Maida

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Maida
comune
Maida – Stemma
Maida – Bandiera
Maida – Veduta
Maida – Veduta
Arco di Sant'Antonio
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Calabria
Provincia Catanzaro
Amministrazione
SindacoGaldino Dario Amantea (lista civica Costruiamo il futuro) dal 16-06-2022
Territorio
Coordinate38°51′N 16°22′E / 38.85°N 16.366667°E38.85; 16.366667 (Maida)
Altitudine299 m s.l.m.
Superficie58,34 km²
Abitanti4 441[1] (31-12-2022)
Densità76,12 ab./km²
FrazioniVena di Maida
Comuni confinantiCaraffa di Catanzaro, Cortale, Feroleto Antico, Jacurso, Lamezia Terme, Marcellinara, Pianopoli, San Floro, San Pietro a Maida
Altre informazioni
LingueLingua italiana, Lingua albanese (variante Arbëreshë)
Cod. postale88025
Prefisso0968
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT079069
Cod. catastaleE834
TargaCZ
Cl. sismicazona 1 (sismicità alta)[2]
Cl. climaticazona C, 1 323 GG[3]
Nome abitantiMaidesi
Patronosan Francesco di Paola
Giorno festivo2 aprile
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Maida
Maida
Maida – Mappa
Maida – Mappa
Posizione del comune di Maida all'interno della provincia di Catanzaro
Sito istituzionale

Maida (pronuncia Màida ['maida], Majida in calabrese[4] ['majida]) è un comune italiano di 4441 abitanti della provincia di Catanzaro in Calabria.

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

L'abitato di Maida sorge su una collina che si affaccia sulla Piana di Sant'Eufemia tra i fiumi Jayari a ovest e Cottola a est. Il territorio comunale comprende anche la frazione di minoranza etnica e linguistica albanese (arbëreshë) di Vena di Maida (Vjna in lingua arbëreshe), posta a 242 metri s.l.m.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le origini ed il Medioevo[modifica | modifica wikitesto]

Il territorio di Maida fu abitato dai tempi più remoti. Lo testimoniano le numerose grotte presenti nella zona, certamente abitate in epoche lontanissime e alcuni reperti scoperti nel litorale. Nel 1980, durante una campagna di scavi promossa dall'Università di Pisa, sono stati scoperti in località Casella manufatti in pietra risalenti al Paleolitico Inferiore, nel loro strato originario. Si tratta in maggioranza di choppers unifacciali e raschiatoi in scheggia. Altri manufatti dello stesso periodo, del Paleolitico Superiore e del Neolitico, sono stati rinvenuti perché portati in superficie dalle attività agricole. Si tratta di schegge corte e spesse in selce, quarzite e diaspro, per la maggior parte raschiatoi.[5][6] Dal II millennio a.C. in poi ci furono varie invasioni di popoli indoeuropei. Tra i tanti ricordiamo gli Enotri. Tra il VII e il VI secolo a.C. arrivarono i Greci, che, anche in questi luoghi, fondarono delle città. Alcuni scrittori (Vossio) sostengono che a Maida sorgesse l'antica Lametia, altri (Barrio) la identificano con Melania. In seguito troviamo i Romani e i Longobardi.

I Bizantini scoprirono e nell'VIII secolo, fortificarono il borgo, che chiamarono Maghida; tale nome sopravvive nel dialetto. Nel X secolo la fortezza venne conquistata dagli Arabi, e divenne parte dell'Emirato di Squillace.[7] Successivamente troviamo i Normanni, gli Svevi e gli Angioini. Fu occupata nel 1087 da Miera di Falluca, signore di Rocca Falluca e Catanzaro durante il conflitto che oppose l'erede del Guiscardo Ruggero Borsa al fratellastro Boemondo I d'Antiochia, ma a causa di questa conquista i Falluca persero i loro domini. Il trattato di pace del 1089 fra Ruggero Borsa e Boemondo stabilì l'assegnazione di Maida e di Cosenza a Boemondo in cambio di Bari.[8] Durante uno dei suoi viaggi, il 23 maggio 1223, Federico II si fermò a Maida. Egli istituì una grande riserva di caccia parzialmente ricadente nel territorio del feudo di Maida. In questo periodo Maida perse gradualmente l'uso della lingua greca.[7] Successivamente Carlo I d'Angiò assegnò il castello di Maida a Egidio di Santo Liceto. Egli non si fece ben volere dai maidesi tanto che, in assenza del feudatario, la popolazione insorse distruggendo parzialmente il castello. Dopo un'indagine durata due anni, Carlo d'Angiò fece punire i responsabili e ordinò la ricostruzione del castello. Durante tale ricostruzione il castello venne ampliato, comprendendo l'attuale Piazza Roma. Il castello venne dotato di granai, scoperti a metà degli anni novanta.[7] Successivamente il feudo passò nelle mani del figlio, Egidio junior, poi a Guglielmo di Santoliceto, e infine alla figlia di quest'ultimo, Luisa. Successivamente il feudo tornò alla Corona, che lo concesse alla regina Sancha.[7] Nel 1334 Roberto d'Angiò assegna il feudo di Maida a Goffredo Marzano, dopo aver ottenuto, nel 1331, il castello dalla regina Sancha.

