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La retta L tangente in P al grafico della funzione ha pendenza data dalla derivata della funzione in P

In matematica, la derivata è la misura di quanto il valore di una funzione cambi al variare del suo argomento. In altre parole, la derivata può essere pensata come la misura di quanto una quantità cambi al variare di un seconda: per esempio, la derivata della posizione di un'automobile rispetto al tempo rappresenta la sua velocità istantanea.

La derivata di una funzione è un concetto puntuale, ovvero si calcola punto per punto. Nel caso di funzioni a valori reali, essa è la pendenza della tangente al grafico della funzione in quel punto e ne rappresenta la migliore approssimazione lineare. Nel caso in cui la derivata esista in ogni punto del suo dominio, ovvero quando la funzione è derivabile, si può vedere la derivata come anch'essa una funzione, che associa ad ogni punto proprio la derivata in quel punto.

Il concetto di derivata è, insieme a quello di integrale, uno dei cardini dell'analisi matematica e del calcolo infinitesimale.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La derivata di una funzione in un punto è il coefficiente angolare della retta tangente alla curva nel punto. Si tratta quindi di un numero che misura la pendenza della retta tangente.

La derivata di una funzione in un punto è il valore del coefficiente angolare della retta tangente alla curva nel punto, ovvero la tangente trigonometrica dell'angolo formato dalla tangente in un punto della curva di equazione e l'asse delle ascisse. Se la derivata è uguale a zero la retta tangente alla curva di equazione risulta parallela all'asse delle ascisse, mentre se la derivata tende a infinito la retta tangente alla curva di equazione è parallela all'asse delle ordinate. La funzione derivata si ricava con una serie di operazioni algebriche note come regole di derivazione, applicabili universalmente a tutte le funzioni derivabili.

Nel caso di funzioni di più variabili la tangente in un punto alla curva della funzione non è unica, ma varia a seconda della direzione scelta. Non si può più quindi definire una sola funzione delle stesse variabili indipendenti che renda conto della pendenza del grafico della funzione in un punto: si ricorre allora alle derivate parziali della funzione, ovvero ai coefficienti angolari di tangenti considerate lungo direzioni parallele agli assi che rappresentano le variabili indipendenti. Le derivate parziali sono in numero pari alle variabili stesse, ed una loro notevole proprietà è che se la funzione è sufficientemente "regolare" (cioè differenziabile) è possibile calcolarne la tangente lungo una direzione qualunque con una combinazione lineare delle derivate parziali stesse. Questo è possibile perché l'operatore di derivazione è un operatore lineare, e quindi la derivata di una combinazione lineare di funzioni derivabili è la combinazione lineare delle derivate delle singole funzioni, e la derivata del prodotto di uno scalare per una funzione è il prodotto dello scalare per la derivata della funzione.

Definizione[modifica | modifica wikitesto]

La nozione di derivata si introduce, nel caso più semplice, considerando una funzione reale di variabile reale ed un punto del suo dominio. La derivata di in è definita come il numero pari al limite del rapporto incrementale al tendere a 0 dell'incremento, sotto l'ipotesi che tale limite esista e sia finito. In modo esplicito, detto l'incremento, una funzione definita in un intorno di si dice derivabile nel punto se esiste ed è finito il limite:

ed il valore di questo limite è la derivata della funzione nel punto . Se la funzione è derivabile in ogni punto di un dato intervallo , allora si dice che essa è derivabile in e la funzione che associa ad ogni punto la derivata di è la funzione derivata di .

Nonostante il caso più semplice sia quello delle funzioni reali, la definizione di derivata trova l'ambientazione più naturale nel campo complesso, dove prende il nome di derivata complessa.[1] Detto un sottoinsieme aperto del piano complesso , una funzione complessa è differenziabile in senso complesso in un punto se esiste il limite:[2]

Tale limite va inteso in relazione alla topologia del piano. In altre parole, per ogni successione di numeri complessi che convergono a il rapporto incrementale deve tendere allo stesso numero, indicato con . Se è differenziabile in senso complesso in ogni punto essa è una funzione olomorfa su .

La relazione tra la differenziabilità di funzioni reali e funzioni complesse è data dal fatto che se una funzione complessa:

è olomorfa allora e possiedono derivata parziale prima rispetto a e e soddisfano le equazioni di Cauchy-Riemann:[3]

In modo equivalente, la derivata di Wirtinger di rispetto al complesso coniugato di è nulla.

