Utente:Christian Allasino/Sandbox

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IL FASCISMO SECONDO NOLTE Nolte fornisce tre definizioni di fascismo. La prima è la definizione politica. Secondo Nolte, il fascismo è un antimarxismo che cerca di annientare l'avversario con metodi simili e si basa sull’autoriferimento nazionale. Per quanto riguarda il sistema economico e politico, fascismo e marxismo seguono degli orientamenti completamente opposti: l’uno, sorto come degenerazione sciovinista del movimento socialista, diventa una forza apertamente controrivoluzionaria, si allea coi grandi imprenditori per finanziarsi, organizza la società in corporazioni dominate dai grandi azionisti per impedire disordini sociali e vuole uno Stato fortemente centralizzato e all’occorrenza repressivo; l’altro si oppone alla proprietà privata dei mezzi di produzione ed ha come obiettivo finale la nascita di una società senza classi fondata interamente sulla collaborazione e l’abolizione dello Stato. Dunque, non esistono analogie tra i due sistemi politici, a meno che non si consideri il sistema repressivo istituito dai regimi stalinisti e dogmatici, passaggio che, tuttavia, non è scontato. Evidentemente, Nolte considera il socialismo reale come un sinonimo di marxismo. Non lo fa per errore, ma perché in malafede. È tipico della storiografia liberale ignorare totalmente il comunismo libertario ed equiparare ogni forma di comunismo. L’obiettivo è quello di far credere che mai sia esistito un comunismo dal volto umano. Ciò viene attuato utilizzando la parola “comunista” laddove sarebbe più corretto parlare della sua degenerazione bonapartista, ossia lo stalinismo/marxismo-leninismo dogmatico. Ad esempio, si parla di “regimi comunisti” dell’Europa dell’Est, e mai di regimi stalinisti, ed eventi come la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, individuati dallo storico britannico Eric Hobsbawm come conclusione del Secolo Breve, vengono considerati il fallimento del comunismo nella sua interezza, e non soltanto di una sua interpretazione errata. Altre volte, invece, quando si parla di totalitarismi, vengono equiparati fascismo e comunismo, laddove sarebbe preferibile paragonare soltanto i regimi nazista e staliniano, poiché sono esistite forme di fascismo e di comunismo diverse da quelle attuate da Hitler e da Stalin. Tuttavia, neanche il paragone tra nazismo e stalinismo regge. Infatti, il sistema concentrazionario nazista prevedeva lo sterminio programmatico, mentre quello staliniano -altrettanto atroce - prevedeva per lo più la morte per fame o per fatica. Inoltre, il lager venne progettato per il genocidio di un’intera popolazione, mentre nel gulag erano detenuti soltanto i prigionieri politici, oppure coloro che si opponevano alla collettivizzazione. In questo consiste la differenza qualitativa: nel primo caso si era destinati all’annientamento sin dalla nascita; nel secondo solo per la propria opposizione al regime. Inoltre, nel secondo caso vi era una possibilità – seppur minima – di tornare ad essere liberi, qualora si rinunciasse all’attività di opposizione o di sabotaggio ai piani di collettivizzazione. Alcune delle differenze qualitative tra nazismo e stalinismo furono evidenziate da Primo Levi ne “I sommersi e i salvati”. Vi è, poi, una differenza quantitativa: si è calcolato che nell’era staliniana nei gulag furono detenute circa 28,7 milioni di persone, e di queste - stando ai dati di "Gulag" di Anne Applebaum - ne morirono 2749163, a cui si devono aggiungere le 799.455 vittime delle fucilazioni, avvenute soprattutto all’epoca delle Grandi Purghe, ossia a partire dal 1936. La mortalità nei gulag, pertanto, sarebbe stata complessivamente del 9,58%. Molto alta, ma nulla a che vedere con quelle dei lager nazisti, che erano per la maggior parte campi di