Utente:Alex86Turner/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Periodo Tokugawa (o Edo) (1603-1868)[modifica | modifica wikitesto]

La stabilizzazione del governo centralizzato a Edo (l'odierna Tōkyō) e la riunificazione politica seguita alla battaglia di Sekigahara (21 ottobre 1600) da parte di Tokugawa Ieyasu portarono a uno sviluppo generale della società; nei centri urbani fiorì il nucleo centrale della nuova cultura chōnin. Il seguente progresso economico e il miglioramento del livello di vita furono accompagnati dall'allargamento dell'istruzione e dalla crescita del tasso di alfabetizzazione, favorendo la diffusione della pratica letteraria e di opere destinate ad un pubblico sempre più ampio.[1]

Introdotta dalla Cina, dove veniva usata fin dai tempi della Dinastia Tang (618-907), la stampa tramite tavole di legno in Giappone venne inizialmente utilizzata solo per i testi in cinese, specialmente quelli di carattere buddhista. Dopo l'arrivo nel 1590 del gesuita Alessandro Valignano furono introdotti anche i caratteri mobili in legno, utilizzati per la pubblicazione privata di opere religiose e opere classiche della letteratura giapponese scritte in caratteri kana. In seguito alle persecuzioni dei cristiani avviate sotto lo shogunato Tokugawa, i testi in lingua cinese vennero riprodotti utilizzando la stampa a caratteri mobili metallici proveniente dalla Corea.

Con lo sviluppo mercantile e la diffusione dell'alfabetizzazione, alle pubblicazioni private in cinese si aggiunsero le pubblicazioni commerciali in lingua volgare di testi classici, cinesi e contemporanei. Partendo da Kyōtō e poi estendendosi alle altre principali città mercantili (Edo e Ōsaka), i commercianti avviarono attività di stampa, vendita e prestito di libri, pubblicazioni di cataloghi delle opere, e si riunirono in corporazioni, dando vita alle prime case editrici. A queste corporazioni lo Stato garantiva il monopolio sui diritti di pubblicazione, richiedendo in cambio l'attività di censura dei contenuti delle opere non graditi, e il controllo del commercio librario. Accanto all'attività delle case editrici, ebbe rilevanza anche quella delle biblioteche ambulanti (kashihonya), che fornivano un servizio di scambio di libri usati con libri nuovi. Il profitto ricavato dalla vendita delle opere da parte degli autori, promosse la nascita della figura dello scrittore professionista.[2]

In contrasto all'attività dei sinologi (kangakusha), quella degli studiosi di questioni e opere nazionali (kokugakusha) favorì il distacco dalla concezione sinocentrica della cultura giapponese, favorendo la rivalutazione della tradizione e dei valori autoctoni.[1]

Haikai[modifica | modifica wikitesto]

La forma poetica dello haikai, abbreviazione di haikai no renga risalente al periodo Heian, indicava un gruppo di waka dal tono ironico, trattante argomenti solitamente non tradizionali. La trasformazione dell'haikai in genere indipendente avviene solo nel tardo periodo medievale in contrapposizione alla pratica del renga, ma è solo nel periodo Edo, grazie a Matsunaga Teitoku, fondatore della scuola Teimon, che diventa il genere più rappresentativo delle nuovi classi sociali.[3] La scuola Teimon di Kyōto, legata alla tradizione classica, si connota come uno dei modelli più conservatori di haikai, mentre la scuola Danrin di Ōsaka, fondata da Nishiyama Sōin, diventa sinonimo di innovazione.[4]

È tuttavia Matsuo Bashō, allievo di entrambe le scuole, ad essere considerato il più grande esponente del genere. A lui si dà il merito di aver saputo fondere gli aspetti della tradizone poetica classica del waka con il nuovo genere popolare degli haikai, innalzandolo a nuova forma letteraria degna di interesse, fissandone i principi metrico-retorici e delineando una propria poetica.[5] Tra i numerosi poeti succeduti a Bashō, spiccano in particolare Yosa Buson e Kobayashi Issa.[3]