Derivata parziale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Derivata parziale.

La nozione di derivata si può estendere al caso di una funzione di più variabili. Qualora si voglia considerare l'incremento della funzione rispetto ad una sola variabile, la derivata calcolata con il rapporto incrementale rispetto alla variabile è la derivata parziale della funzione rispetto a tale variabile. In generale, si consideri una funzione vettoriale di più variabili definita su un insieme aperto dello spazio euclideo . Dette e le basi canoniche di e rispettivamente, la funzione può essere scritta nel seguente modo:

La componente i-esima della funzione è allora:

Si definisce derivata parziale di rispetto alla variabile il limite:[4]

Tale limite è a volte chiamato limite del rapporto incrementale di nel punto , e viene denotato anche con . La derivata parziale di una funzione, o nel caso di funzione vettoriale di una sua componente, si effettua quindi considerando le variabili diverse da quella rispetto a cui si vuole derivare come costanti e calcolandone il rapporto incrementale.

Derivata direzionale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Derivata direzionale.

La derivata direzionale di una funzione scalare lungo un vettore unitario è la funzione definita dal limite:

Se la funzione è differenziabile in , allora la derivata direzionale esiste lungo ogni vettore unitario e si ha:[5]

dove al secondo membro rappresenta il gradiente e il prodotto scalare euclideo. In ogni punto la derivata direzionale di rappresenta la variazione di lungo nel punto .

Ad esempio, si consideri una funzione di due variabili , con un insieme aperto. Dato un vettore unitario , la derivata direzionale rispetto a di nel punto è data da:

la derivata esiste se il limite è finito. La derivata parziale è pertanto un caso particolare di derivata direzionale. Usando questo concetto si può definire la derivata parziale come:

con , ovvero il versore esimo, cioè quel vettore che ha tutte le componenti nulle tranne la esima.

Derivata totale e differenziabilità[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Derivata totale e Funzione differenziabile.
Una funzione da in è derivabile in un punto se è approssimabile vicino a quel punto da una retta. Tale retta deve quindi essere tangente al grafico della funzione. Questa nozione si estende in dimensioni arbitrarie, e prende il nome di funzione differenziabile.

Una funzione differenziabile in un punto è una funzione che può essere approssimata da una trasformazione lineare nel punto. Affinché ciò si verifichi è necessario che tutte le derivate parziali calcolate nel punto esistano, cioè se è differenziabile allora è derivabile nel punto poiché esistono finiti i limiti dei rapporti incrementali direzionali. Il concetto di differenziabilità permette di generalizzare il concetto di funzione derivabile a funzioni vettoriali di variabile vettoriale, e la differenziabilità di una funzione permette di individuare per ogni punto del suo grafico un iperpiano tangente.

Una funzione definita su un insieme aperto dello spazio euclideo è detta differenziabile in un punto del dominio se esiste una applicazione lineare tale che valga l'approssimazione:

dove si annulla all'annullarsi dell'incremento . Tale condizione si può scrivere in modo equivalente:

Se la funzione è differenziabile in , l'applicazione è rappresentata dalla matrice jacobiana .

Il vettore:

si chiama differenziale di in ed viene detto derivata totale della funzione .

La funzione è infine differenziabile se lo è in ogni punto del dominio.[6] In particolare, il teorema del differenziale totale afferma che una funzione è differenziabile in un punto se tutte le derivate parziali esistono in un intorno del punto per ogni componente della funzione e se sono inoltre funzioni continue. Se inoltre l'applicazione che associa a è continua, la funzione si dice differenziabile con continuità.[7]

Nel caso di una funzione di una variabile definita su un intervallo aperto dell'asse reale, essa è detta differenziabile in se esiste un'applicazione lineare tale che:[8]

ed in tal caso si ha:

Matrice jacobiana[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Matrice jacobiana.