sterminio. Inoltre, bisogna ricordare che la mortalità salì al di sopra del 3% solo durante la guerra. Per avere un resoconto dettagliato sul numero di detenuti nei gulag, è sufficiente consultare il seguente sito: http://www.memorialitalia.it/archivio_mem/gulag/w2d3/v3/view/feltrinelli/gulag/cronologia/storiagulag--231/dettaglio3977.html?pagina=1. È interessante notare che la popolazione carceraria degli Stati Uniti d'America nel 2006 raggiunse i 7,2 milioni. Ciò significa che un americano su 32 si trovava sotto qualche forma di custodia. La cifra delle vittime dei gulag è spaventosa, ma bisogna considerare che il regime staliniano durò 29 anni, mentre ad Hitler furono sufficienti tre anni (dal 1942 al 1945) per sterminare 15-17 milioni di persone, tra cui 6 milioni di ebrei. A costoro bisogna aggiungere le vittime dei massacri delle Einsatzgruppen: circa 100000 nel massacro di Babij Jar (Ucraina, 29-30 settembre 1941), tra 70000 e 100000 nel massacro di Ponary (Lituania, luglio 1941-agosto 1944), circa 50000 nel massacro di Bronna Góra (Bielorussia, maggio-novembre 1942), tra 5000 e 7000 nel massacro di Liepaja (Lettonia, giugno-dicembre 1941), circa 25000 nei due massacri di Rumbula (Lettonia, 30 novembre 1941 e 8 dicembre 1941) e circa 25000 nel massacro di Gurka Połonka (Ucraina, agosto-dicembre 1942). Da questi dati risulta evidente che il caso del nazismo rappresenta un unicum non solo per le dimensioni dello sterminio, ma anche per le sue modalità. Per Nolte, il fascismo presuppone il marxismo come avversario e marxismo e fascismo sono ideologie dell’annientamento. Se da una parte Nolte ha ragione nell'affermare che il fascismo presuppone come avversario il marxismo, dall'altra l’avversario naturale del comunismo non è il fascismo, bensì il capitalismo. Anche il fascismo era nato come avversario del capitalismo, ma ben presto si oppose molto più aspramente al comunismo che al capitalismo. Del resto, la sua non era un’opposizione al capitalismo in sé, bensì al libero mercato, in favore del protezionismo e dell’autarchia. Considerare il fascismo ed il comunismo ideologie totalitarie o dell’annientamento è un altro aspetto tipico dello storico liberale. Questa interpretazione prende in considerazione – deliberatamente s’intende – soltanto il caso nazista e quello staliniano, e non le altre forme meno violente di fascismo e di comunismo. Il nazismo – non il fascismo in generale - fu senza dubbio un’ideologia dell’annientamento: esso aveva come obiettivo il predominio della “razza ariana” sulle altre razze inferiori e lo sterminio del popolo ebraico, attuato sistematicamente a partire dalla Conferenza di Wannsee del 1942 con la Endlösung der Judenfrage, ossia la soluzione finale. Lo stesso non si può dire dello stalinismo, che nasce come degenerazione bonapartista della rivoluzione bolscevica, perché nei gulag normalmente si trovavano soltanto prigionieri politici, e non intere popolazioni da sterminare. Qualche analogia può essere trovata, tuttavia, con la deportazione di intere popolazioni giudicate “infide” per natura, come i Tatari di Crimea, o nel primo piano quinquennale, che prevedeva lo sterminio dei kulaki come classe. Tuttavia, anche in questo caso, non era previsto lo sterminio di tutti i kulaki, ma solo di coloro che si opponevano alla collettivizzazione e al regime staliniano. In altre parole, si veniva puniti per motivi politici o perché ci si arricchiva a danno di altri, quasi mai per i propri natali. Secondo Nolte, il fascismo nacque con la “guerra civile europea”. Il concetto di “guerra civile europea” è perfetto per attuare una strumentalizzazione politica della Storia. Infatti, se si vuole scrivere un’apologia di un’ideologia, quale metodo è migliore di affermare che l’ideologia opposta si è macchiata degli stessi crimini in un periodo precedente? Per