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La fondazione della città e la prima storia == ==

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Secondo il poeta greco Creofilo, la città sarebbe stata fondata, come aveva indicato un oracolo, nel luogo in cui “un pesce si sarebbe mostrato e dove li avrebbe condotti un cinghiale”[1]. Il territorio occupato da cittadina era costituito in gran parte da una vasta pianura alluvionale originata dal fiume Caistro[2], era protetto su tre lati da alcune catene montuose, e nelle vicinanze vi era un bosco, indicato come Ortygia, ricco di alberi di ogni genere, attraversato dal fiume Cencreios nelle cui acque, secondo la tradizione mitologica, Leto si era lavata dopo aver partorito i due gemelli, Apollo ed Artemide[3]. Strabone menziona, nella descrizione del territorio efesino, le paludi dette Selinusia, che grazie all’estrazione del sale ed alla pesca erano fonte di notevoli rendite per la città[4].

Efeso era inoltre fornita di un importante scalo portuale, sbocco delle principali vie carovaniere dell’Asia. Le fonti antiche parlano dell'esistenza “porto sacro”[5], che doveva trovarsi nelle immediate vicinanze del santuario, un altro scalo portuale esisteva molto probabilmente ai piedi del Coresso[6], Strabone, infine, menziona un porto detto Panormo[7].

Secondo l’Etymologicum Magnum il nome Efeso derivava da quello di una amazzone lidia che per prima aveva onorato Artemide e l’aveva qualificata come Efesia[8]. Secondo Pausania, Efeso era invece un figlio del fiume Caistro che, fondata la città, le aveva anche attribuito il suo nome. Non mancano altre spiegazioni: alcuni legavano la denominazione ad un episodio della spedizione di Ercole e Teseo in Lidia contro le Amazzoni, altri invece lo facevano derivare da un ‘locandiere’ lidio il quale accoglieva gli stranieri alla foce del Caistro. L a cittadina era conosciuta anche con altri nomi derivati dall’idea che le Amazzoni si erano stanziate nella zona in cui era stata fondata la città: è così indicata con il nome dell'Amazzone Smirne, o Samorna, da un’altra Amazzone, nome con cui la tradizione antica identificava probabilmente il primo insediamento greco[9], ma anche Sisirbe, Tracheia, Ortygia e Ptelea, ed ancora Amorges, con il quale essa era designata al tempo della guerra di Troia[10]

Dagli scritti degli Ittiti del XIV secolo a.C. si trovano informazioni sul regno di Akhhiyava, che si sa fu fondato nella zona di Mileto. Da queste informazioni risulta che un'importante città del regno fu Apasas; la poca distanza di Efeso da Mileto e la somiglianza fra il nome Apasas e il greco Efesos, secondo alcuni, dimostra che Efeso fu in origine Apasas. Il vasellame di terracotta, trovato nelle tombe del periodo miceneo, e i più antichi reperti storici di Efeso, sono del XV e XIV secolo a.C. Ciò dimostrerebbe che gli abitanti di Micene avevano rapporti con Apasas. Oltre agli elementi storico-archeologici, vi sono le leggende mitologiche e per esempio, secondo Strabone il nome Efeso deriverebbe da quello di una regina delle Amazzoni, le quali sarebbero le fondatrici della città.

Sempre Strabone [11] riferisce che Efeso fu fondata dagli Ioni guidati sulle coste dell’Anatolia da Androclo, figlio del leggendario re di Atene, Codro.

Efeso sotto i Lidi

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Morto il fondatore Efeso fu governata dai suoi discendenti fino all’avvento sul trono lidio di Creso, mantenendo ottimi rapporti con la dinastia dei Mermnadi che in questo periodo regnava sulla Lidia. Il primo sovrano con cui la polis entrò in contatto fu Gige il quale però non riuscì a difendere l’Artemision, principale tempio della città, dall’aggressione dei Cimmeri. Nel 652 Ligdami, re dei Cimmeri, attaccò infatti Efeso e diede alle fiamme il santuario, ma, come racconta il poeta Callimaco la dea si vendicò decimando nella palude sacra con una febbre gli uomini al seguito del capo cimmerio, mentre il tempio profanato fu ricostruito con il tesoro che gli invasori non erano riusciti a portar via[12].

