Stele di Bentresh

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Stele di Bentresh

La stele di Bentresh, nota anche come stele di Bakhtan, è una stele in arenaria dell'antico Egitto, che riporta un testo geroglifico in cui si narra la storia di Bentresh, figlia del principe di Bakhtan (cioè la Battriana), che si ammalò e fu guarita dal dio egizio Khonsu.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La stele è realizzata in arenaria nera. Essa misura 2,22 m in altezza e 1,09 m in larghezza.

Fu rinvenuta nel 1829 in un piccolo santuario di età tolemaica posto vicino al tempo di Khonsu di Ramses III a Karnak.

La stele è ora conservata nel Louvre (Louvre C 284)[1].

Nella lunetta è raffigurato Ramses II che offre incenso a Khonsu di Tebe.

Il testo è composto da 28 righe[1] e inizia con la titolatura di Ramses; dopo la titolatura, segue il racconto della storia. Quando Sua Maestà viaggiò verso la Naharina, il principe di Bakhtan gli diede la sua figlia maggiore in matrimonio. Il faraone chiamò la ragazza Neferure (forse modellata sulla Grande Moglie Reale di Ramses Maathorneferure, che era straniera) e ne fece la sua regina. Nel ventitreesimo anno di regno, il faraone fu informato che la sorella minore di Neferure Bentresh si ammalò. Ramses le inviò il saggio scriba Djehutyemheb per curarla, ma questi non ebbe successo, poiché la ragazza era posseduta da un demone. Il principe di Bakhtan chiese al faraone di inviare un dio. Ramses invocò l'aiuto di Khonsu-Neferhotep, che diede la sua protezione magica a Khonsu-Pairsekher, la cui statua fu quindi inviata a Bakhtan. Il dio espulse il demone e guarì la principessa. Il principe di Bakhtan non rimandò indietro in Egitto il dio, cosicché Khonsu trascorse 3 anni e 9 mesi a Bakhtan; ma una notte, il principe fece un sogno: il dio mutò in un falcone dorato, abbandonò il suo santuario e fece ritorno in Egitto. Il principe comprese che era suo dovere lasciar partire il dio e ordinò che la statua fosse riportata in Egitto[2].

Contenuto della storia[modifica | modifica wikitesto]

Il racconto è ambientato sotto il regno di Ramses II – nella storia Bentresh è una cognata –, ma il suo linguaggio mostra chiaramente che fu scritto molto più tardi, durante il periodo tardo o anche nel periodo tolemaico, come opera propagandistica, e fu camuffata per sembrare un'iscrizione più antica al fine di darle maggiore autorevolezza.

Il suo scopo poteva essere il ricordo di un'antica gloria dell'Egitto sotto il dominio straniero (persiano o tolemaico) o la glorificazione di Khonsu-Neferhotep, "il misericordioso", e di Khonsu-Pairsekher, "il fornitore", i due aspetti del dio adorato a Tebe, o fu ispirato dalla rivalità dei loro rispettivi sacerdoti[1].

Il presunto matrimonio tra Ramses II e la figlia del principe di Battriana è stata di recente reinterpretata come esempio della imitatio Alexandri, cioè l'imitazione di Alessandro Magno[3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Miriam Lichtheim, Ancient Egyptian Literature, Vol. III: The Late Period., Berkeley, 1980, pag. 90.
  2. ^ Miriam Lichtheim, Ancient Egyptian Literature, Vol. III: The Late Period., Berkeley, 1980, pp.91–94.
  3. ^ Kim Ryholt, Imitatio alexandri in Egyptian Literary Tradition, in: The Romance between Greece and the East, 59-78, a cura di T. Whitmarsh, Cambridge, 2013.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Michèle Broze, La Princesse de Bakhtan. Essai d'analyse stylistique, Monographies Reine Élisabeth, Bruxelles, 1989.
  • Günter Burkard, "Medizin und Politik: Altägyptische Heilkunst am persischen Königshof" in Studien für Altägyptische Kultur (SAK), 21, 1994, pp. 35–55 (soprattutto pp. 47–55).
  • Jean-François Champollion, Monuments de l'Égypte et de la Nubie. Notices descriptives conforme aux manuscrits autographes, rédigés sur les lieux, vol. II, Parigi, 1844, pp. 280–290.
  • Marc Coenen, "A propos de la stèle de Bakhtan" in Göttinger Miszellen (GM) 142, 1994, pp. 57–59.
  • D. Devauchelle, "Fragments de décrets ptolémaïques en langue égyptienne conservés au Musée du Louvre" in RdE, 37, 1986, p. 149 segg.
  • Sergio Donadoni, Per la data della Stele di Bentres in MDIK, 15, 1957.
  • Frank Kammerzell, "Ein ägyptischer Gott reist nach Bachatna, um die von einem Dämonen besessene Prinzessin Bintrischji zu heilen (Bentresch-Stele)" in Texte aus der Umwelt des Alten Testaments. Band III: Weisheitstexte, Mythen und Epen. Mythen und Epen II., pp. 955–969.
  • Hugo Greßmann, Altorientalische Texte zum Alten Testament, 1926, pp. 77–79.
  • Kenneth Anderson Kitchen, Ramesside Inscriptions. Historical and Biographical, Band II, Oxford, 1979, pp. 284–287.
  • Scott N. Morschauser, "Using History: Reflections on the Bentresh Stela", in Studien für Altägyptische Kultur (SAK), n. 15, 1988, pp. 203–223.
  • Georges Posener, "A propos de la stèle de Bentresh" in Bulletin de l'Institut français d'archéologie orientale (BIFAO) n. 34, 1934, pp. 75–81.
  • Kim Ryholt, "Imitatio Alexandri in Egyptian Literary Tradition" in The Romance between Greece and the East, 59-78, a cura di T. Whitmarsh, Cambridge, 2013.
  • Wilhelm Spiegelberg, "Zu der Datierung der Bentresch-Stele" in Recueil de travaux relatifs à la philologie et à l'archéologie égyptienne et assyrienne, n. 28, 1906.
  • Wolfhart Westendorf, "Bentresch-Stele" in Wolfgang Helck, Eberhard Otto, Lexikon der Ägyptologie, vol. I, 1975, pp. 698-700.
  • Louvre: Stèle racontant la guérison de la princesse de Bakhtan (Louvre)

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