Nolte, il fascismo ebbe origine con Charles Maurras, fondatore dell’Action Française, che affermava “sono cattolico, ma sono ateo”. Questa frase dimostrerebbe l’esistenza di un fascismo rivoluzionario, poiché per Nolte anche i controrivoluzionari possono avere delle idee rivoluzionarie. Tuttavia, benché sia il fascismo sia il marxismo si dichiarino avversi al capitalismo, l’uno propone un ritorno ad un ruralismo che è stato superato con la rivoluzione industriale ed il protezionismo e l’autarchia in antitesi rispetto al liberismo, mentre l’altro, pur partendo sempre dalla collettivizzazione dell’agricoltura, vuole giungere ad una rapida industrializzazione che giovi a tutta la comunità. L’uno è un sistema politico conservatore, che vuole soltanto prevenire la lotta di classe tramite il corporativismo; l’altro è un sistema politico che ha come fine l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, delle classi ed infine dello Stato. In altre parole, l’uno è reazionario e guarda al passato; l’altro è rivoluzionario e guarda al futuro. Del resto, lo stesso Maurras era nazionalista, germanofobo, monarchico ed antisemita. Questo rende Maurras un reazionario più che un rivoluzionario e lo pone in antitesi anche rispetto al fascismo italiano delle origini, ossia il sansepolcrismo, rappresentato dai Fasci italiani di combattimento, che erano un movimento repubblicano, anticlericale e nazionalsindacalista. Tutt'al più, si può affermare che Maurras era vicino alle posizioni dei fascisti, poiché sostenne i regimi di Salazar, Mussolini, Franco e Pétain. Egli può essere considerato - insieme con Marinetti, D'Annunzio e molti altri intellettuali - un precursore del fascismo. Tuttavia, fondatore del fascismo fu senza alcun dubbio Benito Mussolini, mentre il suo teorico fu Giovanni Gentile, promotore del "Manifesto degli intellettuali fascisti" il 20 aprile 1925. La presenza di una componente rivoluzionaria nel fascismo - il cosiddetto "fascismo di sinistra" - è innegabile, tuttavia esso fu un fenomeno esclusivamente italiano e venne meno col passare degli anni. Nolte definisce Mussolini “il fondatore del socialismo italiano” in quanto direttore dell’Avanti. Tuttavia, non è sufficiente essere stati direttori dell'Avanti dal 1912 al 1914 per essere definiti fondatori del socialismo italiano. Fondatori del socialismo italiano possono essere considerati Antonio Labriola, Andrea Costa, Anna Kuliscioff, Filippo Turati, Leonida Bissolati e tutti i fondatori del Partito Socialista Italiano. Mussolini al massimo può essere considerato il fondatore della degenerazione sciovinista del socialismo, ossia il fascismo. Nolte afferma poi che Hitler era più simile a Maurras che a Mussolini per via dell’antisemitismo e che il nazismo rappresenterebbe la variante rivoluzionaria del fascismo. Senza dubbio, nel fascismo italiano delle origini non era presente alcun aspetto antisemita e infatti molti ebrei parteciparono alla marcia su Roma e sostennero il fascismo. Proprio per questo motivo, il nazionalsocialismo non può essere considerato una variante rivoluzionaria, ma piuttosto la degenerazione antisemita e ancor più reazionaria del fascismo. Del resto, lo stesso Mussolini, ancora il 6 settembre 1934, a Bari, si scagliava aspramente contro il nazionalsocialismo dichiarando: "Trenta secoli di storia ci permettono di guardare con sovrana pietà talune dottrine d'Oltralpe, sostenute dalla progenie di gente che ignorava la scrittura, con la quale tramandare i documenti della propria vita, nel tempo in cui Roma aveva Cesare, Virgilio e Augusto". Queste parole dimostrano che l'alleanza di Mussolini col Terzo Reich era esclusivamente strategica, anche se ciò non giustifica in alcun modo le leggi razziali italiane, che furono approvate dal governo italiano senza che Hitler l'avesse richiesto.


