Utente:Angelosante/Immagini

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Beato

francescano

 
Venerato daChiesa cattolica
Ricorrenza[[ ]]

Culto[modifica | modifica wikitesto]

Leone XIII il 24 giugno 1880 promulgò la conferma del culto. Il suo elogio si legge nel Martirologio romano al 9 agosto:

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • {{santiebeati|90377|Beato }

DICONE pag 23 DicoNE di Caulonia ”, oggi Castelvetere, città, al riferir di Polibio, chiarissima al pari di Reggio, di Locri, e di Crotone, fu figlio di CALLIERoro, e discepolo di Pitagora , come lo era stato suo padre , ed atleta celeberrimo , che, al dir di Pausania * riportò cinque vittorie al corso ne' giuochi Pitici , tre negl'Istmici , quattro ne' Nemei , una negli Olimpici tra' fanciulli , essendolo ancor egli , due tra gli uomini adulti; e tante statue gli furono erette in Olimpia , quante le vittorie riportate.

Sebbene da principio si recasse a lode di dirsi Cauloniata, pure in appresso per danaro datogli da' Siracusani, si spacciò per Siracusano.

Fu suo concittadino, ed al dir di Giamblico educato con lui nella stessa scuola, DRIMoE , che esercitò con lode anche il mestiere di atleta, del quale non è pervenuta a noi distinta notizia.

Caulonia, città situata tra il fiume Sagra e 'l promontorio Cocinto. I Caulonesi scacciati da' Bruzi dalla loro città, si rifuggirono in Sicilia, ove fondarono un'altra città del nome stesso della loro antica patria* in Aeliacis. Agesidamo pag 40 pugliato ragazzi 76 esimaa 476 Figliuolo di Archestrato di Locri, fu atleta Olinpionice assai famoso a' tempi di Pindaro ", il quale gl' indirizza la sua Ode X. Olimpica , come a vincitor nel pugilato, nella Lxxiv. Olimpiade, così dicendo : Di Archestrato il figliuolo , Dell' Olimpica giostra Vincitor glorioso Ricordatemi omai. Nella mia mente E scritto il nome suo. Ma il dolce canto ,

' Che però visse circa la Lxx. Olimpiade, o sia 5oo anni prima della nostra Era.

74 484 a.C 76 476 a.C. 77 472 a.C. Eutimo di Locri pag 50 Locrese, figlio di Asticle, atleta fortissimo, ed assai distinto. Pausania racconta di lui, che fu vittorioso nella Lxxiv. Olimpiade , e che nella seguente fu superato da Teagene Tasio , ma per frode: di tal che i giudici greci, non solamente non decretarono a tal vincitore il premio; ma anzi lo condannarono alla multa del talento sacro da offrirsi al nume, e di un altro da pagarsi ad Eutimo : nè potè pur comparire a' certami nella seguente Olimpiade; sebbene vi si fosse recato, per adempiere al pagamento dovuto al nume. Fu però ad Eutimo conferita la corona. Pitagora di Reggio fecegli una statua, che riputavasi uno de' migliori lavori di questo famoso artista.

Racconta ancora Pausania, che a Temessa “ antica città distrutta della nostra Calabria ulteriore ,

" Questa città è detta Temesa da Strabone. Similmente da Omero ( Odiss. lib. 1. ). Aggiunge Strabone fondata in prima dagli Ausoni , a dieci miglia sud est da Clampezia, oggi Amantea " , eravi il demone di Polite, uomo del seguito di Ulisse ivi approdato una volta, e che vi era stato ucciso, per aver violata una vergine : dal quale i Temessani essendo continuamente inquietati , dovettero , per consiglio della Pitia , innalzargli un tempio, ed esporgli ogni anno una vergine Temessana : e che stata essendo, secondo Strabone , presa da' Locresi Temessa , Eutimo che vi si recò nel giorno appunto della offerta, volle entrare nel tempio, e veder la giovane ivi esposta. Mosso quindi prima a pietà , indi ad amore per tal vittima ; si fece prima giurar da lei , che liberandola dal demone , non avrebbe avuto altro a marito che lui : ed indi si accinse a combattere il demone , che vinto abbandonò le mura , e quella terra , e sommerso nel mare scomparve . Dopo il che l' intera città celebrò le nozze di Eutimo con la vergine; ed egli visse quivi per alcun tempo ”. E noi

