Whale come "un mito di morte pericolosamente esagerato dal giornalismo sensazionalista".

Come conseguenza alla crescente diffusione della sfida la polizia iniziò a ricevere continue chiamate da parte di genitori e insegnanti in preda al panico e numerose segnalazioni di adolescenti che vi avevano preso parte. Le segnalazioni includevano diversi casi di automutilazione e tentato suicidio ma la maggior parte di esse fu considerata falsa o esagerata. Presunti partecipanti furono segnalati da diverse parti d'Italia in città come Ravenna, [51] Brescia [52] e Siracusa. [53]

Il 22 maggio 2017 la Polizia Postale dichiarò di aver ricevuto 40 segnalazioni; due giorni dopo salirono a 70. Sul proprio sito la Polizia Postale definì Blue Whale come "una pratica che sembra provenire dalla Russia" fornendo consigli diretti a genitori e adolescenti. [54]

Israele[modifica | modifica wikitesto]

Nel luglio 2020 l'Ufficio Israeliano per la Protezione degli Adolescenti Online aveva annunciò di star collaborando con TikTok per "sradicare il fenomeno della balenottera azzurra". [55]

Russia[modifica | modifica wikitesto]

Nel marzo 2017 le autorità russe indagarono su circa 130 singoli casi di suicidio apparentemente legati al fenomeno. Nel febbraio di quell'anno un quindicenne e un sedicenne si gettarono dalla cima di un edificio di 14 piani presso la città di Irkutsk, in Siberia, dopo aver completato 50 compiti loro inviati; prima di lanciarsi essi avevano lasciato dei messaggi sulle rispettive pagine dei social network . [56] [57] Sempre a febbraio, una quindicenne fu rinvenuta in condizioni critiche dopo essersi gettata da un condominio ed essere caduta su un terreno innevato nella cittadina di Krasnoyarsk, sempre in Siberia. [58]

Il 26 maggio 2017, la Duma russa approvò un disegno di legge che introduceva la responsabilità penale per la creazione di gruppi incitanti al suicidio sui social media [59] mentre nel giugno il presidente Putin promulgò una legge che imponeva sanzioni penali in caso di induzione al suicidio di minori; [60]essa prevedeva una pena massima di sei anni di reclusione.

Arabia Saudita[modifica | modifica wikitesto]

Il 15 luglio 2018 la Commissione generale saudita per i media audiovisivi bandì 47 videogiochi, tra cui Roblox, Grand Theft Auto V, Assassin's Creed II e The Witcher 3: Wild Hunt, a causa di presunti collegamenti con Blue Whale in seguito al suicidio di due adolescenti che vi erano stati coinvolti. [61]

Tunisia[modifica | modifica wikitesto]

Il 12 marzo 2018 i genitori di sette bambini tunisini, i quali affermavano che i propri figli si erano tolti la vita a causa del" gioco", chiesero alla magistratura di vietare la sfida Blue Whale. Il tribunale di Sousse emise una sentenza provvisoria che vietava Blue Whale e un'altra pratica simile chiamata "Miriam". [62] [63]

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

  • Search Out, film thriller sudcoreano del 2020 scritto e diretto da Kwak Jeong basato su Blue Whale.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  [[Categoria:Giochi online]] [[Categoria:Fenomeni di Internet]] [[Categoria:Leggende metropolitane]] [[Categoria:Folclore]] [[Categoria:Bufale]] [[Categoria:Crimine informatico]]

  1. ^ challenge in Vocabolario - Treccani, su www.treccani.it. URL consultato il 27 novembre 2021.
  2. ^ Blue whale, ecco tutte le 50 regole del "gioco" dell'orrore, su ilGiornale.it, 15 maggio 2017. URL consultato il 27 novembre 2021.
  3. ^ "Vi racconto il dramma delle giovani vittime di Blue Whale", su Agi. URL consultato il 27 novembre 2021.
  4. ^ (EN) This Is How A Teenager's Suicide Sparked Panic Over "Blue Whale" Online Communities, su BuzzFeed News. URL consultato il 27 novembre 2021.
  5. ^ Blue Whale, una fake news per nascondere la verità?, su vita.it.
  6. ^ Blue Whale: il gioco che ha già portato al suicidio 130 adolescenti, su www.ilmessaggero.it. URL consultato il 27 novembre 2021.
  7. ^ (EN) Blue Whale: What is the truth behind an online 'suicide challenge'?, in BBC News, 13 gennaio 2019. URL consultato il 27 novembre 2021.
  8. ^ Blue whale nell'Enciclopedia Treccani, su www.treccani.it. URL consultato il 28 novembre 2021.
  9. ^ Blue whale, ecco tutte le 50 regole del "gioco" dell'orrore, su ilGiornale.it, 15 maggio 2017. URL consultato il 28 novembre 2021.
  10. ^ Blue Whale, tutto quello che c'è da sapere, su Nostrofiglio.it. URL consultato il 28 novembre 2021.
  11. ^ Condé Nast, Blue Whale e l'idiozia sempre connessa, su Wired Italia, 17 maggio 2017. URL consultato il 28 novembre 2021.
  12. ^ Condé Nast, E se Blue Whale fosse una bufala?, su Vanity Fair Italia, 18 maggio 2017. URL consultato il 28 novembre 2021.
  13. ^ Condé Nast, E se Blue Whale fosse una bufala?, su Vanity Fair Italia, 18 maggio 2017. URL consultato il 28 novembre 2021.
  14. ^ Blue Whale, Viviani ammette: "I video delle Iene erano falsi", su superEva, 8 giugno 2017. URL consultato il 28 novembre 2021.
  15. ^ Lorenzo Maria Alvaro, Blue Whale, una fake news per nascondere la verità?, su Vita, 17 maggio 2017. URL consultato il 28 novembre 2021.
  16. ^ (EN) Is the Blue Whale Game a hoax? What parents need to know, su Webwise.ie, 21 aprile 2016. URL consultato il 28 novembre 2021.
  17. ^ Blue whale nell'Enciclopedia Treccani, su www.treccani.it. URL consultato il 28 novembre 2021.
  18. ^ Blue Whale, arrestato l'ideatore: «Non mi pento di nulla, ho purificato la società», su www.ilmessaggero.it. URL consultato il 28 novembre 2021.
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  20. ^ Center for Inquiry, http://www.centerforinquiry.net/blogs/entry/the_arrest_and_conviction_of_blue_whale_game_svengali_filipp_budeykin/. URL consultato l'11 January 2018.
  21. ^ Who is the Blue Whale game ‘mastermind’ Nikita Nearonov and how many suicides has he been linked with?, su thesun.co.uk.
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