Modica de Mohac

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Modica de Mohac
Casata principaleramo orientale: baroni di Sortino (estinto nel XV secolo la baronia è passata ad altra famiglia), baroni di Bugidiano (la relativa baronia è passata per successione femminile ad altra famiglia nel XVI secolo)

ramo occidentale: nobili, baroni di Grisì

FondatoreGualtiero I di Modica
Data di fondazioneXII secolo
Etnianormanno-italiana

I Modica de Mohac sono una famiglia nobile siciliana di origine normanna, iscritta nel Libro d’oro della Nobiltà italiana, nell’Annuario della Nobiltà del Crollalanza e ricevuta nell’Ordine Costantiniano. Il capostipite Gualtiero fu signore della cittadina di Modica (Mohac) per un breve periodo, nel secolo XII. Per tale ragione la famiglia di Gualtiero fu cognomizzata con la denominazione “de Mohac”, e tale cognome ad essa restò anche dopo la perdita della signoria identificando oggi i Modica discendenti dal casato normanno e che sono baroni di Grisì dalla prima metà del XIX secolo.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Capostipite della famiglia fu un Gualtiero cavaliere normanno appartenente ad un casato giunto in Sicilia nell'XI secolo al seguito di Ruggero I d'Altavilla[1] in guerra contro gli Arabi che occupavano l'isola. Servì il Gran Conte anche nelle sue battaglie in Grecia e nell'Epiro, e per i suoi meriti militari l'Altavilla gli concesse la signoria su Modica, conquistata dai Normanni nel 1091, e una volta che ne prese possesso Gualtiero (concessione del 1115) venne chiamato "Gualtiero di Modica" o "Gualtiero de Mohac".

Prima della conquista ad opera dei musulmani, la città era chiamata «Mòtyca». Dopo che fu espugnata intorno all’844-845 da un esercito di Saraceni guidato da Al Fadn ibn Gafar al Hamdani, la città di Modica divenne un importante centro agricolo e commerciale con il nome di «Mudiqàh» (gola, strettoia, riferito alle due profonde valli dove scorrono i due torrenti della città), da cui anche il termine arabo «Madiak», avente analogo significato (stretto), diventato per assonanza fonetica, in greco «Μοδακ» («Modák») ed infine «Mohàc».

Gualtiero fu probabilmente fratello di Ugo e di Urso che si ritrovano entrambi sottoscritti in un diploma del Conte Goffredo di Ragusa nel 1120.

Figli di Gualtiero furono Gualtiero II, Aquino, Rainaldo (o Arnaldo) e Goffredo.

Gualtiero II fu il più illustre esponente del suo casato. Detto Gualtiero fu connestabile e Grande Ammiraglio del Regno di Sicilia, sul cui trono sedeva Guglielmo II d'Altavilla, che nel 1176 lo incaricò di prelevare la promessa sua sposa Giovanna d'Inghilterra ed accompagnarla in Italia. Egli si legge sottoscritto nei capitoli matrimoniali di Guglielmo e Giovanna d'Inghilterra nel 1177.

Il titolo di "admiratus", se in precedenza era stato per lo più legato a una funzione amministrativa e fiscale, in quest'occasione appare per la prima volta utilizzato con una connotazione del tutto particolare. Come risulta dagli studi di Ménager, è con Gualtiero II de Mohac che, in connessione con il ravvivarsi dell'aggressiva politica mediterranea di Guglielmo II, viene creato un ufficio specificamente deputato al comando militare delle navi regie: "admiratus regi stolii", dunque, assume il preciso significato di "emiro", ovvero capo della flotta regia.

Governatore di Salerno nel 1178-79, dopo la conquista della Sicilia da parte dell'imperatore Enrico VI di Svevia, avvenuta nel 1194, venne da questi privato delle sue cariche e della signoria di Modica per aver sostenuto il conte Tancredi di Lecce come successore del Re Guglielmo dopo la sua morte nel 1189.

Aquino fu nel 1161 a capo di un esercito e fu inviato nel 1164 dal re Guglielmo I di Sicilia alla Terra di Lavoro per combattere contro il conte Andrea di Rupecanina[2].

Rainaldo fu Gran connestabile del Regno nel 1176, Conte palatino e conte di Ariano nel 1194[3].

Goffredo fu giustiziere del Val di Noto nel 1172-83[4], e a lui si attribuì il titolo di “palatinus camerarius et magister regie duane de secretis et duane baronum”[5].

La famiglia aveva interessi sia nella parte occidentale del Regno che in quella orientale.

Fin dal XII secolo in Val di Mazara, e più precisamente nel territorio dell’Arcidiocesi di Monreale, possedeva terre e casali. A Monreale, del resto, risiedette la Corte normanna e dal 1182 sono ricordati, nel Rollo delle possessioni concesse dal Re Guglielmo II, due casali Modica, esistenti fino al 1519.

Questi casali Modica (o Mudica), anche definiti in lingua araba come «Madiàk», o «Modiàk» [6], termini foneticamente riportabili al greco «Modak» e poi a «Mohac», avevano probabilmente preso la denominazione dagli originari possessori [7] , di talché è ben possibile ricavare l’informazione che gli originari primi concessionari dei predetti luoghi dovettero appartenere alla famiglia di Gualtiero [8].