In questo periodo, fin dal 1385, ci fu una fuga, intensificatasi con il consolidamento del potere dei Caracciolo agli inizi del XVI secolo, verso i paesi limitrofi per sottrarsi alla dominazione feudale.[7] Nel 1400 appare già padrone del feudo Gualtiero Caracciolo detto il Viola. E la famiglia Caracciolo sarà a lungo, tranne brevi pause, padrona del feudo. Il 2 giugno 1459 i maidesi si rivoltarono contro il feudatario per ottenere sgravi fiscali, il generale Davalos sedò la rivolta.[7] Nella metà del XV secolo arrivano dei coloni albanesi che daranno origine all'abitato di Vena di Maida. Dopo la morte di Ottino Caracciolo il feudo divenne demanio regio per volere di re Ferdinando I d'Aragona, che concesse a Maida dei benefici. Successivamente Ferdinando assegnò Maida al figlio Federico, che concesse nuovi statuti, detti Capitoli; essi concedevano ai maidesi il beneficio di commerciare con l'esenzione dalle tasse durante la domenica, negavano l'estradizione, gli abitanti potevano essere giudicati solo dalla magistratura del feudo. Veniva vietata qualsiasi forma di requisizione non indennizzata, se non effettuata dal principe, venivano abolite le corvé non indennizzate. Inoltre venne abolita la tassa di un terzo sul raccolto alla Corona, e altri privilegi che favorirono lo sviluppo di Maida.[7]

XIV e XVII secolo[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1496 sale sul trono napoletano Federico d'Aragona che conferma a Maida tutti i privilegi goduti precedentemente e ne elargisce dei nuovi. I maidesi erano molto legati a questo re e diversi cittadini accorsero in sua difesa quando fu attaccato dal re di Francia e dagli spagnoli. Federico fu sconfitto e divenne viceré Consalvo di Cordova. Agli inizi del secolo 64 famiglie di nobili maidesi avrebbero appoggiato una causa, intentata dal comune di Maida, per esercitare una sorta di diritto di prelazione sul feudo, nel tentativo di scongiurare il dominio baronale dei Caracciolo. La causa sarebbe stata persa nel 1507, con gravi perdite finanziarie per il comune. Della causa esistono notizie storiche, ma non gli atti ufficiali, il che fa pensare a un falso.[7] Il periodo successivo fu difficile, caratterizzato da economia in crisi, diminuzione delle entrate e aumento delle tasse. Successivamente il feudo fu venduto ai Loffredo, ma i Caracciolo continuavano a vantare diritti, specialmente sulle terre di Maida e Lacconia. La contesa venne risolta, tra il 1518 e il 1519, da re Carlo V a favore dei Loffredo.[7] A seguito di tali avvenimenti l'economia di Maida crollò. A rendere la situazione più grave furono le incursioni saracene: per proteggersi si costruirono, negli anni sessanta del Cinquecento, lungo la costa numerose torri di avvistamento, di esse sono ancora visibili i ruderi. Le torri erano abbastanza vicine da comunicare tra loro con messaggeri a cavallo di giorno e fuochi di segnalazione durante la notte; Maida non ebbe incursioni dai Saraceni. In questo periodo Maida ospitava un'università.[7] Nel 1561 il Feudo di Maida contava 979 fuochi (famiglie).[9] Il feudo divenne successivamente oggetto di diverse compravendite. Dopo le nozze di Dianora Caracciolo con Marcantonio Loffredo il feudo passò nelle mani di quest'ultima famiglia e fu elevato a principato.

