Utente:AAlessioamato/Orwell's list

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La Orwell's list, o lista di Orwell, è stata redatta dallo scrittore George Orwell nel 1949, diverso tempo prima della sua morte. Si tratta di un elenco di importanti scrittori e di coloro considerati da lui inadatti a ricoprire il ruolo di possibili scrittori per la propaganda anticomunista del Dipartimento di ricerca sull'informazione, un'organizzazione segreta propagandistica dello Stato Britannico supervisionata dal Ministero degli esteri. Un duplicato del suddetto elenco venne pubblicato sul quotidiano The Guardian nel 2003 mentre l'originale venne divulgato dallo stesso Ministero subito dopo.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L' Information Research Department (IRD) era un'ala di propaganda del Ministero degli affari esteri del Regno Unito, che si occupava della guerra di disinformazione, dell'anticomunismo e della propaganda pro-coloniale. L'IRD venne istituito dal governo laburista di Clement Attlee, divenendo successivamente sia l'ala più ampia del FCDO e sia il dipartimento propagandistico segreto del governo più longevo nella storia britannica.

Nel mese di marzo del 1949, Celia Kirwan, una intima amica di Orwell che aveva recentemente iniziato a lavorare come assistente di Robert Conquest presso l'IRD, visitò Orwell presso la casa di cura dove egli era stato ricoverato per tubercolosi.[2] Orwell scrisse una lista di coloro che reputava favorevoli allo Stalinismo e, pertanto, inadeguati quali scrittori per il Dipartimento, allegandola ad una lettera per Kirwan.[1] Tale lista divenne di pubblico dominio nel 2003.[3]

Celia Kirwan, che aveva lavorato per la rivista Horizon per Cyril Connolly e per breve tempo come assistente editoriale per il giornale Polemic, era la cognata di Arthur Koestler ed una delle quattro donne alle quali si dichiarò Orwell in seguito alla morte di sua moglie Eileen O'Shaughnessy, nel 1945.[2][4] Nonostante Kostler supportasse tale unione, Kirwan lo respinse.[5]

Taccuino[modifica | modifica wikitesto]

Orwell scrisse la lista in un quaderno privato che possedeva dalla metà degli anni Quaranta nell'eventualità di possibili "cryptos" o "F.T" (la sua abbreviazione per compagni di viaggio ),ovvero membri del Partito Comunista di Gran Bretagna, agenti e simpatizzanti sentimentali. Il taccuino, ora parte dell' Orwell Archive dell' University College di Londra, contiene 135 nomi in tutto, inclusi scrittori e politici statunitensi.[6] Erano stati cancellati dieci nomi; o perché la persona era morta o perché Orwell aveva deciso che non erano né cripto-comunisti né compagni di viaggio.[1] Le persone nominate rappresentavano un mélange: "alcune famose, alcune sconosciute, alcune che conosceva personalmente e altre no".[7] Nel 1947 Orwell commentò in New Leader:

Ciò che è importante fare con queste persone – ed è estremamente difficile, dal momento che si possiedono solo prove inferenziali – è disporle linearmente e determinare chi di loro è onesto e chi invece no. Esiste, ad esempio, un intero gruppo di parlamentari nel Parlamento del Regno Unito ([Denis Nowell] Pritt, [Konni] Zilliacus, etc.) comunemente chiamati "cryptos". Costoro hanno senza dubbio compiuto moltissimi misfatti, in particolare disorientando l'opinione pubblica sulla natura dei regimi fantoccio nell'Europa dell'Est; ma non si dovrebbe frettolosamente presupporre che condividano tutti le stesse opinioni. Probabilmente alcuni di loro sono mossi da niente di peggio che la stupidità.[8]

