Utente:Antonio d'alessandro/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

La questione delle origini[modifica | modifica wikitesto]

Le origini del fumetto sono al centro di un vasto e acceso dibattito tra gli studiosi. Tale dibattito, oltre a questioni storiche, coinvolge anche problemi di semiotica essendo strettamente connesso all'annosa questione della definizione di fumetto.

Una lunga e diffusa tradizione sorta negli Stati Uniti e consolidatasi con la pubblicazione, nel 1947, del libro The Comics di Coulton Waugh, fa risalire l'origine del fumetto al personaggio di The Yellow Kid pubblicato a partire dal 1895 sul supplemento domenicale del New York World. In questo testo, probabilmente il primo studio sui fumetti mai pubblicato, Waugh sostiene la tesi che il fumetto sia un'arte autoctona americana nata con il personaggio creato da Richard Felton Outcault. Tale origine è stata messa variamente in questione da numerosi studiosi.

Per lungo tempo si è fatto risalire la nascita del fumetto al personaggio di The Yellow Kid creato dal disegnatore statunitense Richard Felton Outcault e pubblicato a partire dal 1895 sul supplemento domenicale del New York World. Questa attribuzione risale al libro The Comics pubblicato nel 1947 da Coulton Waugh,[1] probabilmente il primo testo sui fumetti e la loro storia mai pubblicato (certamente il primo ad avere avuto una certa eco, tanto che Waugh è considerato il primo studioso della letteratura disegnata). In questo testo l'autore sostiene la tesi che i fumetti siano un'arte autoctona americana nata appunto con il personaggio di Outcault.[1] Le argomentazioni di Waugh tuttavia non hanno retto difronte agli studi successivi. Ne è nata così una accesa disputa sulle origini del fumetto. Molti studiosi, spesso mossi anche da sentimenti nazionalistici, hanno tentato di anticipare la data di nascita del fumetto identificando varie opere che avevano già tutte le caratteristiche attribuite da Waught a The Yellow Kid. Il proliferare di questi antecedenti ha posto l’accento sulla necessità di una rigorosa definizione di fumetto. Se si disponesse infatti di un preciso discriminante di cosa sia o no da considerare fumetto si potrebbe sulla base di questo identificarne una data di nascita condivisa.[2]

Il problema della definizione[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante gli sforzi di molti autori non esiste ad oggi una definizione di fumetto condivisa.[2] Tutte quelle proposte sono infatti incorse in numerose critiche e non è stato possibile identificare uno o più elementi specifici in grado di distinguere il fumetto da altre forme espressive che pur avendo caratteristiche in comune non sono considerabili fumetti.[2][3]

Definizioni essenziali come ad esempio “narrazione per immagini" (il testo non è strettamente necessario esistendo molti fumetti "muti"[4]), “letteratura disegnata” o “arte sequenziale” ad esempio sono troppo generiche. Queste indurrebbero a considerare fumetti anche opere che generalmente non consideriamo tali (e per contro potrebbero anche escludere opere che vengono di solito catalogate come fumetti).[2]

Anche tentativi di definizione più articolati sono tuttavia incorsi in problemi analoghi.[N 1]

La narrazione per immagini prima del XVIII secolo[modifica | modifica wikitesto]

Se si definisce il fumetto semplicemente come "narrazione per immagini" bisogna allora concluderne che esso sia sempre esistito essendo i graffiti preistorici nient'altro che narrazioni per immagini.

Il fumetto in Europa nel XVIII e XIX secolo[modifica | modifica wikitesto]

Il fumetto negli stati uniti[modifica | modifica wikitesto]

Il fumetto statunitense prima di The Yellow Kid[modifica | modifica wikitesto]

The Yellow Kid e la nascita dell'industria del fumetto[modifica | modifica wikitesto]

Benché le tesi di Waugh non hanno retto di fronte agli studi successivi alcuni studiosi continuano a ritenere sensato considerare convenzionalmente Yellow Kid il primo fumetto nel senso moderno del termine. Solo con il personaggio di Outcault naque quel fenomeno di costume che è il fumetto. Sarà infatti con il Bambino Giallo che sorgerà una vera e propria industria del fumetto. In tal senso, come afferma Franco Fossati, Yellow Kid è stato il primo personaggio «a prendere coscienza di sé».[5]