Si ricorre frequentamente alla rappresentazione in forma matriciale delle derivate parziali di una funzione. La jacobiana di in è la matrice associata all'applicazione lineare rispetto alle basi canoniche di e :

In particolare, dette:

le basi canoniche di e rispettivamente, il j-esimo vettore colonna della matrice jacobiana è dato da:

E dunque si ha:[9]

A seconda delle dimensioni e , il jacobiano ha diverse interpretazioni geometriche:

  • Se , la matrice jacobiana si riduce ad un vettore -dimensionale, chiamato gradiente di in . In tal caso si ha:
Il gradiente indica la direzione di "massima pendenza" del grafico della funzione nel punto.
  • Se , la funzione parametrizza una curva in , il suo differenziale è una funzione che definisce la direzione della retta tangente alla curva nel punto.
  • Se , la condizione di differenziabilità coincide con la condizione di derivabilità. La matrice jacobiana si riduce ad un numero, pari alla derivata.

Gradiente[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Gradiente.

Il gradiente di una funzione differenziabile è un campo vettoriale che in ogni punto dello spazio consente di calcolare la derivata direzionale di nella direzione di un generico vettore tramite il prodotto scalare tra ed il gradiente della funzione nel punto. Nel caso di un sistema di riferimento cartesiano il gradiente di è il vettore che ha per componenti le derivate parziali prime calcolate nel punto:

dove , e sono i versori lungo gli assi.

In un contesto più generale, per una funzione liscia definita su una varietà riemanniana il gradiente è il campo vettoriale tale che per un qualsiasi campo vettoriale si ha:

dove indica il prodotto interno (definito dalla metrica ) tra vettori tangenti la varietà nel punto , mentre è la funzione che ad ogni punto associa la derivata direzionale di nella direzione valutata in . In modo equivalente, data una carta definita su un aperto in a valori in , la funzione è data da:

dove è la j-esima componente di nella carta considerata. Quindi la forma locale del gradiente è:

Generalizzando il caso , il gradiente di una funzione si relaziona con la sua derivata esterna nel seguente modo:

Si tratta di un caso particolare (quello in cui la metrica è quella "piatta" data dal prodotto interno) della seguente definizione. Il gradiente è il campo vettoriale associato alla 1-forma differenziale usando l'isomorfismo musicale:

definito dalla metrica .

Notazioni[modifica | modifica wikitesto]

La prima notazione di derivata nel punto x0 che compare storicamente è:

ancora oggi usata in fisica. In alternativa, secondo la notazione di Lagrange viene indicata con:

secondo la notazione di Cauchy - Eulero con:

secondo la notazione di Leibniz con:

e secondo la notazione di Newton con:

Derivata destra e derivata sinistra[modifica | modifica wikitesto]

La derivata destra di in è il numero:

che si può indicare anche con la seguente formula:

Analogamente, la derivata sinistra di in è il numero:

che si può indicare anche con la seguente formula:

Una funzione è derivabile in se e solo se esistono finiti e uguali i limiti destro e sinistro del rapporto incrementale per l'incremento che tende a zero. Le derivate destra e sinistra permettono di definire la derivabilità su un intervallo non aperto: se è definita ad esempio nell'intervallo chiuso , si dice che è derivabile in se è derivabile in ogni punto interno e se esistono le derivate destra e sinistra rispettivamente negli estremi e .

Significato geometrico della derivata[modifica | modifica wikitesto]

La retta in rosso è la tangente al grafico della f(x) nel punto (x0, f(x0))

Il valore della derivata di calcolata in ha un significato geometrico: è il coefficiente angolare della retta tangente alla curva rappresentata dal grafico di nel punto di coordinate . In altre parole, la derivata è il valore della tangente trigonometrica dell'angolo (convesso) che la retta tangente in al grafico della funzione forma con l'asse delle ascisse (a patto che tale angolo non sia retto).

L'equazione della retta tangente in risulta:

Più precisamente, se è derivabile nel punto , allora esiste una funzione definita in un intorno di tale che:

con:

e tale formula è l'espansione di Taylor di troncata al termine di primo grado. Si dice che è un o piccolo o un infinitesimo di ordine superiore alla funzione , e con questo si vuole esprimere l'idea che il termine fornisce un contributo che diventa trascurabile rispetto agli altri termini quando ci si avvicina a . Si può anche dire che una funzione derivabile in è approssimabile linearmente intorno a con la sua retta tangente in tale punto.

Dimostrazione[modifica | modifica wikitesto]

Si definisce con lo stesso dominio di , come:

e si verifica che:

Ricordando che per allora , e quindi , sostituendo questa ultima uguaglianza con la precedente equazione si ha:

confermando la tesi.

