Utente:Elena Tartaglione/Sandbox2

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da Ə:

testo originario (in grassetto la parte che vorrei cambiare, il resto da riscrivere in italiano meno involuto)

Il simbolo è stato proposto come opzione per indicare una desinenza neutra delle parole, inesistente in italiano, che eviti di specificare il genere sessuale dei referenti, di far concordare desinenze maschili plurali (interpretate come maschile sovraesteso) con referenti plurali misti maschili e femminili, e per includere le persone che non si riconoscono nel binarismo di genere[1]. Interpellata sulla questione, l'Accademia della Crusca ha espresso un parere negativo rispetto a questa proposta'[2], spiegando che nelle lingue flessive il genere come categoria grammaticale non coincide necessariamente con le caratteristiche sessuali dei referenti, e invitando a un uso consapevole e non prevaricatorio del maschile plurale inteso come genere grammaticale non marcato.


Mia proposta

Dalla seconda metà degli anni 2010, il simbolo è stato proposto come opzione per indicare una desinenza neutra delle parole in italiano. A partire dalla constatazione che il genere neutro è assente in lingua italiana, secondo i proponenti questo uso dello scevà eviterebbe di specificare il genere sessuale dei referenti e di conseguenza la concordanza del plurale con la sola desinenza maschile, interpretata come maschile sovraesteso. I sostenitori della proposta indicano l'utilità dell'uso dello scevà sia per includere le persone che non si riconoscono nel binarismo di genere, sia nel caso di referenti plurali misti, ossia di plurali che indichino sia uomini che donne. Più in generale, secondo una visione femminista le varie alternative proposte per sostituire il maschile sovraesteso vanno interpretate come la volontà di dare maggiore visibilità alle donne, esplicitando la loro parte attiva della società[3]. Interpellata sulla questione, l'Accademia della Crusca si è espressa ritenendo la proposta ancora meno praticabile rispetto all'uso dell'asterisco[4], spiegando che nelle lingue flessive il genere come categoria grammaticale non coincide necessariamente con le caratteristiche sessuali dei referenti, e invitando a un uso consapevole e non prevaricatorio del maschile plurale inteso come genere grammaticale non marcato.

Perché voglio sostituire la frase in grassetto?

Perché l'Accademia della Crusca non è normativa, promuove una lingua in evoluzione, quindi quando si esprime non dà pareri positivi o negativi (come invece fa l'Accadémie française che considera il suo ruolo come normativo).


Da Elena

Dalla seconda metà degli anni 2010, il simbolo è stato proposto come opzione per indicare una desinenza neutra delle parole in italiano. A partire dalla constatazione che il genere neutro è assente in lingua italiana, secondo i proponenti questo uso dello scevà eviterebbe di specificare il genere sessuale dei referenti e di conseguenza la concordanza del plurale con la sola desinenza maschile, interpretata come maschile sovraesteso. I sostenitori della proposta indicano l'utilità dell'uso dello scevà sia per includere le persone che non si riconoscono nel binarismo di genere, sia nel caso di referenti plurali misti, ossia di plurali che indichino sia uomini che donne. Più in generale, secondo una visione femminista le varie alternative proposte per sostituire il maschile sovraesteso vanno interpretate come la volontà di dare maggiore visibilità alle donne, esplicitando la loro parte attiva della società. Interpellata sulla questione, l'Accademia della Crusca ha espresso un’opinione di indirizzo: a differenza di istituzioni come l’Académie Française o la Real Academia Española, l’istituto non si occupa di fornire un parere con effetto normativo. Suggerisce piuttosto un orientamento, che – in considerazione della costante evoluzione della lingua – è per sua natura provvisorio e non vincolante.  Attualmente l’Accademia della Crusca, nella sua attività di consulenza, ha affermato di ritenere la proposta ancora meno praticabile rispetto all'uso dell'asterisco [4], spiegando che nelle lingue flessive il genere come categoria grammaticale non coincide necessariamente con le caratteristiche sessuali dei referenti, e invitando a un uso consapevole e non prevaricatorio del maschile plurale inteso come genere grammaticale non marcato.

  1. ^ Chiara Zanini, Carə tuttə, il linguaggio inclusivo esiste. Perché non usarlo? Intervista a Vera Gheno, su thesubmarine.it, 3 agosto 2020. URL consultato il 18 gennaio 2022.
  2. ^ Paolo D'Achille, Un asterisco sul genere, su accademiadellacrusca.it, 24 settembre 2021. URL consultato il 18 gennaio 2022.
  3. ^ Chiara Zanini, Carə tuttə, il linguaggio inclusivo esiste. Perché non usarlo? Intervista a Vera Gheno, su thesubmarine.it, 3 agosto 2020. URL consultato il 18 gennaio 2022.
  4. ^ a b Paolo D'Achille, Un asterisco sul genere, su accademiadellacrusca.it, 24 settembre 2021. URL consultato il 18 gennaio 2022.