Referendum abrogativo in Veneto del 2002

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Referendum per l'abolizione del buono-scuola in Veneto
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Veneto
Data6 ottobre 2002
Tipoabrogativo
Temacontributi per le spese scolastiche
Esito
  
93,5%
No
  
6,5%
Quorum non raggiunto
Affluenza21,15%

Il referendum abrogativo in Veneto del 2002 fu una consultazione referendaria regionale tenutasi in Veneto il 6 ottobre 2002 per proporre l'abrogazione della legge regionale n. 1/2001 recante "Interventi a favore delle famiglie degli alunni delle scuole statali e paritarie".

Il referendum non raggiunse il quorum richiesto.[1]

Contesto[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma Berlinguer e Scuola privata § Buoni scuola.

La riforma scolastica voluta da Luigi Berlinguer portò all'approvazione della legge n. 62/2000 contenente le "Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione", che iniziò a prevedere un'equiparazione fra scuola pubblica e scuola privata.[2]

Tra le prime regioni in Italia a recepire la parità scolastica vi furono Lombardia e Veneto, all'epoca governate rispettivamente da Roberto Formigoni e Giancarlo Galan: il 23 gennaio 2001 venne pubblicata la legge regionale del Veneto n. 1/2001 relativa agli "Interventi a favore delle famiglie degli alunni delle scuole statali e paritarie". Il relativo regolamento applicativo prevedeva in particolare di erogare un contributo economico agli studenti, ponendo come requisito una spesa non inferiore a 300.000 lire per spese di iscrizione o rette di frequenza. Tale limite venne criticato dai movimenti politici di sinistra, perché il finanziamento avrebbe escluso la maggior parte degli studenti delle scuole pubbliche (esclusi i convitti ed educantati, dove le rette sono maggiori), mentre ne avrebbero usufruito maggiormente quelli delle scuole private. Inoltre, il buono-scuola sarebbe potuto essere richiesto anche da famiglie agiate con una fascia di reddito familiare fino a 90 milioni di lire netti (che grazie ad esenzioni e maggiorazioni sarebbero potute arrivare finanche a 140/150 milioni di lire).[3]

Il bilancio del primo anno dell'iniziativa fu che, a fronte di 490.000 studenti della scuola pubblica e 24.300 studenti della scuola privata, vennero destinati 178 milioni di lire ai primi (in media 360 lire a testa) contro 17,3 miliardi di lire ai secondi (700.000 lire a testa).[3]

Iniziativa referendaria[modifica | modifica wikitesto]

Nel giugno 2001 si andò formando un comitato promotore composto da movimenti di sinistra (Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi, Socialisti Democratici Italiani), sindacati (Lavoro società/Cambiare rotta, CGIL[4], sindacati di base Cobas, RdB) associazioni (Comitato Scuola e Costituzione, Coordinamento Genitori Democratici, Associazione per la Scuola della Repubblica, coordinamenti studenteschi vari e Legambiente) e reti scolastiche contrarie alla riforma Berlinguer.[5] A partire da agosto, furono raccolte più di 35.000 firme (il numero minimo era 30.000) per chiedere l'indizione del referendum abrogativo.[3]

Le forze di destra decisero di non pronunciarsi sul referendum, mentre la Chiesa i movimenti cattolici invitarono gli elettori all'astensione.[3][6] Giancarlo Gala definì il referendum come inutile e con un costo di 20 milioni di euro, superiore allo stanziamento dei buoni scuola.[1]

La Margherita guidata da Massimo Cacciari invitò a votare "No", dichiarandosi favorevole alla legge, ma contraria al regolamento attuativo.[7]

Risultati[modifica | modifica wikitesto]

Dettagli dello scrutinio[modifica | modifica wikitesto]

Risultati Preferenze Percentuale su voti validi Percentuale su votanti Percentuale su elettori
Si  749 214 93,50%
 No 52 041 6,5%
Schede bianche
Schede nulle
Totale votanti 21,15%
Corpo elettorale 100,00%

Fonte: ECN

Risultati per provincia o città metropolitana[modifica | modifica wikitesto]

Provincia No Affluenza
Preferenze % voti val. Preferenze % voti val. Votanti % elettori
  Belluno 30 753 92,5% 2 491 7,5% 16,8%
  Padova 157 390 94,0% 9 975 6,0% 23,4%
  Rovigo 40 857 93,0% 3 068 7,0% 21,0%
  Treviso 114 978 92,3% 9 554 7,7% 18,4%
  Venezia 162 809 94,6% 9 335 5,4% 24,5%
  Verona 103 678 92,5% 8 352 7,5% 17,9%
  Vicenza 138 749 93,7% 9 266 6,3% 22,6%
  Veneto 749 214 93,5% 52 041 6,5% 21,15%

Fonte: ECN

Referendum analoghi[modifica | modifica wikitesto]

Il 27 aprile 2003 si svolse un analogo referendum in Liguria, che anch'esso non raggiunse il quorum.[8]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Claudio Salvalaggio, Veneto, niente quorum: restano i buoni scuola, in la Repubblica, 7 ottobre 2002.
  2. ^ La parità scolastica adesso è legge, in la Repubblica, 2 marzo 2000.
  3. ^ a b c d Carlo Salmaso, Regione Veneto: un mondo a parte…, in Sì alla scuola dell'infanzia statale!, 9 dicembre 2013.
  4. ^ Il Veneto al voto: No al buono scuola, referendum il 6 ottobre, in Il Manifesto, 19 settembre 2002.
  5. ^ Referendum veneto sul buono scuola: invito a votare SÌ, su uaar.it. URL consultato il 2 ottobre 2021.
  6. ^ Ventimila No ai buoni scuola, in Il Manifesto.
  7. ^ Il referendum contro il buono scuola in Veneto. Un bilancio., su ecn.org.
  8. ^ Diritto allo studio versus buoni scuola/1: fallito il referendum in Liguria, su tuttoscuola.com, 28 aprile 2003.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]