La seconda definizione di fascismo è quella storica. Nolte distingue tre tipi di fascismo: il protofascismo di Maurras, il “fascismo normale” di Mussolini ed il “fascismo radicale” di Hitler. Da un punto di vista ideologico, sarebbe più corretto distinguere sansepolcrismo, fascismo italiano, fascismi europei, franchismo e fascismo antisemita. Vi era un "nazismo rivoluzionario", ed era quello delle SA, i cui vertici, non a caso, quando erano diventate troppo pericolose, furono sterminati da Hitler nel corso della notte dei lunghi coltelli, tra il 30 giugno e il 1^ luglio del 1934.


Infine, la terza definizione è quella filosofica. Secondo Nolte, il fascismo radicale è un’opposizione violenta e militante alla trascendenza, ossia al carattere fondamentale dell’uomo che va sempre oltre se stesso, perché, come diceva Pascal, "L'uomo è infinitamente più grande dell'uomo". In realtà, il nazionalsocialismo - come ogni regime totalitario - non si oppose affatto alla trascendenza, anzi promise la creazione di un mondo nuovo e di una nuova umanità. Si potrebbe affermare che il nazionalsocialismo rappresentò la trasposizione della trascendenza sul piano del filone politico dell'utopia.


LA "GUERRA CIVILE EUROPEA" Secondo Nolte, tra il 1919 e il 1945 si ebbe una "guerra civile europea", nella quale due partiti si volevano eliminare reciprocamente. Come già spiegato in precedenza, il concetto serve per compiere una strumentalizzazione politica della storia. Senza alcun dubbio, il marxismo anticipò il fascismo, ma questo non significa che il fascismo fu soltanto una sua diretta conseguenza. Molte furono le cause che contribuirono alla nascita del fascismo, e prima tra tutte il nazionalismo scaturito dalla fine della prima guerra mondiale. Del resto, fu il fascismo a volere l'eliminazione del bolscevismo, pertanto fu il fascismo a scatenare la guerra civile. Teoricamente, gli schieramenti erano tre, ma - almeno inizialmente - il liberalismo sostenne l'ascesa del fascismo, sia in Italia (a tal punto che Angelo Tasca in "Nascita e avvento del fascismo" definì Giolitti "il Giovanni Battista del fascismo"), sia in Germania, dove il cancellierato di Hitler fu permesso dall'alleanza con il Deutschnationale Volkspartei e con il Deutsche Zentrumspartei. La seconda guerra mondiale, che in Nolte fa parte dell'ultima fase di questa guerra civile europea e che vide la collaborazione di liberalismo e bolscevismo, fu scatenata esclusivamente dall'invasione perpetrata da Hitler ai danni di Paesi neutrali, e non da motivazioni ideologiche. Se Hitler non avesse invaso la Polonia, probabilmente il suo regime sarebbe riuscito a sopravvivere. Vi era una volontà di eliminare il partito opposto solo unilateralmente, solo da parte di Hitler, anche perché l'Unione Sovietica di Stalin aveva ben altri problemi. Del resto, se ci fosse stata una guerra civile in corso, non sarebbe stato possibile firmare il Patto Molotov-von Ribbentropp. Evidentemente, però, entrambi i Paesi firmatari ritenevano che le questioni strategiche fossero più importanti di quelle ideologiche. Come prova a sostegno della sua tesi, Nolte pone il fatto che durante la seconda guerra mondiale vi fossero truppe ausiliarie a sostegno di entrambi gli schieramenti. Questo, tuttavia, non vuol dire assolutamente nulla, perché in ogni guerra vi sono combattenti che si arruolano volontari per la Libertà. O per lo meno per quella che loro considerano la libertà. Secondo Nolte, la guerra civile europea avrebbe avuto inizio con la guerra civile russa. È curioso il fatto che Nolte collochi questo conflitto soltanto nel biennio 1919-1920. Infatti, la guerra civile russa, che vide contrapposti non solo l'Armata Rossa e l'Armata Bianca sostenuta dalle potenze occidentali, ma anche l'Armata Nera di Nestor Machno e l'Armata Verde, ebbe inizio immediatamente dopo lo scoppio della