Il taccuino conteneva delle colonne riportarti nomi, commenti e segni vari. Alcuni commenti caratteristici erano: Stephen Spender – "Simpatizzante sentimentale...Tendenza verso l'omosessualità"; Richard Crossman -" Troppo disonesto per essere apertamente F.T ."; Kingsley Martin -"Liberale decaduto. Molto disonesto";[9] e Paul Robeson- " molto anti-bianco. Sostenitore di [Henry] Wallace".[10] Il giornalista Geoffrey Wheatcroft ha considerato le osservazioni di Orwell "perspicaci e talvolta anche generose", proseguendo affermando che "DN Pritt è descritto come un comunista "quasi certamente clandestino" ma anche un" buon parlamentare (cioè a livello locale). Molto abile e coraggioso".[11] Tra i nomi, Orwell ne scelse 38 che inoltrò a Kirwan.[1]

Richard Rees discusse dei nomi con Orwell stesso, commentando in seguito che si trattava di "una sorta di gioco che facevamo – discutendo su chi fosse un agente pagato di cosa e stimando lungo quale lunghezza di tradimento le nostre bêtes noires preferite sarebbero state disposte ad andare".[12] All'inizio del 1949,Orwell chiese a Rees di recuperare il taccuino dalla sua precedente residenza sull'isola scozzese di Jura, in Scozia, ringraziandolo in una lettera del 17 aprile.[1]

Uno dei biografi di Orwell, Bernard Crick, pensava che ci fossero 86 nomi nell'elenco e che alcuni dei nomi fossero stati scritti da Koestler, anch'egli collaboratore dell'IRD nella produzione di propaganda anticomunista.[13]

Orwell era stato un ex poliziotto coloniale in Birmania e, secondo Timothy Garton Ash, gli piaceva fare elenchi: in una "London Letter" alla Partisan Review nel 1942, scrisse: "Penso di poter stilare almeno un elenco preliminare di persone che passerebbero dalla parte nazista se i tedeschi occupassero l'Inghilterra." [1]

Reazioni alla lista[modifica | modifica wikitesto]

La stampa britannica era a conoscenza del contenuto della lista già diversi anni prima che fosse resa pubblica nel 2003. Nel 1996 il giornale The Independent discusse della lista e di coloro che erano stati nominati nella stessa in un articolo intitolato "Orwell's little list leaves the left gasping for more". Nel 1998 The Daily Telegraph pubblicò la storia dal titolo "Socialist Icon Who Became an Informer".[14]

Michael Foot,ex leader del Partito Laburista ed amico di Orwell durante gli anni 30-40', rimase "sconvolto" da tale rivelazione. Richard Gott, che nel 1994 si era dimesso dalla carica di editore letterario del The Guardian dopo aver ammesso di aver accettato le spese di viaggio dal KGB in un caso non correlato, si riferì alla lista di Orwell solo come ad una "piccola sorpresa".[13]

Il giornalista ed attivista Norman Ian MacKenzie, presente nell'elenco, espresse la sua opinione al riguardo "Sono un patito di Orwell, condividevo la sua idea per quanto riguarda l'Unione Sovietica, ma credo che sia in parte impazzito. Ha lasciato che la sua avversione per la folla di New Statesman, per quelli che considerava socialisti di sinistra, dilettanti e sentimentali che coprirono il Fronte Popolare in Spagna [dopo che divenne controllato dai comunisti] avesse la meglio su di lui." [15]

Bernard Crick giustificò il desiderio di Orwell di aiutare il governo laburista del dopoguerra, affermando che "lo ha fatto perché credeva che il Partito Comunista rappresentasse una minaccia totaliaria, non denunciando quelle persone come sovversive ma come inadatti ad un'operazione di controspionaggio."[13]

Il giornalista e scrittore Alexander Cockburn fu fortemente critico nei confronti dell'azione di Orwell, riferendosi all'elenco come ad una "lista di spioni". Cockburn attaccò la descrizione di Orwell in riferimento a Paul Robeson, considerato dallo scrittore "anti-bianco", evidenziando come egli avesse sostenuto una campagna per aiutare i minatori di carbone gallesi. Cockburn ha anche aggiunto che la lista rivelava Orwell come un bigotto: "Sembra esserci un consenso generale da parte dei fan di Orwell, di destra e di sinistra, a pattinare delicatamente sui sospetti di Orwell di ebrei, omosessuali e neri".[10]