che a' tempi suoi diceasi Tempsa ; il qual nome esiste ancora appo Tolommeo. E Plinio al lib. III. cap. 5 dice : Oppidum Tempsa, a Graecis Temese dictum. Strabone, Geogr. lib. v1., rammenta concordemente la favola qui sopra recata . Il Barrio nel luogo ove fu Temessa pone Melivitum, Melito : il Cluverio (Ital. Ant. lib. 1v. c. 15. ) una torre di quella maremma , nomata Torre Loppa. * Il luogo di Pausania nel m.° degli Eliaci, o Lib. v1, si legge alquanto diversamente dal Silburgio: L'esat ta versione del medesimo par che potrebbe essere la se possiamo prestargli fede , togliendone la parte favolosa che copre molti fatti dell'antichità , ed anche questo. Eliano " fa anche menzione di questo fatto; e dice di Eutimo , ch' egli brandiva un sasso d'immensa mole , che si dimostrava anche a suoi tempi innanzi la porta di Locri. E Plinio ” gli dà somme lodi , come il solo che sia stato consecrato vivo. Si disse ch' ei disparve presso il fiume Cecina; che però gl'indigeni il figurarono figlio di questo fiume. ASTILO,

guente : Il genio sommerso nel mare scomparve : toccarono quindi nozze illustri ad Eutimo ; ed agli uomini del paese che rimasero la liberazione dal demone. Oltre a ciò abbiamo udito , in quanto ad Eutimo , com' egli pervenne invecchiando a lunghissima età, e che, schivando il morire , egli si partì per certo altro modo dai mortali. Che Temessa sia abitata anche a' nostri dì , lo abbiamo udito da un mercatante di mare. Questo in quanto a tradizione. Ne ricorda poi d' esserci avvenuti in una pittura fatta come segue ( e quì convien notare che la parola ypxm, che significa ugualmente scritto e pittura , rende equivoco questo luogo , e tormenta gl' interpreti ): ed era essa una imitazione di pittura antica. Il Sibari in sembianza di giovinetto , ed il Calabro fiume; il Calica fonte ; ed appresso Giunone, e la città di Temessa: fra loro anco il demone , quello ch' Eutimo discacciò ; di colore fieramente nero, ed in vista tutto al maggior segno formidabile : avvolto in un cuojo di lupo per vestito : ed alcune lettere apponeano alla pittura il nome di Libante. E' tanto sopra ciò sia detto , ecc. * De varia historia. Lib. VII. Lib. VII. Crotonese , così chiamato da Pausania , ed Astillo da Dionigi d'Alicarnasso, e da Platone ; filosofo, discepolo di Pitagora, ed atleta insigne , di cui narra Dionigi di Alicarnasso “, che riescì vincitore tre volte nelle Olimpiadi Lxxxiv, Lxxxv, Lxxxvi. Nè solamente restò superiore nel correre lo stadio semplice, ma anche nel diaulo , che era uno spazio di due stadi, il qual percorrevasi ad andare e ritornare, che però era quasi le due none di un miglio ; ed eziandio nel dolico, ch'era uno spazio di dodici stadi, e secondo Suida il doppio. E per essersi segnalato in modo così singolare, venne chiamato stadiodromostrlos, quasi colonna stadiaria; e gli fu eretta una statua, che fu eseguita da Clearco statuario Reggino. Pausania ci ha però lasciato detto di lui , che essendosi nelle due ultime vittorie spacciato per Siracusano, in grazia di Gerone tiranno ; irritati di ciò i Crotonesi , convertirono in una carcere la sua casa; rimossero dal luogo ov'era, presso il tempio di Giunone Lacedemonia , la sua statua, e confiscarono i suoi beni. Ed è questa la seconda volta , che troviamo narrato, avere i Siciliani cercato di corrompere con danaro due illustri uomini calabri , tal che Dicone ” , ed Astilo.

Platone nel dialogo ottavo delle Leggi cita Icco Tarentino, Crissone, Astillo, e Diopompo, per provare che la temperanza, e l'allontanamento dalla venere convalidano le forze del corpo , e rinvigoriscono il coraggio.

Hist. Lib. vIII. 

Vegg. l'art. che lo riguarda, alla pag. 23.


