Utente:Amelimpus/Sandbox

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Biografia[modifica | modifica wikitesto]

La nascita[modifica | modifica wikitesto]

Evita nacque il 7 maggio del 1919 a “La Union” ( la proprietà terriera del padre), vicino al villaggio Los Toldos. Era l’ultima di cinque figli illegittimi ( Blanca, Elisa, Juan e Erminda) di un piccolo proprietario terriero, Juan Duarte, e della sua cuoca e amante, Juana Ibarguren.

L'infanzia a Los Toldos[modifica | modifica wikitesto]

Qualche anno dopo la nascita di Evita, il padre, Juan Duarte, abbandonò la famiglia per tornare a Chivilcoy (cittadina originaria) dalla moglie e dai figli legittimi. Dopo l’abbandono, la madre di Evita decise di trasferirsi a Los Toldos con i suoi cinque figli. La casa era situata nella Via Francia (attualmente rinominata Eva Peròn) dove oggi si trova il “Museo Municipal Solar Natal de Maria Eva Duarte de Peron”. [1]

La madre possedeva una Singer, una macchina per cucire, e così si mise a confezionare pantaloni per un negozio, portando avanti l’economia della famiglia.

Gli anni di Los Toldos sono stati fondamentali per rafforzare il carattere di Evita, ai suoi coetanei era vietato giocarci insieme, e gli abitanti non si risparmiavano di criticare sfacciatamente Evita. Per questo motivo la bambina era divisa tra la solidarietà verso la sua famiglia e la vergogna di appartenervi. Anche il suo carattere era diviso: allegra e capricciosa in casa e introversa quando usciva fuori.

Nel 1926 il padre, don Juan Duarte, morì in un incidente d’auto, abbandonandoli, così, definitivamente, per una seconda volta. La famiglia intera partì per Chivilcoy per dare un ultimo saluto all'uomo, Evita aveva sette anni. La morte del padre aggravò seriamente la situazione economica della famiglia.

L'adolescenza a Junín[modifica | modifica wikitesto]

La sorella Elisa fu trasferita dall’ufficio postale di Los Toldos a quello di Junín, e così doña Juana decise di traferire tutta la famiglia al seguito della figlia, lasciando alle spalle numerosi debiti.

La situazione economia della famiglia migliorò, grazie all’occupazione dei figli: Elisa lavorava all’ufficio postale, Blanca era maestra di scuola e Juan impiegato nell’impresa il Jabón Federal.

Il carattere di Evita diventava sempre più contraddittorio, i suoi compagni di scuola la trovavano dolce ma nello stesso tempo ne conoscevano l’animo autoritario. Una delle sue compagne, Elsa Sabella, affermò che Evita voleva sempre comandare. Inoltre, era chiamata “La grande” giacché, ripetente, terminò le medie inferiori a 14 anni, quando i suoi compagni ne avevano solo 12.

A Junín affiora la vocazione artistica di Eva, era la prima della classe in recitazione, e mostrava la passione che aveva nell’organizzare gli spettacoli scolastici. Il suo idolo cinematografico era Norma Shearer, un’attrice di Hollywood. Giorno dopo giorno si convinceva che il suo destino era fare l’attrice, lo comunicò alla madre che, nonostante il carattere autoritario, non aveva principi rigidi e idee arretrate; così accettò il desiderio della bambina.

La partenza per Buenos Aires e la carriera di attrice[modifica | modifica wikitesto]

Esistono diverse versioni sulla partenza di Evita:

  • Versione di Erminda Duarte (sorella)

Evita chiese a sua madre di accompagnarla a Buenos Aires per presentarsi a un’audizione a Radio Nacional. Dopo tante esitazioni, doña Juana accettò. Evita recitò la poesia di Amado Nervo “Adonde van los muertos?” (“Dove vanno i morti?”) e il direttore della radio, Pablo Osvaldo Valle, le propose un contratto. E’ così che Eva si stabilisce a Buons Aires presso alcuni amici della madre.

  • Versione di Fermín Chávez (giornalista)

Evita chiese a sua madre di accompagnarla a Buenos Aires per presentarsi a un’audizione a Radio Belgrano. Per un mese, con l’aiuto della maestra Palmira Repetto, si esercitava su tre poesie, fra le quali “Muerta”, di Amado Nervo. Dopo la sua audizione rientrarono insieme a Junín. La risposta della radio si fece attendere. Ciò non impedì ad Evita di dichiarare alla sua maestra: “Con o senza risposta, parto comunque”. Il fratello Juan, che svolgeva il servizio militare a Buenos Aires, si sarebbe occupato di proteggere la sorella minore dai pericoli della grande città.