Kanazōshi e Ukiyozōshi[modifica | modifica wikitesto]

Caratterizzato dalla prevalenza dei segni sillabici kana rispetto ai kanji, il genere narrativo dei kanazōshi si sviluppa tra il 1600 e il 1682, ossia tra gli otogizōshi e il primo ukiyozōshi. Questo genere comprende una larga varietà di testi, spesso dal carattere disomogeo: testi di ispirazione buddhista o confuciana, guide di viaggio, parodie di testi conosciuti, guide di posti popolari, traduzioni o adattamenti di testi stranieri e riprese dei modelli del setsuwa e del monogatari.[6] Al suo interno, i testi si possono suddividere in categorie a seconda della loro finalità: pratica, educativa o ludica.[7]

Con la pubblicazione del kanazōshi di Asai Ryōi Ukiyo monogatari (Racconto del mondo fluttuante, 1661), il termine ukiyo, precedentemente legato all'idea di impermanenza nel buddhismo, assume il significato di "mondo fluttuante". La produzione letteraria successiva viene quindi denominata ukiyozōshi: opere scritte con tratti umoristici e incentrate sui quartieri di piacere o sulla cultura chōnin. Massimo esponente è Ihara Saikaku, che diede inizio al genere nel 1682 con Kōshoku ichidai otoko (Vita di un libertino).[8]

Gesaku[modifica | modifica wikitesto]

Letteralmente "opere scritte per divertimento", il termine gesaku indica un numero di testi scritti dagli intellettuali bunjin (uomini di lettere) in lingua giapponese, dai toni ironici/satirici e rivolti al divertimento del pubblico dei chōnin. Con i gesakusha (autori di gesaku) e la diffusione dell'editoria vengono a formarsi le figure di scrittori e tecnici professionisti. I testi ricoprono diversi generi, contenuti e vesti grafiche e possono essere divisi in: dangibon, sharebon, ninjōbon, kusazōshi e kokkeibon.[9]

I dangibon (sermoni satirici) si rifanno allo stile dei sermoni buddhisti, ma con satira e comicità forniscono una critica alla società del tempo. Uno dei maggiori esponenti è Hiraga Gennai, autore di Nenashigusa (Erba senza radici, 1763-1769).[9]

Gli sharebon (libro alla moda) sono ambientati nei quartieri di piacere, presentano delle tipologie fisse di personaggi, e creano nuovi concetti estetici. Satirici e irriverenti, questi testi vennero censurati dallo stato, portando l'autore Santō Kyōden a dare il via a storie di stampo più romantico con l'opera Seirō hiru no sekai nishiki no ura (Il mondo di giorno nei quartieri di piacere: il rovescio del broccato, 1791). Il filone degli sharebon venne così sorpassato in popolarità dalle vicende d'amore dei ninjōbon (libri dei sentimenti).[9] Questi, ambientati sia nei quartieri di piacere che in altre zone cittadine, mettevano in primo piano i sentimenti amorosi, ed erano rivolti ad un pubblico principalmente femminile. L'autore più celebre è Tamenaga Shunsui, con il suo Shunshoku umegoyomi (Scenari di primavera: l'almanacco dei susini, 1832-1833).[10]

Con kusazōshi si intende una vasta produzione di opere, collocate fra la fine del XVII secolo e la fine del XIX secolo, inizialmente nate come libri per i bambini e in seguito rivolte ad un pubblico adulto. Pur presentando vari contenuti, hanno in comune la presenza di frequenti giochi di parole, la comicità, le immagini e i rimandi alle mode del tempo.[11] Le numerose sottocategorie sono distinte dal colore della copertina: akahon (rosso), kurohon (nero), aohon (verde), kibyōshi (giallo-marrone) e gōkan, volumi più lunghi creati dalla combinazione di più fascicoletti. Uno degli scrittori più importanti è Santō Kyōden, autore del kibyōshi Edo umare uwaki no kanbayaki (Rubacuori ben grigliato come gli spiedini d'anguilla di Edo, 1785).[9]