rivoluzione d'ottobre, e terminò soltanto il 17 giugno 1923. Solitamente, la storiografia liberale non considera il conflitto nella sua interezza per minimizzare le conseguenze del Terrore Bianco e poter considerare il cosiddetto "Terrore Rosso" come un fenomeno totalmente separato, come una violenza rivoluzionaria ininterrotta. D'altra parte, lo storico Domenico Losurdo in "Stalin. Storia e critica di una leggenda nera" parla di ben tre guerre civili scoppiate nell'Unione Sovietica. Nel periodo che va dal 1919 al 1945, in Europa vi furono due sole guerre civili: la prima è quella spagnola, che va dall'alzamiento del 17 luglio 1936 al 1^ aprile 1939, e l'altra è quella italiana del 1943-1945. La prima vide un intervento dell'Unione Sovietica, delle Brigate Internazionali, del Terzo Reich e dell'Italia fascista; la seconda fu scatenata da cause esterne, ossia lo sbarco degli alleati in Sicilia e l'occupazione dell'Italia da parte dell'esercito nazista. Secondo Nolte, fu il parlamentarismo inglese a favorire l'industrializzazione. Tuttavia, il liberalismo non può essere considerato unica condizione alla base dell'industrializzazione, altrimenti non si spiegherebbe lo straordinario sviluppo dell'Unione Sovietica che si ebbe in epoca staliniana. A riconoscerlo è lo stesso Nolte, che definisce lo stalinismo una "dittatura di sviluppo", e cita a questo proposito una frase di Stalin: "Se rimaniamo indietro, saremo distrutti". Nolte afferma che l'URSS staliniana, finalizzata ad una rapida industrializzazione, godette di simpatie liberali, e questo è confermato anche da Domenico Losurdo in "Stalin. Storia e critica di una leggenda nera". Secondo Nolte, anche il fascismo italiano fu una dittatura di sviluppo, e ciò sarebbe dimostrato dalla battaglia del grano e dalle bonifiche avviate da Mussolini. Il fascismo italiano fu senza dubbio una dittatura di sviluppo, tuttavia esso non ebbe gli effetti dell'industrializzazione a tappe forzate avviata nell'URSS staliniana, e lasciò il Paese in una condizione di arretratezza dal punto di vista industriale. In altre parole, lo sviluppo promesso da Mussolini era improntato maggiormente sull'autarchia, sull'importanza dell'agricoltura e sul predominio del grano sulle colture specializzate. Per quanto riguarda il nazismo, invece, Nolte afferma che la Germania era già un Paese fortemente industrializzato, pertanto Hitler si limitò a riportare in attività l'industria. Senza dubbio, ciò è dimostrato dall'aumento della produzione che avvenne dal 1933 al 1944. Nolte mette in relazione il concetto di "dittatura di sviluppo" con la via asiatica alla modernizzazione. Pertanto, contraddicendo quanto affermato in precedenza sul parlamentarismo, egli afferma una sacrosanta verità: esistono altre forme di modernizzazione oltre a quella liberale. In particolare, il nazismo, facendo presa sul concetto di ruralità e sui contadini, avrebbe rappresentato un'altra modernizzazione, contrapposta a quella "falsa" rappresentata dai bolscevichi, che Hitler identificava con gli ebrei. Anche questa volta, Nolte si contraddice, ricordando quanto il nazismo fosse legato alle tradizioni e alla ruralità più che alle idee rivoluzionarie. Senza dubbio, anche i piani quinquennali sovietici rappresentavano un'altra forma di modernizzazione, ma è altrettanto innegabile che per Hitler essa non era diversa da quella liberale e che bolscevichi ed ebrei nella mente di Hitler erano la stessa cosa. Nolte, contraddicendosi di nuovo, afferma poi che il fascismo ed il nazismo avevano intenzioni e metodi diversi, come dimostrato dalla presenza di ebrei nella marcia su Roma. Anzi, egli sostiene che se Hitler non fosse stato antisemita, probabilmente avrebbe avuto a sua volta dei sostenitori ebrei. Tuttavia, se Hitler non fosse stato antisemita, non sarebbe stato Hitler, e la storia non si fa mai con i ma e con i se.