  • Versione di Jorge Capsitski e Rodolfo Tettamanti (giornalisti)

Il cantante di tango Agustín Magaldi si esibì al teatro di Junín, Juan, il fratello di Eva, lo avvicinò per parlargli di sua sorella Evita, che voleva diventare attrice. Eva fece visita al cantante nel suo camerino e lo supplicò di portarla insieme a lui a Buenos Aires. Magaldi accettò e tutto si svolse in maniera decorosa dato che lui viaggiava in compagnia della moglie.

  • Versione di Mary Main (la sua biografa più importante)

Evita si intrufolò nel camerino del cantante, divenne la sua amante e arrivò così a Buenos Aires, con lui.

La cosa certa è che Eva Duarte arrivò il 2 gennaio 1935 a Buenos Aires che aveva quasi 16 anni. Inizialmente trovò alloggio vicino al Palazzo del Congresso, presso una cugina dell’attrice Maruja Gil Quesada , presentata da Magaldi. Appena arrivata, Evita si dedicò alla sola cosa che le sembrava di importanza vitale: trovare le persone e i contatti giusti per realizzare il suo sogno di attrice. Magaldi le fu di grande aiuto, infatti le presentò il regista Joaquín de Vedia e l’attore José Franco.

La sua prima esperienza teatrale le fu affidata dal regista J.de Vedia e fu l’interpretazione del ruolo di cameriera, che doveva annunciare: “La signora è servita”. Quattro parole tutto sommato molto semplici e che probabilmente pronunciò correttamente dato che la compagnia di Eva Franco, la figlia dell’attore José Franco, le affidò in seguito altri ruoli. Le critiche non le avevano mai concesso aggettivi migliori di “discreta”, ma almeno non l’avevano mai trovata pessima. Benché lavorasse per un salario da miseria, continuava a recitare senza sosta. Era passato un anno dalla sua partenza da Junín e ,chiuso il sipario della compagnia di Eva Franco, Evita conobbe un periodo sfortunato: niente lavoro e nessuna speranza all’orizzonte.

Nel 1936 venne assunta dalla Compagnia Argentina di Commedie Comiche di Pepita Muñoz, Eloy Alfaro e José Franco, con i quali partì in tournée. Durante il viaggio l’attore Jose Franco la ricattò di licenziarla se non fosse stata disponibile alle richieste sessuali di lui, Evita trovò una buona risposta alla pretesa dell’attore e non venne licenziata ma, quando fecero ritorno a Buenos Aires, la ragazza lasciò la compagnia.

Le persone che conobbero Eva, la ricordano come una giovane molto magra e debole, che aveva il sogno di diventare un’attrice molto importante, con una grande allegria, forza e un forte senso di amicizia. Lentamente Evita ottenne un certo riconoscimento, partecipò come attrice secondaria in un film, ma anche come modella sulle copertine delle riviste di spettacolo ma soprattutto iniziò una carriera di successo come annunciatrice e attrice di soap opera. Nell'agosto del 1937 ottenne il suo primo ruolo in una radio, poco dopo fu assunta nella compagnia dell’imprenditrice e attrice teatrale Pierina Dealessi. Eva deve a questa donna il suo successo del 1938.

Il 1 maggio 1939 la carriera di Evita subì una brusca svolta: la compagnia del Teatro dell’Aria cominciò a diffondere una serie di radiodrammi firmati Héctor P. Bolomberg, romanziere e poeta, conosciuto per le sue opere teatrali di argomento storico. Protagonisti: Eva Duarte e Pascual Pelliciotta. Evita si lanciò con successo nella carriera radiofonica. Il primo radiodramma fu “Los jazmines del ochenta” (“Il gelsomino degli ottanta”), trasmessi da Radio Mitre, dal lunedì al venerdì. Sempre su una sceneggiatura di Blomberg, Eva iniziò un secondo ciclo di radiodrammi, trasmessi da Radio Prieto, e successivamente un terzo. Recitò anche in un film storico sulla Patagonia, “La carga de los valientes” (La carica eroica) e fece le sue due ultime comparse in teatro con le commedie “Corazón de manteca” (Cuore di burro) e “La plata hay que repartirla” (Bisogna dividere i soldi). Decisamente il teatro non faceva per lei: guadagnava molto poco. Tuttavia nel 1941, Evita girò due film : “El más infeliz del pueblo” (Il più infelice del paese), con un celebre comico come Luis Sandrini, e “Una novia en apuros” (Una fidanzata nei guai) dell’americano John Reinhardt.