La famiglia, a partire dalla fine del XII secolo, nella parte orientale del Regno fu appellata con il cognome «Mòdica», preferendosi la pronuncia latina derivante da «Mòtyca», nome antico della città (con l’accento sulla «o»). Nel monrealese fu invece predominante la pronuncia araba «Modìca», con l’accento sulla «i», derivante dalla denominazione «Mudìqah», poiché in questa zona si era concentrata la popolazione araba.

Nell'Arcivescovado di Monreale una siffatta pronuncia del termine «Modìca», riferita sia al Casale omonimo che alla famiglia avente il relativo cognome, venne confermata formalmente da un privilegio con il quale il «Re catholico Don Ferdinando» Re d’Aragona e di Sicilia, in data «14 di Gennaro del 1519 concesse licenza all'Arcivescovo Donn'Henrico di Cardona attenti i servitij suoi, e de suoi progenitori, che potesse popolare, e fortificare il Casale del Conte, ò di Modìca (ndr. con l’accento sulla «i») ... in beneficio della sua Chiesa».

Rainaldo de Mohac, Conte palatino, Conte di Ariano e Gran Conestabile sotto l’Imperatore Enrico VI, nel 1194 donò parte dei beni posseduti tra Palermo e Monreale, al Monastero della Santissima Trinità dell’Ordine dei Cistercensi (poi Ospedale teutonico dal 1196) presso la Chiesa della Magione di Palermo.

L'imperatrice Costanza d'Altavilla, moglie di Enrico, nel 1198 assegnò ad Arnaldo (Rainaldo) di Modica, figlio di Gualtiero II, la baronia di Sortino, come compensazione per la confisca di quella di Modica[9][10]. Arnaldo (Rainaldo) mantenne il possesso del feudo anche quando a Costanza succedette il figlio Federico II di Svevia[11].

Arnaldo (Rainaldo) fu padre di Pietro, Anselmo e Guidone; il primo fu suo erede alla baronia di Sortino, il secondo fu governatore di Siracusa, il terzo fu barone di Reddini[12] e presenziò all'incoronazione di Giacomo II di Aragona a Re di Sicilia nel 1285.

Pietro I Modica, barone di Sortino († 1294 ca.), partecipò alle Guerre del Vespro contro gli Angioini scoppiate nel 1282 e fu tra i principali fautori delle rivolte antiangioine a Siracusa (dove venne ucciso il governatore Clemone di Rens) e le capeggiò assieme al nobile Pietro Manuele; entrambi furono nominati governatori della città da Enrico Ventimiglia, conte di Geraci[13][14].

Il predetto Pietro I sposò Rosanna de Sumana dalla quale ebbe i seguenti figli: Pietro II, Federico, Francesco, Rosanna e GiacomoI[15]. Due sono le linee che si sono sviluppate: quella del primogenito Pietro II e quella dell'ultimogenito Giacomo I.

Il primogenito di Pietro I e Rosanna fu il "miles" Pietro II Modica, barone di Sortino († 1335 ca.); egli possedette anche altri feudi, come Bussello e Rilmadali, nel Val di Noto. Ebbe tre figli: Perrello III, Anselmo e Margherita.

Perrello III Modica, barone di Sortino († 1390 ca.), fu militare al servizio del re Ludovico di Sicilia dal 1345 e giustiziere del Val di Noto nel 1376[16]. Dalla moglie Cecilia ebbe una sola figlia, Rosanna, ed istituì erede universale dei suoi beni il nipote Pietro IV detto "Perruccio" o "Perrello" figlio del fratello minore Anselmo; da quest'ultimo Perrello IV la baronia di Sortino passò alla sua unica figlia naturale di nome Cesarea, che sposò il veneto Aloisio Contarini.

Alla figlia Cesarea diede anche in dote, in occasione delle nozze con il Contarini, il feudo San Giacomo di Belmineo (in territorio di Palazzolo) e il feudo Solarino (in territorio di Siracusa), con atto del 1º luglio 1394 in notaio Nicola di Avola di Siracusa[17][18] e le terre di cui era titolare nel territorio di Corleone, giurisdizione dell'Arcivescovado di Monreale e a quest'ultima infeudata dal 1080 al 1249, e precisamente 100 salme a Batticano, 60 a Fontana di li chervi, 60 a Jardinectu[19].

Se la linea di Pietro II si è estinta nella famiglia Contarini, la linea originata da Giacomo I ha continuato a svilupparsi nel corso dei secoli. Giacomo I Modica (figlio ultimogenito del Barone Pietro I), milite della città di Caltagirone, dal 1335 possedette i feudi di Consorto, Ganzaria e Bugidiano, situati nell'area calatina[20][21].

Suo figlio Ranieri, barone di Consorto e capitano di giustizia di Caltagirone nel 1403-04, ebbe due figli, Pietro V e Giacomo II; il primo, Pietro (V), il 26 febbraio 1447, ottenne conferma del feudo di Ganzaria, e il 9 luglio 1453 dei feudi di Consorto e Friddani; il secondo, Giacomo (II), fu barone di Bugidiano dal 1453 e giurato di Caltagirone negli anni 1440-41, 1457-58 e 1471-2[22].

Figlio di Giacomo II fu Ranieri II, barone di Bugidiano nel 1466, che fu padre di Giacomo III, anch’egli barone di Bugidiano.

Giacomo, oltre ad essere titolare di feudi in Val di Noto, possedette terre e masserie dell’Arcivescovado monrealese in Val di Mazara prima del 1600.