IPPOZZIONE, pag 55 Pausania nel 1.° degli Eliaci fa memoria di questo Ippozione Tarentino, statuario, dicendo : Nello stesso muro in Alti , oltre i doni degli Agri

  • Di questo atleta sarà detto
                           qui appresso. 
  • Alti, bosco sacro estesissimo presso Olimpia, cinto da mura, che chiudeva oggetti di grandissima importanza, tal che il tempio di Giove costruito dall' abile architetto Libone, ed in esso la celebre statua di Giove in trono, capodopera di Fidia; l'altra di Giunone , il teatro, e moltissimi altri superbi edifizi, in mezzo ad una folla inuumerabile di statue.

gentini vi sono inchiuse due statue di Ercole in età puerile : l'una d'esse conformata a sua immagine quando con le saette uccise il leone in Nemea . Questa col leone dedicolla Ippozione Tarentino. L'altra è opera di Nicodamo.

- O---- ANOCO, pag 55 Tarentino, figliuolo di Adamato , vincitore allo stadio , e nella corsa ripetuta , o diaulo ; che meritò una statua in Olimpia, opera di Agelada Argivo. Fa menzione di lui Pausania negli Eliaci , lib. ni. primo tarantino a vincere una gara olimpica 65 520 a.C.

FAILLO, pag 64 manca Cittadino di Crotone, atleta insigne rammentato da Aristofane negli Acarnesi , ove un Cono di vecchi dolendosi dell' impaccio degli anni , ricordava che in sua gioventù : Pur con fardello di carboni in dorso Giungea Faillo al corso. Pausania dice ": Faillo Crotoniata non conseguì niuna vittoria negli Olimpici . Ne' Pitici riportonne tre; due del pentatlo ” ( o quinquerzio ) , ed una terza dello stadio. Combattè parimente per mare contra i Persiani, allestitosi

con nave propria , e messivi su quanti Crotoniati erano allora in Grecia di passaggio . Vi ha di lui una statua in Delfo.


Atto 1. sc. 5. – * Ne' Focaici, l. x. * Il pentatlo era, com'è noto, una vittoria com

piuta, la qual comprendeva cinque arti ginnastiche, cioè il disco, il corso, il salto, la palestra e lo scagliamento. Lo scoliaste di Aristofane , nel luogo citato , contra il detto di Pausania, attribuisce a Faillo il nome di Olimpionice, dicendo di lui : Corridore armato famoso , cui davan titolo di Odometro, cioè misurator di strade , e riporta un distico decantato in lode di lui , che dicea : Cinquanta e cinque piè saltò Faillo, E del disco portò lo scagliamento A cinque men del cento. - Tzetze racconta ancor di Faillo , che costui vinse alla lotta, al pugilato, al disco , al corso , al salto , ed in ogni genere di giuochi ; che saltò 55 piedi , scagliò il disco a 95 ; ond'è che venne detto Quinquerzione. Aristofane ricorda altra volta Faillo , nelle Vespe , qual celebre cursore . Suida cita questi luoghi di Aristofane , e 'l distico sopraddetto : ma distingue sino a quattro di tal nome, oltre un Faillo tiranno de Focesi ricordato da Demostene, nella Orazione contro Aristocrate. Non si dubita però del valore straordinario del Crotoniata, sull'autorità di Pausania e di Plutarco. Narra in fatti quest'ultimo, nella vita di Alessandro, che, sconfitti da questo i Persiani, nella famosa battaglia ch'ebbe luogo fra Nifato ed i monti Gordinei , per la quale si giudicò distrutto l'impero persiano , ed il vincitore fu salutato re dell'Asia ; questi inviò a Crotone parte delle spoglie prese a ne