Nel XVII secolo sono da rilevare i terremoti del 1638 e del 1659 ed il peggioramento della situazione economica, che misero in difficoltà i feudatari. Questi ultimi per migliorare l'economia fecero costruire canali irrigui, molini, acquedotti a Cortale, Jacurso e nei dintorni di Maida, ma le numerose tasse imposte resero molto tesi i rapporti con i cittadini, che uccisero, all'uscita di teatro, uno degli ultimi dei Loffredo: Marcantonio. Di positivo, in questo secolo, c'è un certo risveglio culturale con la presenza di un teatro e di un'Accademia, detta degl'Inquieti, fondata da Pietro Paladino, ex seguace di Giambattista Marino.

XVIII secolo[modifica | modifica wikitesto]

Nel dicembre del 1691 il feudo fu acquistato da Fabrizio Ruffo. Dopo la sua morte (1692) gli succedettero dapprima il nipote Francesco, poi il figlio di questi Carlo e, via via, altri eredi della famiglia, tra cui Ippolita.

Essa fu una buona feudataria, in quanto era cresciuta nella cittadina ed era legata affettivamente a Maida.

Per aiutare la gente, dopo il terremoto del 1783, essa fece aprire una filanda, in cui dette lavoro a molti disoccupati, promosse l'istituzione di piccole concerie e cercò di venire incontro ai bisognosi.

Nel 1735 il re Carlo III, insediato a Napoli dal padre Filippo V fece una visita a Maida e andò a cacciare nel bosco dell'Ascrea.

Il terremoto del 1783 produsse molti danni: caddero a Maida il castello, l'ospedale di San Pietro, il teatro, le mura cittadine e varie chiese. I morti furono 95.

Il governo pensò di intervenire per aiutare la popolazione requisendo i beni della maggior parte delle case religiose e costituendo la Cassa Sacra. Pertanto Maida si vide spogliata dei numerosi conventi e privata dei redditi di quei beni.

Alla fine del Settecento si diffusero anche a Maida le idee illuministiche e giacobine. Il cardinale Fabrizio Ruffo, nel marzo 1799, si recò anche a Maida per reprimere il movimento giacobino. Egli impose tasse altissime ai nobili del luogo e riuscì a convincere molti cittadini a seguirlo nella sua spedizione napoletana.Vi furono anche maidesi che difesero la capitale della Repubblica Partenopea (Gregorio Vitale, Giuseppe Farao, Luigi Fabiani). Luigi Fabiani difese il Ponte della Maddalena. A Maida, il 23 agosto del 1806, fu riconosciuto da sanfedisti e ucciso nella contrada Pesipe.

In questi anni, tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento, sorsero numerosi palazzi, alcuni dei quali, secondo alcune fonti, furono progettati da Sintes, allievo di Vanvitelli.

XIX secolo[modifica | modifica wikitesto]

Durante il periodo della contro-rivoluzione borbonica, il 16 luglio 1806, il territorio di Maida fu teatro di una battaglia tra francesi ed inglesi, risoltasi in favore di questi ultimi.[10]

I nomi "Maida Hill" e "Maida Vale" a Londra prendono origine da questa battaglia.

Il ritorno dei Francesi a Napoli segna la fine del sistema feudale. C'è una riforma amministrativa e Maida diventa capoluogo di un circondario che comprende tutti i territori dell'ex feudo.

Il 29 agosto del 1860 i maidesi assistettero al passaggio di Giuseppe Garibaldi: egli si affacciò dal balcone di palazzo Farao per annunciare "la disfatta di diecimila borbonici", come ricorda la lapide posta su quel palazzo, nel 1945 passato in eredità alla famiglia Ciriaco.Il primo Presidente del Consiglio Provinciale della Calabria Ultra 2a, nel 1861, è stato un maidese, Sebastiano Fabiani.[11] Dopo l'Unità d'Italia, Maida visse gli stessi problemi economici e politici degli altri paesi del Sud. E' stato tuttavia uno dei primi comuni del Mezzogiorno d'Italia ad avere la condotta di acqua potabile, nel 1888. La terra era nelle mani di pochi latifondisti e l'unica risorsa era l'artigianato. Alla fine dell'Ottocento iniziò l'emigrazione che continuò per tutto il Novecento, con le uniche interruzioni durante la prima e seconda guerra mondiale e gli anni vicini.