Il suo nome è presente nel Registro dei possessori dei feudi dell'Arcivescovado di Monreale dell'anno 1600[23] (precisamente Busamarra, Lupo ed Orsino, tre dei 72 feudi concessi all’Arcivescovo fin dal 1176). Nell’elenco sono indicati gli eredi di Giacomo come "attuali" titolari, sicché il predetto Giacomo dovette possedere le citate terre intorno alla metà del 1500.

Dal predetto Giacomo nacquero Pietro (VI)[24] e Francesco[25]. Da Pietro VI (di Giacomo) derivò Guidone, il cui titolo (baronia di Bugidiano, ultima in possesso della famiglia) confluì per via ereditaria (successione femminile) nella famiglia Bonanno[26].

Francesco (di Giacomo) sposò [27] la monrealese Violante Geraci e da loro nacquero Pietro VII e Antonino[28]. A Caltagirone, nel cui ambito territoriale non possedeva più alcun feudo, la famiglia non risulta più presente a partire dall’ultimo quarto del XVI secolo.

Dei due figli, nati ed impiantatisi definitivamente a Monreale, nel cui territorio la famiglia continuava a possedere beni, il Magnifico Pietro VII (n. 1532), primogenito di Francesco e Violante, sposò donna Antonella di Gangi, figlia del pretore della città e nel 1590 lasciò per testamento una parte del suo cospicuo patrimonio alla Chiesa Santuario S.S. Crocifisso di Monreale (seconda chiesa per importanza dopo il Duomo ed esistente fin dal 1450) dove dispose di essere sepolto, altra parte alla moglie ed una residua parte all’unica figlia Virginia, con dei legati a favore di Sigismonda, figlia di primo letto della moglie ed avviata a vita monastica fin da tenera età.

Dall'altro figlio di Francesco e Violante, Antonino (1543) discese Francesco (1578), da cui Geronimo (1619), onde Vincenzo (1656), dal quale Marco Nicolò (1683), da cui il magnifico don Vincenzo Giuseppe (1727), Relatore mandatario della Mensa Arcivescovile con poteri amministrativi e giudiziali.

Un Pietro Modica possedette nel 1645 il predetto feudo Orsino. Il Magnifico don Geronimo, zio di don Vincenzo Giuseppe, fu a metà del 1700 conestabile della città.

Da don Vincenzo Giuseppe (1727) nacque don Nicolò (1776) che fu proconservatore di Monreale. Quest'ultima carica fu ricoperta a partire dal 1804 per più anni ed era attribuita soltanto ad esponenti appartenenti a famiglie di antica nobiltà. Egli fu anche giudice criminale dello Stato di Monreale, che era dotato di prerogative del tutto peculiari nel Regno. Ed infatti il particolare privilegio "sit justiciarius omnium terrarum" di cui godette l'Arcidiocesi ininterrottamente dal XII secolo fino al 1812, poneva i giudici criminali di quella città, diversamente dai giudici criminali delle altre città, demaniali o baronali che fossero, al vertice massimo della giurisdizione del Regno[29], con applicabilità ad essi del Reale Dispaccio del 25 gennaio 1756 in tema di nobiltà generosa [30].

Il fratello di don Nicolò, don Marco fu giudice civile. Vari esponenti della famiglia hanno ricoperto cariche pubbliche in Monreale, per poi trasferirsi a Palermo nella prima metà del 1800.

Il casato è stato ammesso fin dal 1568, con Il priore Vincenzo Modica e poi nel 1576 con il priore Joseph de Mohac (la famiglia era indifferentemente identificata con le due forme cognomiche Modica e Mohac), nella Compagnia dei Bianchi di Monreale, istituita nel 1565 e composta di 60 gentiluomini (con sede nella cinquecentesca Chiesa di Sant'Agata al Monte). Alla Compagnia dei Bianchi di Monreale si applicavano gli stessi capitoli vigenti per la (quasi) coeva Compagnia dei Bianchi di Palermo (istituita nel 1542) con sede nell'Oratorio dei Bianchi (Palermo)).

Nel 1859 la famiglia Modica è ancora presente con due suoi esponenti, Don Benedetto Modica e Don Pietro Modica fra "i 42 Confratelli della nobile Compagnia della Pietà, sotto titolo dei Bianchi", di Monreale[31].

Don Salvatore Modica, nipote del predetto don Nicolò (sposato con donna Rosa di Bella, figlia di don Giovanbattista Barone di Grisì) e figlio di don Marco (nato nel 1808, ereditò il feudo di Grisì dalla madre donna Rosa di Bella e fu avvocato patrocinatore presso la gran Corte Civile di Palermo), che abitava nella secentesca Villa di sua proprietà sita a Palermo nel fondo Trabucco,[32] fu tra i benefattori-finanziatori della costruzione della Chiesa santuario Madonna del Rosario di Pompei di Palermo[33].

Il feudo di Grisì, da sempre aggregato al feudo Macellaro nella giurisdizione dell’Arcivescovado di Monreale, era pervenuto ai Modica dalla famiglia di Bella alla quale era stato concesso dai Beccadelli di Bologna in enfiteusi perpetua. Il possesso del feudo di Grisì, per privilegio speciale contenuto nell'originario atto di concessione, conferiva al possessore (a qualsiasi titolo lo fosse divenuto e quindi anche per effetto di concessione enfiteutica), anche se estraneo rispetto alla famiglia originariamente beneficiata, le prerogative del mero e misto imperio, senza necessità di investitura sovrana, come si addiceva per i feudi di provenienza ecclesiastica, quale appunto Grisì, originariamente feudo dei Gesuiti[34][35].

