Martiri fascisti

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Il Monumento dei Martiri fascisti nella Certosa di Bologna inaugurato in occasione del decennale della Marcia su Roma il 28 ottobre 1932.

Martiri fascisti o Martiri della Rivoluzione Fascista o Martiri del fascismo venivano chiamati durante il fascismo i caduti per la causa fascista a partire dalla fondazione dei Fasci di combattimento nel 1919.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Durante la nascita e la diffusione del movimento fascista, i suoi teoreti sostenevano che fosse in atto una guerra civile, della quale la responsabilità sarebbe derivata dalla deriva antinazionale del proletariato nel corso del diciannovismo[1]. La rottura della legalità, per lo svolgimento con successo della marcia su Roma, avrebbe confermato la natura rivoluzionaria dell'avvento del fascismo, qualificando come martirio la morte dei suoi adepti nel corso del precedente periodo di torbidi: in realtà, durante il biennio legalitario (1922-1924), proprio in ragione del fatto di essere Presidente del consiglio dei ministri del Regno d'Italia secondo l'ordinamento statutario[2], Mussolini avallò la retorica dei "martiri" per tenere viva la narrativa pseudo-rivoluzionaria del suo avvento al potere[3].

Perciò il 30 novembre 1922, solo un mese dopo la presa del potere di Benito Mussolini dopo la Marcia su Roma, venne stabilito che ogni città o paesino dovesse istituire un viale o un parco della Rimembranza, con un nuovo albero per ogni caduto della città durante la Grande Guerra: poco dopo il numero venne esteso a tutti i "martiri fascisti"[4] e nel 1925 essi ammontavano a circa 400 nomi[5]. Ciò nondimeno, il "mito dei tremila fascisti morti che il fascismo cominciò a diffondere nell'autunno 1924" mirava a controbilanciare l'effetto traumatico del delitto Matteotti sull'opinione pubblica, secondo il motto "un Matteotti non vale 3000 morti"[6].

Conteggio[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1925, nelle dichiarazioni del regime, risultavano 45 morti e 285 feriti per la causa fascista, mentre nel 1933 risultava che la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale aveva avuto oltre quattrocento morti oltre a migliaia di mutilati e feriti per la causa fascista dalla sua fondazione nel 1923. I familiari dei caduti, i mutilati e i feriti erano membri di diritto dell’Associazione fascista delle famiglie dei caduti, dei mutilati e dei feriti per la Rivoluzione[7].

Durante il Regime venne detto che la Rivoluzione fascista era costata tremila morti[8], ma è stato un numero enfatizzato dalla stessa propaganda[9]. L'Opera Nazionale Balilla ricordava questi tremila morti nel primo articolo del Catechismo del Balilla nel Giuramento del Balilla[10]:

«Nel nome di Dio e dell'Italia giuro di eseguire gli ordini del DUCE e di servire con tutte le mie forze e, se è necessario, col mio sangue, la Causa della Rivoluzione fascista.

Il Fascista che giura non appartiene più a se stesso ma al DUCE e alla causa della Rivoluzione fascista, così come per il DUCE e per la Rivoluzione morirono i tremila Martiri fascisti.»

Apologetica[modifica | modifica wikitesto]

Durante un discorso a Palazzo Venezia, in occasione del decennale della Marcia su Roma il 17 ottobre 1932, Mussolini davanti a 25.000 gerarchi ricordò i Martiri fascisti con queste parole: "Fra tutte le insurrezioni dei tempi moderni, quella più sanguinosa è stata la nostra. Poche diecine richiedette l'espugnazione della Bastiglia...quella russa non ha costato che poche diecine di vittime. La nostra, durata tre anni, ha richiesto vasto sacrificio di giovane sangue"[11].

Il 24 maggio 1933, in occasione della cerimonia dell'entrata in guerra nella prima guerra mondiale, il governatore di Roma Francesco Boncompagni Ludovisi assieme al vice-governatore deposero corone d'alloro presso il Milite ignoto e all'Ara dei caduti fascisti in Campidoglio; poi il presidente del Senato del Regno Luigi Federzoni depose una corona alloro sull'Ara dei caduti fascisti in rappresentanza del Parlamento[12].

Nel 1932 in occasione della Mostra della Rivoluzione fascista venne inaugurato il Sacrario dei Martiri Fascisti, ma il catalogo si limitò a dichiarare che erano stati "centinaia e centinaia"[13].

Il 5 dicembre 1932 per chiudere le manifestazioni del decennale il Presidente del Senato del Regno Luigi Federzoni assieme a tutti i senatori resero omaggio alla cappella dei Martiri Fascisti presso il Palazzo del Littorio, allora sede del Partito Nazionale Fascista[14].

