Seconda battaglia di Polack

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Seconda battaglia di Polack
parte della Invasione napoleonica della Russia
Battaglia di Polack, di Peter von Hess
Data18 - 20 ottobre 1812
LuogoPolack, Russia
EsitoVittoria Russa
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
23.000-27.00049.000
Perdite
8.000 morti8.000-12.500 morti
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La seconda battaglia di Polack avvenne tra il 18 e il 20 ottobre 1812 presso Polack, durante la campagna di Russia della Grande Armata di Napoleone. Le truppe russe del generale Peter Wittgenstein attaccarono e sconfissero le forze franco-bavaresi del maresciallo Laurent de Gouvion-Saint-Cyr. Dopo questo successo i russi presero Polack e smantellarono le operazioni militari francesi in Bielorussia.

Contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Blocco Continentale e Campagna di Russia.

Dopo che la Russia aveva deciso di infrangere il blocco continentale imposto da Napoleone, i francesi avevano organizzato una spedizione nel cuore della Russia, con l'intento di forzare lo zar Alessandro I a ripristinare il blocco e a riprendere la politica di sabotaggio dei commerci con l'Inghilterra.

Questo immenso piano aveva richiesto la costituzione del più grande esercito che il suolo europeo avesse mai visto: la Grande Armée era composta da oltre 600.000 uomini, provenienti da buona parte dell'Europa ancora alleata a Napoleone. Mentre il grosso dell'esercito avrebbe proseguito la propria marcia verso la capitale russa, Mosca, due armate sarebbero state poste di guardia ai fianchi settentrionale e meridionale del corpo di spedizione: a sud, in Ucraina, le truppe austriache del Principe Schwarzenberg e a nord, in Bielorussia, le armate francesi di Oudinot e Saint-Cyr.

Antefatti[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Prima battaglia di Polack.

Il ruolo strategico dell'armata comandata da Oudinot e Saint-Cyr a Polack era molto chiaro: proteggere i depositi invernali di Vitebsk e Minsk ed impedire alle truppe di Wittgenstein, poste a protezione di San Pietroburgo, di minacciare l'armata napoleonica dal fianco ed attaccarne le retrovie. Le armate avevano quindi un ruolo di estrema importanza: bloccare i russi era fondamentale per impedire l'accerchiamento del corpo principale della Grande Armée.[1]

I russi avevano già tentato una volta di infrangere il blocco e passare la Dvina Occidentale a fine agosto 1812: in tale data le forze francesi erano riuscite a respingere l'assalto dei russi, infliggendo anche un buon numero di perdite.[1]

Due mesi dopo, la situazione era nettamente cambiata: la forze di Wittgenstein erano aumentate in maniera considerevole e superavano numericamente i francesi, quasi in rapporto di 2 a 1. Delle circa 50 000 truppe russe, 31 000 erano regolari sotto il comando di Wittgenstein, 9 000 provenivano da milizie della stessa Polack e ad altre 9.000 erano poste sotto il comando di Steinheil. Le truppe di Oudinot e Saint-Cyr erano tra le 23 000 e le 27 000. Il 18 ottobre, l'assalto alle posizioni francesi sulla Dvina Occidentale ebbe inizio.[2]

Lo scontro[modifica | modifica wikitesto]

Primo Giorno[modifica | modifica wikitesto]

I russi decisero di operare nel seguente modo: il corpo principale di Wittgenstein e le milizie locali avrebbero ingaggiato le posizioni francesi in una ripetuta serie di assalti, fungendo da diversivo, mentre le truppe di Steinheil avrebbero lentamente aggirato la città di Polack e preso il nemico alle spalle, accerchiandolo e successivamente distruggendolo completamente.

Pertanto, l'esercito russo di avventò in sette successivi e sanguinosi assalti alle linee francesi, che resistettero a tutti i tentativi. La battaglia fu feroce e si stima che le perdite russe siano state tra le 8.000 e le 12.000, mentre quelle francesi, seppur più contenute, abbiano raggiunto comunque le 8.000. Intento a proseguire l'attacco il giorno seguente, una volta che Steinheil avesse raggiunto la posizione ideale, Wittgenstein fece bombardare Polack, fino a che la città non fu avvolta dalle fiamme.[2]

Secondo Giorno[modifica | modifica wikitesto]

Sul finire del secondo giorno, le truppe di Steinheil erano a soli 6 km dalla città quando Saint-Cyr si accorse della loro presenza. Realizzando il pericolo di un accerchiamento e che la città non era più difendibile, Saint-Cyr la fece evacuare. Una serie di violenti combattimenti urbani sorse tra le forze russe, pronte a lanciare il decisivo assalto, e le forze francesi in ritirata.[2]

Terzo Giorno[modifica | modifica wikitesto]

Volendo assicurare una via d'uscita alle proprie truppe lungo la strada che portava a sud, Saint-Cyr ordinò ai suoi contingenti bavaresi di ricacciare indietro le forze di Steinheil. I bavaresi compirono magistralmente il compito affidatogli, mandando in fuga Steinheil con numerose perdite. Ciononostante, la città di Polack era perduta e i francesi adesso dovevano battere in ritirata.[2]

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

La sconfitta subita dai francesi metteva seriamente a rischio non solo la riuscita della campagna di Russia, ma l'intera sopravvivenza delle truppe francesi sul territorio russo: il fianco settentrionale dell'esercito era adesso scoperto, i depositi sarebbero stati catturati a breve e soprattutto, l'armata di Wittgenstein, rinforzatasi e numericamente superiore, poteva scendere e colpire direttamente il corpo principale dell'esercito napoleonico.

Dopo tre lunghi giorni di combattimento, i francesi avevano non più di 15.000 truppe e non erno più in grado di affrontate i 38.000 uomini di Wittgenstein. Due settimane dopo, il deposito di provviste di Vitebsk fu catturato dai russi: dal punto di vista logistico, questa era una catastrofe per Napoleone, che adesso avrebbe dovuto anche confrontarsi con la possibilità di venire accerchiato da nord, a causa della rottura della linea difensiva della Dvina Occidentale.[2]

Questo accadrà circa un mese dopo, nella battaglia della Beresina, dove Napoleone sarà circondato dagli eserciti russi su tre lati e riuscirà a salvarsi solo a costo di numerose perdite umane.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Riehn, pp. 275-282.
  2. ^ a b c d e f Riehn, pp. 312-317.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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