Marco Modica, nato a Palermo il 4 giugno 1888 da don Salvatore e donna Angela Mirto, fu membro della Società siciliana di Storia Patria, professore universitario[36] di Diritto Romano e si dedicò ad un settore di discipline storico-giuridiche - quello della papirologia giuridica - che, dopo il noto saggio di Ludwig Mitteis del 1891 sui rapporti tra diritto romano e diritti ellenistici, appariva assai promettente per ricchezza di prospettive e di risultati[37]. Nel 1914 pubblicò un'opera di rilievo assoluto per quello specifico settore di studi e cioè "Introduzione allo studio della papirologia giuridica" (Milano 1914), dedicata a L. Wenger, studioso di fama internazionale del quale era stato allievo a Monaco di Baviera dove risiedette per due anni, “con animo grato e memore” - per lunghi anni rimasta unica nel suo genere e punto di riferimento sicuro per orientarsi in quel difficile campo specialistico. Nello stesso anno conseguì la libera docenza di Papirologia giuridica. In seguito insegnò Paleografia e Diplomatica, ma anche Storia antica nelle Facoltà di Lettere di Palermo e Catania; e fu Sovrintendente degli Archivi di Stato di Milano e Mantova. In Giurisprudenza, a Palermo, insegnò Papirologia giuridica dal 1924 al 1926; e Diritto romano nell'anno accademico 1935-36; a Messina, Istituzioni e storia del diritto romano dal 1926 al 1928. Morì a Palermo il 2 ottobre 1948.

Al predetto Marco va riconosciuto il merito di avere risparmiato dai disastri della guerra, mentre era Sovrintendente dell'Archivio di Stato di Milano e di Mantova, gli archivi dei Gonzaga e degli Sforza, trasportandoli a Palidano (frazione di Suzzara) e conservando il prezioso carico nella villa Guerrieri Maraini Gonzaga, dove egli abitava.

Egli aveva sposato donna Maria Landolfi di Solofra[38], figlia di S.E. Don Michele (n. 1848, m. 1938), procuratore generale e poi primo presidente della Corte di Cassazione, appartenente a famiglia baronale di origine longobarda censita tra le nobili famiglie del Regno fin dal 1300. I quarti di Donna Maria registravano, oltre che la famiglia Landolfi, quella dei conti Panzuti, quella dei marchesi Anselmi e quella dei nobili de Monaco, quest’ultimi discendenti dai marchesi Buccino, nei quali erano confluiti i marchesi Grimaldi dei principi di Monaco, ramo calabrese (Grimaldi famiglia si veda sotto Grimaldi di Calabria e precisamente da Francescantonio Grimaldi (1741-1784), marchese di Seminara), nonché dai marchesi Rossi di San Secondo.

Dai due nacque l’avvocato Ugo (n. 6/9/1928, m. 6/1/2002)[39] che il 2 luglio 1953 sposò la cugina di secondo grado Maria Letizia Epifanio (n. 26/8/1926, m. 10/7/2016) (le nonne Maria ed Angela Mirto erano sorelle)[40], la cui famiglia, originaria di Benevento, si trasferì in Sicilia agli inizi del 1700, laureata in Lettere presso l'Università di Palermo, Dama dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, figlia del medico radiologo, scienziato e Professore universitario Giuseppe Epifanio, nato a Monreale il 15 agosto del 1886, che svolse importanti ricerche di fisica nucleare insieme a Fermi, Rasetti, Pontecorvo e Segrè. Il Professore Giuseppe Epifanio fu peraltro il primo a rappresentare l’Università di Palermo sulla scena della Radiologia italiana[41]. Il fratello di Giuseppe, Luigi Epifanio, sposatosi con donna Matilde Vanni di San Vincenzo, fu professore nella facoltà di Architettura presso l’Università di Palermo e assistente del celebre architetto Ernesto Basile, uno dei padri del Liberty.

Giuseppe Epifanio sposò il 20 ottobre 1920 a Noale (Treviso) Anna Cappelletto Manera, nata nel dicembre del 1895, appartenente ad una antica famiglia montebellunese (Treviso)[42].

La famiglia Modica de Mohac annovera conestabili, magistrati della Mensa Arcivescovile, giudici criminali e civili, notai, giurati, decurioni e professori di Diritto e di essa vi è memoria, oltre che per i casali Modica risalenti al XII secolo, anche per avere posseduto, nel territorio monrealese, i feudi Orsino, Lupo e Busamarra (XVI e XVII secolo) e a partire dalla prima metà del 1800 e per successione dalla nobile famiglia di Bella, i feudi di Grisì e Realcelsi.

