Qui vincit non est victor nisi victus fatetur

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La locuzione latina "Qui vincit non est victor nisi victus fatetur" significa "Chi vince non è vincitore se il vinto non lo considera tale" (Quinto Ennio, Annales, fr. XXXI, 493).

Contesto e significato[modifica | modifica wikitesto]

La frase è scritta dal poeta romano Ennio per commentare l'esito della seconda guerra punica, che vide Roma non arrendersi a seguito delle vittorie ottenute da Annibale nel corso della sua discesa militare nella penisola italiana, ed è interpretata come una risposta, se non un commento ironico, alla non comprensione da parte del generale cartaginese del fatto che i romani non riconoscessero di essere sconfitti dopo aver perso le battaglie campali, ma avessero proseguito a combatterlo con azioni di guerriglia guidati da Fabio Massimo.

Quest'atteggiamento rompeva gli schemi etici di quel periodo, fortemente influenzati dal mondo ellenico, secondo i quali i conflitti erano risolti con battaglie in campo aperto il cui risultato era accettato come sorte definitiva della guerra[1]; la storica Barton, citando questa frase, ricorda il commento di Servio che osserva che i Troiani non furono sconfitti (invictos) nella guerra, poiché caddero in una imboscata, mentre gli sconfitti sono coloro che si arrendono al nemico[2].

Questa frase è la più famosa fra quelle scritte nei frammenti conservatisi fino all'epoca attuale dell'opera di Ennio, che costituiva la narrativa epica della storia di Roma, partendo dalla guerra di Troia, e la più densa di significato, probabilmente per il fatto che il poeta visse contemporaneamente alla guerra[3], e fu variamente ripresa e citata da successivi autori, a partire da Cicerone[4].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giovanni Brizzi, Cap.: Cartagine Roma: dall'intesa al confronto.
  2. ^ Roman Honor, 136.
  3. ^ David M. Gwynn
  4. ^ A. Tedeschi, p. 87.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Cinzia Bearzot, Franca Landucci Gattinoni e Giuseppe Zecchini, L'equilibrio internazionale dagli antichi ai moderni, Vita e Pensiero, 2005, pp. 204.
  • (EN) David M. Gwynn, The Roman Republic: A Very Short Introduction, OUP Oxford, 2012, pp. 168.
  • Antonella Tedeschi, Lezione di buon governo per un dittatore: Cicerone, Pro Marcello : saggio di commento, Edipuglia srl, 2005, pp. 179.
  • (EN) Carlin A. Barton, Roman Honor: The Fire in the Bones, University of California Press, 2001, pp. 326.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]