Tra radiodrammi e film, Eva finalmente raggiunse una situazione economica stabile da permettersi, nel 1942, di comprare un appartamento in Via Carlo Pellegrini, un quartiere molto elegante di Buenos Aires.

Il peronismo[modifica | modifica wikitesto]

Il 22 gennaio 1944 Evita incontrò Juan Perón. In quel periodo l’Argentina stava attraversando un momento di trasformazione economica, sociale e politica.

La situazione politica e sociale dell’Argentina nel 1944[modifica | modifica wikitesto]

Economicamente l’Argentina aveva cambiato radicalmente la struttura produttiva, questo dovuto ad una grande crescita dell’industria. Infatti nel 1943, per la prima volta, la produzione industriale aveva superato la produzione agricola.
Socialmente il paese stava vivendo una grande migrazione interna, spinta dallo sviluppo dell’industria, la popolazione migrava dalle campagne per stabilirsi nelle città. La grande crescita industriale generò un amplio processo di urbanizzazione e un notevole cambio di popolazione nelle grandi città, specialmente a Buenos Aires. La classe operaia andava sempre più aumentando e cambiava colore. I crollo o cabecitas negras (le “testoline nere”), furono chiamati così perché avevano i capelli, i piedi e gli occhi più scuri di quelli di qualsiasi immigrato europeo,questi “invasero” Buenos Aires. La grande migrazione interna si caratterizzò anche per la presenza di una grande quantità di donne, le quali cercavano di insidiarsi, anche loro, nel nuovo mercato del lavoro stipendiato, che stava creando l’industrializzazione.
Politicamente il paese viveva una crisi profonda dei partiti politici tradizionali, i quali avevano instaurato un sistema corrotto, falso e disonesto, fondato sul nepotismo; il governo fu accusato di numerosi brogli elettorali. Questo periodo è conosciuto, nella storia dell’Argentina, come la Decade Infame (1931-1943) e fu diretto da un’alleanza conservatrice, chiamata la Concordia. Davanti alla corruzione scandalosa del governo conservatore, il 4 giugno 1943 ci fu un colpo di stato militare che aprì un confuso periodo di riorganizzazione e rallentamento delle forze politiche. Tra gli autori del colpo di stato del 1943 si distinse il giovane Juan Domingo Perón, colonnello dell’esercito argentino.

L’incontro con Juan Domingo Perón[modifica | modifica wikitesto]

Il 15 gennaio 1944 la città di San Juan venne distrutta da un terremoto causando più di diecimila morti. Juan Domingo Peron, promosso sottosegretario al Departamento Nacional del Trabajo (Il Ministero del lavoro), con lo scopo di raccogliere i fondi per la ricostruzione del paese, decise di organizzare un festival affidato a una commissione di artisti, tra i quali c’è anche Evita Duarte. Il 22 gennaio del 1944 durante il festival, al quale parteciparono anche i soldati dell’esercito e della marina, Evita e Perón si incontrarono (ne “La razón de mi vida”, Evita scrisse che quel giorno fu per lei “una giornata meravigliosa”), già nel febbraio seguente decisero di andare a vivere insieme, nel nuovo appartamento di Evita, situato in “Calle Posadas”. Eva continuò ad ampliare la sua carriera artistica e in questo anno venne anche nominata presidente del sindacato chiamato Associazione Radicale Argentina.