ANTIGIUDAISMO E ANTISEMITISMO Questa rappresenta indubbiamente la parte più interessante e condivisibile della ricerca storica di Nolte. Egli considera l'antigiudaismo un conflitto necessario tra la religione più giovane e quella più antica ed il cristianesimo come una forma totalmente diversa di giudaismo. Nolte mette in relazione l'antigiudaismo con lo scontro tra sunniti e sciiti e per spiegare la differenza tra antigiudaismo ed antisemitismo afferma che i cristiani lasciarono sempre agli ebrei la possibilità di salvarsi convertendosi al cristianesimo, anche se vi era chi affermava che convertire un ebreo al cristianesimo era come lavare un pidocchio. Nolte afferma poi che i pogrom avevano natura economica, non religiosa. In quel caso contribuirono anche l'antisemitismo ed il pregiudizio nei confronti degli ebrei tipici dell'epoca, tuttavia questi pregiudizi erano nati proprio per motivi economici. Nell'"antisemitismo razziale", invece, in modo totalmente differente rispetto all'antigiudaismo cristiano, gli ebrei vengono eliminati per la loro origine.


L'ARCIPELAGO GULAG E AUSCHWITZ Nolte afferma che vi sono delle analogie, ovvero delle similitudini, tra i gulag e Auschwitz. Secondo Nolte, il nesso causale che unisce i gulag ai lager nazisti non è diretto, ma è mediato dalla mente di Hitler: "Se nella testa di Adolf Hitler non si fosse formata l'idea secondo la quale gli ebrei erano responsabili dei gulag e del cosiddetto Terrore Rosso del 1919 e 1920, non ci sarebbe potuta essere Auschwitz". La causa dei lager, pertanto, non sarebbe da individuare in un dato reale, bensì in un processo mentale errato, conditio sine qua non di Auschwitz. Sicuramente, c'è qualcosa di vero in queste parole: Hitler era davvero convinto che gli ebrei fossero responsabili della nascita del bolscevismo, tuttavia non si possono mettere sullo stesso piano il Terrore Rosso ed i gulag. Del resto, Hitler individuava l'avversario nel bolscevismo/giudaismo - per Hitler le due parole coincidono - in sé, e non nei crimini di cui si era reso responsabile, riguardo ai quali all'epoca era impossibile essere informati. Nolte afferma che benché le idee di Hitler non avessero alcun fondamento, molti personaggi di origine ebraica parteciparono alla rivoluzione d'ottobre. In altre parole, Hitler avrebbe scambiato una delle cause della rivoluzione d'ottobre per la causa. Tuttavia, sarebbe sbagliato anche individuare il sionismo come una delle cause. Infatti, il popolo russo chiedeva soltanto pace, potere ai soviet e redistribuzione delle terre. Così potrebbero essere riassunte le cause della rivoluzione d'ottobre. Affermando che il sionismo fu una delle cause della rivoluzione d'ottobre si rischia di sfociare nel complottismo becero di matrice antisemita che sta tornando a diffondersi negli ultimi anni. Interessante, comunque, il fatto che Moses Hess, citato da Nolte come precursore del sionismo, considerasse il socialismo "una forma di moseismo". Secondo Nolte, le idee di Hitler non devono essere valutate come prodotto di una mente folle. Si tratta, anche in questo caso, di un sacrosanto principio: non si possono valutare le decisioni politiche di un uomo basandosi sulla morale. Lo diceva già Machiavelli ne "Il principe" parlando di autonormatività della politica. Solo così si potrà avere una visione oggettiva della storia. Nolte considera la Shoah una "μεταβασις εις αλλο γενος", un passaggio a qualcosa di diverso, umano anche se ingiusto. E indubbiamente anche in questo caso Nolte ha ragione. "Gli uomini sono per natura ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, avidi e cupidi di guadagno [...] e sdimenticano prima la morte del padre che la perdita del patrimonio". Di nuovo, lo diceva Machiavelli ne "Il principe".


