Nipisat
Nipisat | |
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Geografia fisica | |
Coordinate | 66°48′50.04″N 53°30′29.88″W / 66.8139°N 53.5083°W |
Superficie | 1,03 km² |
Geografia politica | |
Stato | Danimarca |
Regione | Groenlandia |
Comune | Qeqqata |
Demografia | |
Abitanti | disabitata |
Cartografia | |
voci di isole della Danimarca presenti su Wikipedia |
Bene protetto dall'UNESCO | |
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Aasivissuit - Nipisat, terreno di caccia inuit tra ghiaccio e mare | |
Patrimonio dell'umanità | |
Tipo | Culturale |
Criterio | (v) |
Pericolo | Non in pericolo |
Riconosciuto dal | 2018 |
Scheda UNESCO | (EN) Aasivissuit – Nipisat. Inuit Hunting Ground between Ice and Sea (FR) Scheda |
Nipisat (in groenlandese: "Lumpfish", riferito alla forma dell'isola)[1] è una piccola isola disabitata nel comune di Qeqqata nella Groenlandia centro-occidentale.
Geografia[modifica | modifica wikitesto]
L'isola di Nipisat si trova a 15 km a sud di Sisimiut, sulle rive dello Stretto di Davis. Appartiene al gruppo di piccole isole e scogli situato alla foce del fiordo di Ikertooq, immediatamente a ovest dell'isola di Sarfannguit. La brughiera la betulla nana, il salice artico, i licheni ben drenati e la vegetazione erbacea dominano la flora.[2]
Storia[modifica | modifica wikitesto]
Nel XVIII secolo, i danesi e i norvegesi giunsero a Nipisat. Nel 1723, Hans Egede trovò i nativi attivamente impegnati nella caccia alle grandi balene a Nipisat e i danesi stabilirono il primo insediamento, una stazione commerciale.[3] Due anni dopo, una piccola missione fu stabilita sull'isola, ma venne abbandonata l'anno successivo e poi incendiata dai balenieri olandesi.[4] Nel 1727, i norvegesi Ditlev Vibe e il vescovo Deichmann di Christiania raccomandarono al re di Danimarca il ripristino di una stazione commerciale a Nipisat e l'istituzione di una stazione baleniera.[5] Nel 1728, Federico I di Danimarca ordinò la costruzione di una fortezza a Nipisat,[6] ma due anni dopo ne ordinò l'abbandono e l'evacuazione.[7]
Il 30 giugno 2018 il sito archeologico dell'isola è stato iscritto nella lista del Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.[8]
Archeologia[modifica | modifica wikitesto]
L'isola è degna di nota per il suo sito archeologico della cultura Saqqaq, ben conservato, contenente diversi manufatti in pietra che erano precedentemente sconosciuti.[9] I Saqqaq non sono gli antenati del moderno popolo Kalaallit, piuttosto sono imparentati con i moderni popoli Chukchi e Koryak.[10] Il sito, che prende il nome dall'isola, è stato scoperto nel 1989 da Finn Kramer, curatore del Museo Sisimiut.[11] Si trova a circa 50 metri dall'attuale linea di costa, situata su spiagge rialzate con una pendenza sud-orientale. L'elevazione dell'area varia tra 9 e i 13 metri sopra il livello medio del mare. Questa parte dell'isola che contiene il sito archeologico, non ha mostrato segni di successiva occupazione da parte della cultura del Dorset o di quella di Thule. Tuttavia, mostra segni di pre-Dorset e della tradizione artica di piccoli utensili.[12] Durante il periodo di scavi di cinque anni, 1989-1994, sono stati recuperati oltre 70.000 frammenti ossei e circa 1.000 artefatti,[13] compresi 314 strumenti vari[14].
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Gotfredsen, pp. 7
- ^ Gotfredsen, pp. 18
- ^ Jeannette Mirsky, To the Arctic!: The Story of Northern Exploration from Earliest Times, University of Chicago Press, 1998, p. 218, ISBN 0-226-53179-1.
- ^ Gotfredsen, pp. 12
- ^ Eva Heinzelmann, Stefanie Robl e Thomas Riis, Der dänische Gesamtstaat: ein unterschätztes Weltreich?[collegamento interrotto], verlag-ludwig, 2006, p. 149, ISBN 3-937719-01-6.
- ^ Heinzelmann, pp. 153
- ^ Heinzelmann, pp. 151
- ^ (EN) Aasivissuit – Nipisat. Inuit Hunting Ground between Ice and Sea, su whc.unesco.org. URL consultato il 3 luglio 2018.
- ^ Anne Birgitte Gotfredsen e Tinna Mobjerg, Nipisat - a Saqqaq Culture Site in Sisimiut, Central West Greenland, Museum Tusculanum Press, 2004, p. 7, ISBN 87-635-1264-5.
- ^ Walton, Doreen. "Analysis of hair DNA reveals ancient human's face." BBC News. (accesso 11 febbraio 2010)
- ^ Gotfredsen, pp. 24
- ^ Gotfredsen, pp. 11-12
- ^ Gotfredsen, pp. 26
- ^ Gotfredsen, pp. 43