Il 1945[modifica | modifica wikitesto]

Il 5 ottobre del 1945, Perón deteneva tre nomine: aveva conservato quelle di Segretario del Lavoro e di Ministro della Guerra ed era diventato vicepresidente dell’Argentina. Perón era quindi l’unico che si occupava dei lavoratori, infatti aveva accordato un aumento dei salari, aveva creato i tribunali del lavoro e migliorato i sistemi di aiuto sociale. Questa serie di misure popolari che aveva preso, gli assicuravano la fedeltà e la riconoscenza del popolo, e questo agli occhi dell’opposizione democratica e del settore militare era una gratitudine pericolosa che rendevano Perón altrettanto pericoloso.
In questo anno si stavano preparando le elezioni, il presidente Edelmiro Julián Farrell, sensibile alle critiche dell’opposizione e dei militari che temevano il potere crescente di Perón, aveva annunciato al popolo argentino che prima della fine dell’anno sarebbe stato chiamato a scegliere i propri governanti.
Nella notte dell’8 ottobre venne organizzato una marcia su Buenos Aires dagli antiperonisti per sbarazzarsi di Perón. Durante un incontro tra il generale Avalos, i suoi militari e il presidente Farrell, venne deciso che Perón avrebbe dovuto lasciare subito la vicepresidenza della nazione, il ministero della Guerra e la segreteria del Lavoro.
Il 10 ottobre Perón si presentò alla Segreteria del Lavoro per prendere congedo. In strada quindicimila operai si erano riuniti davanti al ministero, Evita era in strada tra gli operai.
Perón disse alla folla : “ Vi chiedo di rispettare l’ordine pubblico affinché si possa proseguire la nostra marcia trionfale, però se un giorno si rivelasse necessario, vi chiederò di battervi”. Stava lanciando una sfida ai capi dell’esercito e con quel discorso aveva firmato la sua condanna a morte.
Evita iniziava ad avere paura. La sua carriera si era conclusa: venne chiamata dalla Radio Belgrado per essere informata che tutte le sue trasmissioni erano state cancellate.
A mezzanotte, dello stesso giorno, lasciarono l’appartamento di “Calle Posadas” per rifugiarsi sul delta del Paraná. Il 13 ottobre Perón venne arrestato e deportato per volontà dei generali delle forze armate, che al loro interno erano profondamente divise sulla gestione del potere. Venne portato sull’ isola deserta di Martín Gracía (un’isola nel mezzo del Río de la Plata). Lo stesso giorno che arrivò sull’isola, Perón scrisse due lettere: una a Mercante, suo amico, ed una ad Evita.

Nella prima scrive :

«...Abbiate cura di Evita. Ha i nervi a pezzi e la sua salute mi preoccupa. Non appena andrò in pensione ci sposeremo e ce ne andremo via...»

Nella seconda scrive:

«Tesoro mio adorato, solo stando lontani da chi amiamo possiamo misurare il nostro affetto. Da quando ti ho lasciato, con un dolore così grande che non puoi immaginare, non sono più riuscito a calmare il mio cuore triste. Adesso so quanto ti amo e che non posso vivere senza di te. La mia immensa solitudine è piena del tuo ricordo. Oggi ho scritto a Farrell chiedendogli di accelerare la mia pensione. Non appena me l’accorderanno ci sposeremo e andremo a vivere tranquilli da qualche parte…Cosa mi dici di Farrell e Avalos? Che vergogna comportarsi così con un amico! Ma è la vita… Cercherò di andare a Buenos Aires in un modo o nell’altro, dunque puoi aspettarmi tranquillamente e badare alla tua salute. Se riesco a farmi mandare in pensione potremo sposarci l’indomani stesso. Altrimenti arrangerò le cose in maniera diversa, ma risolveremo la situazione di abbandono nella quale ti trovi ora…Tesoro mio, sii serena e impara ad aspettare. Tutto questo finirà presto e avremo tutta la vita per noi. Ciò che ho già fatto mi giustifica davanti la storia e so che il tempo mi darà ragione. Comincerò a scrivere un libro su tutto ciò e lo pubblicherò il più presto possibile. Allora vedremo chi ha ragione...»


Il 16 ottobre fu internato all’ospedale militare di Buenos Aires per una malattia, non sappiamo se vera o fittizia. Lo stesso giorno la CGT (Confederazione Generale del Lavoro) si riunì e proclamarono uno sciopero di ventiquattr’ore per il 18 ottobre. Il popolo però esausto, iniziò a non dare più ascolto nemmeno ai sindacati. Il 17 ottobre, senza che nessuno avesse dato l’ordine, non fecero lo sciopero, ma la rivoluzione (chiamata la “marcia dei descamisados”).