I kokkeibon, basati su una comicità spicciola, sono ambientati in città e incentrati sul mondo chōnin, e si rivolgono quindi ad un vasto pubblico. Fanno uso delle diverse inflessioni dialettali, delle volgarità, dell'ignoranza dei personaggi e della farsa. Alcune delle opere più importanti sono Ukiyoburo (Il mondo al bagno, 1808-1813) e Ukiyodoko (Il mondo dal barbiere, 1813-1814) di Shikitei Sanba.[9]

Yomihon[modifica | modifica wikitesto]

A seguito del grande successo degli ukiyozōshi, gli scrittori reagiscono con una ricerca di nuovi temi, producendo testi colti ispirati ispirati all'epoca classica scritti per diletto, chiamati yomihon. Il termine "libri da leggere" (yomihon) nasce in contrapposizione agli ehon, libri illustrati popolari in epoca Edo, volendo sottolineare la superiorità degli elementi narrativi su quelli figurativi. Il rivolgere lo sguardo al mondo classico era inoltre conseguenza dell'influenza del kokugaku (studi nazionali) fra gli intellettuali, concentrati sulla lingua e lo studio filologico come tramite per un passato idealizzato come fonte d'ispirazione del presente.[12]

Gli yomihon possono essere divisi in due periodi: quello iniziale, a partire dal 1750, e il successivo, dal 1790. Del primo periodo sono caratteristiche le storie brevi con elementi sovrannaturali e fantastici, di cui i maggiori rappresentanti sono Tsuga Teishō e Ueda Akinari, autore dell'Ugetsu monogatari (Racconti di pioggia e di luna, 1768).[13] Nel secondo periodo prevalgono i lunghi romanzi storici degli scrittori Santō Kyōden e Takizawa Bakin, autore di Nansō Satomi hakkenden (La leggenda degli otto cani dei Satomi di Nansō, 1814-1842).[14]

Autori[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Caroli, pp. 85-122
  2. ^ Shirane; Suzuki, pp. 382-395
  3. ^ a b Shirane; Suzuki, pp. 403-414
  4. ^ Zanotti, p. 107
  5. ^ Kerkham, pp. 159-171
  6. ^ Bienati, pp. 139-140
  7. ^ Moretti, p. 302
  8. ^ Bienati, pp. 140-142
  9. ^ a b c d e Bienati, pp. 149-157
  10. ^ Shirane; Suzuki, pp. 532-533
  11. ^ Shirane; Brandon, p. 672
  12. ^ Bienati, pp. 163-164
  13. ^ Shirane; Brandon, pp. 563-564
  14. ^ Shirane; Brandon, pp. 885-886

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Bienati Luisa e Boscaro Adriana, La narrativa giapponese classica, Venezia, Marsilio Editori, 2010.
  • Caroli Rosa e Gatti Francesco, Storia del Giappone, Roma, Laterza, 2004.
  • Kerkham Eleanor, Matsuo Bashō's Poetic Spaces : Exploring Haikai Intersections, New York, Palgrave Macmillan US, 2006.
  • Moretti Laura, Kanazōshi Revisited: The Beginnings of Japanese Popular Literature in Print, in Monumenta Nipponica, vol. 65, n. 2, pp. 297-356.
  • Shirane Haruo e Brandon James, Early Modern Japanese Literature: An Anthology, 1600-1900, New York, Columbia University Press, 2002.
  • Shirane Haruo e Suzuki Tomi, The Cambridge History of Japanese Literature, Cambridge, Cambridge University Press, 2015.
  • Zanotti Pierantonio, Introduzione alla storia della poesia giapponese. Dalle origini all'Ottocento, Venezia, Marsilio Editori, 2012.