Teorema di continuità[modifica | modifica wikitesto]

Il teorema di continuità asserisce che se è derivabile in allora è anche continua in .

L'inverso non è sempre vero: ad esempio, la funzione è continua su tutto il dominio, ma non è derivabile nel punto , perché la derivata destra non coincide con la derivata sinistra. La continuità di una funzione è quindi condizione necessaria, ma non sufficiente, per determinarne la derivabilità. Una funzione può inoltre essere derivabile (e quindi continua) in un punto , ma essere discontinua in ogni punto intorno a . Questo accade per funzioni come:

essendo l'insieme dei numeri razionali e l'insieme dei numeri reali, mentre il simbolo \ denota la differenza tra insiemi. La funzione in esame ammette derivata in 0 (vale 0 il limite del rapporto incrementale) ma non è continua in nessun punto eccetto lo 0. Notiamo che se invece una funzione è due volte derivabile in un punto, allora è continua in un intorno di quel punto.

Dimostrazione[modifica | modifica wikitesto]

La dimostrazione si effettua riprendendo l'uguaglianza precedente:

da cui:

Quindi la funzione è continua in . La stima lineare della funzione attorno a costituisce una migliore approssimazione rispetto a:

garantita dalla sola continuità (qui ). Se la funzione è derivabile in si può "scomporre" l'infinitesimo in un termine lineare e un infinitesimo di ordine superiore. Il teorema di Lagrange fornisce una diversa approssimazione (sempre lineare) nell'ipotesi che la funzione sia derivabile in un intorno di :

per tutti gli in tale intorno, e con un dato punto in (o , se è un intorno sinistro). Benché ora l'approssimazione sia "esatta" (non ci sono termini infinitesimi che vengono trascurati), il teorema non è in grado di mostrare per quale sia vera l'uguaglianza.

Funzioni non derivabili[modifica | modifica wikitesto]

La funzione valore assoluto non è derivabile nell'origine, dove ha un punto angoloso

Una funzione continua può essere non derivabile. Ad esempio, una funzione continua può non essere derivabile in un punto isolato del dominio, in presenza di un punto angoloso, una cuspide o un flesso a tangente verticale. Esistono anche funzioni continue che presentano forme più complesse di non derivabilità, come ad esempio la funzione di Cantor.

Derivate di ordine superiore[modifica | modifica wikitesto]

La derivata n-esima di una funzione è la funzione che si ottiene derivando successivamente volte la funzione . Si utilizzano quindi la derivata seconda, derivata terza, e così via; e si usa generalmente una delle seguenti notazioni:

Una funzione derivabile non è necessariamente derivabile volte. Ad esempio, la seguente funzione ha una derivata prima, ma non una seconda:

Infatti, la derivata di è , che non è a sua volta derivabile nell'origine.

La classe delle funzioni derivabili volte e la cui derivata -esima è continua si indica con .

Teoremi[modifica | modifica wikitesto]

Vengono enunciati di seguito alcuni teoremi e risultati significativi.

Teorema di Fermat[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Teorema di Fermat sui punti stazionari.

Sia una funzione derivabile, e quindi continua, in un punto interno al dominio. Se è un punto di massimo o di minimo per la funzione allora la derivata della funzione in è nulla, cioè .

Non è indispensabile che sia interno al dominio, essendo sufficiente che si tratti di un punto di accumulazione da destra e da sinistra per il dominio, mentre è essenziale porre che la funzione sia derivabile nel punto in quanto non è possibile dedurne la derivabilità dalle altre ipotesi del teorema. Ogni punto in cui si annulla (cioè è uguale a zero) è chiamato punto stazionario. I massimi e minimi relativi sono chiamati punti stazionari di .

Questo teorema è molto usato nello studio di funzione, in quanto definisce la possibilità di avere un punto di massimo o di minimo dove la funzione derivata si annulla.

Teorema di Rolle[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Teorema di Rolle.

Sia una funzione continua nell'intervallo chiuso e derivabile nell'intervallo aperto . Se allora esiste almeno un punto dove la derivata prima si annulla.

Teorema di Lagrange[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Teorema di Lagrange.