Le persone occuparono Plaza de Mayo esigendo la liberazione di Perón, e gli stessi generali che lo avevano arrestato furono costretti a richiamarlo al Governo. Quel 17 ottobre sotto il cielo incandescente, gli uomini sudati si erano tolti le camicie, di conseguenza la parola dispregiativa “descamisados” (gli scamiciati), usata dal giornale “La Prensa”, divenne la parola che da allora in poi avrebbe designato il popolo peronista.

Il giornalista Héctor Daniel Vargas ha rivelato che Eva quel giorno era a Junín, nella casa della madre e tornò in città verso sera.

Dopo la liberazione, il 22 ottobre Perón si sposò con Eva a Junín.

Carriera politica[modifica | modifica wikitesto]

Partecipazione di Eva nella campagna elettorale[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il matrimonio Perón fu occupato con la campagna elettorale.

Il 26 dicembre 1945 Evita e Perón partirono in tournée elettorale con un treno che venne battezzato “El Descamisado”, per raggiungere il Nord del paese, a questo ne seguirono altri. La grande novità di quei viaggi fu soprattutto la presenza di una donna sul treno. Fino ad allora nessuna moglie aveva mai accompagnato il proprio marito durante una tournée del genere.

Evita, durante i viaggi, non aveva mai tenuto un discorso; il 4 febbraio 1946, pochi giorni prima della fine della campagna elettorale, al Centro Universitario Argentino, un’associazione di donne organizzò un incontro per sostenere la candidatura di Perón. Il futuro presidente, non sentendosi molto in forma, decise di dare ad Evita l’opportunità di parlare al pubblico. Il risultato fu disastroso, perché il pubblico reclamò con rabbia la presenza di Perón,e impedendo così ad Evita, di poter pronunciare il suo discorso.

Il 24 febbraio 1946 Juan Domingo Perón venne eletto Presidente della Repubblica argentina con il 52% dei consensi, nel 1947 fondò il Partito unico della rivoluzione che venne chiamato Partito Peronista.

I diritti delle donne e il Partito Peronista Femminile[modifica | modifica wikitesto]

Una delle battaglie combattute e vinte da Evita Perón fu quella che portò al riconoscimento dell’uguaglianza de diritti politici e civili tra gli uomini e le donne, con la legge 13.010 da lei presentata il 23 settembre del 1947. Il suo impegno per la dignità della donna fu costante e la condusse il 26 luglio del 1949 alla fondazione del Partito Peronista Femminile(PPF).

Alcuni articoli della legge 13.010

  • Articolo 1: le donne argentine hanno gli stessi diritti politici e saranno soggette agli stessi obblighi che la legge argentina impone agli uomini.
  • Articolo 2: le donne straniere residenti nel paese argentino hanno gli stessi diritti politici e saranno soggette agli stessi obblighi che la legge straniera impone agli uomini, nel caso in cui hanno tali diritti politici.
  • Articolo 3: per le donne vige la stessa legge elettorale che per l'uomo, come tutti gli atti civili ed elettorali è indispensabile mostrare un documento d'identità.

[...]

  • Articolo 5: non si applicherà alle donne le disposizioni e le sanzioni di carattere militare contenute nella legge 11.386. La donna che non rispetta l'obbligo di iscriversi, entro i termini, sarà soggetta ad una multa di 50 peso argentino (moneta nazionale) o la pena di quindici giorni agli arresti domiciliari, a prescindere dalla registrazione.

[...]

La relazione con i lavoratori e i sindacalisti[modifica | modifica wikitesto]

Perón dopo la vittoria delle elezioni, deteneva molti incarichi così che non poteva dedicarsi, come aveva fatto negli anni precedenti, ai diritti dei lavoratori. Fu Eva che si interessò di fare da intermediaria tra le richieste ed i problemi degli operai e Perón. L’efficienza della donna venne ricompensata con l’assegnazione di un ufficio all’interno della Segreteria del Lavoro. Fervente visitatrice di fabbriche, scuole, ospedali, sindacati, club sportivi e culturali, Eva si guadagnò la fiducia del popolo ma in particolare dei lavoratori e dei sindacalisti, stabilendo una forte ma anche complicata relazione.