Stemma[modifica | modifica wikitesto]

[43]

  • Arma: d'azzurro al capo d'oro, caricato di un elmo di verde (preminentemente usato dal ramo orientale).
  • Alias: d'azzurro alla campagna mareggiata d'argento, sormontata da una stella d'oro (di 5, 7 o, nella versione più antica 8 punte). (Utilizzato prevalentemente dal ramo occidentale).
  • Alias: partito: nel primo d'azzurro alla campagna mareggiata d'argento, sormontata da una stella d'oro (Modica), nel secondo d'azzurro di tre fasce d'oro, la prima caricata di sei stelle di rosso (o di oro), sormontata da un lambello d'oro di cinque pendenti (Landolfi). (Utilizzato dal ramo occidentale).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Mugnos F., Teatro genealogico delle famiglie nobili del regno di Sicilia vivente ed estinte del Sign. Filadelfo Mugnos, 1647
  2. ^ F. Capecelatro, Storia di Napoli, vol. 1, UTET, 1870, p. 142.
  3. ^ V. Castelli, principe di Torremuzza, Fasti di Sicilia, vol. 2, Pappalardo, 1820, p. 381. In epoca imperiale anche un altro esponente della famiglia fu investito di altra importante signoria in territorio campano: Raimondo de Mohac fu infatti signore di Casalbore sotto Federico II
  4. ^ Notizie storiche e geografiche della città e valle di Demona, in Archivio storico siciliano, Società Siciliana per la Storia Patria, 1885, p. 7.
  5. ^ O. Hartwig, Su la data degli sponsali di Arrigo VI con la Costanza erede del trono di Sicilia, e su i divani dell'azienda normanna in Palermo, in Atti della R. Accademia dei Lincei. Anno CCLXXV, vol. 2, Regia Accademia dei Lincei, 1877-78, p. 414.
  6. ^ Nania G., «Toponomastica e topografia storica nelle Valli del Belice e dello Jato», Barbaro Editore Palermo, 1995, pag. 260. La denominazione araba dei casali Modica in territorio monrealese nel 1176 riportata dall’Autore è «Madiak», ma la pronuncia araba è più vicina a «Modiak». In arabo la parola «Madiak» significa «stretto» come «Mudiqah».
  7. ^ Di Giovanni Vincenzo, «I casali esistenti nel secolo XII nel territorio della Chiesa di Monreale», in Appendice alla Topografia antica di Palermo dal sec. X al XV, Da un Volume di antichissimi documenti esemplati dalli pergameni, pag. 438 e ss. Antonietta Iolanda Lima, «Atlante storico delle città italiane, Monreale», pag. 61, Flaccovio Ed., Palermo, 1991 ricorda che Uno dei due Casali Modica è ubicato nella Magna Divisa Iati, costituita -a sua volta- da 42 Divise e 83 Casali.
  8. ^ L'ipotesi che i casali in questione fossero stati essi stessi a dare il nome agli abitanti o possessori appare difficilmente sostenibile in quanto fino al 1519, allorquando fu conferito all’Arcivescovo il jus populandi, essi non erano popolati e costituivano esclusivamente centri di stoccaggio dei prodotti agricoli coltivati nel territorio del feudo. Cfr. Garufi C. A. «Catalogo illustrato del Tabulario di S. Maria Nuova in Monreale», Palermo, 1902, pag. 25 il quale ricorda che la platea dei villani del 1183 riporta in Modiak soltanto 19 coloni e due burgesi e nessuno aveva nomi riconducibili alla denominazione del luogo
  9. ^ Ragioni del Signor Marchese di Sortino contro il Regio Demanio, Lao, 1842, p. 7.
  10. ^ Palizzolo Gravina V., Il Blasone in Sicilia ossia raccolta araldica per V. Palizzolo Gravina, p. 263
  11. ^ F. M. Emanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, Della Sicilia nobile. Parte Seconda., vol. 3, Stamperia de' Santi Apostoli, 1757, p. 356.
  12. ^ A. Marrone, Repertorio della feudalità siciliana (1282-1390), in Mediterranea : ricerche storiche. Quaderni vol. 1, Associazione Mediterranea, 2006, pp. 271-272.
  13. ^ V. Nota 8
  14. ^ Padre F. Aprile, Della cronologia universale della Sicilia, vol. 1, Bayona, 1725, p. 138.
  15. ^ Marrone, pp. 272-273.
  16. ^ Marrone, pp. 273-274.
  17. ^ Marrone, pag. 274
  18. ^ Barberi G. L. «I capibrevi, I, I Feudi di Val di Noto», a cura da di G. Silvestri, Palermo, 1879, p. 235
  19. ^ ASP, Cancelleria b.24, f. 32, 5 luglio 1395 cit. da Bresc Henri, "Corleone nel Due, Tre, e Quattrocento: il quadro generale", Università Nanterre-Parigi, in Città di Corleone pag. 9
  20. ^ Mugnos, p. 164.
  21. ^ Marrone, p. 272.
  22. ^ Spreti V., "Enciclopedia storico-nobiliare italiana: famiglie nobili e titolate viventi riconosciute dal R. Governo d'Italia compresi: città communità mense vescovili, abazie, parrochie ed enti nobili e titolati riconosciuti", 1928 sub Modica
  23. ^ Archivio Storico Diocesano di Monreale, Fondo Mensa, Classe II, Serie 8, Reg. 623, "Libro dello stato della Chiesa di Monreale dell’anno 1600”.
  24. ^ Francesco San Martino De Spucches «Storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia» di, Palermo, Scuola tip. Boccone del Povero, 1940, sub Bugidiano
  25. ^ Villabianca, «Della Sicilia Nobile», V vol., parte terza libro VI, p. 469. Spadaro di Passanitello Francesco, «Le mastre nobili», Roma, Edizioni dell'Istituto di studi storici e di diritto nobiliare, 1938, pag. 215 e 216. Francesco fu Patrizio di Caltagirone nel 1560-61.
  26. ^ Spreti, p. 114.