Sia una funzione continua in e derivabile nell'intervallo aperto . Allora esiste almeno un punto tale per cui:

Il teorema afferma che esiste almeno un punto del grafico della funzione in cui la retta tangente ha coefficiente angolare uguale a quello della corda della retta passante per i punti e . Si tratta di una generalizzazione del teorema di Rolle che analizza il caso in cui è diverso da .

Teorema di Cauchy[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Teorema di Cauchy (analisi matematica).

Siano e funzioni continue in e derivabili in con diversa da 0 per ogni punto dell'intervallo. Allora esiste almeno un punto tale per cui:

Considerando in particolare la funzione , si ottiene l'affermazione del teorema di Lagrange.

Monotonia a partire dalla derivata[modifica | modifica wikitesto]

Sia continua in e derivabile in . Allora:

  • Per ogni si ha se e solo se la funzione è crescente in .
  • Per ogni si ha se e solo se la funzione è decrescente in .

La funzione può non essere strettamente crescente (o decrescente), ed il teorema è direttamente ricavabile dall'enunciato di Lagrange.

Analogamente, valgono anche i fatti seguenti:

  • Se per ogni si ha allora la funzione è strettamente crescente in .
  • Se per ogni si ha allora la funzione è strettamente decrescente in .

Una funzione strettamente crescente non ha necessariamente derivata ovunque positiva. Ad esempio, è strettamente crescente, ma ha derivata nulla nell'origine, dove c'è un punto di flesso.

Teorema della funzione costante[modifica | modifica wikitesto]

Una funzione è costante in un intervallo se e solo se è derivabile e la derivata è ovunque nulla nell'intervallo.

Mentre la condizione necessaria è conseguenza della definizione di derivata (la derivata di una costante è uguale a zero), la sufficienza segue dal teorema di Lagrange.

Regole di derivazione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Regole di derivazione.

Siano e funzioni reali di variabile reale derivabili, e sia l'operazione di derivazione rispetto a :

con:

Convessità[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Funzione convessa.

Sia derivabile. Allora è convessa se e solo se è crescente in . Se possiede derivata seconda, allora la convessità della funzione è data dalla disequazione:

Il cambiamento di segno della derivata seconda determina quindi un cambiamento di convessità della funzione e un relativo punto di flesso.

Derivata di una serie di potenze[modifica | modifica wikitesto]

Una funzione espressa come serie di potenze con raggio di convergenza è continua e derivabile su tutto l'intervallo . La derivata può essere calcolata derivando termine a termine la serie nel modo seguente:

Tuttavia, in una serie di potenze si preferisce che "n" sia proprio l'indice della potenza quindi utilizzando uno shift diventa:

Questo tipo di derivata è importante per lo sviluppo di Taylor e Mc-Laurin.

Derivata formale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Algebra differenziale.

In teoria degli anelli si introduce la nozione di derivata formale come un operatore unario lineare:

per il quale valga la regola di Leibniz:

Una applicazione è per esempio la derivata formale di un polinomio, sfruttata tra le altre cose in geometria algebrica.

Esempio[modifica | modifica wikitesto]

L'operazione di derivazione nel tempo nel suo caso più generale è data da:

Il primo termine ha come modulo la derivata di nel tempo e come direzione e verso quello di . Il secondo termine è il prodotto del modulo del vettore per la derivata temporale del suo versore, la quale può essere trovata come segue (considerando il vettore di modulo pari a e con versore uscente dal piano individuato da e in modo da formare una terna destrorsa).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Weisstein, Eric W. Derivative. From MathWorld, su mathworld.wolfram.com. URL consultato il 25-11-2012.
  2. ^ Rowland, Todd. Complex Differentiable. From MathWorld, su mathworld.wolfram.com. URL consultato il 25-11-2012.
  3. ^ Weisstein, Eric W. Cauchy-Riemann Equations. From MathWorld, su mathworld.wolfram.com. URL consultato il 25-11-2012.
  4. ^ W. Rudin, Pag. 216
  5. ^ W. Rudin, Pag. 219
  6. ^ W. Rudin, Pag. 214
  7. ^ W. Rudin, Pag. 220
  8. ^ W. Rudin, Pag. 212
  9. ^ W. Rudin, Pag. 217

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Walter Rudin, Principi di analisi matematica, Milano, McGraw-Hill, 1991, ISBN 88-386-0647-1.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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