XX secolo[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1903 il comune acquista e demolisce la chiesa di San Michele Arcangelo,[12] su quel terreno verrà edificato nel 1930 il monumento ai caduti. Durante il periodo fascista furono podestà di Maida Pietro Bilotta, dal 1927, e Nicola Votta, dal 1938, dopo essere stato commissario prefettizio nell'anno precedente. Nel 1944, sindaco il generale Ferdinando Fabiani, venne istituita una "Scuola Ginnasiale" con il contributo di diversi cittadini. Nel 1951 venne inaugurata l'agenzia della Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania. Nel 1953 il paese subì la devastazione di un'alluvione, che innescò una nuova ondata di emigrazione.[5]

Simboli[modifica | modifica wikitesto]

Lo stemma del comune di Maida è stato concesso con decreto del presidente della Repubblica del 2 agosto 1982.[13]

«Stemma d'oro, alla figura di donna vestita di bianco, crinita di nero, impugnante con la destra una spada d'argento, posta in palo, e con la sinistra un pane. Ornamenti esteriori di Comune. Motto: Maida che lo suo pan difende.[14]»

Il gonfalone è un drappo troncato di verde e di bianco.

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

Acquedotto, tratto finale
Ruderi del castello di Maida

Architetture religiose[modifica | modifica wikitesto]

Chiesa di Santa Maria Cattolica[modifica | modifica wikitesto]

Anticamente era una chiesa di rito greco, era punto di riferimento dei monaci basiliani, che vivevano nelle "Laure". Il titolo di "Cattolica" è proprio dovuto al fatto che i monaci la chiamavano katholikon. La chiesa mantenne la pianta a croce greca, probabilmente fino al 1783, quando fu distrutta da un terremoto. I maidesi vollero ricostruire la chiesa nella configurazione attuale. La chiesa sorge ora su dei contrafforti ottenuti da un antico palazzo baronale.[15] Nei secoli XVII e XVIII Maida era residenza estiva del vescovo di Nicastro, la chiesa di Santa Maria Cattolica è riportata come cattedrale almeno dal 1565.[16] Fino al terremoto del 1905 la chiesa era dotata di una torre campanaria, definitivamente demolita nel 1930;[15] tale torre era originariamente usata per avvistamenti dal mare.[17] Contiene affreschi dipinti da Zimatore e Grillo, tra cui il Cristo Re, situato nel catino absidale, e i Quattro Evangelisti, situati ai quattro pennacchi della cupola. Sulle pareti iniziali delle due navate laterali si trovano due affreschi di Andrea Cefaly: "Gesù tra i dottori" e "Lasciate che i pargoli vengano a me". Il sagrato, che domina la piana di Lamezia Terme, è caratterizzato da una pavimentazione in pietra e mattoni, scoperta e restaurata agli inizi degli anni 2000. Tale sagrato appoggia sulla sottostante chiesa di San Sebastiano.

Chiesa di San Nicola de Latinis[modifica | modifica wikitesto]

Una lapide sulla facciata, sopra il portone, ricorda i restauri avvenuti nel 1638 su commissione di Marcantonio Loffredo. Sopra di essa vi è una nicchia contenente una statua del santo realizzata nel 1955. Contiene il quadro di San Nicola, si tratta di una trasposizione del XVII secolo dell'iconografia bizantina del santo.

Architetture militari[modifica | modifica wikitesto]

Il Castello Normanno[modifica | modifica wikitesto]

Nel paese sono ancora presenti i ruderi dell'antico castello. Esso era di forma quadrata con quattro torri agli angoli.[17] Di una delle torri orientali è ancora ben distinguibile il corpo, anche se parzialmente nascosto da costruzioni moderne. È stato sede di una prigione, di cui esistono ancora alcune celle e la scala in ardesia. Il castello è stato, negli anni cinquanta, circondato da costruzioni moderne, che in parte lo nascondono.[7] Il castello e Maida erano rifornite d'acqua attraverso un acquedotto, di cui fa parte l'arco di Sant'Antonio, restaurato negli anni novanta. Il paese era così attraversato da un corso d'acqua che alimentava un mulino con abbeveratoio all'entrata nord dell'abitato.