  27. ^ L’Archivio del Comune di Palermo e l’Archivio dell’Arcidiocesi di Monreale concordano nel fare originare la linea monrealese-palermitana della famiglia Modica dal ramo calatino attraverso il matrimonio di Francesco con Violante Geraci. L’Archivio di Stato di Palermo ha asseverato tale assunto. Con decreto del Ministro di Giustizia 13 febbraio 1996 le certificazioni dei predetti Archivi sono state recepite definitivamente e formalmente dai competenti organi dello Stato nell’ambito dei propri poteri di certazione e cristallizzate in atti dello stato civile aventi efficacia erga omnes. Da altre fonti storiche si desume comunque una presenza autonoma della famiglia de Mohac nel territorio monrealese fin dai tempI in cui la famiglia visse alla corte del Re Guglielmo II, anche questa probabilmente originata da Rainaldo de Mohac, Conte palatino.
  28. ^ Di questi figli di Francesco Modica danno conto sia lo Spadaro di Passanitello che il Villabianca. I due furono battezzati nel Duomo di Monreale nel cui archivio sono conservati i libri dove i battesimi sono stati registrati.
  29. ^ Monreale era la capitale dello "Stato" e i suoi capitoli erano del tutto simili a quelli di Palermo. La città ebbe privilegi superiori, in particolare per quanto riguarda l’esercizio della giurisdizione penale articolata in tre gradi di giudizio con la facoltà (tipicamente regia ma a Monreale attribuita all’Arcivescovo) di concedere la grazia, rispetto a quelli dell'altro importante "Stato feudale" contea di Modica. Tali prerogative furono concesse fin dal 1176 a Monreale e soltanto molto dopo alla contea di Modica. In entrambe le città-Stato (Monreale e Modica) era presente un ceto nobile. Nella capitale Palermo i tre gradi di giudizio furono introdotti soltanto nel XVI secolo. A Monreale, grazie alla particolare autonomia concessa, il processo era di tipo accusatorio, mentre nel resto del Regno era di tipo inquisitorio.
  30. ^ «Per l’ammissione de Cadetti nelle Truppe per incontrastabile principio ne' domini di S.M., la Nobiltà si distingua in tre classi. La prima di Nobiltà Generosa, si verifichi col possesso di un feudo nobile nella continuata serie di secoli, con le pruove legittime di aggregazione tra Nobili di Città regia, nella quale sia una vera Separazione, o con l’origine d’ascendente, che per la gloriosa carriera delle Armi, della Toga, della Chiesa, o della Corte abbia ottenuto distinto, e superior Impiego, o Dignità, e che i suoi Discendenti per lo corso di lunghissimo tempo si sian mantenuti nobilmente, facendo onorati Parentati, senza mai discendere ad Ufizj vili, e populari, né ad arti meccaniche, ed ignobili.
  31. ^ Archivio Diocesi di Monreale, Fondo Governo ordinario, sez. 12, sere 2-1, busta 3, Elenco dei 42 Confrati della Compagnia dei Bianchi, anno 1859
  32. ^ Giuffrè F. «Il Santuario di Cruillas piccola Pompei nella città di Palermo, luoghi e memorie religiose di un territorio», Ducezio Editore, 1995, a pag. 105. L'Autore ricorda che la villa seicentesca con cappella privata sita nel fondo Trabucco (Cruillas) era passata «ai baroni Modica» che l’hanno venduta nel 1942
  33. ^ Una lapide ivi conservata indica i nomi dei possessori dei fondi e delle ville della zona che contribuirono alla fondazione della Chiesa
  34. ^ Sac. Luigi Accardo, “ Camporeale - Origini, usi, costumi, mentalità, proverbi, canti popolari” .
  35. ^ Lupis Macedonio di Santa Margherita M. «Studi e Fonti Documentarie della Società Genealogica Italiana. La necessità del Regio Assenso (Reale Beneplacito) nella legislazione nobiliare napoletana con particolare riferimento alla Successione femminile dei titoli nobiliari» ha peraltro ricordato che «Risulta pacifico che, nel Napoletano e in epoca feudale, cioè fino alla Legge di abolizione della feudalità del 1806, non era necessario alcun provvedimento formale (Regio Assenso, pagamento di alcuna tassa o relevio che dir si voglia etc.) per la trasmissione del solo titolo, né per linea maschile, né per linea femminile». Sulla non necessità della investitura per gli ex feudi ecclesiastici si veda D’Avenia F., «La feudalità ecclesiastica nella Sicilia degli Asburgo: il Governo del Regio Patronato (Secoli XVI-XVII)», in internet. Pag. 3.  A parte la disposizione speciale contenuta nell’originario atto di concessione, va peraltro ricordato che nell’anno 1458, a seguito di reclamo del Parlamento siciliano, re Giovanni aveva accolto la richiesta «che fosse abolito l’obbligo della investitura a riguardo di coloro i cui autori l’avean presa per loro e loro successori». Si veda Orlando D., «Il feudalesimo in Sicilia, storia e diritto pubblico», pag. 124.
  36. ^ Si veda Marrone Matteo "Romanisti a Palermo - Contributo destinato alla ‘Storia dell’Università di Palermo”, pubblicato in Index, 25, 1997, pp. 587 - 616
  37. ^ Si recò a Monaco di Baviera, e per due anni, presso quel Seminar für Papyrusforschung, studiò sotto la guida di Leopold Wenger. Esordì quindi brillantemente come studioso serio e impegnato della storia del diritto antico nel 1911, con un lavoro su "Il mutuo nei papiri greco-egizi dell'epoca tolemaica" (Palermo 1911)
  38. ^ Nata a Napoli nel 1901 fu Dottoressa in lettere
