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Monte Cristo L'Aquila Abruzzo

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La chiesa di Santa Chiara d'Assisi e il monastero delle Clarisse[modifica | modifica wikitesto]

Esterno della Chiesa di Santa Chiara
Interno della Chiesa di Santa Chiara

Il monastero e la chiesa furono fondati nel 1260 da due Clarisse, compagne di Santa Chiara, grazie anche all'aiuto di Filippo Longo di Atri (costruttore anche del monastero dei Francescani in Atri), settimo discepolo del santo di Assisi e grande amico di santa Chiara. Nel corso del tempo tutto il monastero e la chiesa furono oggetto di diversi rifacimenti: il più importante fu quello avvenuto nel XVI secolo, quando i duchi Acquaviva modificarono sia la chiesa che il monastero, donando a quest'ultimo (come celle per le monache) le ex- scuderie che ormai non servivano più.

Se l'aspetto esteriore è quello conferitogli nel Cinquecento, non si può parlare così per quello interno: la chiesa subì le trasformazioni barocche, mentre i vari locali del monastero, tra cui il chiostro, il giardino e la grotta di Lourdes, furono ristrutturati e rimessi a nuovo dalle suore negli anni cinquanta del Novecento, dopo alcuni danni causati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. La facciata della chiesa è semplice, tipica del territorio, quasi schiacciata da un lato dalle mura del monastero, mentre dall'altro ha respiro grazie alla via che c'è; presenta un portale cinquecentesco di maestranze locali, mentre sul lato sinistro c'è un piccolo portale che presenta un'elaborata decorazione in ferro battuto con il calice e l'ostia. C'è anche un campanile a vela.

L'interno non è molto grande, a unica navata, ma ricco di sorprese. In fondo c'è l'altare maggiore (detto Cappella Maggiore) che "copre" la cella del Santissimo Sacramento. È un tripudio di stucchi, opera di colte maestranze locali del XVII secolo, con raffigurazioni di putti, medaglioni con Santa Caterina da Bologna, l'Immacolata e Gesù, oltre a due statue in stucco di san Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista. Tutto attorno alla nicchia con la statua lignea, di recente fattura, di Santa Chiara. Sul lato destro vi sono:

  • Altare dei tre santidel 1650, così chiamato perché la pala centrale raffigura appunto tre santi: Santo Stefano, San Lorenzo e san Pietro da Verona. L'altare è ricco di stucchi, attribuito a maestranze napoletane. La Pala centrale è preziosissima, opera della "Scuola degli Illuminati", la scuola di pittura aperta a Bologna dai Carracci.
  • Altare di San Gaetano da Thiene, realizzato nel 1766. Fu edificato sopra un altro, a spese di due clarisse, ricordate nell'iscrizione dell'altare. La doratura fu fatta in malo modo e perciò rifatta agli inizi del XIX secolo. Tutti gli stucchi sono di scuola napoletana, mentre la tela Madonna adorata da San Gaetano, opera del 1766 di Francesco De Mura e bottega, è copia della Madonna conservata in san Luca a Bologna, opera di Guido Reni: unica differenza il colore dell'abito del santo, che nel caso di Atri è nero.

Sempre sul lato destro un'iscrizione ricorda che nella chiesa fu sepolto Don Tracanna, parroco della vicina chiesa di san Nicola. Sul lato sinistro abbiamo:

  • Altare della Madonna delle Grazie, opera di modesti artisti locali del XVII secolo. Sull'altare c'è la statua in cartapesta del XVII secolo della Madonna delle Grazie, opera di scuola umbro- abruzzese. Ma l'opera più preziosa di questo altare è L'incoronazione di S.Agnese alla presenza di S.Chiara, opera del 1856 di Gennaro Della Monica, il noto pittore teramano. Sostituì una precedente tela ormai invecchiata.
  • Altare dell'Addolorata, della prima metà del XVIII secolo, con stucchi di scuola abruzzese. La nicchia, dove oggi c'è la statua vestita del Settecento, era un tempo occupato da una pala dipinta oggi conservata nel monastero. Alcuni riquadri sopra l'altare ospitano due tele di scuola napoletana della fine del Seicento.