MIE, O MUE. pag 98 111 336 a.C pugilato

Tarentino (dal greco Mvs), che dopo essersi più volte misurato invano alle pruove olimpiche, finalmente, al dir di Suida , si segnalò con una vittoria in Pisa nella Olimpiade c. E questa circostanza diede luogo a due adagi greci riportati da Diogeniano, e da Suida, per notare le cose conseguite con grandissima fatica, e dopo aver molto più sofferto , che guadagnato; l'un de' quali dicea : Mus modo picem ( vel Pisam ) gustans; l' altro : Quanta Mus apud Pisam ( vel in pice ). https://books.google.it/books?id=ZccJAgAAQBAJ&pg=PA1150&lpg=PA1150&dq=Mus+modo+picem+%28+vel+Pisam+%29+gustans&source=bl&ots=6j98wjYkTk&sig=9ruunh4dNeU-ljIvX_mwxlggCuU&hl=it&sa=X&ei=SuQmVeCoMcyxsAHS5IH4Aw&ved=0CCcQ6AEwAQ#v=onepage&q=Mus%20modo%20picem%20(%20vel%20Pisam%20)%20gustans&f=false* L'equivoco del proverbio nasce dal perchè il nome -Mus significa egualmente il topo: e nel greco i nomi pece e Pisa differivano d'una sibilante , colla quale si poteva far giuoco. Riguardandosi dunque al topo capitato nella pece, ed a Mue capitato in Pisa , e mal concio nella sua vittoria; si diè luogo al proverbio. (VE

rasmo, Chil. II. cent. 3.

DAMIONE, pag 98 ?

Cittadino di Turio , Olimpionice , che al dir di Pausania ne' Laconici , negli Eliaci , e negli Arcadici , riportò quattro vittorie allo stadio in Olimpia : cioè , due nel secondo e nel quarto anno dell' Olimpiade ci, e le altre due nel secondo anno

Kazimiera Alberti, nata nel 1898 a Bolechów, nell’odierna Ucraina, in una famiglia della piccola nobiltà polacca, muore a Bari nel 1962. Poetessa, scrittrice, traduttrice dal ceco e dal bulgaro, era legata al movimento neo-romantico della “Giovane Polonia”. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, l’occupazione tedesca e la morte del primo marito, fucilato dai tedeschi, l’Alberti per molti anni non scrive più niente. Nel 1945 emigra in Italia dove sposa il letterato Alfo Cocola, che diviene il suo traduttore. L’anima della Calabria, del 1950, è il primo scritto della Alberti dopo più di dieci anni di silenzio.http://www.viaggioincalabria.it/luogo/provincia-di-reggio-calabria/locri/passeggiamo-tra-le-rovine/

NICoMACo, pag 97 Tarentino , e del pari che Archita matematico , e gran Capitano : alla quale ultima qualità dee forse il suo nome , che significa vincitor di battaglia. Si dice avere scritto sull' Aritmetica , e sulla Musica. -----23&#-o-e

SMICRINO.107 352 a.C pag 109 Diodoro Sicolo fa menzione di questo Tarentino famoso , che segnalossi in Olimpia con una vittoria allo stadio, al cominciar dell' Olimpiade cvII , essendo arconte degli Ateniesi Aristodemo , e consoli in Roma Cajo Sulpitio, e M. Valerio


ALESSIDE, STEFFANO.pag 109http://www.treccani.it/enciclopedia/alesside-o-alessi_(Enciclopedia_Italiana)/ Sibarita, poeta comico, zio paterno di Menandro celebre autor della nuova Commedia Greca : Alesside però dovette figurare tra la c. e la cx. Olimpiade. Fu facile scrittor di Favole, avendone composte fino a dugento quarantacinque . Egli dovette essere il perfezionatore di questo genere di componimenti, che aveva presa l'origine nella sua patria : chiamando Aristofane la Favola Sibaritica ”; dicendo Teodoreto che un Sibarita fu l'inventor delle Favole : ed Aftonio il sofista essere stati i Sibariti i primi ad inventar le favole apologiche. L' interprete di quest'ultimo, e quello pur di Ermogene dicono, che i Sibariti le avessero primi finte di soli animali ragionevoli; ma che poi Alcmeone Crotonese , ed Esopo, l' estesero anche agli irrazionali. E se la favola prese in seguito il nome di Esopica,

Bibl. Hist. Lib. xvi. n. 17, * Nelle Vespe , v. 1251. ciò fu perchè Esopo in esse colpì il maggior segno , e le ridusse a non solamente dilettare , ma ancora ad istruire.


Stobeo ci ha conservata una raccolta di detti di Alesside ; e Gellio parlando di una commedia di questo poeta intitolata Vita di Pitagora, dice, che da essa rilevasi esser falso che questo filosofo non mangiasse animali ".