Richard Outcault inizierà la sua collaborazione col New York World nel 1884 per volontà del proprietario Joseph Pulitzer che intendeva dare nuova linfa al supplemento domenicale a colori del giornale. Il supplemento fece la sua comparsa il 4 aprile 1883 e inizialmente proponeva riproduzioni dei capolavori dell'arte. L'iniziativa non riscosse il successo sperato e Pulitzer ingaggiò Outcault per affidargli in un primo momento una serie di illustrazioni a carattere naturalistico. Anche questo nuovo corso non trovò il sostegno dei lettori così, il 5 maggio 1885[6], inizierà la pubblicazione della serie Hogan's Alley ambientata in un ghetto di periferia popolato da strani personaggi che vivono ai margini della società. Fra questi fa la sua apparizione un bambino calvo, con delle enormi orecchie, due soli denti e vestito con un lungo camicione inizialmente blu poi giallo. In un primo momento il bambino è solo un personaggio marginale, ma ben presto, a cominciare dalla vignetta del 5 gennaio 1896, diventerà un po' alla volta il protagonista incontrastato della serie. In questi primi mesi di pubblicazione la serie non ha ancora trovato un suo linguaggio definito: in un primo momento i testi appaiono dentro cartelli che fanno la loro comparsa all'interno delle vignette. Il primo balloon fa la sua comparsa il 16 febbraio 1896 (è un pappagallo che esclama «Sic em towser»), mentre Yellow Kid rimarrà muto fino al 15 marzo di quello stesso anno, quando sul suo camicione apparirà la scritta «Artillery». Il Bambino Giallo (il cui "vero" nome è Mickey Dugan come si apprende dalla vignetta pubblicata il 23 agosto 1896) continuerà a parlare attraverso il suo camicione fino al 25 ottobre, quando, per la prima volta, parlerà per mezzo di un balloon.

Grazie alle graffianti vignette di Hogan's Alley le vendite dell'edizione domenicale del New York World registreranno in breve tempo un notevole incremento. William Randolph Hearst, editore del New York Journal, che contendeva con il World il primato sulla stampa newyorkese, riuscì a strappare Outcault al suo concorrente offrendogli un contratto più vantaggioso. Il 25 ottobre 1896 Yellow Kid farà la sua comparsa sulle pagine del Journal. Pulitzer tuttavia, contando sul fatto che all'epoca le leggi sul diritto d'autore erano ancora molto vaghe, continuò a pubblicare il personaggio affidandolo al disegnatore George Luks[7]. Yellow Kid sarà così il primo personaggio della storia del fumetto a non essere più realizzato dal suo autore, caratteristica che in seguito diverrà tipica della grande maggioranza dei personaggi.

Yellow Kid continuerà ad essere pubblicato nelle sue due differenti versioni solo fino alla fine del 1898 quando nel giro di poche settimane verrà sospeso da entrambi i giornali per via delle polemiche causate dalla sua critica feroce ed anticonformista. Nonostante la sua breve vita Yellow Kid diventerà una piccola celebrità che mostrerà agli editori statunitensi tutte le potenzialità commerciali delle strisce a fumetti. Da qui in poi sarà un continuo proliferare di nuove serie e nuovi personaggi.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Esplicative
  1. ^ Inoltre alcuni studiosi hanno cercato definizioni ad hoc per avvalorare le loro opinioni sull’origine del fumetto. Cfr. Groensteen, p. 19
Riferimenti
  1. ^ a b Il fumetto: dalle origini al Primo Novecento, su girodivite.it. URL consultato il 28 gennaio 2017.
  2. ^ a b c d Daniele Barbieri, Della definizione del fumetto (e di altri media), su guardareleggere.net. URL consultato il 28 gennaio 2017.
  3. ^ Groensteen, p. 19
  4. ^ Groensteen, p. 19-20
  5. ^ Fossati, p. 19
  6. ^ Bill Blackbeard (a cura di). R.F. Outcault's the Yellow Kid: A Centennial Celebration of the Kid Who Started the Comics. Northampton, Kitchen Sink Press, 1995. ISBN 0878163808. (Contiene tutte le tavole del personaggio oltre ad un importante saggio del curatore).
  7. ^ Alfredo Castelli (a cura di), L'altro Yellow Kid-L'altro Little Nemo, Napoli, Comicon Edizioni, 2010. Contiene tutte le tavole dello Yellow Kid realizzate da Luks.

