Uraeginthus cyanocephalus

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Astrilde testa blu
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
SubphylumVertebrata
ClasseAves
SottoclasseNeornithes
SuperordineNeognathae
OrdinePasseriformes
SottordineOscines
InfraordinePasserida
SuperfamigliaPasseroidea
FamigliaEstrildidae
GenereUraeginthus
SpecieU. cyanocephalus
Nomenclatura binomiale
Uraeginthus cyanocephalus
(Richmond, 1897)

L'astrilde testa blu (Uraeginthus cyanocephalus (Richmond, 1897)) è un uccello passeriforme della famiglia degli Estrildidi[2].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Dimensioni[modifica | modifica wikitesto]

Coi suoi 14 cm di lunghezza, rappresenta la specie di maggiori dimensioni del genere Uraeginthus.

Aspetto[modifica | modifica wikitesto]

Una femmina in cattività.

Si tratta di uccelli dall'aspetto robusto, muniti di lunga coda rettangolare e becco conico e appuntito. La colorazione è azzurra su testa (da cui sia il nome comune che il nome scientifico della specie), gola, petto, fianchi, codione e coda, mentre dorso, ali e ventre sono di colore bruno-grigiastro, col sottocoda di colore giallastro. Le femmine sono simili ai maschi, tuttavia esse presentano colorazione azzurra meno carica ed estesa, in particolare nella zona cefalica. In ambedue i sessi il becco è rosso-violaceo, più scuro in punta e sui margini, mentre le zampe sono di colore carnicino e gli occhi sono bruno-rossicci, con anello perioculare grigiastro.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Un maschio.

Si tratta di uccelli dalle abitudini diurne, che vivono da soli o in coppie, occasionalmente in associazione con altre specie congeneri o affini (come l'amaranto del Senegal): essi passano la maggior parte del tempo alla ricerca di cibo fra la vegetazione o al suolo.

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Un maschio nel cratere di Ngorongoro.

L'astrilde testa blu è un uccello prevalentemente granivoro, che si nutre perlopiù di piccoli semi di graminacee raccolti al suolo, integrando inoltre la propria dieta con piccoli insetti, bacche, frutta e germogli.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

La stagione riproduttiva cade generalmente durante la seconda metà della stagione delle piogge: il maschio corteggia la femmina saltellandole attorno e cantando con un filo d'erba nel becco, fino a quando essa non acconsente all'accoppiamento accovacciandosi e spostando lateralmente la coda.
Ambo i partner collaborano alla costruzione del nido, che consiste in una struttura globosa fatta di steli d'erba e fibre vegetali intrecciate ed ubicata nel folto dei cespugli, a volte nei pressi di un nido di vespe per assicurare una maggiore protezione da eventuali predatori[3]. Talvolta, questi uccelli si servono anche di nidi abbandonati da uccelli tessitori per deporvi le uova[3].
All'interno del nido la femmina depone 4-6 uova biancastre, che essa provvede a covare alternandosi col maschio per 13-14 giorni. I nidiacei, ciechi ed implumi alla schiusa, vengono accuditi da ambedue i genitori, e sono in grado d'involarsi attorno a 18-19 giorni di vita: tuttavia, essi tendono a rimanere nei pressi del nido per altre 2-3 settimane, prima di allontanarsene in maniera definitiva. Il piumaggio definitivo viene raggiunto attorno al terzo mese dalla schiusa.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

L'astrilde testa blu è diffusa in Africa orientale, dove occupa un areale che va da Somalia ed Etiopia meridionali alla Tanzania settentrionale.

Il suo habitat è rappresentato dalle zone erbose con presenza di alberi sparsi e macchie cespugliose, fino a 2000 m d'altitudine.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) BirdLife International 2012, Uraeginthus cyanocephalus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Estrildidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 10 maggio 2014.
  3. ^ a b Nicolai J., Steinbacher J., van den Elzen R., Hofmann G., Mettke-Hofmann C., Prachtfinken - Afrika, Serie Handbuch der Vogelpflege, Eugen Ulmer, 2007, p. 194, ISBN 978-3-8001-4964-3.

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