Sacrari e monumenti[modifica | modifica wikitesto]

Altro[modifica | modifica wikitesto]

  • A Gaeta (LT) c'era piazza dei Martiri Fascisti, dal 1945 piazzale Giovanni Caboto.
  • Nel quartiere genovese di Sampierdarena il 19 agosto 1935 via Milite Ignoto cambiò nome in via dei Martiri Fascisti, nome che mantenne fino al 3 luglio 1945 quando cambiò nome in via Paolo Reti in onore del caduto partigiano[24].
  • Nel quartiere Pinciano a Roma c'erano viale dei Martiri Fascisti e Piazzale dei Martiri Fascisti ribattezzate nel 1945 viale Bruno Buozzi e Piazza Don Minzoni[25].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Umberto Klinger, Rinascita polesana, Mondadori, 1924, p. 63.
  2. ^ L'ex sottosegretario Aldo Finzi dichiarerà dinanzi all'Alta Corte di Giustizia che - in ordine alle violenze ed agli illegalismi che in quel periodo "da esponenti del Partito stesso venivano compiuti" - lo stesso "Capo della Polizia, pur volendolo, non poteva impedire per superiori necessità derivanti da una caotica situazione creata dall'intrecciarsi delle tendenze di un regime rivoluzionario, con le esigenze di un'opera di Governo costituzionale": Archivio storico del Senato della Repubblica, ASSR, Ufficio dell'Alta corte di giustizia e degli studi legislativi, 1.2.257.1.10 Verbale della testimonianza dell'onorevole Aldo Finzi (23 dicembre 1924), p. 6.
  3. ^ Ancora nel 1941, commemorando il primo anno dalla morte di Italo Balbo, dichiarava: "Finita la guerra, si trattava di rivendicare la vittoria e sorse il Fascismo: due anni, tre anni di dure battaglie, di scontri sanguinosi durante i quali migliaia di martiri fascisti caddero sulle strade e sulle piazze d'Italia": Benito Mussolini, In memoria di Italo Balbo, 28 giugno 1941-XIX, Rivista di Studi Politici Internazionali, Vol. 8, No. 3 (Luglio-Settembre 1941), p. 297.
  4. ^ Giordano Bruno Guerri, Fascisti.
  5. ^ Jens Petersen, Elettorato e base sociale del fascismo italiano negli anni venti, Studi Storici, Anno 16, No. 3 (Jul. - Sep., 1975), pp. 627-669: "Sulle 125 professioni indicate in una rassegna di martiri fascisti pubblicata dal P.N.F. gli studenti erano 33, pari cioè al 26,4% del totale (...) La rassegna dei martiri fascisti già ricordata elenca circa 400 nomi, un quarto con l'indicazione dell'età. In media questo centinaio di persone avevano 21,2 anni, e il 49% era al di sotto dei venti".
  6. ^ Fernando Venturini, Sulle tracce di un "relitto archivistico", Tempo presente, nn. 472-474, aprile giugno 2020, p. 20.
  7. ^ a b Martire, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  8. ^ Tre dei quali erano ebrei secondo Michael A. Ledeen, The Evolution of Italian Fascist Antisemitism, Jewish Social Studies, Vol. 37, No. 1 (Winter, 1975), p. 4.
  9. ^ Denis Mack Smith, Mussolini
  10. ^ Carlo Galeotti, Saluto al duce!: i catechismi del Balilla e della Piccola italiana
  11. ^ Simonetta Falasca Zamponi, Lo spettacolo del fascismo, pp. 69-71
  12. ^ La Stampa, 24 maggio 1933, p. 1.
  13. ^ Heather Hyde Minor, Mapping Mussolini: Ritual and Cartography in Public Art during the Second Roman Empire, Imago Mundi, Vol. 51 (1999), p. 155.
  14. ^ La Stampa, 6 dicembre 1932, p. 1.
  15. ^ Monumento ai Martiri del fascismo, 1932 sul sito del comune di Bologna
  16. ^ Milano, parata fascista al Cimitero Monumentale con elogio di Mussolini e saluto romano
  17. ^ Il Duce a Novara
  18. ^ Visita di Mussolini a Pavia
  19. ^ I luoghi del fascismo a Roma di Vittorio Vidotto, su dprs.uniroma1.it. URL consultato il 25 dicembre 2018 (archiviato dall'url originale il 21 febbraio 2017).
  20. ^ La Stampa, 28 ottobre 1932, p. 1
  21. ^ Claudio Colaiacomo, Il giro di Roma in 501 luoghi
  22. ^ La Stampa, 28 novembre 1938, p. 1
  23. ^ La Stampa, 27 ottobre 1932, p. 6
  24. ^ via dei Martiri Fascisti - GE Sampierdarena
  25. ^ Le strade che hanno cambiato nome dopo il Fascismo

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • M. De Simone, Pagine eroiche della Rivoluzione fascista, Milano 1925; 45 morti, 285 feriti, pubblicazione a cura dei Fasci italiani all'estero, Roma.
  • Caduti della Milizia, a cura dell'Ufficio storico della Milizia, 2ª ed., Roma 1933.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]