Massacro della Galizia

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Rzeź galicyjska ("Macellazione galiziana"), dipinto di Jan Lewicki (1795–1871).

Con il termine massacro della Galizia[1] (in polacco noto anche come Rabacja galicyjska, "insurrezione della Galizia", oppure Rivolta dei contadini del 1846[2] o ancora Rivolta di Szela[3]) ci si riferisce ad una rivolta di contadini impoveriti avvenuta nel 1846 in Galizia, Polonia. L'esito fu la soppressione delle rivolte indipendentiste di Cracovia e il massacro della nobiltà polacca (szlachta) in quella regione che fu poi inglobata nell'impero austriaco.[4] Tale insurrezione, perdurata da febbraio a marzo 1846, coinvolse principalmente la città di Tarnów.[5]

In rosso l'area della rivolta della Galizia, in blu la zona interessata dalla Rivolta di Cracovia (1846).

Tema centrale degli scontri fu la lotta contro la servitù e l'oppressione che i cittadini più poveri subivano da parte dei proprietari terrieri.[6] Nel corso dei mesi morirono almeno mille aristocratici e furono distrutti circa 500 manieri.[5][7] Ciò andò a beneficio degli austriaci, in quanto un indebolimento dell'aristocrazia polacca (largamente nazionalista) stroncò i tentativi di sommosse popolari pro-indipendenza della Polonia dall'Austria.[5]

Contesto[modifica | modifica wikitesto]

Nella città autonoma di Cracovia, un gruppo di intellettuali patriottici polacchi aveva organizzato un piano per ristabilire l'indipendenza della Polonia, da tempo spartita tra varie potenze europee.[8][9] Il tentativo di sommossa pianificato a Poznań, invece, era fallito grazie al rapido intervento delle autorità.[9][10]

Mentre la rivolta di Cracovia (1846) era in corso,[8][11][12] la scarsità dei raccolti aveva messo in ginocchio la classe contadina locale.[13] La Galizia, oltretutto, non godeva dell'apprezzamento degli Austriaci, che l'avevano ribattezzata Halbasien ("quasi-Asia"), per sottolineare, in modo dispregiativo, che in quella provincia vivevano persone strambe, barbare e dalla scarsa igiene personale.[14] La Galizia, in effetti, era una regione talmente povera da essere diventata sinonimo della povertà stessa. Si pensi che i polacchi stessi schernivano la regione della Galizia e Lodomiria con un gioco di parole che enfatizzava la fame e la povertà tipiche dell'area (Galicja i Lodomeria in polacco veniva trasformato in Golicja e Głodomeria, dove goły sta per "nudo" e głodny "fame").[14] Di conseguenza, visto lo scarso riconoscimento mostrato dagli austriaci, la Galizia era sì una provincia dell'Impero austriaco, ma era considerata alla stregua di una colonia bisognosa di "civilizzazione", inferiore.[14]

Rivolta[modifica | modifica wikitesto]

La rivolta di Cracovia fu la scintilla che infiammò la rivolta dei contadini.[6] Gli aristocratici rivoltosi si appellarono ai contadini promettendo l'abolizione della servitù.[12][15] Qualche contadino, in effetti, simpatizzò per i nobili e la loro causa, specialmente nei dintorni di Chochołów.[2][3][8][16]

Si ritiene che gli austriaci fomentarono la rivolta dei contadini.[2][13][15][17][18] Nei dintorni di Tarnów l'ufficiale Johann Breindi von Wallerstein[2][13][16][19] offrì il suo aiuto al leader dei contadini, Jakub Szela.[2][19] Ai servi fu promessa la cessazione di tutti i debiti e doveri feudali in cambio di un aiuto nel sedare le rivolte dei nobili polacchi. Furono anche ricompensati in denaro e sale per ogni vittima.[2][19] In pratica, gli austriaci sfruttarono l'insoddisfazione dei contadini, esacerbandola affinché essi si convincessero che avrebbero avuto un futuro migliore uccidendo, ironicamente[20], coloro che, invece, miravano a riforme sociali oltre che all'indipendenza della Polonia.[9][11] Lo storico Tomasz Kamusella, comunque, ritiene che il massacro dei nobili, percepiti quasi come un distinto gruppo etnico rispetto ai contadini, sia da considerarsi come un atto di pulizia etnica.[21]

I contadini, inoltre, giocarono un ruolo fondamentale nella disfatta dei ribelli durante la Battaglia di Gdów.[15][22][23] Essi, infatti, distrussero svariati manieri degli aristocratici (circa il 90% delle ville di Tarnów[16]) e uccisero parecchi nobili con le loro famiglie.[13][24] Si stimano almeno 1000-2000 vittime.[10][13][25][26] Esistono, tuttavia, resoconti di contadini che attaccarono anche i militari austriaci presso Bochnia.[19]