Il giro in Europa[modifica | modifica wikitesto]

Un anno dopo le elezioni, Evita venne incaricata di rappresentare suo marito in un giro Europeo che comprendeva come prima tappa la Spagna, successivamente l’Italia ed il Vaticano, la Francia, il Portogallo, la Svizzera, il Brasile ed infine l’Uruguay.

Il giro in Europa fu battezzato dalla “first lady” come il “Giro dell’Arcobaleno”, come lei stessa affermò: “Sono il ponte che collega Perón con il popolo. Attraversatemi!”.

L’Europa del 1947 era un’Europa stremata dalla guerra appena finita, l’Europa aveva fame e l’Argentina abbondava di grano e di bestiame, questa occasione era per entrambi i continenti un’opportunità positiva.

Il giro in Europa durò 3 mesi, Evita prese l’aereo direzione Europa il 6 giugno 1947, e arrivò in Spagna l’ 8 giugno 1947 all’aeroporto di Barajas dove ad aspettarla c’era Francisco Franco con sua moglie, l’intero governo ed una importante concentrazione popolare. Fu proclamato un giorno di festa nazionale; anche per il popolo spagnolo Evita era già una leggenda e a Madrid non mancò di visitare i quartieri poveri interessandosi dei problemi di tutti, abbracciando gli ammalati e regalando denaro come faceva in Argentina. Le fu assegnata per l’occasione, personalmente da Franco, la Gran Croce dell’Ordine di Isabella la Cattolica. Il viaggio in Spagna proseguì trionfale così com’era iniziato, ovunque andasse le piazze si riempivano di gente e, specialmente al Sud, l’accoglienza fu commovente.

Il 26 giugno del ‘47 giunse a Roma, il momento centrale del soggiorno romano fu rappresentato dall’incontro ufficiale con il Papa Pio XII. Il Pontefice la ricevette con tutti gli onori pronunciando qualche parola in spagnolo per benedirla, la ringraziò per l’impegno donato in favore dei poveri e assegnò al marito la Croce dell’Ordine di Pio IX. Il colloquio durò venti minuti, lo stesso tempo concesso alle regine, e si concluse con l’omaggio di un prezioso rosario, lo stesso che le fu messo tra le mani il giorno della sua morte. Il viaggio proseguì poi in Portogallo, Francia e Svizzera.

In Francia, nonostante le radicali divergenze politiche, le fu conferita la Legion d’Onore. L’Europa l’aveva ricevuta ed onorata come mai era accaduto a nessun’altra donna nella storia.

Il 23 Agosto 1947 arrivò in Argentina, un tappeto rosso era steso dalla banchina alla Dogana . Perón, doña Juana, le sue tre sorelle e tutti i membri del governo l’aspettavano su una tribuna improvvisata. La folla era immensa.


La fondazione Eva Perón[modifica | modifica wikitesto]

Il lavoro di Evita all’interno del governo peronista, era orientato all’assistenza sociale con lo scopo di combattere la povertà. Subito dopo il ritorno dal suo tour europeo, Evita organizzò un’ assistenza sociale dal nome Crociata Maria Eva Duarte de Peron, si occupava di dirigere l'assistenza infermieristica e le donne senza fissa dimora, concedendo sussidi e case temporanee. L’ 8 luglio 1948 creò la Fondazione Eva Perón, presieduta da Evita, sviluppando un compito sociale grandioso verso tutti i bambini, gli anziani, ragazze madri, e donne appartenenti alle classi sociali più povere della popolazione. La Fondazione condusse una vasta gamma di attività sociali, dalla costruzione di ospedali, case di cura, scuole, campi estivi all’ assistenza e promozione delle donne.

Tra le opere realizzate dalla Fondazione, che sono rimaste tutt’oggi, c’è il complesso d’abitazioni “Ciudad Evita” (nel quartiere de La Matanza) e molti ospedali, che ancora oggi portano il nome di Evita, Eva Perón o la “República de los Niños en Gonnet” (in provincia de Buenos Aires).

Il Decalogo dell’Anzianità[modifica | modifica wikitesto]

La preoccupazione speciale di Evita per gli anziani la portò a scrivere e a proclamare il 28 agosto del 1948 il “Decálogo de la Ancianidad” (Decalogo dell’Anzianità), ovvero una serie di diritti degli anziani.