IL RAPPORTO TRA COMUNISMO E FASCISMO Nolte afferma che tra il 1926 e il 1927 era imminente la guerra tra l'URSS ed il Regno Unito, coi conservatori al potere, come in Francia, tutte forze connesse all'industrializzazione. Pertanto, senza il Partito Comunista di Germania, il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori non sarebbe esistito, o sarebbe rimasto un "partito tra i partiti". Questa interpretazione sottovaluta le altre cause che permisero la nascita del nazismo, tra le quali il ritorno del nazionalismo, la crisi economica e la collaborazione del Deutschnationale Volkspartei e del Deutsche Zentrumspartei. Secondo Nolte, l'obiettivo della componente del socialismo nazionale sarebbe stato quello di impedire lo sviluppo "britannico". La teoria secondo la quale l'ascesa del nazionalsocialismo sarebbe stata resa possibile dalla radicalizzazione della politica serve soltanto per compiere un'apologia del liberalismo: se le forze liberali avessero voluto davvero opporsi al nazionalsocialismo avrebbero potuto collaborare col Partito Comunista di Germania, oppure opporsi ai decreti dell'incendio del Reichstag e dei pieni poteri. Evidentemente, però, era più conveniente sostenere i nazionalsocialisti in funzione anticomunista. Nolte afferma poi che in Germania ci si occupa solo dei crimini del nazismo, e non di quelli del comunismo. Pare, invece, che proprio in questi anni stiano tornando in auge l'apologia di fascismo ed il negazionismo, soprattutto ad opera del Partito Nazionaldemocratico di Germania.


NOLTE ED HOBSBAWM Interrogato sul suo pensiero riguardo a "Il secolo breve" dello storico britannico Eric Hobsbawm, Nolte risponde di averlo incluso nell'articolo "Storiografia filosofica oggi". Secondo Nolte, il libro di Hobsbawm è ricco di dettagli, ma non è improntato totalmente sull'oggettività storica. Hobsbawm, insomma, dovrebbe mantenere una certa distanza ideologica dagli eventi di cui parla, perché secondo Nolte il crollo del comunismo era già "programmato" ed il comunismo non possiede la verità assoluta. Nolte afferma: "La mia passione combatte la possibilità che la passione politica conquisti nella scienza il predominio: è una passione che considera importante l'oggettività, la presa di distanza, tanto da divenire passionale quando questo viene messo in questione (passione antiideologica)". Tuttavia, quella che Nolte considera una "presa di distanza" - dalle forme che egli considera estreme, ossia comunismo e fascismo - è pur sempre una presa di posizione. Pertanto, la sua è soltanto una pretesa di oggettività da parte di uno storico che è dichiaratamente liberale. Del resto, non esiste una storiografia totalmente oggettiva, ossia non influenzata dall'ideologia politica, poiché, come ci insegna Gramsci, vivere vuol dire essere partigiani.


GIAN ENRICO RUSCONI SU NOLTE Riguardo a Nolte, Gian Enrico Rusconi ha affermato: "Indubbio riconoscimento da lui ottenuto per aver dato centralità storica ai crimini stalinisti, per aver rotto la predominanza esclusiva del paradigma antifascista in molta cultura storiografica (quanto meno quella di ascendenza comunista), per aver assegnato pari dignità al paradigma storico anticomunista, andando ben al di là della classica dottrina storica del totalitarismo". Se da un lato l'opera di Nolte risulta fondamentale per la storiografia contemporanea per aver aperto la historikerstreit, dall'altro una ricerca storica fondata interamente sull'anticomunismo dell'autore non può avere alcuna pretesa di oggettività. È sacrosanto ricordare i crimini commessi dai regimi che si autodichiaravano comunisti,a sempre facendo le dovute distinzioni sia rispetto alle forme di marxismo libertario, sia rispetto al nazismo. La Shoah rappresenta un unicum sia per le dimensioni della strage, sia per le sue modalità, anche se si possono ritrovare analogie con vari periodi storici e con vari Paesi (sterminio delle civiltà precolombiane, sterminio degli indigeni del Nordamerica, Congo belga, colonialismo, genocidio degli armeni, gulag ecc.). Si spera che rimanga tale.