Curiosità: tutti gli altari sono sormontati da "baldacchini" in legno con raffigurazioni di Dio e gli angeli. Da vedere, infine, le vetrate della ditta Camper e il pavimento realizzato nel 1852 dal veneziano Giovanni Pellarini. Il monastero, all'esterno, presenta un frammento di affresco del XVI secolo e un bassorilievo con lo stemma degli Acquaviva del 1460. Si entra e ci si trova in una grande stanza dove si trova un campanella, una grata e la "ruota girevole" dove fino a qualche secolo fa era uso mettere i bambini che erano poi presi dalle clarisse, mentre oggi si vengono a posare dolci, vestiti e cibo, mentre le suore ricambiano donando le ostie (sconsacrate) da loro preparate e alcuni buoni dolci. Gli altri locali del monastero non sono accessibili, perché riservati alle sole suore.

All'interno di alcuni locali sono conservate opere stupende e importanti, come: alcuni codici, con disegni del Settecento delle Clarisse[non chiaro]; un quadro del XIX secolo con la raffigurazione della Madonna che appare ad una clarissa (all'epoca della realizzazione era Suor Veronica de Petris;); una santa Chiara del Settecento, scuola napoletana; una tela con l'Addolorata del Seicento, attribuita a Carlo Dolci. Ma l'opera più importante è la Madonna del Rosario, modesta opera seicentesca di un artista locale, collocata nel Coro Superiore, a cui le suore sono molto devote. Tra la prima metà del XIX secolo e gli anni cinquanta del Novecento, il Monastero arrivò a situazioni di gravi difficoltà che ne stavano causando la chiusura. Soprattutto nel XIX secolo, con la soppressione dei monasteri da tutto l'Abruzzo si riversarono nel monastero di Atri le monache dei monasteri chiusi.

Le Clarisse di Atri temevano di fare la stessa fine ed erano preoccupate. Suor Veronica de Petris, la più preoccupata, decise di pregare la Madonna conservata nel Coro Superiore. La Madonna cominciò a parlare, dicendo che "se tutti i monasteri del mondo dovessero finire, questo qui, per te, non lo farò mai finire". E tutto ciò che ha detto si è avverato.

Pure dopo il secondo dopoguerra le suore non si diedero per vinte e ristrutturarono i loro locali. E oggi le Clarisse vivono nel monastero senza problemi, lavorando e pregando intensamente. Comunque, alla Madonna del monastero di Atri sono legate altre leggende, alcune delle quali parlano di briganti e ladri che fuggirono per intervento della Madonna. Altri locali interessanti sono il grande giardino, il chiostro e la Grotta di Lourdes. Interessante anche il presepe napoletano di fine Settecento, esposto in chiesa durante il periodo di Natale.

[[File:Atri - Chiesa della Madonna delle Grazie.jpg|thumb|Chiesa di Santa Maria delle Grazie in Cona]]

Le Clarisse di Atri

A mezzanotte, ad Atri, si sente suonare una campana, il suono proviene dall'antica costruzione annessa alla Chiesa di S. Chiara, dove vivono le Clarisse. Mentre la città dorme, diciannove suore di clausura si destano e uscendo in fila dalle loro celle, si recano in chiesa per recitare l'ufficio e pregare per gli altri. Un rituale vecchio di secoli, che si ripete ogni notte, al quale le suore si dedicano gioiose, per poi iniziare alle cinque la giornata con la Messa e con le consuete e numerose attività. Nel 1996 , la allora badessa Suor Maria Chiara Grillone, raccontò la dura storia del convento, fondato da una compagna di S. Chiara di passaggio ad Atri, molti secoli fa, provato dalle vicissitudini dell'ultima guerra, dal rischio di scomparsa della comunità per l'esiguo numero di suore rimaste e ristrutturato, grazie alla generosità dei Vescovi della Diocesi di Atri che hanno reso l'edificio confortevole. Ciò che riempie di gioia la vita solitaria delle suore di clausura è la completa donazione e fiducia nella Provvidenza. Lavorano, pregano e in occasione delle grandi feste annuali le monache preparano dolci famosi in tutto l'Abruzzo, offerti ai fedeli che in tali ricorrenze accorrono entusiasti alle grate del monastero per lo scambio di doni. Famosi sono anche alcuni piatti, (le cui ricette sono tenute in riserbo dalle religiose), come mostaccioli e maccheroni con le noci. Particolare cura viene dedicata al giardino, paragonato dallo scrittore Giovanni Verna, a quello di una reggia, pur non essendo stato mai avvicinato da un architetto o da un esperto floreale. Il suono puntuale e lento della campana di mezzanotte scandisce da sempre il momento dell'amore e della devozione di un piccolo gruppo di suore dedite al bene comune.

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