  • Diritto all'assistenza: tutti gli anziani hanno diritto ad una protezione completa per conto della loro famiglia. In caso di necessità, lo Stato, fornirà tale protezione direttamente o tramite istituti o fondazioni create a tale scopo[...]
  • Diritto alla casa: il diritto ad un alloggio con i comfort minimi di igiene è una requisito inerente alla condizione umana.
  • Diritto all'alimentazione: deve essere fornita in modo particolare un'alimentazione sana e adeguata all'età e allo stato fisico di ogni anziano.
  • Diritto al vestiario: il vestiario decoroso e appropriato al clima completa il diritto sopra citato.
  • Diritto all'attenzione della salute fisica: la cura della salute fisica degli anziani deve essere una preoccupazione permanente.
  • Diritto all'attenzione della salute mentale: è necessario assicurare il libero esercizio di espansione spirituale, concorde con la morale e il culto.
  • Diritto al tempo libero: alla persona anziana deve essere riconosciuto il diritto di godere un minimo di intrattenimenti in modo da poter affrontare con soddisfazione le loro ore libere.
  • Diritto al lavoro: Quando lo stato di salute e le condizioni dell'anziano lo permettono, l'occupazione attraverso il lavoro produttivo deve essere fornito. Si eviterà così il declino della personalità.
  • Diritto di espansione: il patrimonio dell'anziano è quello di godere della tranquillità, libero da ansie e preoccupazioni negli ultimi anni di esistenza.
  • Diritto al rispetto: l'anzianità ha il diritto al rispetto e alla considerazione degli altri.

Candidatura alla vicepresidenza[modifica | modifica wikitesto]

La campagna ufficiale per la formula presidenziale Perón-Eva Perón iniziò il 2 agosto 1951, con l’arrivo di duecento sindacalisti venuti ad incontrare Perón per chiedergli di accettare la rielezione e per esprimere il desiderio che Evita facesse parte della formula. Perón non rispose alle richieste e per questo motivo venne fissata una nuova data, il 22 agosto i sindacalisti si presentarono di nuovo per chiedere a Evita e Perón di depositare le loro rispettive candidature. La manifestazione non si svolse sul balcone della Casa Rosada, la casa ufficiale del governo argentino (si temeva che la piazza tradizionale non fosse sufficientemente capiente per contenere la folla) ma si svolse nell’Avenida 9 de Julio, un pezzo di pampa della larghezza di un isolato. Nel 1951 Evita voleva guadagnarsi un posto nella scheda elettorale come candidata alla vicepresidenza, questa mossa preoccupò molto i capi militari e i gruppi più conservatori, i quali cercarono in tutti i modi di evitare la candidatura. Evita, comunque ricevette un gran supporto dalla classe operaia e dalle donne peroniste, un supporto così intenso che sorprese Juan Perón stesso.

Alla manifestazione, la folla chiese ad Evita di annunciare pubblicamente la sua candidatura come vicepresidente. Evita rispose chiedendo qualche giorno in più per prendere la sua decisione definitiva ma il popolo insisteva “Ahora, Evita, ahora!” (“Ora, Evita, adesso”) e urlava "¡Evita, Vice-Presidente!". Alla fine giunsero ad un compromesso, Evita comunicò al pubblico che avrebbe annunciato la sua decisione alla radio qualche giorno dopo.

Nove giorni dopo, Evita mandò un messaggio radiofonico al popolo argentino, annunciando la sua intenzione di rinunciare. «Ho solo un’ambizione personale» disse «Che il giorno in cui si scriverà il capitolo meraviglioso della storia di Perón, di me si dica questo: c’era, al fianco di Perón, una donna che si era dedicata a trasmettergli le speranze del popolo. Di questa donna si sa soltanto che il popolo la chiamava con amore: Evita».

La malattia e la morte[modifica | modifica wikitesto]

Il 9 gennaio 1950 Evita svenne in pubblico e venne operata tre giorni dopo, di appendicite, ma le venne diagnosticato anche un tumore all’utero. Gli svenimenti continuarono fino al 1951, anche durante la cerimonia peronista del 22 agosto, Evita era molto debole e l’avanzamento del cancro la costringeva al riposo.

Il 15 ottobre usciva il suo libro autobiografico “La razón de mi vida”, scritto con l’aiuto dello scrittore spagnolo Manuel Pennella, la prima edizione pubblicò 300.000 copie. Dopo la morte di Evita il libro diventerà lettura d’obbligo nelle scuole.