Il professore Peter Davison, editore dei Complete Works di Orwell, disse che coloro che sarebbero rimasti delusi sarebbero stati quelli che sostenevano di essere stati nella lista ma non lo erano.[15]

Lo storico John Newsinger considerò l'elenco "un terribile errore da parte sua, derivante in egual misura dalla sua ostilità allo Stalinismo a dalle sue illusioni per il governo labourista. Ciò che certamente non rappresenta, tuttavia, è un abbandono della causa socialista o la trasformazione in un fante nella Guerra Fredda. In effetti, Orwell ha chiarito in diverse occasioni la sua opposizione a qualsiasi maccartismo britannico, a qualsiasi divieto e proibizione ai membri del Partito Comunista (di certo non lo ricambiarono) e qualsiasi idea di guerra preventiva. Se avesse vissuto abbastanza a lungo da rendersi conto di cosa fosse effettivamente l'IRD, avrebbe indubbiamente rotto con esso ".[16]

Il giornalista Neal Ascherson criticò la decisione di Orwell di fornire le informazioni all'IRD, dichiarando come "Ci sia una differenza tra l'essere determinati nello smascherare la stupidità dello Stalinismo e la portata delle epurazioni ed il gettarsi nell'attività di denunciare le persone che conosci."[17]Il giornalista e attivista Paul Foot disse che le rivelazioni non avrebbero sminuito la reputazione di Orwell come grande scrittore, sottolineando "sono un grande ammiratore di Orwell, ma dobbiamo accettare che abbia preso una posizione maccartista verso la fine della sua vita".

Celia Kirwan ha detto nel 2003 che Orwell aveva avuto ragione ad agire in quel modo perché "l'unica cosa che sarebbe successa loro era che non sarebbe stato chiesto loro di scrivere per l'Information Research Department".[1]

La lista[modifica | modifica wikitesto]

Per quanto riguarda il numero di nomi presenti nella lista le fonti variano (da 35[14] a 38).[3] I nomi sulla lista includono le seguenti 39 personalità :[1]

Scrittori e giornalisti[modifica | modifica wikitesto]

Accademici e scienziati[modifica | modifica wikitesto]

Attori[modifica | modifica wikitesto]

Parlamentari laburisti[modifica | modifica wikitesto]

Altri nomi[modifica | modifica wikitesto]

  • Joseph Macleod, scrittore e regista teatrale[25]
  • Peadar O'Donnell, socialista irlandese
  • Leonard Schiff,pastore
  • Edgar Young, ufficiale militare[15]

Altri nomi dell'elenco[modifica | modifica wikitesto]

