Nesocharis shelleyi

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Astrilde di Shelley
Illustrazione di una coppia (maschio a destra)
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
SubphylumVertebrata
ClasseAves
SottoclasseNeornithes
SuperordineNeognathae
OrdinePasseriformes
SottordineOscines
InfraordinePasserida
SuperfamigliaPasseroidea
FamigliaEstrildidae
GenereNesocharis
SpecieN. shelleyi
Nomenclatura binomiale
Nesocharis shelleyi
Alexander, 1903

L'astrilde di Shelley o dorso oliva di Shelley (Nesocharis shelleyi Alexander, 1903) è un uccello passeriforme della famiglia degli Estrildidi[2].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Dimensioni[modifica | modifica wikitesto]

Misura fino a 8 cm di lunghezza, per un peso che oscilla fra i 6 ed i 9 grammi: questi valori ne fanno (assieme al becco di corallo, che tuttavia in media è meno pesante) l'estrildide più piccolo, nonché uno dei passeriformi di minori dimensioni.

Aspetto[modifica | modifica wikitesto]

La testa e la coda sono di colore nero, con una banda di colore grigio topo sulla nuca: anche il ventre, ed i fianchi sono dello stesso colore, mentre petto, dorso, ali codione e sottocoda sono di colore giallo ocra, con tendenza a scurirsi divenendo olivastro sulle remiganti. Nella femmina è assente la colorazione giallastra del petto, che è invece anch'esso di colore grigio: gli occhi sono bruno-rossicci, il becco è nero-bluastro, le zampe sono di colore carnicino-grigiastro.

Nel complesso, questa specie appare molto somigliante alla congenere e affine astrilde collare bianco, rispetto alla quale tuttavia presenta dimensioni inferiori e colorazione nucale più scura.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di uccelli che vivono in coppie o in piccoli gruppetti familiari, che difficilmente arrivano a contare più di una decina di individui: essi passano la maggior parte del tempo nel folto della vegetazione, alla ricerca di cibo.

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

L'astrilde di Shelley si nutre in egual misura di piccoli semi di graminacee e di invertebrati di piccole dimensioni, principalmente insetti alati e gasteropodi: questi uccelli integrano inoltre la propria dieta quando possibile con bacche e frutta matura.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

La stagione riproduttiva cade generalmente appena dopo la fine della stagione delle piogge: i due partner generalmente non costruiscono il nido, ma ne occupano uno abbandonato (scegliendo generalmente fra i nidi degli uccelli tessitori). All'interno del nido la femmina depone 3-5 uova biancastre, che ambedue i sessi provvedono a covare (alternandosi durante il giorno e riposando assieme nel nido durante la notte) per circa due settimane: i pulli, che alla schiusa sono ciechi ed implumi, vengono accuditi da ambedue i genitori. Sebbene siano in grado d'involarsi attorno alle tre settimane dalla schiusa, essi sono soliti rimanere nei pressi del nido (tornandovi per riposare assieme ai genitori durante la notte e chiedendo loro sempre più sporadicamente l'imbeccata) per altre due settimane circa, prima di allontanarsene del tutto.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

L'astrilde di Shelley occupa un areale piuttosto circoscritto, che comprende l'isola di Bioko, la fascia costiera del Camerun e la Nigeria sud-orientale, dove la si può avvistare nello stato di Cross River e nel parco nazionale di Gashaka-Gumti.

L'habitat di questi uccelli è rappresentato dalla foresta montana con presenza di radure erbose e cespugliose, fino a 2100 m d'altitudine[3]: essi dimostrano inoltre di non temere eccessivamente l'uomo, colonizzando anche le aree coltivate.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Se ne riconoscono due sottospecie[2]:

  • Nesocharis shelleyi shelleyi, la sottospecie nominale, diffusa in Camerun e a Bioko;
  • Nesocharis shelleyi bansoensis Bannerman, 1923, diffusa in Nigeria sud-orientale;

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) BirdLife International 2012, Nesocharis shelleyi, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ a b (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Estrildidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 10 maggio 2014.
  3. ^ Fry, C. H. & Keith, S., The Birds of Africa, VII, Christopher Helm, 2004, p. 265, ISBN 0-7136-6531-9.

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