Mickey Dugan, meglio noto come The Yellow Kid (tradotto a volte in italiano come Il Bambino Giallo o Il Monello Giallo), è un personaggio immaginario dei fumetti creato dal disegnatore statunitense Richard Felton Outcault.

Fece la sua prima apparizione in una serie di vignette in bianco e nero pubblicate tra il 1894 e 1895 sul settimanale umoristico Truth. Queste vignette erano ambientate in un immagginario vicolo newyorkese chiamato Hogan's Alley (nome con cui verrà poi spesso identificata la serie) e in esse appariva sempre, come personaggio marginale, un bambino calvo con un lungo camicione. Dal 1895 Outcault iniziò a pubblicare la serie a colori sul supplemento domenicale del New York World di Joseph Pulitzer. Il bambino calvo, il cui camicione dopo vari cambi di colore divenne infine giallo, restò una presenza fissa nella serie e, a partire dal 1896, iniziò ad assumere una posizione sempre più centrale nelle tavole divenendone di fatto il protagonista.

Dall'ottobre del 1896 Outcault passò a realizzare la serie sull'American Humourist, supplemento domenicale a colori del New York Journal di William Randolph Hearst, principale concorrente del World. Pulizer tuttavia non rinunciò al personaggio, che riscuoteva un crescente successo, e affidò la realizzazione della serie al disegnatore George Luks. In tal modo ci si ritrovò con due differenti serie di Yellow Kid in due diversi giornali in agguerrita competizione. Benché entrambe terminarono improvvisamente nel 1898 e non fosse mai stato pubblicato all'infuori di New York il personaggio divenne incredibilmente noto in tutti gli Stati Uniti e la sua immagine fu oggetto di un intenso merchindising e continuò ad apparire in numerose pubblicità fino agli anni trenta.

Per lungo tempo The Yellow Kid è stato considerato il primo personaggio della storia del fumetto. Benché questa attribuzione sia stata messa in forte discussione dagli studi più recenti, è innegabile che il grande successo del personaggio abbia dato un impulso decisivo alla nascita della moderna industria del fumetto.


Necron è un personaggio immaginario protagonista di una omonima a serie a fumetti italiana di genere horror per adulti pubblicata nei primi anni ottanta dalla Edifumetto.[1][2][3] La serie nata da un'ideata dell'editore Renzo Barbieri[4], venne scritta da Mirka Martini che usò lo pseudonimo di Ilaria Volpe per non associare il proprio nome a un fumetto per adulti.[5] I disegni furono affidati a Roberto Raviola che si firmò con il consueto nome d'arte di Magnus. Vennero pubblicati complessivamente 11 numeri nel classico formato tascabile, tipico delle pubblicazioni per adulti del periodo, più un numero fuori serie e uno speciale per un totale di 14 episodi.

Nata come rivisitazione in chiave pornografica della storia di Frankestein, la serie si rivolgeva al mercato dei tascabili per adulti. Protagoniti sono la scienziata pazza, ninfomane e necrofila, Frieda Boher e Necron un umanoide superdotato e antropofago creato da Frieda assemblando pezzi di cadaveri, allo scopo di soddisfare le sue pulsioni sessuali.[6]

Magnus realizzò i disegni con uno stile grafico pulito ispirato alla linea chiara franco-belga accentuando gli aspetti grotteschi e comici.[6] La serie, nonostante uno scarso riscontro iniziale, probabilmente per la scelta editoriale che lo classificava come fumetto pornografico, ebbe poi un notevole successo venendo ristampato più volte e pubblicato anche in Francia, Spagna e Stati Uniti.[7]

  1. ^ FFF - NECRON, su www.lfb.it. URL consultato il 21 maggio 2018.
  2. ^ Guida Fumetto Italiano, necron, su www.guidafumettoitaliano.com. URL consultato il 21 maggio 2018.
  3. ^ Guida Fumetto Italiano, necron2, su www.guidafumettoitaliano.com. URL consultato il 21 maggio 2018.
  4. ^ Luca Boschi, I fumetti dell'austerity, in Il grande Magnus. Volume 16: Necron. Parte 1, Milano, RCS MediaGroup, 2020, p. 13.
  5. ^ Intervista a Renzo Barbieri su www.endrucomics.it
  6. ^ a b Necron, su www.ubcfumetti.com. URL consultato il 21 maggio 2018.
  7. ^ Necron, su www.ubcfumetti.com. URL consultato il 21 maggio 2018.