Il 5 novembre 1951 fu operata dal famoso oncologo statunitense, George Pack, nell’ospedale Avellaneda (l’attuale “Hospital Interzonal General de Agudos Presidente Perón”), costruito dalla sua Fondazione. Sei giorni dopo votò dal suo letto d’ospedale per le elezioni generali, Perón venne eletto presidente per la seconda volta. Attualmente la camera d’ospedale è stata convertita in un museo.

Il 18 luglio Eva entrò in coma per la prima volta e morì all’età di 33 anni, il 26 luglio 1952, alle 20:23, anche se, nella comunicazione della morte, l’orario venne modificato con le 20:25. E così a partire dal giorno della morte fino alla caduta del regime di Perón, le informazioni della sera si interrompevano ricordando: “Sono le 20:25 minuti, l’ora in cui Eva Perón è passata all’immortalità”. Venne proclamato il lutto nazionale per un mese.

La mummificazione e il sequestro del cadavere[modifica | modifica wikitesto]

Secondo quanto disse Perón, il desiderio di Evita era quello di non essere sotterrata, anche se già sapeva, in ogni caso, che l’avrebbero esposta. Pedro Ara fu il medico spagnolo che mummificò il cadavere di Evita, dopo di che fu coperta da una bandiera bianca e azzurra e venne posta in una bara chiusa da un vetro trasparente ed esposta alla Segreteria del Lavoro.

La fila dei visitatori raggiunse, circa, i due chilometri. Le persone aspettarono anche per dieci lunghe ore pur di dare l’ultimo saluto a Evita.

Il 9 agosto, la bara venne posta su un affusto di cannone, circondata da una marea di fiori e da due milioni di spettatori, venne portata prima al Congresso, poi alla CGT (Confederazione Generale del Lavoro) dove rimase.

Il 23 settembre 1955 scoppiò, quella che venne chiamata, la “Rivolución Libertadora”, a capo della rivoluzione c’erano il generale Eduardo Lonardi, il generale Pedro Eugenio Aramburu e l’ammiraglio Isaac Francisco Rojas. L’insurrezione depose Perón, il quale si esiliò in Paraguay, senza preoccuparsi del corpo della moglie, che lasciò nelle mani del dott. Ara.

Il dott. Ara si presentò alla Casa Rosada per informare Lonardi che Perón gli aveva lasciato il corpo di Eva, al discorso partecipò anche il tenente colonnello Carlos Eugenio Moori Koenig, nominato capo del servizio informazioni dell’esercito. Nei mesi successivi Koenig stava creando nella sua mente un progetto, in seguito chiamato “Operazione Evasione”, che rese partecipe anche Aramburu, il quale il 13 novembre sostituì il generale Lonardi. Lo scopo del progetto era nascondere la salma di Eva poiché i militari della “Rivolución Libertadora” temevano che qualsiasi posto destinato ad ospitare quei resti si sarebbe trasformato in un luogo di culto. Tre giorni dopo della salita al potere di Aramburu, la CGT venne occupata dall’esercito e nella notte del 22 novembre venne sequestrato il cadavere di Evita. Moori Koenig mise il cadavere in un furgone, dove lo lasciò per diversi mesi, le spoglie vagarono in numerosi edifici militari sempre sotto sorveglianza, protetta e nascosta. Quando il colonello Koenig si rese conto che non poteva continuare a scarrozzare la salma di Evita da un luogo all'altro, la trasportò nel suo ufficio, nella sede centrale del servizio informazioni, dove vi rimase fino al 1957.

Il generale Aramburu, dopo aver ottenuto tutte le autorizzazioni per seppellire Evita dignitosamente, si mise in collaborazione con un prete italiano e uno argentino per trasportare la salma in Europa.

Evita fu seppellita sotto il nome di Maria Maggi de Magistris nel cimitero Maggiore di Milano.

In seguito, intorno al 1971, venne trasportata in Spagna; solo tre anni dopo Evita ritornò nella capitale argentina, precisamente nella Residenza d’Olivos in cui rimase fino al 24 marzo 1976.

Il 22 ottobre 1976 il corpo di Evita venne sistemato al cimitero della Recoleta.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Evita, un mito del nostro secolo (Biografia) di Alicia Dujovne Ortiz (1995)
  • Il peronismo di Giuseppe Federico Benedini