Società[modifica | modifica wikitesto]

Evoluzione demografica[modifica | modifica wikitesto]

Abitanti censiti[18]

Etnie e minoranze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2009 la popolazione straniera residente era di 248 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano:

Tradizioni e folclore[modifica | modifica wikitesto]

La Ciciarata[modifica | modifica wikitesto]

Ogni anno, il 2 aprile, si festeggia nei ruderi del convento dei Padri Minimi, la Ciciarata. Dopo la messa vengono distribuiti gratuitamente pasta e ceci ai fedeli, in ricordo della carità del santo patrono; la comunità di origine maidese ad Ambler continua la tradizione[7] insieme ad altre comunità di emigrati nel mondo. Negli anni in cui il 2 aprile cade durante la settimana santa, la festa viene posticipata.

Infrastrutture e trasporti[modifica | modifica wikitesto]

Il comune è interessato dalle seguenti direttrici stradali:

  • Strada provinciale 90
  • Strada provinciale 162 / 2

Geografia antropica[modifica | modifica wikitesto]

Frazioni[modifica | modifica wikitesto]

Vena di Maida[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Template:Comuni della comunità arbëreshë.
Insegna bilingue italiano/albanese a Vena di Maida

Del territorio di Maida fa parte la località Vena di Maida (Vjna in lingua arbëreshe), originariamente Calabritti.[7] Il 4 maggio del 1831, col decreto istitutivo dei Comuni e dei Circondari, si stabiliva il Comune di Vena. Il 14 ottobre del 1839 Vena era assegnata come frazione al Comune di Maida.[19]

Il paese fu fondato nel verso la fine del XV secolo da una comunità albanese (arbëreshë), venuta in Calabria, probabilmente, dopo la morte di Scanderbeg (1468), la caduta di Kruja (1478) e la caduta di Scutari (1479) quando si ebbe la quasi definitiva sottomissione dell’Albania all’Impero ottomano. Tra questi fuggiaschi albanesi è probabile che ci fossero molti di coloro che avevano combattuto contro gli ottomani e che meno degli altri si rassegnavano a vivere sotto questi padroni, oppure che temevano per la loro vita proprio per aver militato nelle truppe di Scanderbeg.[20] Secondo quanto sostenuto da Giovanni Fiore da Cropani, l’origine degli insediamenti albanesi di Calabria risale a qualche decennio dopo la morte di Scanderbeg, quando, con l’invasione dell’Albania da parte degli ottomani, molti albanesi fuggirono.[21]

Secondo lo storico Gaetano Boca, Vena di Maida sorse in località "Castiglione Calamizza", nelle vicinanze dell’omonimo casale. Con il tempo la nuova sede fu poi stabilita su un lembo del "Giardino del duca", tra le contrade "Katropé" e "Bari i zi".[22] Questi erano territori che, al momento dell’arrivo degli albanesi appartenevano alla famiglia Caracciolo.[23] I nuclei albanesi di Vena unitariamente a quelli insediati a Zangarona vegliavano sulle mosse del conte Caracciolo e altri elementi dello stesso casato che avevano terre e castelli nei territori che vanno da Girifalco a Maida, a Curinga e in tutto il Lametino.[senza fonte]

Particolarmente noto per la magnificenza dei suoi costumi il paese fu visitato, nei secoli scorsi, da numerosi viaggiatori, tra cui Henry Swinburne, Craufurd Tait Ramage, Rilliet e Alexandre Dumas. Quest'ultimo gli dedicò un intero capitolo nel suo "Viaggio in Calabria" e lo cita in "Luisa Sanfelice". Anche lo scrittore contemporaneo Carmine Abate, ispirandosi al libro di Dumas, situa nella località lo svolgimento del suo romanzo "Tra due mari". Tuttora abitata dai discendenti di soldati albanesi, si è perso da secoli il rito greco-bizantino, ma è mantenuta la lingua albanese, tratto essenziale della minoranza etnica. Vi rimangono inoltre i costumi tradizionali albanesi, simili a quelli di Caraffa di Catanzaro, che vengono conservati da alcune famiglie e usati, anche se solo in rare occasioni. Nella frazione Vena si trovano due architetture religiose:

