Portale:Televisione/Box-2/17

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La televisione comunitaria od anche di carattere comunitario è una categoria introdotta in Italia dalla legge Mammì in contrapposizione alla televisione commerciale. Secondo l'art. 16 di detta legge i gestori dei servizi radiotelevisivi, sia nazionali che locali potevano gestire il servizio o sotto forma di società lucrative, oppure in modalità comunitaria in assenza di fine di lucro. La possibilità per le organizzazioni non lucrative di trasmettere programmi televisivi era stata pensata in un ambito di pluralismo culturale, ma la vivacità che ha caratterizzato il mondo radiofonico non si è potuta replicare in campo televisivo perché la soglia minima di investimenti tecnici era più elevata. Tra l'altro anche le provvidenze pubbliche sono state più larghe in campo radiofonico che in quello televisivo rd anche questo fatto ha portato all'affermazione delle televisioni commerciali. Per quello che riguarda le TV locali la diffusione ha avuto una diffusione maggiore nelle aree in cui sono state meno presenti le TV commerciali. Alle televisioni comunitarie non è precluso trasmettere pubblicità, ma i limiti sono molto più severi: il 5% ciè 3 minuti ogni ora di trasmissione.

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