Ristabilito l’ordine i Lidi, per controllare meglio la cittadinanza, favorirono l'insediamento nella polis di tiranni loro simpatizzanti. Sotto uno di questi, Pindaro, la città richiamò l’interesse di Creso il quale inviò un’ambasceria a chiedere la sottomissione di Efeso, ma la richiesta fu rifiutata da Pindaro il quale suggerì agli abitanti di porsi sotto la protezione di Artemide. Erodoto racconta che gli Efesini, per sottrarsi alla conquista, affidarono la polis alla dea e la collegarono il tempio, distante da essa sette stadi, alle mura cittadine con una fune. Creso, timoroso di commettere un sacrilegio, si piegò al volere della dea, non sottomettendo la città [13] e stipulando con essa dei patti che le garantirono una posizione privilegiata rimanendo anche porto reale Creso non usò violenza sugli abitanti, anzi li aiutò nella ricostruzione del tempio[14] e in una delle colonne utilizzate fece incidere il suo nome[15].Licenziò poi i suoi soldati mercenari e ritornò a Sardi, ma poco dopo perse la guerra che gli mosse Ciro e fu preso prigioniero. La guerra dei Persiani si estese alle città ioniche ed Efeso finì nelle loro mani. I persiani utilizzarono il porto e le navi di Efeso e imposero tasse gravose.


Dalla rivolta ionica fino a Filippo II

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Le città ioniche, stanche del dominio persiano, si coalizzarono e rivolsero le armi contro i Persiani. A questa lotta però non sembra partecipare Efeso che gode in questo periodo di una moderata indipendenza, almeno nella gestione degli affari interni tanto da introdurre l'ostracismo proprio a favore del partito filopersiano. Questo atteggiamento permise di conservare gli essenziali benefici commerciali e di mantenere alta la reputazione dell’Artemision che non subì alcuna spoliazione: Serse, crudele devastatore di santuari ellenici, si astenne infatti dal distruggere il tempio [16]. La liberazione dal dominio persiano si pose con forza alla fine delle guerre persiane. Gli Ateniesi accolsero l’invito degli Ioni e si presentarono come liberatori: Cimone assunse così il comando della spedizione e nel 470 liberò le poleis della costa, tra cui anche Efeso e che entrarono a far parte della lega delio-attica dove era tenuta al pagamento di un tributo in denaro[17]. Con il passare del tempo le città manifestarono insofferenza verso Atene e ciò permise ai Persiani di riguadagnare il controllo sulla regione e determinò lo scoppio della cosiddetta ‘guerra ionica’: Tissaferne incitò gli Efesini a ribellarsi contro gli Ateniesi affermando che la sua azione era condotta dietro richiesta della stessa dea efesina. Nel 410 lo stratego ateniese Trasillo tentò di recuperare Efeso attaccandola con una flotta, ma subì una pesante sconfitta davanti alla polis che era divenuta una delle principali basi militari persiane[18]. A ricordo di questa battaglia il satrapo sacrificò, secondo il rito persiano, sull’altare dell’Artemision; gli Efesini innalzarono due trofei nella pianura e ringraziarono Siracusani e Selinuntini, da poco aggregati con alcune navi alla flotta peloponnesiaca e mandati in loro aiuto[19].Dopo la sconfitta di Atene, i Lacedemoni inviarono subito una flotta sotto il comando di Lisandro ad Efeso, prescelta per la sua posizione strategica come principale base di appoggio della squadra navale peloponnesiaca in Asia Minore[20]. Questo determinò il ritiro dei Persiani, mentre Lisandro si dedicò alla fortificazione della cittadina che assunse l’aspetto di una vera e propria base militare[21]; con l’appoggio anche delle influenti famiglie efesine, Lisandro uscì vincitore dal conflitto e insediò in città un governo oligarchico che rimase al potere almeno fino al 396[22].

Cessata la guerra peloponnesiaca e rientrato Lisandro in patria, nel 403 gli Efesini furono nuovamente minacciati da Tissaferne ed inviarono ambasciatori a Sparta per chiederle di impedire il saccheggio del territorio: Efeso tornò ad essere utilizzata dai Lacedemoni come base militare principale[23]. Nella primavera del 395 fu radunato ad Efeso il nuovo esercito ed Agesilao per infondere coraggio ai soldati e porre la campagna militare sotto la protezione della dea, con le truppe vittoriose nei ginnasi offrì le corone agonali come ex-voto ad Artemide[24]. Come già aveva fatto Creso, partecipando ai lavori di ricostruzione dell’edificio, anche Agesilao volle proporsi come nuovo fondatore del tempio e progettò di sostituire le colonne con alcune ornate con il proprio nome[25]. L’offerta non fu però portata a termine a causa del precipitoso rientro in patria di Agesilao per lo scoppio della guerra corinzia. Per la sua posizione ed il suo ruolo nella Ionia Efeso, dopo la firma della pace di Antalcida, si trovò coinvolta nella serie di conflitti che tra il 365 ed il 360 videro scontrarsi diversi satrapi. Polieno riferisce che un cittadino di Efeso, desideroso di sostituire al governo oligarchico filopersiano un regime di tendenza democratica, aveva sottratto la polis alla tutela di Mausolo che si mosse contro di lui, ma trovò il popolo efesino restio ad accoglierlo[26]. L’incendio che nel 356 distrusse l’Artemision deve essere messo in relazione proprio con gli attacchi cari ed i tentativi di difesa della propria autonomia da parte dei cittadini. Gli storici antichi riferiscono che responsabile della distruzione del santuario fu Erostrato, che voleva compiere un gesto che eternasse il suo nome[27]. Sempre Polieno racconta che l’incerta situazione politica efesina spinse il Gran Re ad un intervento per frenare i tentativi dei cittadini per rendersi indipendenti. Autofradate, mascherandosi dietro finte trattative di pace, invitò gli arconti presso di lui per discutere sulle possibilità di una riconciliazione; invece approfittò della situazione per conquistare Efeso uccidendo molti degli abitanti e devastandola crudelmente[28]. Ripreso il controllo della cittadina, i Persiani vi insediarono il tiranno Syrface. Il suo regime autoritario condusse alla nascita di un partito filo-macedone, poiché la Macedonia appariva agli Efesini come l’unica potenza in grado di fornire loro l’aiuto necessario per recuperare l’autonomia.