Suida vuole che Alesside , anzichè essere zio paterno di Menandro , ne fosse stato figlio: allora però egli non sarebbe stato già Italo-greco , ma Ateniese ; mentre al contrario essendo Menandro figliuolo del fratello di Alesside , che potè benissimo trasferirsi a vivere in Atene , ed aver figlio Ateniese ; potremo noi dire che Menandro fu figlio di un nostro concittadino.

Ebbe Alesside per figlio un altro poeta comico per nome STEFFAno.

ALESSI, pag 112 Tarentino, cognominato il Rapsodo, per la fa- ciltà con la quale recitava a memoria versi di poeti greci , per dilettar le brigate. Altri vogliono che ei componesse all'improvviso suoi versi su quel soggetto che gli veniva proposto : il che corrisponde a' nostri così detti italiani poeti improvvisatori, de'quali sarebbe stato però il primo di cui ci fosse tramandata memoria. Fece egli prova di questa sua virtù nelle nozze di Alessandro Magno ”.

SCIMINO, pag 112 Poichè Ateneo fa menzione di questo Tarentino giocoliere , non possiamo fare a meno ancor noi

  • Ad Att. Lib.1. ep. 2o. Le parole di Rintone sono un senario : Oè puèv rap' g3éy sty, ois è eòey ué)ei * Aten. Dipn. Lib. XII.

di qui nominarlo. Egli però doveva essere sì eccellente in questa sua arte, che venne chiamato nelle nozze di Alessandro ad accrescere il divertimento delle sontuose feste che vi si fecero ; 'il che viene asserito da Ateneo'.

egesippo pag 115 rivedere Di Taranto, cognominato Crobilo, cioè cincinno , o riccio , fu poeta della commedia detta mezzana . Ne parlano Ateneo e Suida. Compose molte favole, tra le quali Ateneo cita gli Adelfi , ed i Fileteri, cioè i Fratelli, e gli Amici degli amici. Il frammento che rapporta Ateneo appartiene ai Fileteri ; e Grozio pur lo reca, come preso da una commedia supposta.

Ateneo gli attribuisce ancora due trattati da cucina, uno intitolato oxprvrxx, del condir le vivande ; un altro rÀaxevrorottxx ovyypaggxrz, del far le focacce o confortini”. Suida ricorda che ad Egesippo era attribuita la settima delle Filippiche, che va sotto none di Demostene. E Libanio , a proposito dell' Orazione di questo rept tms AXovvms, sulla restituzione di Alonneso, in cui si propone rigettarsi l' offerta di Filippo il Macedone, che si esibiva di rendere quell' isola ; sostiene anch'egli, che sia di Egesippo. È cosa notabile, e da far maraviglia , che in generi cotanto opposti si distinguesse l'ingegno del nostro Tarentino , di cui parliamo. ERACLIDE, pag 117 Tarentino, scrisse un libro intitolato ovurootov, cioè del bere insieme, che equivale al nostro convito, del qual libro parla Ateneo . In esso egli discorreva della natura de' cibi e degl' intingoli, e quali fossero più atti al pranzo, quali alla cena : dell'effetto buono o cattivo che essi producono nel ventricolo , e nelle nostre intestina, e degli umori che ne derivano. Un tal libro non dovea però valutarsi come una opera di pura gastronomia ; ma come un trattato di igiene , composto da un medico filosofo , che cercava dar regole sulla maniera di conservarsi sano. Diede regole ancora, per questo stesso importante oggetto della scienza medica , sul bere il vino a tavola ; e quando, e come debba farsi : e se convenga che l'acqua sia gelata , o pur no ; e su quali cibi debba bersi il vino, su quali altri l'acqua. Scrisse ancora sul polso, su i semplici, ed in generale sopra tutta la Materia medica ; e comentò tutte le opere d' Ippocrate, o almeno gli Aforismi. Galeno parla di lui nel Decabiblo, rapportando gli esperimenti che questo aveva fatti ; ma lo presenta come empirico. Celso ne fa pure menzione con lode ; e tra i moderni lo nominano il Lambecio , il Bellori , il Gronovio ” ed il Fabricio * nell' elenco dei medici antichi . Visse a' tempi di Alessandro il Grande. Dipn. Lib. lI., e IlI. * t. III. Thes. Antiq. Graec. lit. H. * Bibl. Gr. t. xIII. p. 177.