  39. ^ Oltre ad essere avvocato, Ugo fu revisore ufficiale dei conti, consulente aziendale, giornalista, imprenditore, Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero di Palermo (nominato da ultimo con decreto di Sua Eminenza il Cardinale Arcivescovo di Palermo del 31 ottobre 2000), direttore del quotidiano «Sicilia del popolo» dal febbraio 1955 al 31 dicembre 1958 e Presidente dell’Associazione regionale dei giornalisti. Primo vincitore del concorso a funzionario del Banco di Sicilia, Presidente del Serra Club, fondatore del Lions Club di Palermo, membro del Rotary, amministratore delegato di varie società, vicedirettore generale dell’ESPI (Ente siciliano per la promozione industriale), cavaliere dell'Ordine del Santo Sepolcro, Preside del predetto Ordine di Palermo. Antifascista, ha studiato a Milano e Mantova durante l’occupazione tedesca. Fu in contatto con vari partigiani, tra i quali si annovera il giornalista Emilio Sarzi Amadé il quale, tornato a Mantova nel 1945, come ricorda egli stesso «ritrovava i coetanei che, nella diversità delle appartenenze di partito, si erano riuniti nel Fronte della Gioventù: da Attilio Ruffini, futuro ministro a Luigi e Giorgio Allegri, da Ugo Modica a Carlo Castagnoli, Renato Giusti, Alberto Mario Nizzola, Angelo Pasetti, Bruno e Giorgio Baccaglioni».
  40. ^ La famiglia Epifanio è originaria della città di Benevento da dove si è poi diramata in varie altre parti della Penisola italiana. Della esistenza di rami siciliani della famiglia Epifanio dà conto il Crollalanza. Candida Gonzaga Berardo, nelle «Memorie delle famiglie nobili delle Provincie meridionali d'Italia», vol. VI, Napoli, 1875, pag. 84 afferma che la famiglia Epifanio è «Famiglia originata da Epifanio, il quale nell'anno 935 fu inviato da Romano Lacapeno, Imperatore, in aiuto di Ugone Re d'Italia, perché gli sottoponesse Landulfo Principe di Capua, Atenulfo Principe di Benevento e Guaimario Principe di Salerno. Ha goduto nobiltà in Benevento, Chieti ed in Sicilia [...]
  41. ^ Figlio di Giuseppe senior, possidente e consigliere comunale, e di Maria Mirto, figlia di don Girolamo Mirto, anche lui ricco possidente e già consigliere comunale di Monreale, apparteneva ad una antica famiglia di grandi tradizioni sia dal punto di vista storico che da quello squisitamente culturale. Giuseppe senior era figlio del possidente e consigliere don Giovanni Epifanio, sposato con donna Margherita Zerbo, figlia dell’architetto Giuseppe Zerbo. Suoi zii paterni furono sapienti sacerdoti appartenenti al Capitolo della Cattedrale di Monreale, mentre due fratelli della madre furono illustri medici accademici: il professore Girolamo Mirto fu direttore dell’ospedale psichiatrico di Palermo ed il professore Domenico Mirto fu docente di Medicina legale presso l’Ateneo palermitano. Giuseppe Epifanio fu il secondo di nove figli di cui tre morirono in tenera età. Giuseppe Epifanio conseguì la laurea con lode in Medicina nel 1910 a Palermo. Dopo essere stato nominato assistente di anatomia umana presso l'Università di Palermo, frequentò nella qualità di assistente la Clinica neuropsichiatrica del Professor Lugaro a Torino, rientrando a Palermo alla fine del 1913 come assistente presso la Clinica medica. Durante la prima guerra mondiale prestò come Ufficiale medico la sua opera in reparti di prima linea ottenendo parecchi riconoscimenti militari mentre, come Direttore dell'Ospedale civile e militare di Rivignano del Friuli, ebbe conferita la cittadinanza onoraria di quella città per le sue benemerenze verso la popolazione civile. Nel 1918 conseguì la libera docenza in patologia medica, collaborando anche in quell'anno alla realizzazione dell'Ospedale di Mogadiscio in Somalia e ritornò alla Clinica medica di Palermo diretta dal Professore Giuffrè che lo nominò suo aiuto. Nel 1923 ottenne la libera docenza in Radiologia ed Elettroterapia; nell'anno successivo venne incaricato dell'insegnamento di Radiologia nell'Università di Palermo, e tale cattedra egli tenne fino al giorno della sua morte, per oltre un trentennio. Dal 1945, anno di istituzione ad opera sua, sino al 1955, anno della sua morte, diresse la Scuola di Specializzazione in Radiologia Medica e Terapia Fisica dell'Ateneo palermitano; fu anche Direttore Radiologo presso il Centro per lo studio e la cura dei tumori di Palermo, socio dell'Accademia delle Scienze mediche di Palermo e della Società Italiana di Radiologia Medica. Giuseppe Epifanio fu un pioniere sia della Radiologia che della fisica nucleare italiana. Gli studi e gli esperimenti nell’ambito della disintegrazione atomica e dell’azione biologica dei neutroni furono di tale livello che il Ministero dell’Interno, direzione generale di sanità, nel 1935 concesse l’invio dei preparati di neutroni all’Istituto di Radiologia di Palermo nella stessa misura concessa all’Istituto di Fisica della Regia Università di Roma, per le ricerche di Enrico Fermi, con il quale l’Epifanio era in continuo contatto e sinergia, sulla radioattività indotta. Tali preparati venivano inviati due volte la settimana per via aerea a Palermo. In tale settore è da rilevare la grande intuizione dell’Epifanio nell’indicare fin dal 1928 il protone quale proiettile adatto per la