Quetta (Campodenno)

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Quetta
frazione
Quetta – Veduta
Quetta – Veduta
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Trentino-Alto Adige
Provincia Trento
Comune Campodenno
Territorio
Coordinate46°15′35.68″N 11°02′54.1″E / 46.25991°N 11.04836°E46.25991; 11.04836 (Quetta)
Abitanti
Altre informazioni
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT022897
Cod. catastaleH125
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Quetta
Quetta

Quetta (Chèta[1] in noneso) è una frazione del comune di Campodenno in provincia autonoma di Trento.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Origini del nome[modifica | modifica wikitesto]

Il toponimo deriva dal latino quiētus/quētus 'quieto' alla forma femminile. Il termine quiēta inoltre in latino medievale indicava la cella monastica ubi quiescunt monachi (la camera monastica dove riposano i monaci),[2] riferimento al vicino monastero di Michele Arcangelo, in località Maso Sant'Angelo, costruito nella seconda metà del XIII secolo.

Età medievale[modifica | modifica wikitesto]

La prima attestazione del toponimo risale al 1266, in un documento riguardante il ponte della Nave, nel quale compare come testimone Belixonus da Quetta.[3] Il paese probabilmente nacque in concomitanza con l'erezione del monastero di Michele Arcangelo, nella Pieve di Denno. Legati al monastero sono altri documenti dell'epoca che riportano il nome del paese, in particolare un testo che riportava una donazione per l'altare della chiesa di San Michele Arcangelo, alla quale prese parte come testimone Desiderato, figlio di Enrico, capostipite della famiglia Zilli. Desiderato nel 1317 donò dei terreni al monastero di Campiglio, collegato al monastero di Quetta. Prima di farsi monaco, egli ebbe un figlio, Çillius, primo membro della famiglia con questo nome che poi diventerà quello della stirpe Zilli (o Zilii, Gilii).

Età contemporanea[modifica | modifica wikitesto]

Quetta è stato comune autonomo fino al 1928, anno in cui venne aggregato a Denno.[4]

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

Adorazione dei Magi, ora al Museo diocesano tridentino

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Enrico Quaresima, Vocabolario anaunico e solandro, Firenze, Leo S. Olschki, 1991 [1964], p. XXIV, ISBN 88-222-0754-8.
  2. ^ G. Mastrelli Anzilotti, 2003, p. 334
  3. ^ C. Belloni, 2004, p. 141
  4. ^ Quetta - STORIA DEI COMUNI, Variazioni Amministrative dall'Unità d'Italia, su elesh.it. URL consultato il 20 aprile 2017.
  5. ^ Chiesa di Sant'Egidio a Quetta, su necrologie.corrierealpi.gelocal.it. URL consultato il 17 maggio 2024.
  6. ^ L. Dal Prà, 2010

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Carl Ausserer, Le famiglie nobili nelle valli del Noce, Malè, 1985 (1899).
  • Cristina Belloni, Documenti trentini negli archivi di Innsbruck (1145-1284), Trento, Provincia autonoma di Trento. Soprintendenza per i beni librari e archivistici, 2004. (online)
  • Marco Bettotti, La nobiltà trentina nel medioevo (metà XII - metà XV secolo), Bologna, Il Mulino, 2002. (online)
  • Laura Dal Prà (a cura di), I Re Magi e il santo eremita. La chiesa di Quetta, Trento, Provincia autonoma di Trento. Soprintendenza per i beni storico-artistici, 2010.
  • Giulia Mastrelli Anzilotti, Toponomastica trentina: i nomi delle località abitate, Trento, Provincia autonoma di Trento. Servizio Beni librari e archivistici, 2003.

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