La rivolta fu sedata dalle truppe austriache, secondo alcuni in modo alquanto brutale.[2][6] Vi furono arresti, esili, flagellazioni[13] e un ripristino di una sorta di sistema feudale che andò a premiare Szela per il suo contributo.[16][19]

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

La servitù e le prestazioni corvée proseguirono in Galizia fino al 1848[18] e si ritiene che la rivolta del 1846 abbia contribuito alla loro abolizione.[13][19][27][28] Ad ogni modo, durante gli scontri furono danneggiate molte coltivazioni e, considerando che i raccolti non erano stati abbondanti, ne conseguì una grave carestia.[29]

Per i nobili polacchi, l'accaduto servì da lezione per comprendere che i contadini non avevano a cuore la "causa polacca" (la lotta per l'indipendenza) in quanto privi di istruzione e distaccati dalla politica internazionale.[2][9] In effetti, come raccontò un contadino a inizio Novecento, "molti contadini polacchi non si identificavano come "polacchi"[30] e scoprirono di esserlo solamente leggendo libri e giornali".[31]

Gli austriaci si compiacquero del comportamento dei contadini, interpretandolo come una dimostrazione di lealtà verso l'impero asburgico.[24] Stime semi-ufficiali calcolano almeno 1000-2000 vittime tra i nobili polacchi.[10]

Cultura popolare[modifica | modifica wikitesto]