Alcune delle personalità presenti nella lista di Orwell ma non riportate nell'elenco successivo dell'IRD furono:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j Timothy Garton Ash, Orwell's List, in The New York Review of Books, vol. 50, n. 14, 25 September 2003. URL consultato il 26 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016). Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "The New York Review of Books" è stato definito più volte con contenuti diversi
  2. ^ a b D. J. Taylor, Obituary: Celia Goodman, in The Guardian, 6 novembre 2002. URL consultato il 20 ottobre 2016.
  3. ^ a b c d John Ezard, Blair's Babe – Did love turn Orwell into a government stooge?, in The Guardian, 21 giugno 2003. URL consultato il 20 ottobre 2016. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "Ezard" è stato definito più volte con contenuti diversi
  4. ^ Orwell (a cura di), The Collected Essays, Journalism and Letters of George Orwell Volume 4: In Front of Your Nose (1945–1950), Penguin Books, 1984, ISBN 978-0-14-003154-6.
  5. ^ Celia [Goodman] in Stephen Wadhams, Remembering Orwell, Penguin Books, 1984, ISBN 978-0-14-007458-1.
  6. ^ Timothy Naftali, George Orwell's List, in The New York Times, 29 luglio 1998 (archiviato dall'url originale il 17 ottobre 2007).
  7. ^ Michael Shelden, Orwell: The Authorised Biography, William Heinemann, 1991, ISBN 978-0-434-69517-1.
  8. ^ George Orwell, Burnham's View of the Contemporary World Struggle, in Collected Essays, IV.
  9. ^ Orwell, George, Unpublished Notebook, 1948
  10. ^ a b Alexander Cockburn, St. George's List, in The Nation, 7 dicembre 1998.
  11. ^ a b Geoffrey Wheatcroft, Big Brother with a High Moral Sense, in The Independent, 28 giugno 1998. URL consultato il 20 ottobre 2016.
  12. ^ Rees, Richard, Letter to Ian Angus, 10 June 1967
  13. ^ a b c Tom Utley, Orwell is revealed in role of state informer, in The Daily Telegraph, 12 luglio 1996.
  14. ^ a b Timothy Garton Ash, Why Orwell Matters, su The Hoover Institute (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2008).
  15. ^ a b c d Fiachra Gibbons, Blacklisted writer says illness clouded Orwell's judgement, in The Guardian, 24 giugno 2003.
  16. ^ John Newsinger, Biographies, in Socialist Review, n. 276, luglio/agosto 2003.
  17. ^ Ros Wynne-Jones, Orwell's little list leaves the left gasping for more, in The Independent, 14 luglio 1996. URL consultato il 12 gennaio 2013.
  18. ^ Orwell named Charlie Chaplin as communist sympathiser, in The Yorkshire Post, 24 luglio 2003. URL consultato il 24 agosto 2012.
  19. ^ Archaeologist fingered by Orwell, in British Archaeology, n. 73, novembre 2003, Council for British Archaeology (archiviato dall'url originale il 19 luglio 2012).
  20. ^ Mark Hollingsworth e Richard Norton-Taylor, Blacklist:The Inside Story of Political Vetting, London, The Hogarth Press, 1988, ISBN 0-7012-0811-2.
  21. ^ Archaeologist fingered by Orwell, in British Archaeology, n. 73, novembre 2003, Council for British Archaeology (archiviato dall'url originale il 19 luglio 2012)."Archaeologist fingered by Orwell". British Archaeology (November 2003 ed.). Council for British Archaeology (73). Archived from the original on 19 July 2012.
  22. ^ Orwell named Charlie Chaplin as communist sympathiser, in The Yorkshire Post, 24 luglio 2003. URL consultato il 24 agosto 2012."Orwell named Charlie Chaplin as communist sympathiser". The Yorkshire Post. 24 July 2003. Retrieved 24 August 2012.
  23. ^ D. J. Taylor, Orwell: The Life, Chatto & Windus, 2003, ISBN 978-0-7011-6919-0.
  24. ^ a b Andy Croft, Ministry of Truth: Review of Christopher Hitchens' "Orwell's Victory", in The Guardian, 25 maggio 2002.
  25. ^ Orwell named Charlie Chaplin as communist sympathiser, in The Yorkshire Post, 24 luglio 2003. URL consultato il 24 agosto 2012.
  26. ^ Gordon Bowker, The Lost Orwell, in The Independent, 5 agosto 2006.
  27. ^ Ros Wynne-Jones, Orwell's little list leaves the left gasping for more, in The Independent, 14 luglio 1996. URL consultato il 12 gennaio 2013.
  28. ^ Davison (a cura di), The Lost Orwell, London, Timewell Press, 2006, p. 150.
  29. ^ John Rodden, The Unexamined Orwell, University of Texas Press, 2011, p. 323, ISBN 978-0-292-72558-4.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

[[Categoria:Opere di George Orwell]] [[Categoria:Anticomunismo]]