disintegrazione atomica. La sua idea incontrò scetticismo ed incomprensione sino alle prove sperimentali della moderna fisica che gli diedero ragione. Di lui è stato scritto da Adelfio Elio Cardinale: “Uomo di cultura, dotto di greco e di latino, traduceva sapientemente Virgilio e Cicerone, componendo anche versi in latino, profondo conoscitore di Dante, ricordava a memoria gran parte della Divina Commedia. Umanista ed abile oratore, amava la ricerca del vero scientifico, nel quadro del vero filosofico generale. Infatti Epifanio fu socio del circolo Biblioteca filosofica generale, ove tenne anche relazioni sui rapporti tra realismo politico e idealismo filosofico. Il Cenacolo costituiva un momento particolarmente significativo nella storia della filosofia del XX secolo, quando Palermo gravitava nel circuito della cultura internazionale. ... Epifanio era un gentiluomo, di spirito liberale anche nell’incarico di podestà di Monreale, nonché amico sincero di molti ebrei in quel difficile periodo. ... Negli ultimi anni amava trascorrere l’estate nella sua villa di Giacalone, vicino alla sua campagna natia e ai vecchi e fedeli contadini.” Anche nei settori della Radiologia e della Psichiatria i contributi scientifici di Giuseppe Epifanio restano di fondamentale importanza e costituiscono tuttora punti di riferimento per la scienza contemporanea. Nel campo della diagnostica radiologica oltre l’interessante studio sulla diagnosi radiologica sulle affezioni ossee del 1924, apportò importanti contributi in tema di pneumotorace artificiale. In questo settore, nel 1920, mise in evidenza il cosiddetto “collasso distrettuale elettivo delle zone infiltrate” definito “effetto Epifanio”. Di particolare interesse sono i suoi studi sulla cronassia, endocrinologia, radiobiologia, elettrobiologia e sulla radioterapia delle sindromi endocrine e neurovegetative.Sul piano della Psichiatria, fa parte della storia della terapia del sonno lo studio condotto da Giuseppe Epifanio nel 1915, sull’utilizzo dei barbiturici, al posto del bromuro di sodio che era risultato letale in taluni casi, nella cura del sonno. In questo caso la sua intuizione fu trascurata in Italia e fu invece implementata all’estero dai luminari del settore. Epifanio aveva dimostrato che dopo avere somministrato un barbiturico su di una ragazza di 19 anni affetta da disturbi bipolari ella dormì profondamente per alcuni giorni e si mantenne in remissione nel corso dei seguenti due anni. Sugli studi di Epifanio si basò Jacob Klaesi (1883/1980), psichiatra di fama internazionale professore e rettore dell’Università di Berna consolidando le tecniche dello scienziato siciliano, e successivamente lo psichiatra svizzero Max Muller ed il farmacologo elvetico Hans Maier. Successivamente l’uso della tecnica inventata da Epifanio fu limitata al trattamento della epilessia
  42. ^ Anna Cappelletto Manera era figlia di Antonio Cappelletto e di Maria Manera. Ella frequentò per molti anni l’esclusivo Collegio delle Suore di Maria Bambina a Crespano del Grappa. Fu infermiera della Croce Rossa durante la Prima Guerra Mondiale nel Corpo della Duchessa d’Aosta, Elena e operò al fronte negli ospedali da campo guadagnando la Croce di Guerra e la Medaglia d’argento al valor militare. Dopo la disfatta di Caporetto, scioltosi il Corpo della Duchessa, raggiunse la famiglia che si era rifugiata a Gubbio. Lì si occupò dei profughi conseguendo la medaglia di bronzo al valor civile. Anna era discendente del nobile Marco Cappello detto Cappelletto, vissuto nella metà del XIV secolo a Treviso, figlio ultrogenito di Pancrazio, del sestiere di S. Croce, e fratello sia di Marino, celebre condottiero che di Niccolò e di Albano. A Scorzè e Vedelago, in provincia di Treviso, a difesa della cui marca l’antenato Marco aveva combattuto nel 1356 insieme al fratello Marino, esistono tuttora possedimenti e ville Cappelletto. Di proprietà del padre di Anita fu anche la villa con annesso il parco, che si trova nel centro della città di Montebelluna. La madre di Anita, Maria, apparteneva all’antica famiglia veneta dei Manera. Il fratello di Maria, Paolo, celibe, lasciò l’unica nipote erede di un ingente patrimonio, nel quale si ricomprendevano la villa settecentesca di Noale e vasti possedimenti terrieri insistenti nella pianura padana. Paolo e Maria Manera erano figli di Giovan Battista Manera e di Marianna Massari. Giovan Battista era figlio di Paolo Ausilio e Chiara Fornasieri; Paolo Ausilio era figlio di Giovan Battista e Marta Bauta. Giovan Battista era figlio di Paolo e di Anna Canova, zia diretta del Marchese Antonio Canova, il celebre scultore vissuto dal 1757 al 1822, che divenne famoso per la sua arte in tutto il mondo
  43. ^ I casati del Sud (MO-MU), su ilportaledelsud.org. URL consultato il 02-04-2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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  • Francesco San Martino De Spucches «Storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia» di, Palermo, Scuola tip. Boccone del Povero, 1940.
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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]