Il massacro della nobiltà polacca e le rivolte del 1846 sono, oggi, considerate una pietra miliare nella lotta per l'indipendenza polacca. Il fatto è menzionato nell'opera Il matrimonio di Stanisław Wyspiański (1901).[32] La rivolta è descritta anche in due storie scritte da Marie von Ebner-Eschenbach.[2] Il poeta ucraino Ivan Franko, la cui famiglia assistette agli eventi, rappresentò l'accaduto in più opere nel 1903.[33]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Maciej Janowski, Polish Liberal Thought Before 1918, Central European University Press, 2004, p. 99, ISBN 978-963-9241-18-3.
  2. ^ a b c d e f g h i Agnieszka Barbara Nance, Literary and Cultural Images of a Nation Without a State: The Case of Nineteenth-Century Poland, Peter Lang, 2008, pp. 62–64, ISBN 978-0-8204-7866-1.
  3. ^ a b Olga A. Narkiewicz, The Green Flag: Polish Populist Politics, 1867–1970, Croom Helm, 1976, pp. 18–19, ISBN 978-0-87471-824-9.
  4. ^ Galizia Regno di Galizia e Lodomeria, su summagallicana.it. URL consultato il 16 agosto 2022.
  5. ^ a b c (PL) rabacja galicyjska (archiviato dall'url originale il 7 giugno 2011). in Internetowa encyklopedia PWN
  6. ^ a b c Robert Bideleux e Ian Jeffries, A History of Eastern Europe: Crisis and Change, Routledge, 2007, pp. 295–296, ISBN 978-0-203-01889-7.
  7. ^ Iván T. Berend, History Derailed: Central and Eastern Europe in the Long Nineteenth Century, University of California Press, 2003, p. 212, ISBN 978-0-520-23299-0.
  8. ^ a b c Hans Henning Hahn, The Polish Nation in the Revolution of 1846–49, in Dieter Dowe (a cura di), Europe in 1848: revolution and reform, Berghahn Books, 2001, pp. 171–172, ISBN 978-1-57181-164-6.
  9. ^ a b c d Hans Henning Hahn, The Polish Nation in the Revolution of 1846–49, in Dieter Dowe (a cura di), Europe in 1848: revolution and reform, Berghahn Books, 2001, p. 173, ISBN 978-1-57181-164-6.
  10. ^ a b c Paul Robert Magocsi, Jean W. Sedlar, Robert A. Kann, Charles Jevich e Joseph Rothschild, A History of East Central Europe: The lands of partitioned Poland, 1795-1918, University of Washington Press, 1974, p. 133, ISBN 978-0-295-80361-6.
  11. ^ a b Hans Henning Hahn, The Polish Nation in the Revolution of 1846–49, in Dieter Dowe (a cura di), Europe in 1848: revolution and reform, Berghahn Books, 2001, p. 174, ISBN 978-1-57181-164-6.
  12. ^ a b Halina Lerski, Historical Dictionary of Poland, 966-1945, ABC-CLIO, 1996, pp. 90–91, ISBN 978-0-313-03456-5.
  13. ^ a b c d e f g Andrzej Jezierski, Historia Gospodarcza Polski, Key Text Wydawnictwo, 2003, pp. 143–144, ISBN 978-83-87251-71-0.
  14. ^ a b c A successful Austrian invention, The Economist, 15 novembre 2014. URL consultato il 20 febbraio 2021.
  15. ^ a b c Paul Robert Magocsi, Jean W. Sedlar, Robert A. Kann, Charles Jevich e Joseph Rothschild, A History of East Central Europe: The lands of partitioned Poland, 1795–1918, University of Washington Press, 1974, p. 134, ISBN 978-0-295-80361-6.
  16. ^ a b c d Piotr S. Wandycz, The Lands of Partitioned Poland, 1795–1918, University of Washington Press, 1975, p. 135, ISBN 978-0-295-80361-6.
  17. ^ Jerzy Lukowski e Hubert Zawadzki, A Concise History of Poland, Cambridge University Press, 2006, p. 170, ISBN 978-0-521-85332-3.
  18. ^ a b (EN) Andrea Pradelli, Il mito galiziano: fra Mitteleuropa e Oriente, su Medium, 1º maggio 2021. URL consultato il 16 agosto 2022.
  19. ^ a b c d e f Norman Davies, God's Playground A History of Poland: Volume II: 1795 to the Present, Oxford University Press, 2005, pp. 108–109, ISBN 978-0-19-925340-1.
  20. ^ Benedict Anderson, Imagined Communities: Reflections on the Origin and Spread of Nationalism (New Edition), Verso, 17 novembre 2006, p.  82., ISBN 978-1-84467-086-4. URL consultato il 3 aprile 2013.
  21. ^ Tomasz Kamusella. 2021. Ethnicity and Estate: The Galician Jacquerie and the Rwandan Genocide Compared. Nationalities Papers. 5 May..
  22. ^ Alicja Deck-partyka, Poland: A Unique Country & Its People, AuthorHouse, 2006, pp. 40–41, ISBN 978-1-4678-0448-6.
  23. ^ Izabella Rusinowa, Polska w latach 1795–1864: wybór tekstów źródłowych do nauczania historii, Wydawn. Szkolne i Pedagog., 1986, p. 198, ISBN 978-83-02-02790-1.
  24. ^ a b Alan Sked, The Decline and Fall of the Habsburg Empire, 1815-1918, London, Routledge, 1989, p. 65, ISBN 9780582356665.
  25. ^ L'Italia per la ricostituzione della Polonia (PDF)[collegamento interrotto], Roma, L'Eloquenza, 1915, p. 118. URL consultato il 16 agosto 2022.
  26. ^ Giovanni Galli, Cenni sulla storia generale: ossia programma d'insegnamento per la medesima nei collegi nazionali, Cuneo, Tipografia Bay, 1851, p. 101. URL consultato il 16 agosto 2022.
  27. ^ Harry White e Michael Murphy, Musical Constructions of Nationalism: Essays on the History and Ideology of European Musical Culture, 1800-1945, Cork University Press, 2001, p. 170, ISBN 978-1-85918-153-9.
  28. ^ G. W. Prothero, Austrian Poland, Peace handbooks, H.M. Stationery Office, London, via World Digital Library, 1920, pp. 20–21. URL consultato il 5 giugno 2014.
  29. ^ Keely Stauter-Halsted, The Nation In The Village: The Genesis Of Peasant National Identity In Austrian Poland, 1848-1914, Cornell University Press, 2005, p. 26, ISBN 978-0-8014-8996-9.
  30. ^ Michał Tymowski, Jan Kieniewicz e Jerzy Holzer, Historia Polski, Warszawa, 1990, p. 234.
    «Austriacy wraz z polskimi chłopami zadali powstańcom klęskę pod Gdowem 26 lutego 1846, zaś chłopi wymordowali wielu powstańców.»
  31. ^ Harry White e Michael Murphy, Musical Constructions of Nationalism: Essays on the History and Ideology of European Musical Culture, 1800–1945, Cork University Press, 2001, p. 164, ISBN 978-1-85918-153-9.
  32. ^ Larry Wolff, The Idea of Galicia: History and Fantasy in Habsburg Political Culture, Stanford University Press, 2012, p. 390, ISBN 978-0-8047-7429-1.
  33. ^ Ivan Franko, Гриць і панич // З бурливих лїт, Lviv, 1903, pp. 39–179, ISBN 978-0-8047-7429-1.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Thomas W. Simons Jr. The Peasant Revolt of 1846 in Galicia: Recent Polish Historiography. Slavic Review, XXX (dicembre 1971) pp. 795–815.
  • Alan Sked, The Decline and Fall of the Habsburg Empire 1815-1918, Longman Publishing Group, 2001, ISBN 978-0-582-35666-5.
  • Tomasz Szubert, Jak(ó)b Szela (14) 15 lipca 1787 – 21 kwietnia 1860, Warszawa 2014 (Wydawnictwo DiG w Warszawie), libero accesso qui..

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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