Melanoma uveale

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Melanoma uveale
Melanoma uveale, nello specifico localizzato nell'iride

Il melanoma uveale è un cancro (melanoma) dell'occhio che coinvolge l'iride, il corpo ciliare o la coroide (nell'insieme raggruppati con termine "uvea"). I tumori nascono da cellule pigmentate (melanociti) che residuano nell'uvea e che sono responsabili del colore degli occhi. Questi melanociti uveali sono diversi dalle cellule epiteliali dell'epitelio pigmentato retinico: ne consegue che lo strato sottostante la retina non dà origine a melanomi.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Venne riportato per la prima volta nella letteratura scientifica durante gli anni 1809-1812 grazie all'intervento di due chirurghi scozzesi: Allan Burns e James Wardrop.[1]

Epidemiologia[modifica | modifica wikitesto]

I melanomi uveali sono i principali tumori primari intra-oculari della popolazione adulta.[2] La sua incidenza è rimasta costante nel corso degli anni.

Causa[modifica | modifica wikitesto]

La causa responsabile del melanoma uveale non è stata ancora scoperta. I nevi uveali sono tuttavia comuni (10% della popolazione caucasica), ma raramente si trasformano in melanomi.

Tipi[modifica | modifica wikitesto]

I melanomi uveali, di solito denominati dall'informazione pubblica "melanomi oculari" possono formarsi in qualsiasi delle tre parti dell'uvea: sono categorizzati di solito in base al loro sito primario di insorgenza. Esempio: melanoma coroideo, melanoma del corpo ciliare, melanoma dell'iride.

Tumori più grandi di solito coinvolgono due o più porzioni dell'uvea e di conseguenza possono essere rinominati con termini composti. C'è bisogno di fare questa distinzione perché ad esempio i melanomi veri dell'iride (di solito neoformati nello spessore dell'iride) hanno diversa eziologia e prognosi di altri melanomi (ad esempio quelli che si sono neoformati in altri siti e che in secondo momento hanno invaso l'iride). Perciò questi tumori sono di solito rinominati come "Melanomi uveali posteriori".

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ vol. 95, DOI:10.1111/aos.13535, PMID 28834323, https://oadoi.org/10.1111/aos.13535.
  2. ^ ISBN 978-1-4377-0792-2.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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