Solo dopo essere uscito vittorioso a Cheronea nel 338 ed aver stipulato con i Greci un patto a Corinto, Filippo II si dedicò ai preparativi per la campagna militare in Asia[29]. Gli abitanti di Efeso si ribellarono subito e scacciarono Syrface, ristabilirono la democrazia e, in segno di riconoscenza nei confronti di Filippo, eressero una statua nel tempio[30]. Per quanto Parmenione ed Attalo fossero riusciti a creare nelle città ioniche un ambiente politico favorevole alla dinastia macedone, e governi democratici fossero stati insediati nelle varie città la situazione cambiò in breve tempo per l’improvvisa morte di Filippo. Efeso fu teatro di una controrivoluzione: gli oligarchici, approfittando del ritiro dei generali macedoni dopo la morte di Filippo, ripresero forza, scacciarono i democratici e favorirono il ritorno al governo della cittadina del tiranno Syrface e di suo figlio. Il despota strinse un patto con Memnone di Rodi il quale, giunto ad Efeso, con i suoi mercenari operò il saccheggio dell’Artemision e l’abbattimento della statua di Filippo[31].

Efeso sotto Alessandro Magno

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Nella guerra contro i Persiani Alessandro Magno entrò in Efeso e fu accolto come un dio, dopo la sua morte Efeso nel 313 a.C. cadde sotto il dominio di Kyldop in nome dei Macedoni, però gli scontri e le lotte di potere si estesero a tutta l'Anatolia per diversi anni e si alternarono a periodi brevi d'indipendenza, periodi di dominio di Pergamo, della repubblica romana, del regno del Ponto, e con la sconfitta ad opera dei Romani di Mitridate VI del Ponto, Efeso fu definitivamente sotto Roma.



  1. ^ Kreophilos von Ephesos, FGrHist, 417, F. 1.
  2. ^ G. RAGONE, La Ionia, l’Asia Minore, Cipro, in S. SETTIS (a cura di), I Greci. Storia Cultura Arte Società, 2,I, Torino 1998, p. 905 parla di un vero e proprio inseguimento del mare che ha condizionato la storia urbanistica di Efeso.
  3. ^ Strab., XIV 1,20 c. 639
  4. ^ Strab., XIV 1,26 c. 642
  5. ^ Kreophilos von Ephesos, FGrHist, 417, F. 1
  6. ^ Cfr. Hdt., V 100
  7. ^ Strab., XIV 1,20 c. 639
  8. ^ Cfr. Steph. Byz., s.v.‚ Efesos
  9. ^ Hesych., s.v. Artemis Samornie
  10. ^ Plin., n.h., V 115
  11. ^ Strab., XIV 1,3 cc. 632-633
  12. ^ Call., Hymn., III vv. 251-258
  13. ^ Hdt., I 26:
  14. ^ Hdt., I 92,1
  15. ^ Syll.3 6 = M.N. TOD, A Selection of Greek Historical Inscriptions, I, Oxford 1946, nr. 6.
  16. ^ Strab., XIV 1, 5 c. 634
  17. ^ Diod., XI 60
  18. ^ Thuc., VIII 5,5
  19. ^ Xen., Hell., I 2,10
  20. ^ Plut., Lys., 3,3
  21. ^ Diod., XIII 70
  22. ^ Xen., Hell., III 4,2
  23. ^ Xen., Hell., III 1,3-4
  24. ^ Xen., Hell., III 4,17; Xen., Ages., 1,27
  25. ^ IvEphesos 133
  26. ^ Polyaen., VII 23,2
  27. ^ Strab., XIV 1,22 c. 640; Val. Max., VIII 14,5
  28. ^ Polyaen., VII 27,2
  29. ^ Diod., XVI 91,2
  30. ^ Strab., XIV 1,22 c. 640; Val. Max., VIII 14,5; Curt., II 6.
  31. ^ Arr., Anab., I 17,11-12