  • la Chiesa Arcipretale di Sant'Andrea Apostolo (Klisha Kryepriftërore e Shën Ndreut): Si trova nella Piazza principale del paese e le sue fonti storiche risalgono alla metà del XVIII sec. Le notizie storiche si fermano all'episodio della visita del Vicario Apostolico della diocesi di Nicastro Paolino Pace risalente al 1769. La Chiesa è costituita da una navata centrale, in fondo alla quale è situato l’altare maggiore, sul quale si innalzano due colonne laterali che sostengono una nicchia, dove viene conservata la statua del Patrono Sant'Andrea Apostolo. All’interno della chiesa vi sono altri due altari minori uno sul lato destro, contenente una nicchia, dove si trova la statua dell’Immacolata Concezione, e uno sul lato sinistro dove si trova la statua del Sacro Cuore. Più in fondo, sempre sul lato sinistro, quasi vicino all'altare maggiore, si trova una nicchia nella quale è situata la statua di San Francesco di Paola. In una teca è contenuta la statua della Madonna di Bellacava risalente all'Ottocento. L’ultimo restauro della Chiesa risale al 1992; prima del restauro, sul fondo dell’abside, esisteva un affresco che raffigurava la Crocifissione di S.Andrea, opera del pittore Gioacchino Alemanna. All'esterno la chiesa si presenta con una facciata di stile del tardo Seicento costituita da un’alzata superiore, dove si trovano due nicchie vuote al centro delle quali si trova una finestra di forma rettangolare. Il Santo Patrono viene festeggiato in novembre.
  • il Santuario della Madonna di Bellacava (Klisha Nderma e Belakavës): Si trova in località “Croce”. È una chiesetta a pianta di croce latina sormontata da una piccola cupola cui si accede tramite un portone ad arco. All’interno, si trova un'unica navata in fondo alla quale è situato l’altare maggiore in cui è custodita una copia della statua della Madonna poiché l'originale è alla chiesa parrocchiale. A questo Santuario sono legate diverse leggende popolari. La più nota narra che apparì in una cava ad un pastore, col desiderio di essere portata in paese, poiché la cava era fuori dal centro abitato, ma il pastore non le diede ascolto. Apparì poi nello stesso luogo a dei cacciatori esprimendo lo stesso desiderio e lo dissero al parroco. Quest'ultimo suonò le campane a festa, e la prima domenica di settembre arrivò la statua della Madonna nella chiesa di S. Andrea. Una notte, venne in sonno ad una donna del paese e la accompagnò fino alla località Croce, e le disse: "Tu 'cca m'ha costruiri 'a casa mia ca pua ti pagu" ("Tu qui devi costruire la mia casa 'ché poi ti pago). E la costruì. Poi apparve in sogno ad un'altra donna chiedendole di costruire una piccola edicola votiva nella "cava" (luogo dell'apparizione). Terminati i lavori di costruzione dell'edicola e della chiesa, era arrivato il momento di restaurare la statua, perciò i maidesi decisero di portarla a Maida per restaurarla, ma durante il tragitto divenne sempre più pesante, mentre per arrivare a Vena era sempre più leggera. Perciò venne restaurata a Vena. Questo fu segno che la Vergine non voleva lasciare il suo amato paese. Inoltre preservò Vena, durante la prima guerra mondiale e la seconda guerra mondiale, dalla distruzione che volevano effettuare i Tedeschi. All'improvviso si mise a piovere così forte e ci fu la nebbia con la quale non si poté vedere niente, perciò i Tedeschi non poterono entrare in paese e rinunciarono all'idea di distruggere Vena di Maida. Tutto merito della Santa Vergine secondo i venoti. Viene festeggiata la prima domenica dopo ferragosto.

Economia[modifica | modifica wikitesto]

In tutta la zona l'attività economica primaria è l'agricoltura; notevoli particolarmente gli oliveti, gli agrumeti e le colture di kiwi; sono sorte alcune attività legate al turismo.

Un'attrazione è la veduta dall'alto del monte Contessa (nel territorio di Jacurso), dei due mari: Ionio e Tirreno. Maida ha tre zone industriali e una moltitudine di attività: dal settore dell'arredamento (produzione), ai detersivi (produzione), all'industria alimentare e dei trasporti. In località Comuni Condomini, sorge il più grande centro commerciale della Calabria, denominato "Due Mari". Negli ultimi anni sono stati realizzati un impianto eolico denominato “Piano Barone” per la produzione di energia, della potenza nominale di 96 MW, e le relative infrastrutture, ricadenti nei Comuni di San Pietro a Maida e Maida.

La tradizione alimentare, nel paese, è molto viva: infatti permane l'uso di produrre in casa molti tipi di sott'oli, sott'aceti e insaccati, soprattutto di carne di maiale. Prodotti tipici sono anche il vino e l'olio.

Amministrazione[modifica | modifica wikitesto]

Gemellaggi[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 dicembre 2022.
  2. ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  3. ^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2017).
  4. ^ Antonio Araco, Sonetti per Mastru Pàvulu, Associazione Culturale La Lanterna, 2002.
  5. ^ a b G. Colistra, Maida chiese monumenti folclore, Frama Sud, 1985.
  6. ^ G. Grandinetti, A. Milano, I primi uomini nella Piana Lametina in Museo Archeologico Lametino, Milano, 2002
  7. ^ a b c d e f g h i j k l m Marcantonio Votta, Maida Personaggi e Storia, Lamezia Terme, 1997
  8. ^ Patrizia Melella, «FALLOCH (Faloch, Foloch, Falluca), Miera de'». In: Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. XLIV, Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1994
  9. ^ Antonio F. Parisi, Il Feudo di Maida, 1958, p. 89
  10. ^ Horace Rilliet Colonna mobile in Calabria - Traduzione di Antonio Coltellaro - editore Rubbettino
  11. ^ Copia archiviata (PDF), su circoloculturalelagora.it. URL consultato il 25 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  12. ^ Il Buon Seme bollettino parrocchiale, in G. Leone, Chiese di Maida
  13. ^ Maida, decreto 1982-08-02 DPR, concessione di stemma e gonfalone, su Archivio Centrale dello Stato.
  14. ^ Maida, su araldicacivica.it.
  15. ^ a b G. Leone, Chiese di Maida, C.L.E., 2002
  16. ^ Regesto Vaticano n. 21457 in G. Leone, Chiese di Maida
  17. ^ a b F. De Fiore, Monografia di Maida, 1894, p. 29
  18. ^ Statistiche I.Stat - ISTAT;  URL consultato in data 28 dicembre 2012.
  19. ^ Vena di Maida
  20. ^ Giacomo Sacco, Vena, storia e immagini di una minoranza arbëreshë, pp. 9
  21. ^ Giovanni Fiore da Cropani, Della Calabria Illustrata Opera Varia Istorica, Volume 1, p. 82
  22. ^ Vena di Maida - Vina, su albanologia.unical.it. URL consultato il 3 febbraio 2021.
  23. ^ Caracciolo: Linee Antiche su genmarenostrum.com
  24. ^ Deliberazione del Comune di Maida n.23 del 22.6.2010

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • A. Dumas, Viaggio in Calabria, traduzione di Antonio Coltellaro -Rubbettino editore, 1996, ISBN 88-7284-445-2
  • A. Fabiani, La battaglia di Maida, nel Calabrese del 30 settembre 1846
  • R. Hopton, The Battle of Maida 1806 - Fifteen Minutes of Glory, Leo Cooper, 2002, ISBN 0-85052-845-3
  • Antonio F. Parisi, Il feudo di Maida, ed. Historica, Pinerolo 1958
  • Giancarlo Leone, Chiese di Maida, Calabria Letteraria Editrice, Soveria Mannelli, 2002, cod. 6.614 (scheda), su rubbettino.it. URL consultato il 19 dicembre 2022 (archiviato dall'url originale il 19 giugno 2007).
  • Giuseppe Barone, Màida, Tipografia Emilio Naldi, Firenze, 1942
  • F. De Fiore, Monografia di Maida, Tipografia F. Bevilacqua, Nicastro, 1894 (collocazione CAL 945.781 DEF, Biblioteca Comunale "Pietro De Nava", Reggio Calabria)
  • Marcantonio Votta, Maida Personaggi e Storia, Tipografia Costanzo, Lamezia Terme, 1997
  • G. Ammendola, Il feudo calabrese di Maida fra riforme e restaurazione, Edizioni Polistampa, Firenze, 1997
  • G. Colistra, Maida chiese monumenti folclore, Tipolitografia Frama Sud S.p.A., Chiaravalle Centrale, 1985
  • R. Spadea (a cura di), Museo Archeologico Lametino, Edizioni ET, Milano, 2002
  • Associazione Pro-Loco - Maida, G. Colistra (a cura di), "Atti del Convegno di Studi 'Archivi e storia di Calabria: strutture, documentazione, prospettive' Maida- 27-28 giugno 1981", Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 1987
  • Associazione Pro-Loco - Maida, G. Colistra (a cura di) "Aspetti e momenti della storia di Maida in Calabria", BATAL, Lamezia Terme, 1983
  • Giovanni Fiore da Cropani, Della Calabria Illustrata Opera Varia Istorica, Tomo 3, a cura di Ulderico Nisticò, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001, ISBN 978-88-49801-96-5.

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